Sommario

LA RISVEGLIA

quadrimestrale di varia umanità

n°3/4 Gennaio - Aprile 2000, Maggio - Agosto 2000

Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola

Dalle elezioni del 16 febbraio 1936 al sollevamento

Il successo del Fronte popolare (1) alle elezioni del sedici febbraio 1936 segna la fine del “biennio nero” e dei tentativi dei radicali di Alejandro Lerroux (2) e della C.E.D.A. clericale di José María Gil Robles di riportare la Spagna al passato, colpendo “con morbosità e accanimento”, tutto ciò che era stato fatto dai repubblicani e dai socialisti dopo la caduta della monarchia per modernizzare il paese (3).
Dal dicembre del 1933 al dicembre del 1935 i radicali e la C.E.D.A. hanno sospeso l'attuazione della timida legge di riforma agraria, approvata nel 1932, hanno rinviato “sine die” l'applicazione dei provvedimenti antireligiosi, che miravano a ridurre l'enorme peso della Chiesa nella società spagnola, hanno fatto reprimere spietatamente - dalla Legione straniera e dai mori - l'insurrezione dei minatori asturiani, hanno revocato l'autonomia catalana e si sono rifiutati di approvare lo statuto dei Paesi baschi (4).
All'annuncio della vittoria elettorale, i sostenitori del Fronte popolare esultano, poi invadono le carceri e liberano senza indugi i trentamila prigionieri politici (soprattutto asturiani, ma anche madrileni e catalani, compresi Ramón González Peña e Lluís Companys), che languivano nelle prigioni dall'ottobre del '34.

A quasi cinque anni dalla nascita della Repubblica la società spagnola non ha mutato - scriverà Carlo Rosselli nell'estate del '36 - la sua “sostanza profonda” (5): l'aristocrazia terriera e la borghesia industriale e finanziaria, sono contrarie ad ogni riforma, che riduca i loro secolari privilegi, avvinghiate alle loro immense ricchezze e risolute a difenderle con ogni mezzo, compreso il sollevamento militare, le classi subalterne delle campagne e delle fabbriche, reclamano meno disumane condizioni di vita, di lavoro, di salario, la questione agraria resta irrisolta, i baschi e i catalani reclamano l'autonomia regionale, il potere del clero è stato appena scalfito.
Una massa enorme di quattro milioni di braccianti e contadini poveri (la maggioranza dei quali riceve tre pesetas di salario per dodici o quattordici ore giornaliere di lavoro, quando ci vuole una peseta per comprare un chilo di pane) non riesce a soddisfare i bisogni più elementari ed è esasperata dai soprusi dei latifondisti, tre milioni di operai sopravvivono con paghe da fame. La situazione - secondo Hugh Thomas - “era questa: da una parte c'erano i padroni della potenza economica della Spagna, guidati dall'esercito, e appoggiati dalla Chiesa, incarnazione delle glorie d'un tempo. Tutti costoro si credevano sul punto di essere sopraffatti” (6).

Fra i più accaniti paladini “della patria, dell'ordine e della proprietà” ci sono i cardinali, i vescovi, i preti e la maggior parte degli alti ufficiali: questi ultimi, formatisi nella guerra coloniale marocchina del 1923-27, professano idee apertamente forcaiole e costituiscono una mortale minaccia per la fragile democrazia spagnola. Il più noto dei generali “africanistas” è José Sanjurjo, che risiede in Portogallo da quando un'amnistia l'ha fatto uscire dal carcere, dove scontava l'ergastolo per aver tentato di rovesciare, nel '32, il Governo di Manuel Azaña. Fra i suoi ex colleghi - ancora in servizio attivo - i più ostili alle istituzioni repubblicane sono i generali Francisco Franco (7), Emilio Mola (8), Manuel Goded, Luis Orgaz , Miguel Ponte, Joaquín Fanjul e José Varela. Ed è Francisco Franco ad istigare, nel febbraio del '36, il presidente del Consiglio uscente, il centrista Manuel Portela Valladares, a proclamare lo stato d'assedio, anziché uniformarsi e rispettare la volontà popolare e i risultati delle votazioni. Ma il suo “suggerimento” non viene accolto e Azaña (9) può dar vita a una compagine governativa, formata esclusivamente da repubblicani di centro e di sinistra e appoggiata, dall'esterno, dall'“Esquerra catalana”, dai socialisti e dai comunisti.
Da quel momento l'“alzamiento” è solo questione di tempo. Il Governo, quantunque sia informato delle trame dei militari ( nei caffè di Madrid e di Barcellona si parla apertamente della congiura, di cui Mola è il “director”), non prende misure adeguate per soffocare il complotto, limitandosi a trasferire Franco alle Canarie, Goded alle Baleari e Mola nella Navarra carlista, mentre la violenza divampa, incontenibile, in tutta la Spagna.
In maggio Azaña viene eletto presidente della Repubblica ( in sostituzione del conservatore Niceto Alcalá Zamora ) e la guida del Governo passa a Santiago Casares Quiroga (10), un uomo politico incapace di reggere un paese, che si avvia a grandi passi verso la guerra civile e dove, ogni giorno, cresce il numero dei morti ammazzati e dei conflitti: nelle campagne dell'Andalusia e della Mancia i braccianti occupano le terre dei latifondisti, nei villaggi molte chiese vengono date alle fiamme, nelle città i “pistoleros” della Falange e di altri raggruppamenti fascisti tendono feroci agguati ai poliziotti e ai giudici, “rei” di aver arrestato e condannato qualche loro camerata, sparano sulle abitazioni degli esponenti del Fronte popolare, compresa quella del leader socialista Francisco Largo Caballero, il “Lenin spagnolo”.

In Parlamento il monarchico José Calvo Sotelo, già ministro delle finanze al tempo della dittatura di Miguel Primo de Rivera, pronuncia accesi discorsi eversivi contro il Governo e la Costituzione repubblicana, colpevoli, a suo dire, della deriva politica della Spagna e accenna apertamente alla possibilità di un “pronunciamiento” militare, che “salvi il paese dall'anarchia”. Le richieste di maggiori salari e di orari di lavoro meno sfibranti si infittiscono, il rifiuto degli industriali meccanici di ripristinare la settimana lavorativa di 44 ore, che era stata abrogata durante il “biennio nero”, suscita le proteste del proletariato barcellonese, gli scontri fra gli operai e la polizia sono all'ordine del giorno, uno sciopero degli edili, organizzato da Cipriano Mera e dagli anarchici della C.N.T., sconvolge e blocca Madrid per diverse settimane. Poi, mentre Mola e gli altri “faziosi” continuano a preparare febbrilmente il sollevamento, la situazione precipita: il capitano José Castillo viene trucidato per strada dagli assassini professionali della Falange e un gruppo di guardie d'assalto e di studenti socialisti, guidati dal capitano della Guardia civile Fernando Condés, replica all'uccisione dell'ufficiale democratico, prelevando - nella notte del tredici luglio - il capo dell'opposizione di destra, José Calvo Sotelo, dalla sua abitazione madrilena, per obbligarlo a salire su un automezzo, dove Victoriano Cuenca si incarica di liquidarlo con due pallottole in testa (11).

Note

1)Il cartello del Fronte popolare comprendeva i repubblicani di Manuel Azaña e di Diego Martínez Barrio, l'“Esquerra” catalana di Lluís Companys, i socialisti di Indalecio Prieto e di Francisco Largo Caballero, i comunisti, i poumisti e altre forze minori.

2)Travolto, nell'autunno del '35, dallo scandalo finanziario dell'“estraperlo”, Alejandro Lerroux dovette dimettersi da capo del Governo, lasciandone la guida a un altro radicale, Joaquín Chapapietra, già ministro nel suo Gabinetto. Uscito di scena Chapapietra in capo a qualche settimana, l'incarico di condurre il paese alle elezioni del febbraio del '36 venne affidato dal presidente della Repubblica, Niceto Alcalá Zamora, al centrista Manuel Portela Valladares, un uomo politico, che aveva un seguito trascurabile nel paese.

3)”La reazione contro tutto quello che significasse una conquista della Repubblica prese caratteri di accanimento e morbosità" (Abad de Santillán, Diego. Contribución a la historia del movimiento obrero español: del advenimiento de la segunda República (1931) a julio de 1936, Puebla: J.M. Cajica, 1971, p.243).

4)Malefakis, Edward. Reforma agraria y revolución campesina en la España del siglo XX, Barcelona: Ariel, 1972; Tuñon de Lara, Manuel. Orígenes lejanos y próximos, in: La guerra civil española, Barcelona: Labor, 1986, p.25-28. L'85% dei contadini spagnoli possedeva nel '31 appena il 13,7% delle terre, mentre l'86,3% delle superfici produttive apparteneva ai grandi proprietari, che rappresentavano solo il 15% dei coltivatori (Gatto Mammone [Virgilio Verdaro]. Le Front populaire triomphe en Espagne, Bilan, p.924). Secondo lo storico Gerald Brenan, i risultati della riforma agraria “furono insignificanti” (Brenan, Gerald. Storia della Spagna, 1874-1936: le origini sociali e politiche della guerra civile, Torino: G. Einaudi, 1970, p.234). Sulla repressione nelle Asturie: Abad de Santillán, Diego. Contribución a la historia del movimiento obrero español: del advenimiento de la segunda Repúnlica (1931) a julio de 1936, cit., p.184-203; Grossi, Emanuel. L'insurrezione delle Asturie nel diario di un minatore, [Parigi]: Edizioni di Giustizia e libertà, 1936, p.38-39, 45; Díaz Nosty, B. La Comuna asturiana: revolución de octubre de 1934, Bilbao: Zero, 1975.

5)Magrini (Garosci, Aldo). Rosselli in Spagna, Quaderni italiani / redattore: Bruno Zevi, New York, apr. 1943, p.23.

6)Thomas, Hugh. Storia della guerra civile spagnola, cit., p.114.

7)Oltre al generale Franco, ebbero un ruolo di primo piano nella repressione delle Asturie i generali Manuel Goded (condannato a morte e fucilato per aver capeggiato il sollevamento dei militari a Barcellona nel luglio del '36) e Eduardo López de Ochoa (giustiziato dai miliziani nello stesso anno).

8)Emilio Mola era stato governatore militare del Marocco spagnolo e comandante in capo dei servizi di sicurezza nel '30.

9)Marichal, Juan. La vocación de Manuel Azaña, Madrid: Cuadernos para el diálogo, 1971.

10)Per la sua inerzia di fronte alla congiura militare, Santiago Casares Quiroga fu spregiativamente soprannominato “Civilón”, dal nome di un toro, che era divenuto, in Spagna, il simbolio della codardia, avendo rifiutato di battersi nelle arene.

11)Kurzman, Dan. L'assedio di Madrid, [Milano]: Dall'Oglio, 1981, p.40-45. Secondo Broué e Témime, è “quasi certo che Calvo Sotelo sia stato uno dei capi del complotto”, che portò alla guerra civile (Broué, Pierre. Témime, Émile. La révolution et la guerre d'Espagne, Paris: Les Éditions de Minuit, 1972, p.73).


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