Cosa muove l’irrefrenabile esplorare, di una rosa i cui
petali si dischiudono, profondi ed articolati quanto le stanze di un labirinto?
Un labirinto mai finito, come mai finito appunto, è il cercare un senso o una
motivazione definitiva all’esistere. Analogamente si dischiude il ventaglio
delle possibilità, dei tentativi, delle speranze, e delle soluzioni non dette
ma intuite. Dal fondo degli abissi come sulle cime dei monti, dalla razionalità
scientifica all’irrazionalità del mistero, della magia, della veggenza, che
pure, paradossalmente, al rigore del numero poggiano molte delle loro più salde
cognizioni. Analogamente, non deve stupire quindi, la pertinenza della scelta
determinante del mezzo informatico quale capiente, esaustivo, ed insostituibile
elemento di diffusione di una fortunata serie di esposizioni pittoriche auto
fecondanti ed auto rigeneratesi come contatto, come scambio, come conoscenza.
Come impulso vitale.
E certo l’innegabile commensurabilità fra il mezzo digitale ed il pensiero
magico è fondata sulla loro comune natura energetica. Un’energia che, nel
caso della ricerca di questo gruppo in fieri di artisti , non si deve
leggere come sintesi definitiva, ma come ipotesi, come domanda, come tentativo.
Tentativo serrato di risalire alle sorgenti primigenie della
domanda sull’essere, svolto attraverso il pretesto dell’immagine archetipica
dei tarocchi, sintomatica di una ricerca, nell’uomo mai spenta, perché
intrinseca ad esso. In questo modo, gli arcani maggiori ed il loro fantasioso ed
inquietante entourage di immagini, diventano motivo di ricerca attraverso il non
detto ed il non negato, lacerti antropologici di un antico desiderio di esserci
e di esistere.
Conosciamo noi stessi, perché conosciamo una parte del
nostro immaginario, quello presente come quello passato.
Un passato innegabilmente ancestrale.
In quest’ottica, credo vada rincorsa la carrellata di
immagini relative ai simboli astrali, alle virtù ed ai vizi, all’eros ed alla
morte, per citarne solo alcune.
Ma non si ritenga con questo di aver esaurito la motivazione
personale dei singoli artisti, la cui voce va captata individualmente di opera
in opera, attraverso serene campiture celesti di sfondi stellati su cui di tanto
in tanto si stagliano graffianti inquietanti forme di simboli galleggianti nell’aria.
Il tutto occultamente sospeso tra gioco e rigore, tra fede ed ironia.
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