Nel marzo del 1990
decisi che sarei diventato innanzi tutto un poeta. Ero appena
tornato da un breve periodo di vacanza sulle Dolomiti, ed ero
rimasto fortemente colpito da un tramonto incredibile: tutte
le vette intorno a me erano diventate di un colore rosso sangue.
Al mio ritorno a Firenze volevo registrare quella meravigliosa
esperienza e provai a scrivere una semplice descrizione del
fatto così come si era verificato. Il risultato però non mi
soddisfaceva. Provai allora a scrivere un racconto nel quale
provavo a trasmettere, attraverso i sentimenti e le emozioni
del protagonista mentre assisteva a quello stesso fenomeno,
la mia sensazione. Ancora una volta non ne rimasi soddisfatto
perché sembrava artificioso. Il problema era che cercavo di
descrivere lemozione invece di evocarla.
Decisi di provare
con altri mezzi. Feci stampare degli ingrandimenti delle foto
dellevento da uno studio fotografico professionale, ma
questo mi diede una immagine visiva e poco altro. Eventualmente
mi rivolsi a quello che credevo essere un linguaggio poetico
(in questa prima fase non oso ancora usare la parola
"poesia"). Il 7 marzo scrissi quello che adesso definisco
un "pensierino" (certamente non una poesia), e questa
volta sentivo di aver raggiunto un qualche risultato positivo.
Non ero ancora riuscito ad evocare pienamente lemozione
che cercavo, ma secondo la mia opinione era un passo nella giusta
direzione. Quello fu linizio della mia carriera poetica
e da allora non ho mai smesso di scrivere.
In retrospettiva devo ammettere che allepoca non sapevo cosa volesse dire essere
un poeta, né avevo idea di cosa fosse la poesia. Certamente quello che mi era stato
insegnato da studente, scoprii molto presto, non mi era di nessun aiuto: il sistema
scolastico italiano mi aveva insegnato a memorizzare le poesie e ad odiare la poesia in
generale; gli anni universitari negli U.S.A. come studente di Letteratura Comparata mi
avevano solo insegnato a sezionare una poesia secondo le teorie di Jakobson o Barthes, e
quindi scrivere una relazione di almeno 6000 parole. Non fu fino al mio incontro con Peter
Russell il 3 maggio 1990, esattamente due mesi dopo quel mio primo "pensierino",
che cominciai davvero a capire cosa è la poesia. Non racconterò la storia di come ci
siamo incontrati e di come siamo andati avanti da allora. Peter lo dice meglio di quanto
potrei fare io nella sua introduzione a questo volume.
A distanza di tre anni posso dichiarare con una certa sicurezza che la decisione presa
nel 1990 era quella giusta. Sia io che Peter abbiamo fatto molta strada da allora: da una
parte, egli è più conosciuto in Italia e più persone mostrano interesse per la sua
poesia, anche se è difficile per un autore straniero che vive in Italia raggiungere
risultati più tangibili (in un certo senso gli italiani sono molto provinciali e sembra
che intendano rimanere tali); dallaltra parte io ho imparato sempre più cose circa
la poesia, italiana e inglese, semplicemente ribattendo le sue poesie e i suoi saggi, e
anche attraverso le nostre lunghe conversazioni in cucina su tutto ciò che concerne la
poesia.
Quando pianificavo questa Nota dellAutore era mia intenzione scrivere sui miei
inizi come poeta, sul rapporto con Peter Russell, sui nostri traguardi degli ultimi tre
anni, e infine di scrivere le mie opinioni sulla poesia usando lIntroduzione di
Russell come punto di partenza. Ma ora che ho adempiuto al primo soggetto del mio schema e
che Russell si è già dilungato sui due seguenti, mi ritrovo con poco da dire circa
lultimo punto. Il fatto è che sono daccordo al 100% con quello che Russell
dice nella introduzione circa la poesia in generale e la mia poesia in particolare, e che
le sole vere differenze tra di noi sono che lui scrive in Inglese ed io in Italiano, che
è più vecchio di me di due generazioni, e che è certamente un vero poeta mentre io ho
ancora molta strada da fare.
Le nostre opinioni coincidono non tanto perché io sono sotto la sua influenza (cosa
che comunque è in parte vera) ma perché sentiamo ciò che consideriamo
importante nella vita nello stesso modo. E questo era vero già molto tempo prima del
nostro incontro.
Quello che posso dire sulla introduzione di Russell è che per me si tratta di un
documento estremamente importante e che ci sono delle piacevoli sorprese. Mi ha colto del
tutto impreparato il parallelo tra la mia poesia "Aspirazioni"
e "Parabola" di Guido Gozzano, dove la mia immagine del serpente e
delluovo è equivalente a quella del fanciullo e della mela di Gozzano. Trovo
sorprendente come i primi sette versi della poesia di Gozzano siano simili nel contenuto
emotivo ad "Aspirazioni", ma ancora di più
se si considera che la prima volta che ho letto quella poesia in particolare è stato solo
qualche ora fa mentre ribattevo lintroduzione di Russell.
Cosa questo possa voler dire ancora non so. È qualcosa su cui dovrò riflettere molto
attentamente. Ma quel che vorrei qui sottolineare è che in questo caso abbiamo un esempio
perfetto di come Peter Russell sia stato per me una guida nei miei tre anni di
apprendistato con lui: non mi ha mai dato delle lezioni sullArte della Poesia; mi ha
sempre e solo dato degli indizi su dove cercare le risposte. Stava poi a me trovarle. E
adesso mi ha appena dato il mio prossimo indizio: Gozzano.
Vorrei dire qualche parola che riguarda la copertina del libro. Ho scelto il disegno di
un labirinto che descrive il mito di Hainuwele. La storia è raccontata da Károly
Kerényi in Nel labirinto (Torino 1983, p. 37): Hainuwele è la Fanciulla Luna
dellisola di Ceram (Indonesia) ed è anche conosciuta con il nome di Rabie o
Rabie-Hainuwele dove
Rabie è il nome mitico della luna; la fanciulla Rabie viene rapita dallUomo
Sole. Come sposa è rappresentata da un maiale ucciso; in quanto donna, assume
limmagine di una scrofa con il suo piccolo, un porcellino. Con il nome di Hainuwele
è la ricchezza incarnata sulla terra, e quando viene uccisa dal suo corpo nascono i
tuberi. Lomicidio perpetrato nei suoi confronti ha anche unaltra conseguenza:
solo allora i suoi assassini, gli uomini delle origini, diventano esseri viventi normali,
visto che anchessi, a partire da quel momento, dovranno morire. Da quando la morte
ha fatto la sua comparsa sulla terra, in virtù di quel primo omicidio, anche la vita è
cominciata. La vita, idea che comprende in sé anche la morte, è originata dal destino
della luna, della pianta alimentare e dellanimale commestibile, che scompaiono tutti
per poi apparire di nuovo.
Ma per "nascere" luomo doveva attraversare il labirinto e passare oltre
Satene, la Regina degli Inferi. Coloro che fallivano venivano trasformati in animali o in
spiriti.
Il mito di Hainuwele quindi rappresenta i miti più universali della creazione e del
viaggio nel regno dei morti che è necessario per chiunque voglia rinascere ad una nuova
vita.
Quello che trovo interessante è che Satene colpisce le anime che le passano accanto
con le braccia amputate di Hainuwele che ella tiene in mano. È quello listante in
cui luomo nasce, come dire risvegliato, dal colpo che riceve. Come nel caso dei miti
greci, Satene è una figura ambigua: è la regina dei morti e allo stesso è colei che
dona la vita.
Ho scelto questo disegno del mito di Hainuwele per tre motivi: in primo luogo,
rappresenta un tema ricorrente nella poesia di tutte le epoche, quello della vita e della
morte e della rinascita; secondariamente, ci presenta il labirinto, un simbolo universale
che si trova in tutte le culture che conosciamo; e infine, trovo molto attraente la forma
del disegno perché lo vedo anche come la combinazione delle immagini di un volatile e di
una donna, cioè la capacità di volare unita alla bellezza e alla sensibilità femminili.
In breve penso che quel particolare disegno sia una "condensazione" della
essenza della poesia.
Vorrei concludere questa Nota menzionando due persone che mi sono state di grande aiuto
quando mi sono dapprima trovato davanti al problema di selezionare le poesie per questo
libro. Si tratta dei poeti Paola Lucarini Poggi e Marcello Fabbri. Senza i loro preziosi
suggerimenti e i loro giudiziosi consigli pratici questa sarebbe forse stata solo una
mediocre prima raccolta delle mie poesie.
Firenze,
27 agosto 1993