Sommario

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  • Parigi 1977
    Un'intervista:
    Coś "... mi avventai su De Bono... "

  • La fotografia del no
    di Gianna Ciao Pointer

  • La mia Ilva
    di Giancarlo Cheli

  • 1851-1926
    Di Follonica, delle fonderie e d'altro (prima parte)

  • Pagine di poesia

  • Il Mondiale
    un poeta a braccio

  • I migliacci
    una ricetta del passato

  • Il mio Messico
    di Michele Marchiani

  • Amnesty International
    La tortura e altro

  • La redazione

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  • LA RISVEGLIA

    quadrimestrale di varia umanità
    n.6 Gennaio - Aprile 2001

    Il Mondiale
    un poeta a braccio

    Arturo Bernardeschi era soprannominato il “Mondiale” perché aveva vinto per distacco qualche corsa ciclistica fra il 1923 e il 1926 (1).
    Nato a Follonica il sei aprile 1908, quando l'ho conosciuto faceva il cementista in Via Foscolo, a pochi metri dalle abitazioni di Antonio e Caterina Pii, di Elvia e Vico Franci, dei parenti di Savino Allegri, l'organizzatore - insieme a Baldassarre Agnelli - del carnevale follonichese del 1925, e di Agostino Innocenti, detto Gosto. Il suo mestiere Arturo l'aveva imparato dai fratelli Nicoletti, dai quali si era staccato per aprire, in Via Foscolo, un cantiere, formato da tre ampie tettoie, da una distesa di graniglia, ghiaia, sabbia e cemento e da una casetta a un piano, dove abitava con la moglie, Luisa Vanni, e i tre figli.

    Per tutta la settimana, nel cantiere, ferveva un'alacre attività e il “Mondiale” - aiutato dal figlio maggiore, Vittorio, e, nel '53-'54, da Luca Banti, buon pugile dilettante, che si batté onorevolmente contro Piero Del Papa, futuro campione europeo dei mediomassimi - sfornava, a getto continuo, gradini, tubi, tombini, colonnini e acquai, che sgusciavano fuori dagli stampi di legno e di ferro.
    La sabbia del cantiere era una tentazione irresistibile per noi ragazzetti e ragazzette del tempo - Piero, Bruno, Ezio, Albacarla, Pippo, Liliana, Renatina, Yvonne, Alfio, Iacopo, Furio -, che ne approfittavamo per costruire lunghe e tortuose piste, dove gareggiavamo con le palline e i borri. Lui, in genere, ci sopportava, ma qualche volta, quando esageravamo nel mescolare la rena alla terra, si spazientiva e minacciava di cacciarci con la sistola.

    Oltre al lavoro, Arturo coltivava con passione vari interessi. Amante della lettura, sapeva a memoria parecchi canti dell'“Iliade” e dell'“Odissea” e le sere d'estate, quando, tutti insieme, prendevamo il fresco per strada, recitava i versi, che Omero aveva dedicato alle gesta del Pelide, di Ettore e di Ulisse e ai dolori di Priamo e di Ecuba. Il “Mondiale” conosceva bene le avventure di Orlando, di Sigfrido e di altri protagonisti della mitologia franca o germanica e ci parlava di nani, di draghi, di donne addormentate e di tesori nascosti. E noi lo ascoltavamo attenti, mentre lui, forse, sognava di essere sul greto dello Scamandro o lungo il Reno, vicino a Fafner o a Crimilde.

    Ogni anno, la mattina del primo maggio, Via Foscolo era teatro di un rito piuttosto singolare: puntualmente, per la festa del lavoro - risorta dopo il tempo molesto del fascismo -, comparivano nella strada “sette, otto, dieci o dodici uomini maturi”, fra cui c'erano Federigo Barontini (2) e Osvaldo Modesti (3). Quegli uomini “misteriosi” traversavano il cantiere, badando a non impolverarsi, entravano nella casetta del “Mondiale” e dopo un po' - ripete mia sorella Liliana - ne uscivano “tutti infiocchettati”, insieme ad Arturo, per recarsi al Casone e a Valpiana, alla Botteghina e a Riotorto, a Roccastrada e a Montemassi, a cantare il maggio. “Si mettevano - dice il figlio Alfio - tutte queste divise particolari, tutte colorate, per anda' a fa' scena e cantare, portavano i bastoni con le coccarde...” A volte - rammentava Luisa - “andavano a canta' per le case: il mi' marito lo chiamavano, aveva la voce bella, lo chiamavano anche per canta' alle comunioni, alle cresime, agli sposalizi, ai battesimi...” (4) E Alfio aggiunge: “Mi ricordo che lui andava a cantare il maggio, cantava la Befana e il maggio, praticamente facevano il gruppo del poeta, lui faceva il poeta, poi c'era i maggerini e andavano per queste campagne a cantare questo maggio, perché usava in precedenza cantare anche la Befana” (5).
    Una volta, “s'era nel giugno del '40”, è venuto a Follonica il cantante livornese Masini per esibirsi al Teatro Tirreno. Un certo Gigino, - ricordava Luisa - “gli disse al mi' marito: “O Mondiale, vieni stasera laggiù, c'è Masini e si sente come canti”. Qualche ora dopo, dal palcoscenico, il Masini si rivolse al “Mondiale” con queste precise parole: “Su, ora si guarda come canti te”, e, dopo averlo ascoltato, esclamò: “Madonnina, canti meglio di me, però qui manca la musica istruita, senza la musica non si può anda' nei teatri dove si deve andare”. La mattina seguente il cantante livornese propose ad Arturo: “Devi veni' quassù a Livorno, io ti istruisco con la musica e poi vieni cantante, guadagni soldi a cantare, ci hai una voce bella”. Purtroppo il giorno successivo il “Mondiale” ricevette la cartolina militare e la guerra troncò la sua carriera, prima ancora che fosse iniziata (6).

    La voglia e il piacere di stare in mezzo alla gente e di inventar versi fecero di Arturo, nel dopoguerra, una presenza fissa e importante a Scarlino Scalo, dov'era “ospite” di un intraprendente personaggio, tuttora vivo alla bella età di 96 anni: parliamo di Ottavio Lenzerini (7), che, nel suo emporio di Santa Rosa, fu, per tanto tempo, lo sponsor e l'organizzatore di memorabili pomeriggi di poesia, ai quali accorrevano quasi tutti i bernescanti dell'alta Maremma (8): talenti un po' speciali, come il nostro “Mondiale” e il Barontini, Berto Benini e il Neri, Nello Benedetti e Quinto Rapezzi, Arhus Pimpinelli (9) e Osvaldo Modesti..
    “S'incontravano fra loro i poeti - ci dice il sor Ottavio - e poi c'erano i passionisti di poesia, venti, trenta, anche quaranta a ascoltà a bocca aperta. Venivano lì in bottega. Trovavo spazio per tutti. Più di tutto chiedevano del vino, poi quando s'arrivava da ultimo toccava paga' sempre a me e a' poeti. Tutti bevevano, poi quello chiappava e andava via e un pagava nessuno”.

    Ed è ancora lui a ricordare:
    “Ottavio: Poi c'era Quinto Rapezzi dei Forni di Gavorrano, e poi c'era un certo Barontini, che quello era un poeta di spolvero.
    Domanda: Che vuol dì poeta di spolvero?
    Ottavio: Poi c'era quell'altro qui di Follonica, il Mondiale.
    Domanda: Ah, veniva alle fiere?
    Ottavio: Sì, alle fiere, veniva, sì.
    Domanda: Che vuol dì poeta di spolvero?
    Ottavio: Di spolvero, di quelli bravi!
    Domanda: Com'era il Mondiale?
    Ottavio: Il Mondiale... aveva un rapporto di canto che un ce n'era altri. A uno di Cecina, era un uomo brutto, gli dissi: “Se ti dà una poesia lui, t'addormenta”, gli dissi al Mondiale, ma era brutto quello [di Cecina]. [Il Mondiale] lo guardò in faccia, e gli disse. “Se tu cantassi bene quanto se' brutto, di darebbero il premio dappertutto” (10).
    A conclusione, mi sarà consentita una notazione politica. Militante comunista, Arturo nutriva però qualche simpatia per il movimento libertario, come dimostra una sottoscrizione di cinquanta lire in favore di “Umanità nova”, che egli fece al principio del 1948, insieme agli anarchici schedati (e ingiustamente dimenticati) Corrado Portanti, detto Medarde, e Giuseppe Gianneschi, e ad Ottorino Grandi, che rivediamo passare per Via Matteotti dignitoso e severo, a Giuseppe Signori (già esule in Francia con i suoi fratelli), a Giovannino Nizzardi (l'ex presidente del CLN locale) e a Edmondo Francesconi (11).

    Note

    1)”Sì, sì, ha sempre cantato, ha avuto tre premi: uno di canto, uno di ballo, uno di bicicletta. Se avesse visto come ballava il valzer, sembrava un frullino quando ballava” (Vanni Bernardeschi, Luisa (Scarlino, 1911). Testimonianza, Follonica, 10 feb. 1998, M7, 30). Arturo morì il quattordici gennaio 1970.

    2)Barontini era molto più vecchio del “Mondiale”. Luisa lo ricordava già molto “anziano”, “secco”, con i “capelli grigi”, e pensava che “fosse stato in pensione quando l'ho conosciuto” (ivi). Alfio Bernardeschi ci ha raccontato: “Barontini anche lui faceva il poeta... Non è che cantavano insieme, cantavano in contrasto, perché lui [il “Mondiale”] era il poeta d'una parte e lui [Barontini] lui era il poeta dell'altra” (Bernardeschi, Alfio. Testimonianza, Follonica, 17 feb. 2001). Luca Banti rammenta che, negli anni Cinquanta, Barontini dissodava, con perizia, la terra in Valle Onesta.

    3)Tra i poeti a braccio, che cantavano insieme al “Mondiale”, Luisa ci ha fatto il nome di un certo Balestri: “Di nome... non me lo ricordo, aveva sposato una Ceccarelli... Stavano di casa in quella via, ha visto, là davanti, c'è la gabina [via Cavour]” (Vanni Bernardeschi, Luisa. Testimonianza, Follonica, 22 mar. 1998, M7, 29).

    4)Ivi.

    5)Bernardeschi, Alfio. Testimonianza, Follonica, 17 feb. 2001.

    6)Vanni Bernardeschi, Luisa. Testimonianza, Follonica, 10 feb. 1998, M7, 30.

    7)Nato a Scarlino nel 1905.

    8)”Lui - ci ha detto Luisa Vanni, riferendosi al marito - per dì la verità non le ha mai scritte le cose di bernesco, io [non] ci ho altro che [quello] che ha attaccato lì, quello sì, quello l'ha fatto lui, poi l'hanno stampato”. “Il mi' marito non le scriveva le poesie, lui se le levava [cavava] dalla testa” (ivi).

    9)Arhus Pimpinelli era nipote di Sebastiano Pimpinelli, detto Ireneo, sindaco di Montieri nel primo dopoguerra e autore di un opuscolo in versi, intitolato “Contro il secessionismo (terzine). Il socialismo (versi martelliani)”, edito nel '47. Nato a Boccheggiano il quattordici dicembre 1882, Pimpinelli fu denunciato dai carabinieri di Boccheggiano per aver tenuto, il due maggio 1920, un comizio al Gabellino, a duecento persone, insieme a Moglio Nozzoli e a Armando Vinciguerra senza darne avviso alle autorità di P.S. Il pretore di Massa Marittima, però, assolse i tre imputati.

    10)Piccolo omaggio a Ottavio Lenzerini per il suo novantaquattresimo compleanno, Follonica: La risveglia, 1999, p.1, 4-5.

    11)Sottoscrizioni, Umanità nova, n.2, 1 feb. 1948.


    Contrasto fra padrone e contadino
    Ottave di Mondiale - Follonica

    Riproduciamo una parte del “Contrasto”, che Arturo dette alle stampe più di 50 anni fa, perché documenta il suo interesse per la poesia e la mitologia e l'intensa passione civile e politica, da cui era animato in quegli anni di fervore e speranze di giustizia e rinnovamento sociale.

    “Dormiva Apollo il suo sonno beato
    Clio, Tersicore, Urania e Melpomene,
    Calliope, insieme con Polligna e Errato
    Euterpe con Talia nascoso tiene
    le canore armonie che gli fu dato
    del suono e il canto come gli appartiene
    da quella Menemosine che apria
    il suo embrione ed ogni musa uscia.

    Contadino
    Dopo vent'anni di dura agonia
    rivediamo la lega dei coloni
    risuscitata con tanta energia,
    che richiama all'appello i giusti e i buoni;
    con dovere e giustizia pura e pia
    si fa presente a voi, illustri padroni,
    che il vento nero in rosso si è cambiato:
    deve esser tutto democratizzato.

    Padrone
    La plebe sogna: tu non hai pensato,
    specialmente voialtri contadini
    siete indecisi del vostro operato,
    non conoscete i punti sopraffini;
    certo che un ciarlatano vi ha parlato
    avido di ingrandirsi e far quattrini;
    s'è veduto altre volte in questo mondo
    portarvi in cima e rigettarvi in fondo.

    Contadino
    Non è così, signori; vi rispondo:
    oggi abbiamo veduto e si è sentito
    dell'ingiustizia il peso furibondo,
    la violenza del vecchio partito;
    compraste il violento e il vagabondo,
    violaste il buon senso all'infinito,
    senza coscienza umana, né cervello,
    faceste usare l'olio e il manganello.

    Padrone
    Hai mai veduto in questo luogo o in quello
    Conti, Marchesi, Principi e Baroni
    scendere in piazza e fare del bordello,
    delle vane e insulse discussioni?
    Noi opriamo per il giusto, il buono e il bello;
    vi diamo vita e tante largizioni,
    adesso ci accusate ingiustamente,
    ma verrà il dì che vi ritorna in mente.

    Contadino
    Voi lavoraste maliziosamente
    insieme a Mussolini, l'assassino
    di Matteotti ed altra brava gente:
    ambizioso, tiranno, empio, fellino;
    complici del fascismo apertamente,
    l'Italia che d'Europa era il giardino
    l'avete sconcassata e demolita
    con quella guerra ingiusta e non sentita...

    Padrone
    Mettiamo un punto su questa partita.
    Parliamo un poco dei nostri interessi:
    come trascorri il tuo tenor di vita?
    Quale opinion di ideal professi?
    La borghesia benigna sempre unita
    mai non fallì nei suoi grandi successi.
    Pensa: se vai d'accordo coi signori,
    avrai rispetto, ricompensa e onori.

    Contadino
    Il mio tenor di vita, o sfruttatori,
    miseria sì, ma puro l'ideale
    come i compagni miei lavoratori
    e l'inno nostro è l'Internazionale;
    siamo già in marcia, baldi difensori,
    con la bandiera rossa e alto il morale:
    l'immensa proprietà che ha dominato
    passerà patrimonio dello stato.

    Padrone
    Noi da secoli abbiamo ereditato
    da il nonno, il padre oppure dal parente;
    chi coi propri denari l'ha comprato
    e si paga le tasse annualmente;
    vi sembra giusto ci venga levato?
    Anche se si domanda a un innocente,
    dirà che avete torto in conclusione
    poiché pensando cambiate padrone.

    Contadino
    Non è vero! Se avete comprensione,
    si tratta di uno stato popolare
    che i campi e l'officine sia in funzione,
    poiché tutti si possa lavorare,
    senza bisogno dell'emigrazione
    deve il progresso ognor moltiplicare
    e che non ci sia più disoccupati,
    liberi cittadini e rispettati.

    Padrone
    Terminata è la guerra e son crollati
    del fascio ogni edificio e fondamento;
    oggi l'umanità, lieti e beati,
    ci farà tutti se nel nostro intento
    ci sarà inciso: cancella i peccati,
    la legge del perdono e il sentimento
    di fraterna giustizia e di rispetto,
    senza abusi e soprusi a altrui dispetto.

    Contadino
    Si è veduto e si vede il poveretto
    sottoposto obbligato a l'obbedienza,
    purtroppo ingiusto a tacere costretto,
    pur vedendo la grande differenza
    da l'alto al basso, l'alto esser protetto,
    sprezzato il basso ancor con violenza;
    adesso basta! Il nome del padrone
    deve sparire di santa ragione!

    Padrone
    Non ti fidar dell'organizzazione
    credo che non mantenga, sol prometta,
    vi ubriaca la testa di illusione,
    mai non avrai ciò che la plebe aspetta,
    son buoni solo a fare confusione,
    vi vedrete arrivare la disdetta,
    dopo più non varranno i pentimenti,
    diventerete più docili e obbedienti.

    Contadino
    Basta l'abuso, sì basta o incoscienti,
    basta con la disdetta, è giunta l'ora
    con la giustizia di mostrarvi i denti,
    la terra è frutto di chi la lavora,
    per gli illeciti e ingiusti arricchimenti,
    ci sarà il tribunale pronto ognor
    perché tutti dobbiamo lavorare,
    chi non lavora è indegno di mangiare.

    Compagni cittadini, fò osservare
    presto ne arriveremo alle elezioni,
    s'ha il dovere e il diritto di votare
    uomini e donne senza discussioni,
    il suo punto di vista ognun può fare
    ma noi che siamo schiavi dei padroni
    certo votiamo per il candidato
    che marcia in testa al proletariato.
    Sommario

    LA RISVEGLIA nuova serie on-line del giornale fondato nel 1872