Anno IX, numero 2/1996
Pier-Franco Donovan, Condensations,
Firenze 1995
Uno strano ma atteso gesto questo libretto d'esordio poetico di Donovan.
Un inno allo spirito, ma non inteso, gnosticamente, come opposto alla carne o al fisico,
bensì al vuoto. Un inno laico, e perciò religioso, semplice nei modi e nei toni,
introdotto dalle appassionanti e profonde pagine di un poeta straniero che vive in Italia,
Peter Russell e di cui, ora, ci rammarichiamo di non sapere granché. Da come Russell,
abbondando in esegesi, accompagna il tentativo di Donovan fino "alle soglie della
poesia" ci pare la sua una voce autorevole di fatto, in un ambiente
letterario dove vigono criteri di autorevolezza spesso formali e vacui.
Lo stupore per l'esistenza chiede di non essere avvelenato dagli uomini
eliotianamente "vuoti".
La decisione di essere poeta, di cui lo stesso Donovan parla in
postfazione, coincide con una scelta di campo: non accontentarsi della festa fasulla il
cui esito, come descrive il primo testo della raccolta, è solo un sonno d'ubriachi e la
dimenticanza. Il mondo non è per nulla.
Le parole che siglano questa scelta di campo 'debbono' essere per Donovan,
in mancanza di altri linguaggi, quelle della poesia. Così i suoi versi escono, a volte un
po' forzosi, a volte ancora rattrappiti, ma sempre in movimento verso una luce. E riescono
a comporsi non di rado in momenti miracolosi, come nella semplice e fortissima "Domus" o nella musicante "Firenze" o, ancora, nel lampo di "Tempesta".
"Ci vuole coraggio per vivere", dice un verso. Da quello stesso
coraggio, che coincide con uno stupore non mortificato, può procedere anche nel gesto
della poesia di Donovan un maggior affinamento stilistico, una più forte libertà dal
moralismo, un ancor più profondo dialogo di conoscenza con il destino.
(d.r.) |