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+++ALLARME CINA+++ | ||||||||||||||||||||||||||
La fine dell'accordo multifibre, il primo gennaio 2005, ha aperto il mercato del tessile e dell'abbigliamento alle esportazioni dalla Cina. Campanelli di allarme sono immediatamente risuonati a Bruxelles e in alcuni dei principali Paesi esportatori, come l'Italia. Euratex, l'associazione europea di industrie produttrici di tessile, ha chiesto l'intervento della Commissione Europea. Che il 6 aprile ha introdotto le prime linee guida contro la possibile "invasione" di prodotti cinesi sottocosto. Il 28 aprile, invece, l'annuncio ufficiale dell'indagine su nove categorie di prodotti. Il 10 giugno, infine, l'Unione Europea e la Cina hanno siglato un accordo che controllerà fino al 2008 la crescita delle esportazioni tessili cinesi nell'Unione Europea. |
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+++ ALERT 2006 +++ I DAZI SULLE SCARPE CINESI +++ |
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ALLERTA CINA SU TESSILE E SCARPE: LEGGI L'INTERVISTA DI SERGIO NAVA AL COMMISSARIO EUROPEO AL COMMERCIO PETER MANDELSON | ||||||||||||||||||||||||||
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TESSILE: IL TESTO DELL'ACCORDO UE-CINA |
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LEGGI LA CRONACA DELLA GIORNATA DEL 28 APRILE | ||||||||||||||||||||||||||
AVVIO DELLE INDAGINI EUROPEE SUL TESSILE: INTERVISTA A CLAUDE VERON-REVILLE, GIA' PORTAVOCE DELLA COMMISSIONE EUROPEA | ||||||||||||||||||||||||||
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LEGGI LA CRONACA DELLA GIORNATA DEL 6 APRILE | ||||||||||||||||||||||||||
Sergio Nava ha chiesto a David Kernohan, capo della Trade Policy Unit al Centre for European Policy Studies (CEPS) di Bruxelles, un commento sull'iniziativa della Commissione Europea. "La risposta europea è probabilmente il minimo che la Commissione può fare per calmare le preoccupazioni dell'industria tessile. Probabilmente l'unica risposta logica in questa situazione. Ed è un'azione ragionata e proporzionata. Ma sul lungo termine, l'industria tessile, dell'abbigliamento e della moda europea risponderà in modo automatico a queste forze concorrenziali. Aggiustamenti si verificheranno comunque: i cambiamenti si vedono già nella localizzazione delle industrie e nella fabbricaziune dei prodotti. Anche le politiche dei Governi potranno fare molto poco". Qual è la sua personale opinione su quesa situazione di grande allarme tra le industrie tessili europee, circa un possibile boom delle esportazioni cinesi verso l'Europa? "L'allarme lo posso capire, ma penso che in Europa e soprattutto nei Paesi a più alta produzione tessile e dell'abbigliamento, come l'Italia, questo allarme è probabilmente esagerato. L'industria italiana e quella europea sono molto forti nel settore tessile e nel ramo dell'alta moda: si tratta di aree di nicchia, dove la minaccia cinese è minore. La realtà è che l'industria italiana è abbastanza forte da resistere a questi cambiamenti strutturali, rimanendo competitiva". Pensa che l'Europa abbia sufficiente volontà e forza per perseguire politiche antidumping, con lo scopo di frenare la concorrenza sleale? "Penso che l'Unione Europea farà qualcosa a questo proposito, ma ritengo che la questione vada anche considerata da una prospettiva più ampia. Nel Vecchio Continente si produrranno sempre meno varietà di capi di abbigliamento a basso costo, come le magliette. E questo è paradossalmente un problema che tocca in misura minore la Vecchia Europa rspetto all'Europa dell'Est. Le politiche europee sono comprensibili, anche per rispondere alle preoccupazioni dell'industria tessile, ma occorre ricordare che questa stessa industria impiega quasi due milioni di persone, contro meno di un milione negli Stati Uniti. L'Europa non può certo pensare di continure ad avere il doppio degli occupati americani, a tempo indefinito". E cosa ne pensa delle richieste di reintrodurre dazi? "Non è la cosa giusta da fare. Proprio l'Europa ha cercato di spingere politiche di assistenza ai Paesi in via di sviluppo. E i settori nei quali questi Paesi possono riuscire sono proprio quelli dell'abbigliamento e -in qualche misura- del tessile". La Commissione Europea afferma che i dati comparativi sulle importazioni di tessile dalla Cina sono ancora troppo prematuri, in quanto si riferiscono solo a gennaio e febbraio. Dal suo osservatorio lei cosa ci può dire? "Penso sia troppo presto per dirlo. Ci sarà ovviamente un incremento delle importazioni, nessuna sorpresa. Il fatto è che -nel lungo termine- molte imprese europee non vorranno più continuare a competere in questo mercato, indifferentemente da quale possa essere il regime commerciale. E' un mercato nel quale l'Europa non ha un futuro a lungo termine. Il fatto che ci sia un enorme aumento nelle importazioni dalla Cina nel settore dell'abbigliamento base andrebbe anche visto nell'ottica dell'interesse del consumatore e delle stesse imprese: la società beneficia di prodotti più economici, mentre l'industria ne beneficia ricollocandosi in settori di mercato dove i prodotti sono più innovativi e con profitti di margine più elevati". Qual è la sua ricetta? "I Paesi in via di sviluppo, come la Cina, non producono tessile, lo importano e producono vestiti. L'Europa ha tutto da guadagnare nell'esportare più tessile verso la Cina, importando prodotti finiti di abbigliamento. Questo è nell'interesse delle imprese europee. L'Europa dovrebbe specializzarsi maggiormente nel tessile, rispetto all'abbigliamento. Tuttavia, nel settore dell'abbigliamento, dovrebbe specializzarsi nei prodotti di alta moda, che garantiscono margini di profitto più elevati". |
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David Kernohan | ||||||||||||||||||||||||||
ASCOLTA L'INTERVISTA A DAVID KERNOHAN NEL PROGRAMMA "FOCUS ECONOMIA" |
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