Sommario

LA RISVEGLIA

quadrimestrale di varia umanità

n°3/4 Gennaio - Aprile 2000, Maggio - Agosto 2000

Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola

Dal 17 luglio 1936 alla battaglia di monte Pelato

Il 17 luglio i militari, di stanza nel Marocco “spagnolo”, si ribellano a Melilla, a Tetuán e a Larache, passano per le armi il generale “lealista” Romerales e massacrano i sostenitori del Governo e del Fronte popolare. Fra i primi italiani, che muoiono per la libertà della Spagna, c'è Enrico Dal Bo, un antifascista veneto, arrivato a Melilla da poche settimane, dopo essere stato membro della sezione barcellonese della Lega italiana dei diritti dell'uomo, insieme a Bruno Sereni, a Anteo Luzzatto, a Giovanni Fassina, ai fratelli Ornella e Lorenzo Musso e a Umberto Calligaris (1).
Quando Dal Bo viene assassinato, due protagonisti del nostro racconto sono già in Spagna: il primo di essi è il gavorranese Lelio Iacomelli, che abita da due anni a Bilbao, l'altro è il sanguigno anarchico di Lastra a Signa Quisnello Nozzoli, soprannominato “Occe” o “Cartei”, che è a Barcellona da pochi mesi e che partecipa alla lotta contro i militari, che, nella grande città portuale, si sono sollevati contro la Repubblica.

I sediziosi, fiancheggiati da alcune centinaia di falangisti e capeggiati dal generale Goded, rientrato in gran fretta dalle Baleari, vengono affrontati dal proletariato barcellonese, guidato dagli anarchici (che perdono, davanti alla caserma Atarazanas, uno dei loro più noti esponenti, Francisco Ascaso) (2) e appoggiato dalle guardie di assalto.
Ai combattimenti (che si concludono con la resa dei rivoltosi) danno il loro contributo molti antifascisti italiani, residenti da tempo a Barcellona o arrivati in città da qualche giorno per gareggiare nelle Olimpiadi popolari (o Spartachiadi), organizzate dalle sinistre spagnole in alternativa ai Giochi “ufficiali” della Berlino hitleriana (3): fra di loro ci sono, oltre a Quisnello Nozzoli, gli anarchici Ilario Margarita (4), Fosco Falaschi, Dario Castellani e Giuseppe Ruozi (5), i massimalisti Duilio Balduini, Rosa Winkler, Francesco Martini e Anteo Luzzatto, il repubblicano Fioravante Marcolin, i trotskisti Nicola Di Bartolomeo (6), Virginia Gervasini (7), Piero Milano e Guido Lionello, i membri della L.I.D.U. Umberto Calligaris, Ornella e Lorenzo Musso (8) e i comunisti Enrico Jacod e Renati (9). La sera del ventiquattro luglio Quisnello Nozzoli è uno degli ottocento miliziani della Colonna anarchica di Antonio Ortiz, che partono da Barcellona alla volta di Saragozza: il calzolaio di Lastra a Signa si batterà, nei giorni successivi, a Caspe, a Azaila e a Lecera, non rinunziando a risuolare, all'occorrenza, le “alpargatas” degli altri volontari (10).

Legato da due anni a una ragazza di Bilbao, dalla quale ha avuto un figlio, Lelio Iacomelli è ancora nella città basca il diciannove luglio, quando le forze armate locali, rimaste fedeli alla Repubblica, costituiscono, insieme a un buon numero di “paisanos”, una Colonna, alla quale il sovversivo di Ravi si aggrega come miliziano e operaio zappatore (11).
Le prime organizzazioni antifasciste italiane, che incitano i propri aderenti a intervenire in Spagna, sono “Giustizia e libertà”, il movimento anarchico, il partito massimalista, i trotskisti, la minoranza bordighista e il partito repubblicano. Molti dei componenti di queste organizzazioni varcano i Pirenei dopo il venti luglio, diretti a Barcellona (e, in misura minore, a Madrid). Fra di loro sono presenti gli anarchici Camillo Berneri, Francesco Barbieri, Fosca Corsinovi (12), Angiolo Bruschi, Umberto Marzocchi, Giuseppe Bifolchi, Umberto Consiglio (13), Ateo Vannucci, Omero Ferrarini e Ernesto Bonomini, i giellisti Carlo Rosselli, Aldo Garosci, Giuseppe Zuddas, Renzo Giua, Siro Biso e Angelo Monti, i massimalisti Giuseppe Bogoni, Vincenzo Tarroni, Felice Vischioni, Giuseppe Fusero e Umberto Cirella, i repubblicani Mario Angeloni, Andrea Minguzzi, Cristoforo Dell'Amore e Arturo Buleghin, i bordighisti Enrico Russo, Renato Pace, Bruno Zecchini e Mario Bramati e i trotskisti Placido Mangraviti, Domenico Sedran e Cristofano Salvini. Insieme a loro si trovano alcuni comunisti e socialisti riformisti, che non si sono attenuti alle direttive prudenti e attendiste del P.C.d'I e del P.S.I. (e delle Internazionali comunista e socialista), che continuano ad invitare i propri iscritti a raccogliere fondi, viveri e medicinali per i repubblicani spagnoli, invece di partire subito per la Spagna ed impegnarsi direttamente nella lotta armata (14).

Al principio di agosto arrivano a Barcellona e a Irún quattro antifascisti maremmani: sono Italo Ragni di Campagnatico, Socrate Franchi di Massa Marittima, Etrusco Benci di Grosseto e Giovan Battista Frati di Montieri. Attivi da oltre vent'anni nel movimento libertario, Franchi e Ragni hanno pagato con arresti, condanne ed espulsioni l'estrema risolutezza, con la quale hanno rintuzzato, in Francia e in Belgio, le iniziative dei seguaci di Mussolini. Franchi è partito da Parigi il due agosto, insieme a Renzo Cavani, a Bruno Gualandi e ad altri compagni di idee, su un treno diretto a Barcellona. Benci è iscritto al Partito socialista massimalista, il raggruppamento politico, che fa parte del “Burò di Londra”, l'internazionale dei socialisti di sinistra, e Frati è un comunista, che, dal '24 al '36, ha condotto nella Francia meridionale una vita di stenti (15).
Sia Ragni che Franchi si uniranno al “Gruppo italiano della Colonna Ascaso” (la Colonna Italiana), la formazione creata dagli anarchici, dai giellisti e da altri esuli. L'atto costitutivo (16) viene firmato il diciassette agosto da Mario Angeloni, da Camillo Berneri e da Carlo Rosselli, e il comando militare della Colonna è affidato ad Angeloni, un repubblicano di Perugia, espatriato clandestinamente nel '32. Angeloni è affiancato, alla guida dei volontari, da Carlo Rosselli, il maggiore esponente di “Giustizia e libertà” (17), dall'anarchico Giuseppe Bifolchi (18) e dal comunista Agostino Casati (“Nino Raimondi” o “Rajmond”) (19). Della Colonna fanno parte, fra gli altri, Umberto Marzocchi, Giuseppe Ruozi, Giuseppe Gialluca, Emilio Canzi, Vincenzo Tarroni, Carlo Castagna, Antonio Cieri, Siro e Onorato Biso, Angelo Monti, Renato Castagnoli, Lorenzo Giusti e Umberto Consiglio.

Benci arriva a Barcellona nella prima metà di agosto, insieme ai massimalisti Renzo Picedi e Pietro Fancelli. Picedi è nipote di Duilio Balduini, il rivoluzionario di Pietrasanta, che si è battuto nel '19 a fianco degli spartachisti sulle barricate di Berlino, con Luzinano Zingg, Mario Accomasso, Oreste Abbate e Francesco Misiano (20).
Fancelli è soprannominato “Castello”, perché originario di Città di Castello: militante spericolato (21), ha progettato con Balduini, in quel di Nizza, dei temerari colpi di mano contro i fascisti. Benci, Picedi e Fancelli si aggregano alla Colonna Internazionale Lenin del P.O.U.M., il cui comandante è l'“ancien” sindacalista napoletano Enrico Russo, già sottufficiale durante la grande guerra ed esponente di primo piano della Frazione bordighista all'estero. Fra i componenti della Lenin ci sono i massimalisti Umberto Cirella, Rosa Winkler e Giuseppe Fusero, gli anarchici Mario Traverso, Giuseppe Borgo e Pasquale Fioravanti, i trotskisti Cristofano Salvini, Virginia Gervasini, Domenico Sedran e Giuseppe Guarneri, lo stalinista Costa, i bordighisti Emilio Lionello, Giuseppe Morini e Gildo Belfiore e il giornalista Bruno Sereni, che scrive sulla “Libera stampa” di Lugano e sulla “Stampa libera” di New York.

Il montierino Giovan Battista Frati si unisce, invece, agli antifascisti, che difendono la città di Irún. Le colonne, di cui fanno parte, portano i nomi del comunista tedesco Edgar André, condannato a morte dai nazisti, e del comunardo polacco Walery Wroblesky, fucilato dai versagliesi nel 1871. I loro comandanti sono il socialdemocratico tedesco “Papa”, il polacco Francis Palka, l'ex ufficiale francese Jacques Menachem (22) e il comunista istriano Remigio Maurovich, detto “Gorizia” (23). Fra i miliziani ci sono, oltre agli anarchici e ai comunisti baschi e catalani (giunti a dar man forte da Barcellona), l'ebreo della Bessarabia Leib Jampolski, detto “Jean-Paul”, in esilio in Francia dal '25, il “mitragliatore di terra” André Léon Borget, il meccanico conduttore Georges Baulu, l'ebreo tedesco Moise Lipis, “secondo tiratore”, il marinaio Victor Picholz, il sergente mitragliatore Tommaso Ciappelloni (24), il meccanico Ladislas Frisch, i mitragliatori Teodulo Louis e Henri Brion (padre e figlio), l'austriaco Franz Hutmacher, il rumeno “Ciapaiev”, l'antifascista italiano Ulderigo Trezza, i trotskisti belgi Auguste Louis Lannoy, Pierre Wauvermans, Louis Boulanger e René Pasque - tutti collegati a Georges Vereecken - e il “lanciatore di bombe”Attilio Galeazzi (25).
La Colonna Italiana ha il suo battesimo di sangue all'alba del ventotto agosto 1936 a Monte Pelato, una “prominenza dell'altopiano di Galocha, che a guisa di un vasto terrazzo si erge nella immensa piana aragonese, tra Huesca e Almudévar”. Appoggiati da un cannone e da alcune autoblinde, più di cinquecento franchisti muovono all'attacco, dalle cinque alle nove del mattino, delle posizioni degli antifascisti italiani, che li respingono, subendo però forti perdite. Fra i caduti ci sono il repubblicano Mario Angeloni, comandante della Colonna, l'anarchico Michele Centrone, il giellista Giuseppe Zuddas, l'anarchico Fosco Falaschi, il comunista Attilio Papparotto e l'anarchico Vincenzo Perrone (26).

Note

1)Enrico Dal Bo nacque a Vittorio Veneto (Treviso) il venticinque aprile 1896, studiò nell'Istituto commerciale e diventò ragioniere prima che l'Italia dichiarasse guerra all'Austria. Chiamato alle armi il sette ottobre 1915, Enrico prestò servizio, dal trenta novembre 1917 al principio del '19, sul piroscafo militare San Giovanni come ufficiale. Congedato, si iscrisse al “ruolo dei curatori dei fallimenti della provincia trevigiana”, poi, al principio degli anni Trenta, emigrò in Spagna e si stabilì a Barcellona. Qui aprì un ufficio di broker nella Rambla Canaletas e frequentò i corsi della Facoltà di giurisprudenza. Avvicinatosi agli antifascisti italiani, residenti a Barcellona, aderì, nel '33, alla Lega italiana dei diritti dell'uomo e ricevette la “tessera di riconoscimento 1764”. Lo stesso anno venne incluso nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche su richiesta della Questura di Treviso: se fosse rientrato in Italia - recitava la scheda 24833 del “supplemento dei sovversivi” -, doveva essere immediatamente arrestato. A Barcellona Dal Bo svolse un'intensa attività politica e intellettuale, traducendo, fra l'altro, in spagnolo la biografia di Mussolini, scritta dall'ex sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris e intitolata: “Mussolini. La leyenda y el hombre”. Ancora membro della sezione barcellonese della Lega dei diritti dell'uomo, Enrico inviò, l'otto luglio 1935, una sottoscrizione di venticinque pesetas ad Alberto Cianca, pregandolo di pubblicare su “Giustizia e libertà” il seguente trafiletto: “La sezione della L.I.D.U. di Barcellona, per onorare la memoria del compianto suo presidente Felice Musso, nell'anniversario della sua morte”. “Qui le cose, sig. Cianca, - proseguiva la lettera di Dal Bo - vanno come sempre, per non dire di male in peggio. Adesso c'è anche un ingiustificato stato di guerra che dopo tanti mesi di stato eccezionale, rende ancora più pesante questa dominazione “repubblicana”. E la colpa è certamente delle sinistre estreme le qual si sono adagiate in una comodissima posizione non rifiutando neanche i vecchi sistemi di “cachiques” e protezionismi...” Il nove ottobre Enrico scrisse a Giovanni Fassina: “Abbiamo ordini da Parigi di intensificare la lotta. Scrivono che la situazione in Italia è disastrosa. Sereni e Carletti dicono se può mandare un contributo straordinario di 25 pesetas per le grandi spese che abbiamo avuto. Da Parigi dicono pure di preparare i quadri...” Trasferitosi a Melilla nel maggio del '36, Dal Bo divenne amico del sindaco socialista Diez e il venticinque luglio venne ucciso insieme a lui dai militari ribelli. Gli assassini si impadronirono delle sue carte e le consegnarono ai fascisti italiani (ACS, Roma, CPC, b.1577, fasc.113422).

2)Enzensberger, Hans Magnus. La breve estate dell'anarchia: vita e morte di Buenaventura Durruti, Milano: Feltrinelli, 1973, p.105-125; Romero, Luis. Tres días de julio (18, 19 y 20 de 1936), Barcelona...: Ariel, 1976; Kurzman, Dan. L'assedio di Madrid, cit., p.110-114; Márquez Rodríguez, José Manuel. Gallardo Romero, Juan José. Ortiz, general sin dios ni amo, Barcelona: Hacer, 1999, p.95-108; Guarner, Vicente. Cataluña en la guerra de España, Madrid: G. del Toro, 1975, p.103-155. Su Ascaso si legga il capitolo dedicato agli “Erranti” da: Ignacio Taibo II, Paco. Arcangeli, Milano: Il saggiatore, 1998, p.153-164.

3)Miravittles, Jaume. Episodis de la guerra civil espanyola, Barcelona: Pòrtic, 1972, p.35-64.

4)Ilario Margarita nacque a Castelrosso (Torino) il quattro febbraio 1887. Muratore di mestiere, fu schedato dalla Prefettura di Torino il primo ottobre 1906 come anarchico. Contrario all'intervento dell'Italia in guerra, venne denunciato per aver agevolato la diserzione di alcuni militari e fu condannato a una pena detentiva. Organizzatore degli arditi del popolo a Torino, emigrò in Francia nel '22 e si trasferì a Cuba nel '24. Redattore de “L'adunata dei refrattari” nel '27 e de “L'aurora” di Boston dal '28 al '30, fece ritorno in Europa nel '31. Iscritto nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche, partecipò a Barcellona, il 19 e il 20 luglio del '36, alla lotta di strada contro i militari in rivolta. Barcellona. Miliziano sul fronte aragonese nelle file della Colonna, guidata da Antonio Ortiz, si rifugiò in Francia nel '39. Internato nei “campi della fame”, insieme a Alberto Maiero, Lorenzo Giusti e Giovanni Spilzi, fu consegnato ai fascisti nel giugno del '40 e confinato alle Tremiti. Liberato nel settembre 1943, partecipò alla Resistenza e a Torino redasse “Guerra sociale” nel '50, “Guerra di classe” dal '50 al '54, “La rivendicazione sociale” nel '63 e “Rivoluzione libertaria”.

5)Nato a Mantova l'otto maggio 1886, esule in Francia dal '28, Giuseppe Ruozi fu, per molti anni, un collaboratore assiduo (con lo pseudonimo di Tranquillo) dell'”Adunata dei refrattari” e del “Risveglio anarchico”.

6)Su Nicola Di Bartolomeo: Casciola, Paolo. Appunti di storia del trotskismo italiano (1930-1945), Foligno: Centro studi P. Tresso, 1986, p.35-48.

7)La nostra amica Virginia Gervasini (detta “Sonia” e “Marthe”) era figlia di Emilio, un anarchico, che combatté in Spagna nelle file libertarie e prese parte alla Resistenza a Toulouse e a Lyon. Principale redattrice, a Barcellona, del periodico trotskista “Le Soviet” dal gennaio del '37 al gennaio del '38, Virginia collaborò, dopo il suo ritorno in Francia, al bollettino “Nuevo curso” e alla rivista “La vérité” e partecipò alla lotta di liberazione nella zona di Toulouse (Sonia [Virginia Gervasini]. La única perspectiva revolucionaria, Nuevo curso, n.1, 12 mag. 1939; Sonia [Virginia Gervasini]. En la emigración italiana, ivi, n.3, 20 lug. 1939; Bugiani, Rodolfo. Valletta e Kossighin non sapevano che il traduttore era trotskista, La nazione, 16 ott. 1980; Casciola, Paolo. Sermasi, Giorgio. Vita di Blasco: Pietro Tresso dirigente del movimento operaio internazionale (Magré di Schio, 1893 - Haute Loire, 1944?), Magrè: Odeon libri - Ismos, 1985, p.170; Conoscere la biblioteca per conoscere...: guida alla Biblioteca comunale di Follonica / a cura di Lucia Vella, Follonica, 1995, p.[13-14]).

8)Ornella e Lorenzo Musso nacquero a Imperia il 18 aprile 1912 e il 21 luglio 1913.

9)U.d.B. Non sono passati: l'antifascista italiano Milano caduto fra i combattenti catalani, Il nuovo avanti, n.31, 1 ago. 1936; Buozzi, Ornella. Quattro giorni a Barcellona, ivi, n.32, 8 ago. 1936; Gli antifascisti morti e feriti durante l'assalto alla Caserma Atarazanas, ivi, n.34, 22 ago. 1936; Thalmann, Pavel e Clara. Combats pour la liberté: Moscou, Madrid, Paris, Quimperlé: La digitale, 1983, p.125-126; La Spagna nel nostro cuore, 1936-1939: tre anni di storia da non dimenticare, Roma: Aicvas, 1996, p.513-524. L'articolo, pubblicato sul giornale dei socialisti riformisti, riferiva che a Barcellona, dal 18 al 20 luglio, era stato ucciso l'antifascista tedesco Johann Frey ed erano stati feriti lo studente tedesco Rudolph Kohn e gli antifascisti italiani Paolo Girelli (muratore di Brescia) e Bruno Sereni. Su Enrico Jacod e sul podista Renati: Garibaldini in Ispagna, Madrid, 1937, p.9-11; su Jacod vedi anche: La voce degli italiani, n.126, 3 dic. 1937.

10)Thomas, Hugh. Storia della guerra civile spagnola, cit., p.251-25420

11)Broué, Pierre. Témime, Émile. La rivoluzione e la guerra di Spagna, cit., p.121.

12) Fosca Corsinovi nacque a Casellina e Torri (Firenze) il 24 settembre 1897 e fu a lungo compagna di idee e di vita dell'anarchico Dario Castellani, da cui ebbe una figlia, Luce, il ventisei settembre 1920. Emigrata in Francia nel '23, rimase a Marsiglia insieme al Castellani finché le loro strade non si divisero. Espulsa nel '32 dalla Francia, dove si celava sotto il nome di Marie-Thérèse Noblino, si stabilì in Svizzera, insieme alla figlia e all'anarchico Francesco Barbieri, al quale si era sentimentalmente legata. Iscritta nel Bollettino delle ricerche, venne inclusa dal regime fascista - caso abbastanza raro per una donna - negli elenchi degli attentatori, poi, nel luglio del '36, accorse a Barcellona e, il mese successivo, si arruolò nella Colonna italiana, prestando la sua opera di infermiera sul fronte aragonese. Tornata nella capitale catalana, assisté, il quattro maggio 1937, all'arresto di Barbieri e di Camillo Berneri nella casa, che i due anarchici condividevano con lei, con Tosca Tantini e con Ernesto Bonomini, e annotò la matricola di uno degli stalinisti, responsabili, poche ore dopo, dell'assassinio dei due rivoluzionari italiani. In seguito la Corsinovi fu l'animatrice della Colonia infantile “Adunata dei refrattari”, insieme a Armand Schofer o Schoffer, detto Rodríguez, “ancien milicien de la Fédération anarchiste ibérique”, nato, forse, a Trieste il 30 dicembre 1893. Lasciata la Spagna nel gennaio del '39, poche ore prima della caduta di Barcellona, venne internata nei campi francesi di Récébédou e di Brens, insieme alla figlia Luce, a Maddalena Anfosso, alla comunista Giulia Quillino, moglie del monterotondino Primo Bagnoli, e ad altre donne. Rimessa in libertà, fu arrestata dalle autorità di Vichy nell'autunno del '41 e denunciata per “dissimulazione di identità e uso di falsi documenti”. Consegnata ai fascisti nel '42 e confinata alle Tremiti, venne rilasciata dopo la caduta di Mussolini e riprese il suo posto nel movimento libertario.

13)Umberto Consiglio nacque a Siracusa il ventotto marzo 1889. Il padre Paolo faceva il sarto, la madre, Francesca Rizzo, la casalinga. Dopo aver frequentato l'“Istituto tecnico pareggiato di Siracusa, sezione ragioneria”, si avvicinò al movimento sovversivo e partecipò alla grande guerra con il grado di tenente di complemento di fanteria, subendo il congelamento dei piedi. Tornato a Siracusa, vi organizzò un gruppo libertario, quindi si trasferì a Moncalieri, dove diventò segretario della Cooperativa dell'industria del legno e si legò (?) ai comunisti. Lettore dell'“Iconoclasta” di Renzo Novatore, si oppose, a Moncalieri, alle violenze degli squadristi, insieme ad Attilio Monteforte (un comunista di Siracusa) e ad altri sovversivi, e venne condannato il ventotto gennaio 1922 a settantacinque giorni di reclusione per “omessa denuncia di armi”. Rientrato in Sicilia nel mese di ottobre, fu schedato il quindici febbraio 1923. Secondo la Prefettura di Siracusa, Consiglio era comunista e non aveva “dato luogo ad alcun rilievo nei riguardi della sua condotta morale e politica”, prima della sua chiamata alle armi, poi, “nel 1920, trovandosi in qualità di sottotenente presso il 75º Fanteria in Siracusa, cominciò a frequentare la compagnia di socialisti ufficiali, prendendo parte alle loro riunioni ed iscrivendosi al partito. Attualmente milita nel partito comunista, ha fama di giovane di carattere buono e di discreta educazione,... si ritiene che siasi iscritto al partito comunista trascinato dalla follia rivoluzionaria del dopoguerra... E' lavoratore assiduo, trae attualmente i mezzi di sostentamento dalle lezioni private che impartisce. Frequenta compagnie di sovversivi ma è molto riservato e contegnoso... Appartiene attualmente alla cooperativa edile di Siracusa, della quale è segretario. Non risulta che abbia collaborato o collabori a redazioni di giornali. Riceve visite e giornali libertari ed è assiduo lettore dei quotidiani socialisti...” Nel '25 Consiglio era abbonato alla rivista malatestiana “Pensiero e volontà” ed era in rapporti epistolari con il prof. Gaetano Marino, un anarchico, che collaborava al giornale “Culmine”, edito da Severino Di Giovanni a Buenos Aires. Nello stesso anno - secondo la Prefettura di Siracusa - abbandonò il marxismo, per abbracciare le idee anarchiche e al principio del '26 inviò i manoscritti del defunto Renzo Novatore all'indirizzo di Bobigny di Tintino Rasi (“Auro d'Arcola”), “d'intesa con i compagni di fede Failla Alfonso e Di Mauro Salvatore, anarchici schedati”, poi, a fine estate, emigrò clandestinamente in Francia. Fermatosi a Parigi, fu in contatto per qualche tempo con il gruppo operaista di Michelangelo Pappalardi, di Lodovico Rossi (“l'ex comunista, al quale mi lega un'antica amicizia”) e di Piero Corradi, a proposito dei quali scrisse una decina di anni dopo: “L'ideologia di Danubiano è stata (a parte qualche differenza) propugnata anni fa da un gruppo di... bordighiani dissidenti che pubblicava “L'ouvrier communiste” e poi “Le réveil communiste”; forti gruppi comunisti opposizionali tedeschi si trovano sullo stesso terreno, e un gruppo olandese. Si tratta della negazione del ruolo del “partito comunista” quale rappresentante del proletariato e dell'affermazione della “dittatura del proletariato” esercitata attraverso gli organismi partoriti direttamente dal seno della classe proletaria; i “sovieti” per il gruppo italiano, i gruppi tedeschi e il gruppo olandese; i “consigli di fabbrica” per altri gruppi; e per Danubiano i “Consigli operai”.
Tutto ciò ha naturalmente una certa affinità con l'anarchismo, mi ricordo che provavo piacere a frequentare il gruppo italiano dell'epoca. Ma mi trovavo tuttavia a disagio. Tale gente ha sempre quel bagaglio dottrinale a base di “processus” di dialettica, di classe, ecc.; tutto ciò con una tonalità da illuminati che a noi riuscirà sempre ostica. Comunque fra noi e loro c'è molta vicinanza; e, per esempio (non so se lo sai) il Pappalardo, “leader” del gruppo italiano del “comunismo operaio-soviettista” è passato all'anarchismo, a quanto mi è stato detto dai suoi ex-compagni. Potrebbe darsi che te conosci un po' tale compagno, in quanto si tratta di un individuo di un certo valore intellettuale e culturale, e dotato di un'attitudine spiccata verso lo studio e l'investigazione...”
Rimasto per cinque o sei anni ai margini del movimento antifascista, Consiglio fu spinto a “riprendere contatto militante” dalla guerra etiopica e il ventidue novembre del '35 sostenne su “Giustizia e libertà” la necessità di una stretta collaborazione con i giellisti, “coinvinto come sono che fra di noi e loro vi sarà nei prossimi avvenimenti una certa comunanza di destino”, quindi, alla fine del mese di luglio del '36, raggiunse Barcellona e si arruolò nel “Gruppo italiano della Colonna Ascaso” (la Colonna italiana), combattendo sul fronte aragonese e restando “accidentato durante la battaglia di Almudévar”. Contrario alla permanenza di Carlo Rosselli alla guida della formazione, rimase nella Colonna, dopo le dimissioni del dirigente giellista. Iscritto nella Rubrica di frontiera, Consiglio fu condannato a due mesi di carcere, dopo essere rientrato in Francia nel '39, perché era privo di documenti, e venne successivamente deportato in un campo di sterminio nazista. Nel dopoguerra fondò a Siracusa il gruppo anarchico “Sulla vetta” e curò la pubblicazione del periodico “Terra e libertà”. Redattore responsabile di “Umanità nova”, Consiglio morì a Bologna il 22 maggio 1964.

14)Aldo Garosci ha raccontato che nelle riunioni, che si tennero a Parigi il 23 e 24 luglio 1936 per decidere sull'intervento militare dell'emigrazione italiana in Spagna, “Giustizia e libertà” “trovò il dissenso dei due partiti collegati all'unità d'azione (P.C.I. e P.S.I.) e il consenso delle minori forze estremistiche che già in altre occasioni, come nelle polemiche della guerra di Abissinia, si erano trovate concordi con essa a criticare il Fronte Popolare come impresa eccessivamente diplomatica e burocratica” (Garosci, Aldo. Relazione sulle diverse fasi dell'intervento di “Giustizia e libertà” nella guerra civile di Spagna, Firenze, 10-12 giu. 1977, p.4-5). Gli antifascisti, decisi a partire subito per la Spagna, polemizzarono a Parigi, il 23 o il 24 luglio 1936, con i comunisti e i socialisti riformisti, che erano, invece, favorevoli a forme di “assistenza tecnica” o disposti solo a votare “un ordine del giorno di solidarietà morale” per la Spagna repubblicana ([Salvini, Cristofano]. Lettre du camarade Tosca: aux camarades du Bataillon Garibaldi, Barcellona, 18 mar. 1937, La Commune, n.141, 19 ago. 1938). “Rosselli e quelli che con lui dividevano l'idea dell'intervento non avevano alcuna preoccupazione di “mettere in crisi” un partito e un movimento. La sola crisi reale, quella dei fatti, appariva in tutta la sua nudità. Proprio per questo - quando il 23 o il 24 luglio, su invito di G.L., i rappresentanti dei vari gruppi antifascisti si riunirono nella bassa sala di Rue du Val de Grâce, ove il giornale di G.L. era nato - solo gli “irregolari”, che G.L. aveva riunito intorno a sé nella critica del Fronte Popolare, consentirono all'intervento attivo dell'antifascismo. Rifiutarono i socialisti e i comunisti. Questi ultimi dichiararono che, data l'iniziativa presa dai partiti francesi di mandar medicine in Spagna, e dato che il bisogno essenziale della rivoluzione spagnola era “non di uomini”, la Spagna ne aveva a iosa, ma di materiali, e questo si poteva ottenere solo attraverso un'azione di pressione sui governi democratici - far qualche cosa di più sarebbe stato un errore e un atto di egoismo; sarebbe stato fare qualcosa, non si sa se gradevole o meno “ai compagni del governo spagnolo”, a beneficio della causa italiana. I socialisti presero sostanzialmente la stessa posizione, essi erano legati ai comunisti dal “patto d'unità d'azione” (Magrini [Garosci, Aldo]. Rosselli in Spagna, cit., p.24-25). Fra i comunisti italiani, che, di propria iniziativa, raggiunsero la Spagna nell'agosto del '36, ci furono Osvaldo Negarville, Angelo Curti, Giacomo Pellegrini, Agostino Casati, Nino Nannetti, Francesco Scotti e Ennio Tofoni (Sicco Ferrero, Carla. Test., Follonica, 7 ott. 1980, AB, M7, 37,17; Scotti, Francesco. [Memorie], in: Lajolo, Davide. Il voltagabbana, Milano: Il saggiatore, 1964, p.88; Tofoni, Ennio. Il lungo cammino nella sierra, Milano: Nuova tipolito, 1971).

15)Palmizzi, Renato. Test., Follonica, 8 ago. 1993, AB, M7, 38.

16)”Fu Berneri, con Fantozzi e Giusti, a propugnare in seno agli anarchici una formazione nei quadri della quale tutti gli antifascisti avessero accesso. Si pervenne perciò ad una mutua transazione, indispensabile a qualsiasi iniziativa di carattere unitario. I non anarchici accedevano ad integrare una colonna patrocinata dalla Confederazione generale del lavoro (C.N.T.). Gli anarchici rinunciavano a loro volta a conferire alla colonna un carattere specifico corrispondente alla loro ideologia.” Il 5 agosto 1936 veniva raggiunto l'accordo con gli altri antifascisti e gli anarchici ne prendevano atto: “Gli anarchici italiani arruolati nella Milizia della C.N.T. e della F.A.I. (diceva un nuovo ordine del giorno) salutano fraternamente i volontari antifascisti italiani di “Giustizia e Libertà”, del Partito Socialista Massimalista, del Partito Repubblicano e dell'Azione Repubblicana Socialista, che hanno preferito, riconoscendo il grande ruolo dell'anarchismo spagnolo nella lotta contro il fascismo, la nostra alle altre milizie. Decidono la formazione di un Comitato di coordinamento fra i volontari italiani inquadrati nella nostra milizia, comitato destinato ad utilizzare il meglio possibile le capacità tecniche dei volontari” (La prima colonna di volontari. La colonna italiana, sezione della “Colonna Ascaso”, Umanità nova, 11 lug. 1965). Il patto costitutivo fu stilato da Berneri, alle trattative presero parte i giellisti Carlo Rosselli, Umberto Calosso e Aldo Garosci, il repubblicano Mario Angeloni e gli anarchici Diego Abad de Santillán, Virgilio Gozzoli, Lorenzo Giusti, Renato Castagnoli, Vindice Rabitti e Enzo Fantozzi. “La formazione - ha scritto Umberto Consiglio - si denominava, adunque, “Gruppo italiano della Colonna Ascaso”, ed era un “gruppo misto”, in quanto vi facevano parte elementi delle varie correnti antifasciste; monarchici, comunisti (ufficiali e dissidenti), socialisti, giellisti (cioè di “Giustizia e “Libertà”) e repubblicani. Gli anarchici costituivano il gruppo “maggioritario”; i repubblicani erano i più simpatici e vicini a noi, come del resto è stato quasi tradizionale in Italia. Il primo comandante della formazione era stato Mario Angeloni, che io non conobbi personalmente, la battaglia del Monte Pelato, nella quale egli rimase ucciso, essendo avvenuta mentre il “secondo scaglione” (del quale facevo parte) era ancora alla caserma Pedralbes, in Barcellona, in attesa della partenza per la zona di operazioni. Di Angeloni, i compagni parlavano come di un ottimo uomo e militante. Dopo la sua morte il comando rimase in mano di Carlo Rosselli” (Consiglio, Umberto. Il gruppo italiano della colonna Ascaso, Umanità nova, n.31, 2 ago. 1959). Sulla Colonna Italiana: Garosci, Aldo. Vita di Carlo Rosselli, Firenze, Vallecchi, 1973, vol.2, p.412-460.

17)Rosselli, Carlo. Oggi in Spagna, domani in Italia, Torino: G. Einaudi, 1967.

18)Sottufficiale durante la prima guerra mondiale, Giuseppe Bifolchi collaborò al numero unico “L'agitazione a favore di Castagna e Bonomini”, che uscì a Parigi nel '24, e diresse a Bruxelles, dal '29 al '31, il “mensile anarchico rivoluzionario” “Bandiera nera” (Bettini, Leonardo. Bibliografia dell'anarchismo, vol.I, tomo 2, Firenze: cp, 1976, p.45, 106; Bifolchi, Giuseppe. Lettere, Balsorano, 22 apr. 1972, 2 maggio 1972, 29 mag. 1972, AB).

19)Marcucci, Domenico. Il comandante Rajmond: biografia di Agostino Casati, Sesto San Giovanni: Il papiro, 1995.

20)Pieroni Bortolotti, Franca. Francesco Misiano: vita di un internazionalista, Roma: Editori riuniti, 1972, p.91-94.

21)Fancelli, Pietro. Letters from Barcelona / a cura di Paolo Casciola, in: The spanish civil war: the view from the left, Revolutionary history, vol.4, n.1-2, 1992, p.265-267.

22)Jacques Menachem era un ex capitano francese.

23)Nato a Pola l'otto marzo 1899, Remigio Maurovich frequentò le elementari austriache fino alla sesta classe e l'Istituto professionale italiano sino alla conclusione del secondo biennio, poi si guadagnò da vivere, facendo il falegname. Nel '19 aderì alla Camera del lavoro di Pola e nel gennaio del '21 al P.C.d'I. Trasferitosi in Romania due mesi dopo, partecipò, in maggio, a una manifestazione degli operai comunisti del cantiere Ferinc. Rientrato a Pola, venne schedato il ventiquattro febbraio 1926 dalla Prefettura locale, che sottolineò il suo “carattere impulsivo” e le sue doti di agitatore. In settembre Maurovich fu assunto nella ferriera di Servola (diretta in quei giorni dal dott. Ugo Monsacchi, un chimico, che, vent'anni prima, aveva guidato le fonderie di Follonica) e vi lavorò fino all'otto novembre, quando, per motivi politici, rientrò a Pola con un foglio di via obbligatorio. In seguito si vide negare il nulla osta per imbarcarsi sulle navi italiane, dirette all'estero, e l'undici marzo 1928 venne condannato a dieci giorni di carcere per oltraggio ad un agente. Tornato a Trieste, fu diffidato il ventinove novembre del '28 e arrestato in dicembre “per inosservanza della diffida”.
Condannato, nel gennaio del '29, a 37 giorni di arresto, il sei maggio 1930 emigrò clandestinamente in Iugoslavia per evitare un'altra carcerazione. Incluso nella Rubrica di frontiera e condannato dalla Pretura di Pola, il ventitré luglio, a sette mesi di reclusione “per espatrio illegale”, fu inserito nel Bollettino delle ricerche nel marzo 1931 e arrestato a Zurigo alla fine del '32, insieme ad altri antifascisti, sospettati di aver preparato un attentato al Consolato italiano. Spostatosi a Parigi, venne inserito dai fascisti nella categoria dei terroristi. Fermato nella capitale francese il nove febbraio del '34, mentre protestava davanti al Consolato d'Italia e portato al Commissariato di rue de Bourgogne, fu nuovamente fermato nel '35 per motivi politici, poi, nell'agosto del '36, raggiunse la città basca di Guipúzcoa, dove assunse il comando di un gruppo di antifascisti italiani e ricevette la visita del comunista francese André Marty (ACS, Roma, CPC, b.3169).

24)Tommaso Ciappelloni nacque a Genzano (Roma) il ventiquattro gennaio 1895. Tappezziere, fu condannato a venti anni e due mesi di reclusione nel '17 per “diserzione in presenza del nemico”. Tornato in libertà nel '19, grazie all'amnistia di Nitti, emigrò in Francia tre anni dopo. Segnalato a Parigi dopo il ferimento di alcuni fascisti, venne iscritto nella Rubrica di frontiera e nel Bollettino delle ricerche, supplemento dei sovversivi, per la misura di arresto. Nel '39 fu internato a Gurs e ad Argelès, dove si trovava ancora il 25 gennaio del '41, insieme a Alfredo Bertoli, a Lorenzo Gallo, a Lelio Giannini, a Giordano Leccese, a Ettore Storai e ad altri ex “miliziani rossi”. Tradotto in Italia, rispose, il sei novembre 1941, ai funzionari che lo interrogavano nella Questura di Roma: “Fui indotto a recarmi in Spagna sia perché simpatizzavo per il Governo della Repubblica sia per sfuggire all'illegalità in cui vivevo in Francia. Naturalmente sapevo che in Spagna andavo per combattere il fascismo. Rimasi in Spagna dall'agosto 1936 al maggio 1937 quando fui ritirato come “inutile” giacché ero ammalato di ulcera allo stomaco e pertanto inabile al servizio militare”. E più avanti: “Ho chiesto di tornare in Italia perché la vita in campo di concentramento era terribile...” Confinato a Ventotene, Ciappelloni fu liberato nell'agosto 1943 (ACS, Roma, CPC, b.1325, fasc.93674; Antifascisti nel Casellario politico centrale / a cura di Simonetta Carolini, Carla Fabrizi..., Roma: A.N.P.P.I.A., [199?], vol.6, p.99).

25)Il gruppo di internazionali, che si batté sul ponte di Hendaye, comprendeva, fra gli altri, Jean-Jacques Pradèse o Pradère, sergente mitragliatore, Auguste François Morlet, artigliere, Enrico Bonora, sergente mitragliatore, Émile Langumier, capo meccanico di aviazione, Charles Sobel o Lebel, Antoine Guiovando o Giovando, conduttore di carri blindati, Vladislao Balovic, sarto, Auguste Martin Burlot, capo mitragliatore, Angelo Antonini, mitragliatore, Lewinger, meccanico, Karlos Dembonczyk, fuciliere, Ladislas Fritsch, meccanico, Desiré Lavenger, Jules Christiaens, mitragliatore, Edmond Louis Bourgeon, artigliere, Giuseppe Fabi, mitragliatore, Giuseppe Robba, Marcel Roger Barou, sergente mitragliatore, Guy Maynard, mitragliatore, Pierre Louis Koblecour, mitragliatore, Paul Cheminais, mitragliatore di prima, Pierre Besson, addetto alla mitraglia, André Léon, mitragliatore, Arrigo Goyak, secondo caricatore, Eugène Marchand, mitragliatore, Raoul Simon, mitragliatore, Mentore Torelli, fuciliere, e Artemio Agosti, autista.

26)La colonna antifascista italiana si batte vittoriosamente davanti a Huesca, Giustizia e libertà, n.36, 4 set. 1936; Calosso, Umberto. La guerra di Angeloni, Il mondo, 1 set. 1951, p.8; Bifolchi, Giuseppe. Monte Pelato: prima battaglia dell'antifascismo italiano in difesa della rivoluzione in Spagna, Umanità nova, 27 ago. 1966.


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