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Articolo pubblicato Domenica 17 dicembre 1995

 

La Poesia?
È un gioco con l'essenza

 

In tre libri di versi
le diverse anime del '900

 

di Franco Loi

Leggendo giorni fa alcuni scritti di Odisseas Elitis, mi ha colpito, fra diversi altri, e ne parlerò presto, quello che recita: «La poesia è simile a un gioco, pur senza esserlo affatto. Certamente anche nel gioco l'uomo si concentra, ma in maniera tale da dimenticarsi dentro se stesso. Al contrario nella poesia, si concentra nella profondità dell'Esserci». A me pare che qui Elitis voglia rammentare quello che Jung chiama «il principio d'individuazione», cioè quel processo per cui l'Io porta la propria consapevolezza all'interno del Sé. Ed è appunto questo il movimento che distingue la poesia dalla chiacchiera, dall'enfasi sentimentale, dal ripiegamento sdolcinato sulle memorie, e dal gioco mentale sulle parole.

Ne aveva, naturalmente, compresa l'avventura Giuseppe Ungaretti, quando nel Primo Novecento, prescrisse il controllo della parola, il rispetto del silenzio, la scarnificazione del dire. Anche se il suo fu poi interpretato, ancora una volta, come un puro esercizio mentale, come un lavoro da compiersi su un prodotto della mente. Non mi sembra perciò del tutto esatto affermare che «la Marniti accoglie di quella esperienza (l'Ermetismo) la conquista fondamentale, l'essenzialità espressiva». Fu tra le sacche della riduttività letteraria che l'Ermetismo trovò i suoi peggiori imitatori e i suoi più disagevoli assertori. Biagia Marniti, molto elogiata negli anni Cinquanta e ora quasi del tutto dimenticata dai media, scrive infatti versi come: «Non ha voce il vento / che fa giocare le foglie» e «Anche nella buia terra / avrò il sorriso / per cui piangevi» o «Cielo ti chiudi, / nel vento che corre e vano risuona» o, ancora, «Libera luna dal volto costante / amore, pace non hai / nella distesa notte», versi tutt'altro che controllati e spesso velati di sentimento. Certo, gli echi di Ungaretti sono ben presenti in questo Racconto d'amore – c'è un intero vocabolario ungarettiano in questa raccolta – che raccoglie poesie apparse su riviste fra il 1943 e il 1951 e che confluirono poi, sparse, nei libri Nero amore rosso amore e Più forte è la vita, uscito nel '57 da Mondadori con prefazione, appunto, di Ungaretti.

Da tutt'altro versante proviene invece Gerardo Pedicini, un beneventano-napoletano che ha attraversato le avanguardie, ma sembra rammentare le lezioni di tanta poesia italiana del Novecento. D'altra parte, sarebbe interessante ribadire, da parte di un critico, quanto tutta questa letteratura sia debitrice all'asse Petrarca-Leopardi-D'Annunzio, e quanto dunque sia pretestuoso o spesso connesso al tempo e alle sue attestazioni ideologiche stabilire delle differenze sostanziali. Ma, anche in omaggio alla sua lunga disconosciuta militanza letteraria, voglio qui trascrivere alcuni versi molto belli di questa nuova plaquette intitolata In attesa: «C'è vento, vento d'aria / che scava l'ombra del digiuno / e nel sangue nuova meraviglia», «Per noi il tempo / ha chiuso ogni dolcezza e accresce il lutto / il vivere in attesa», «Non trovo più la strada, infilata / tra i rami ne è restata appena l'ombra / che sale come nebbia e che dispare».

Infine voglio chiudere con un giovane poeta, Pier-Franco Donovan, di tutt'altra estrazione. Scrive poesie in inglese e in italiano. È un americano che vive a Firenze, molto amico di uno straordinario poeta inglese del tutto semi-ignorato in Italia, Peter Russell, che qui è autore di una presentazione. Condensations è il titolo del libretto, fatto stampare in due lingue da Institut für Anglistik und Americanistik Universität Salzburg. Eccone pochi versi: «Il serpente succhia un uovo, / ne ha forato il guscio e aspira, / succhia l'albume per arrivare al tuorlo» e «Fra gli scuri accostati / il fumo di una sigaretta sale, / si incontra e si unisce a te».

Ma non si completa Elitis, se non si aggiunge: «Cosa significa il mito? Primo, fiducia in quella luce che elude con un salto i procedimenti intellettuali e afferra al volo quello che lo studioso riesce a chiarire e classificare solo dopo anni. Secondo, l'amore per la materia non ha niente a che vedere con un amore materialistico per la vita». Che si può anche tradurre, contro ogni ermetismo d'accatto, ma anche contro ogni intellettualismo e gioco avanguardistico: «Ascolto dell'interezza del proprio essere e della voce che si rivela attraverso l'intuizione, ma anche dare corpo e naturalità materica attraverso la parola, compiere fino in fondo il movimento della creazione». Poiché l'uomo è fatto di mente, ma anche di sensi e di emozioni. Ma l'uomo non può prendere distacco, e quindi contemplazione, se non fondandosi sul tanto lavoro e la rievocazione incessante della propria presenza, d'anima e di corpo.

 

Biagia Marniti, «Racconto d'amore», Greco & Greco Editori, via Sebenico 6, Milano 1995, pagg. 148, L. 10.000;

Gerardo Pedicini, «In attesa», con segni grafici di Cosimo Budetta, Edizioni Etra/Arte e Laboratorio Ogopogo, Agromonte (Pz) 1995, S.i.p.;

Pier-Franco Donovan, «Condensations», Edwin Mellen Press, 240 Portage Road, Lewinston New York 14092 Usa 1995, pagg. 112, S.i.p.

 
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