Quarta parte

La fine
L'intervento di Falcone
La minoranza che lotta

Le posizioni
Chiaromonte
Crisi di governo: il comunicato Fiat
Il PCI esulta

Una questione di potere


La solidarietà

Lo sciopero del 10 ottobre

L'inizio della fine

30 settembre

Corso Marconi dunque invia le lettere ai lavoratori, e i destinatari fanno parte di una vera e propria lista di proscrizione: ci sono donne, inidonei e soprattutto delegati e lavoratori combattivi.
L'obiettivo che voleva raggiungere con i 14.000 licenziamenti la Fiat lo ottiene con la cassintegrazione.
Viene fuori la proposta di presidio di tutti i cancelli di tutti gli stabilimenti Fiat auto, a livello nazionale. Il consiglione approva subito, ma il presidio è già realizzato spontaneamente dai lavoratori. Poi, si mettono in atto i piani dell'occupazione, si fortificano con assi di legno e paletti di ferro le 37 porte. Come già accadde nel '73.

1° ottobre

"Noi ci batteremo fino all'ultimo, ma tornare indietro mai, mai, a costo di rimanere qui notte e giorno, a costo di far fame": ci si schiera contro l'articolazione, che sarebbe piaciuta al PCI e ai sindacati, perché gli operai sanno che in quel modo la Fiat potrebbe dividerli. Loro conoscono bene la fabbrica e i suoi ritmi. Con l'articolazione "non reggeremo due giorni".

2 ottobre

"Questo spazio era destinato alla pubblicità di una vettura che in questi giorni non viene prodotta a causa degli scioperi". Così comincia la battaglia mediatica della FIAT, con questo spazio comparato sui giornali. Tranne L'Unità, Il Manifesto, L'Avanti e Il Popolo che la rifiuteranno, per gli altri sarà normale merce. Ma, l'impatto è forte, al punto che i tipografi del Corriere della Sera minacciano di non far uscire il giornale e bloccare le rotative come protesta verso il messaggio Fiat.

La solidarietà

Oltre all'episodio dei tipografi del Corriere, davanti ai cancelli ogni giorno è un via vai di uomini e donne che portano in qualche modo solidarietà. Ogni giorno "radio lotta" legge decine di telegrammi di solidarietà.
I lavoratori della Fiat-Belgio bloccano la spedizione verso l'Italia di 2300 vetture richieste per rifornire i concessionari.
Le cooperative emiliane fanno il giro dei cancelli per portare il latte; camion dalla Liguria distribuiscono legname per i fuochi notturni; gruppi di delegati delle regioni del nord si alternano alle porte per rafforzare i picchetti dei torinesi.
C'è chi porta bottiglie d'olio, panini, frutta, verdura. Un ex-bracciante arriva da Reggio Emilia per offrire in sottoscrizione la sua pensione sociale di 153.000 lire: "nel 1954 quando i braccianti emiliani lottavano praticamente da soli abbiamo vinto dopo 68 giorni di sciopero, con la polizia di Scelba che ci caricava e lasciava pure i morti sulla strada. Io ho potuto sopravvivere grazie alla solidarietà concreta di tutto il movimento operaio, di tutti i lavoratori italiani che avevano sottoscritto per me e mi avevano dato un contributo. Oggi faccio la mia parte. Rendo quello che ho avuto allora"

Ai picchetti dei lavoratori si aggregano le lavoratrici delle mense aziendali che la Fiat ha sospeso dal lavoro. Le donne si costituiscono in coordinamento di lotta.

Un giorno arriva anche Clelia Guevara, la sorella del Che

La sottoscrizione dei sindacati raccoglie 700 milioni in pochi giorni. Il 12 ottobre avrà raggiunto quota due miliardi

Verso lo sciopero

Il 6 ottobre comincia la cassintegrazione: si riaprono i cancelli, tutti entrano ma quasi nessuno va al lavoro, perché ci sono le assemblee indette dalla FLM. All'intimazione della Fiat che i cassintegrati non devono entrare, perché "reato", la risposta è una nuova fermata collettiva: "Agnelli voleva dividerci e invece ci ha unito" dice lo striscione sul piazzale della porta 5.
Mentre tutto questo da idea di un rafforzamento della classe operaia Fiat attorno agli operai che presidiano, attorno a chi solidarizza e non si spaventa per le sparate di Agnelli, anche la controparte si organizza, cerca i suoi "campioni", per affrontare questo scontro di classe che tutti paventano durissimo. E li trova nei capi, l'esercito sconfitto del decennio precedente.

Il 7 ottobre il Comitato centrale del Coordinamento Quadri e Capi intermedi emette un comunicato in cui "denuncia una situazione di violenza ..." che serve "soltanto a nascondere la reale volontà della maggioranza dei lavoratori Fiat i quali intendono lavorare..." e conclude dicendo che "gli unici a salvarsi saranno i dipendenti in cassa integrazione". Le truppe mercenarie entrano in campo. Il giorno dopo, prima dell'alba, un gruppo di capi tenta di sfondare i picchetti della porta zero a Mirafiori ferendo alcuni operai: stessa cosa alla porta 11, e a Rivalta dove un centinaio di capi riesce a penetrare nella fabbrica. Poi un corteo operaio li raggiunge, li circonda e li butta fuori dove trovano a proteggerli e scortarli i poliziotti.
Comincia così lo scontro in campo aperto di questa massa grigia.

10 ottobre: sciopero

Il piazzale davanti a Mirafiori è completamente intasato: 50.000 persone sono radunate davanti al ritratto di Marx e allo striscione del CdF. Lo sciopero generale nazionale ferma tutte le fabbriche in solidarietà con gli operai Fiat. In tutte le città d'Italia le piazze si riempiono.
A Torino parla Benvenuto, segretario UIL, che ultimamente non ha fatto altro che raccogliere fischi, per la sua disponibilità a rivedere la scala mobile. Benvenuto coglie l'attimo "fuggente", la disponibilità ad ascoltare dei lavoratori, in un momento in cui si sentono forti e circondati di solidarietà. Va persino sopra le righe, concludendo con una frase ad effetto: "O molla la Fiat o la Fiat molla!"

Una boutade? La retorica del vecchio sindacalista? No, l'inganno: quando dice quelle cose Benvenuto ha già in tasca l'accordo da firmare il 13 al ministero del lavoro. I sindacati confederali e i dirigenti Fiat hanno già delineato una bozza d'intesa, a metà tra gli obiettivi Fiat e la proposta del ministro Foschi, definita "invalicabile" dall'FLM: 10.000 operai fuori dalla fabbrica fino all'estate '81 a frequentare corsi di formazione - finanziati dallo Stato; 13.000 in CI a rotazione. La Fiat vuole chiudere la partita e accetterà la proposta; l'Flm dovrebbe piegarsi ad un compromesso onorevole...

11 ottobre

Trentamila studenti in una manifestazione nazionale manifestano a Torino. "Compagni della Fiat tenete duro, l'attacco padronale non ha futuro". E' il primo sciopero studentesco da più di un mese.
Al termine della manifestazione Sergio Garavini tiene un discorso che suona come una campana a morte: "Qui, in questa città, in queste fabbriche, è stata scritta molta storia del movimento operaio che sta nei nostri cuori e nelle nostre menti..." e ricorda gli avvenimenti del biennio rosso, lo sciopero del 1920 che non fu proclamato, portando alla sconfitta del movimento dei consigli. "Allora il gruppo dirigente del movimento sindacale e operaio torinese chiese alla Confederazione generale del lavoro di proclamare uno sciopero generale intorno agli operai della Fiat in lotta. Quello sciopero generale non fu proclamato. Isolati, dopo settimane di lotta, gli operai dovettero piegare il capo e tornare al lavoro sconfitti". E termina ricordando le parole che Gramsci dedicò a quell'episodio: "Siete sconfitti perché il bisogno vi ha sopraffatti, ma domani alzerete nuovamente la vostra bandiera di unità e lotta..."

Suona come un epitaffio, Dopo il comizio Garavini va alla federazione torinese del PCI dove lo aspettano alcuni dirigenti del PCI e della CGIL, tra cui Piero Fassino - neo segretario DS - Fausto Bertinotti e Sabattini.
L'incontro, riservato, dura sette ore. Introduce Fassino che dice: "... la lotta si sta restringendo, non siamo in grado di reggere ancora per molto se non decidiamo che sbocco dare alla trattativa con una linea più flessibile", cioè accettare la flessibilità esterna. Garavini l'appoggia, sostenendo che si va verso una sconfitta storica. Nel dibattito, Gianotti, Guasso, Pugno e Damiano sono con Fassino e Garavini, cioè per chiudere anche accettando la mobilità. Bertinotti Pace e Sabattini sono contrari. La riunione non ha potere ai fini della trattativa, ma lancia un segnale: il PCI non ha intenzione di assecondare l'intransigenza del Consiglione, ossia degli operai di Mirafiori. Bertinotti e Sabattini verranno "consigliati" a non far più parte della delegazione trattante.