Cinque mesi alla grotta del Formale (parte IV)
cronaca di una esplorazione
di Emanuele Cappa
.XXIX.
Domenica 21 Luglio 1996
E. Cappa, G. Cappa, E. Carallo, A. De Angelis, A. Felici, F. Principi.
Franco, arrivato al Formale intorno alle otto di mattina, accende una alla volta tutte le pompe nella Galleria Principale per svuotarla dall'acqua che si è accumulata ieri. Ci vuole più di un'ora prima che il livello dei sifoni e dei laghi torni a come lo avevamo lasciato una settimana fa.
Alle nove e mezza, lasciandoci alle spalle un cielo plumbeo che promette altra pioggia, io, Ezio, Annarita e Franco entriamo e andiamo a esplorare un ramo che, secondo Ezio, si apre lungo il tratto di Galleria Principale compreso tra i Pozzi Gemelli ed il Quarto Sifone. Nel ramo c'è da armare un pozzo che è stato visto da Ezio e Nerone il mese scorso. Sceso il P7 dei Pozzi Gemelli Ezio ci dice di procedere lentamente perché non si ricorda dove parte la diramazione. Venti o trenta metri al di là del passaggio basso, sulla sinistra, c'è un meandro fangoso che arriva dall'alto e si butta in un laghetto. Immagino sia questo ma Ezio dice di no. Peccato, speravo che qualcuno fosse andato a esplorarlo. Dico che potremmo andare a darci un'occhiata ma nessuno ha voglia di infangarsi.
Proseguiamo a scendere lungo la Galleria Principale ma del ramo di Ezio non c'è traccia. Abbiamo appena cominciato a percorrere il tratto in salita che Ezio nota un buco nel pavimento. Il buco si trova sotto un grande masso che gli fa da botola. Nessuno ci aveva mai fatto caso. Un rivoletto d'acqua che scende da un camino posto qualche metro più a monte vi scompare dentro. Per fortuna tra un lato del masso e il pavimento della galleria c'è uno spazio grande quanto basta per passare. Ezio si cala assicurato a una corda e scende un saltino di circa tre metri, impostato su una frattura della roccia. Subito sotto c'è un altro salto di quattro metri, poi la fessura si restringe. Ezio torna su e cominciamo a discutere su dove possa andare a finire quel rivolo d'acqua.
Continuiamo la discussione mentre saliamo lungo la Galleria Principale in direzione del Quarto Sifone. Una decina di metri più a monte del buco però mi stacco dal gruppo e mi fermo davanti a una nicchia che si apre nella parete di sinistra, al livello del pavimento. La guardo divertito perché somiglia a un'acquasantiera, infatti il fondo a forma di conchiglia è pieno di acqua trasparente. Mi inginocchio per osservarla meglio e, abbassata la testa, scopro che la pozza è profonda appena un palmo e al di là parte una piccola condotta forzata, perfettamente cilindrica, dal diametro di circa ottanta centimetri. Le pareti della condotta sono levigate e prive della tipica patina nera del Formale. Do una voce agli altri e dico che voglio darci un'occhiata. La condotta sale attorcigliandosi su se stessa come una tubatura impazzita. A un certo punto mi trovo davanti un passaggio orizzontale allagato per metà. Ci sono solo trenta centimetri d'aria e dall'altra parte si vede un allargamento ma dato che nessuno mi segue decido di tornare indietro. Chissà verso quali luoghi sconosciuti conduce questo rametto...
Quando torno nella Galleria Principale scopro che gli altri stanno ancora cercando il ramo di Ezio. Arrivati al Quarto Sifone, Ezio ammette di non ricordare più dove parte né che aspetto abbia questa benedetta diramazione. Immagino allora che si tratti di quella piccola galleria in cui si era infilato Tullio mentre rilevavamo, insieme a Raffaele, quel tratto di salita dove oggi abbiamo trovato il buco nel pavimento .
![]() Un frazionamento del Pozzo dei Conetti |
Ci infiliamo allora in quello che sul taccuino avevo chiamato Ramo G. Un breve tratto quasi orizzontale di venti metri porta a una saletta bassa e larga. Subito dopo la saletta c'è una spaccatura nel pavimento del meandro superabile grazie a un'esigua cengia laterale. Ci affacciamo e vediamo alcuni massi incastrati cinque o sei metri più in basso, ma i sassi che gettiamo ci dicono che il pozzo è profondo almeno venti metri, forse di più. Ezio pianta un paio di spit e scende sulla corda di quaranta metri che abbiamo portato. Si tratta dell'ultimo spezzone del rotolo da 200 metri usato per armare i numerosi salti e pozzetti sparsi lungo tutti i rami del Formale. Dopo aver messo i piedi sui massi incastrati, Ezio pianta un altro spit e scende fino a una seconda cengia posta sei metri più in basso. Il pozzo continua a scendere e si presenta come una spaccatura verticale larga settanta centimetri, lunga alcuni metri. Raggiunta la terza cengia, Ezio mi dice che la corda non basta per raggiungere il fondo. Penso che sta prendendomi in giro, allora gli dico di aspettarmi lì che lo raggiungo. In effetti ha proprio ragione. Seduto sull'ultima cengia mi affaccio in un fuso cilindrico che scende giù verticale per una ventina di metri. La corda, illuminata dal mio faro elettrico, penzola inesorabilmente nel vuoto e noi siamo costretti a tornare fuori. Battezziamo il salto con il nome Pozzo dei Conetti perché Ezio ha perso ben due conetti di espansione degli spit mentre armava la discesa.
.XXX.
Martedì 13 Agosto 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, A. Felici, F. Principi.
Torniamo al Formale dopo tre settimane di riposo: ne avevamo bisogno per asciugarsi le ossa. Come previsto il Terzo Sifone si è quasi completamente richiuso. Franco accende le varie pompe che tirano fuori ben 36 metri cubi d'acqua prima di fermarsi! Mentre le pompe sono in funzione, effettuiamo una ricognizione all'esterno della grotta per cercare impossibili ingressi che permettano di bypassare i tre sifoni iniziali. La ricerca non dà alcun frutto.
.XXXI
Mercoledì 14 Agosto 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, T. Dobosz, A. Felici, F. Principi, R. Principi, Domenico "Memmo" Candela.
Ora che i livelli dei sifoni e dei laghi sono stati abbassati, entriamo per continuare l'esplorazione del Ramo G. Mentre Memmo arma l'ultimo tratto del Pozzo dei Conetti con trapano e fix, io e Raffaele cominciano il rilievo a partire dall'incrocio con la Galleria Principale. Purtroppo sono costretto a smettere dopo poche battute perché mi entra acqua nel clinometro e non riesco più a leggerne i numeri. Ci uniamo allora ad Annarita, Domenico e Franco nell'esplorazione.
L'ultimo salto del Pozzo dei Conetti interseca un meandro proveniente da destra. Il meandro sale su dritto e ripido, inoltre ha il pavimento coperto da sassi spigolosi che franano sotto il nostro peso. Io e Raffaele lo risaliamo fino alla base di un salto dalla cui cima scende un po' d'acqua. Occhio e croce dovremmo trovarci sotto il buco nel pavimento della Galleria Principale in cui era sceso Ezio il mese scorso. A sinistra del Pozzo dei Conetti il meandro diventa la prosecuzione del Ramo G. Le pareti, distanti meno di un metro, sono coperte da fango ondulato, chiaro segno del passaggio delle piene. Scendiamo un pozzo di una decina di metri e alla base troviamo una sala. Più avanti il meandro continua con ancora più fango sulle pareti, ma noi ci fermiamo su un salto di quattro metri perché abbiamo finito le corde.
Tornati alla base del pozzo da dieci, io e Raffaele ci infiliamo in una piccola condotta orizzontale che parte a un metro dal fondo sulla parete di discesa. Dopo nemmeno due metri la condotta diventa subito verticale e ci porta al livello del pavimento della sala. La condotta prosegue ora in leggera discesa e qualche metro più avanti assume una sezione lenticolare. Incontriamo un laghetto poco profondo che subito si trasforma in sifone. Per caso alzo gli occhi al soffitto e scopro che due metri più in alto, in cima alla parete destra, c'è l'imbocco di un'altra condotta. Anche questa ha il diametro inferiore al metro e sale su lentamente (il pavimento è coperto di concrezione) fino a sbucare alla base di un fuso da cui scende una discreta quantità d'acqua.
Torniamo fuori alquanto disorientati.
.XXXII
Venerdì 16 Agosto 1996
G. Cappa, A. De Angelis, A. Felici, E. Mariano, L. Pomponi, A. Procaccianti, F. Proietti.
Oggi due squadre vanno contemporaneamente al Ramo G. Nerone, Luigi e Felice proseguono l'esplorazione verso il basso; Elia e Annarita traversano la partenza del Pozzo dei Conetti ed esplorano un lungo meandro che per comodità chiameremo Ramo G Superiore.
Alla base dell'ultimo salto lasciato in sospeso mercoledì scorso, Nerone, Luigi e Felice trovano che il meandro continua ma è stretto, fangoso e scivoloso. Siccome scende con un'inclinazione non indifferente, decidono di usare una corda come sicura. E fanno bene perché il meandro sbuca, con un salto di sette metri, in un ampio salone pieno all'inverosimile di fango. Lì il ramo termina.
Nel frattempo Elia e Annarita hanno percorso un facile meandro che sale su molto dolcemente fino ad arrivare alla base di un fuso in risalita. Elia si arrampica sulla roccia per una decina di metri e stima che il soffitto sia almeno quindici metri più in alto. Usciti dal Ramo G, esplorano altri rami secondari lungo la Galleria Principale e sembra che continuino tutti...
.XXXIII.
Sabato 17 Agosto 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, A. Felici, F. Principi.
Aiutato da Franco e Annarita rilevo il meandro detto La Perdita risalendolo però da Via Condotti. E' veramente stretto e scomodo come ce lo ha descritto Massimo Bollati. Arrivati alla base del salto che porta al terzo lago della Galleria Principale scopro che non possiamo risalirlo senza la corda. Pazienza.
Usciamo dal Vermiciattolo e ci dirigiamo verso i Pozzi Gemelli con l'intenzione di dare un'occhiata più approfondita lungo la galleria. Nel tratto in salita prima del bivio per il By-pass, illuminando il soffitto con una potente torcia, vediamo una serie di piccoli ponti di roccia, residui di una grande quantità di condotte e condottine forzate che si sono anastomosizzate intersecandosi. Come anche in un posto del By-pass di cui ho già parlato, sembra di vedere l'interno di una spugna o di un osso umano. Tornati alla curva a gomito in fondo alla salita, vedo sul lato esterno della curva, all'altezza del pavimento, una nicchia piena d'acqua molto simile a quella che si trova vicino al Ramo G e da cui parte una condottina forzata. Mi ricordo allora che ieri Elia aveva parlato di una specie di passaggio allagato contro la parete destra della galleria, proprio in questa zona.
Mi inginocchio e, come previsto, vedo che la grotta continua. Tra il pelo dell'acqua e la volta non ci sono più di cinque centimetri di spazio, però c'è una corrente d'aria che spira verso di noi. Svuotiamo la nicchia prima con le mani, poi usando una sacchetta tubolare da armo come fosse un secchio. Reso transitabile il passaggio, mi infilo nella nicchia e trovo subito un saltino di 4 metri. Lo scendo usando una corda di emergenza e trovo un groviglio di condotte, condottine e fusi in risalita. Individuo il meandro principale e lo scendo fino a raggiungere un bivio. Decido però di tornare indietro perché sono da solo. Se l'intuito non mi inganna penso di trovarmi nell'a-monte del Ramo D.
.XXXIV.
Domenica 18 Agosto 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, T. Dobosz, A. Felici, E. Mariano, L. Pomponi, F. Principi, F. Vittori.
Con Franco e Annarita comincio a rilevare il nuovo ramo trovato ieri. Nel frattempo Elia, Luigi e Tullio girano per la grotta posizionando due ARVA in cima ad alcuni camini che potrebbero arrivare vicini alla superficie esterna. Tutti i camini vengono così individuati e segnati dalla squadra esterna.
Verso l'una del pomeriggio, Elia ci raggiunge nel nuovo ramo. Lo salutiamo, poi io gli dico se per favore può andare a vedere dove cavolo va a finire questo meandro. Elia scompare oltre l'ultima curva e dopo nemmeno dieci minuti torna in dietro dicendo: "Ma dove mi avete mandato? Più vanti c'è un salto già armato con una corda!" Dunque avevo visto giusto: questo è il Ramo D, per l'esattezza la parte esplorata da Papera e Stefano il 20 Luglio scorso.
Elia mi dà una mano col rilievo mentre Franco e Annarita ne approfittano per fare un po' di movimento e scaldarsi. I due si infilano in un paio di diramazioni laterali poi ci salutano e tornano fuori.
Dopo il primo bivio il meandro diventa veramente comodo, tanto che rilevo a una velocità incredibile: meno di cinque minuti per un caposaldo. In effetti non c'è fango, le pareti non sono troppo scure, ci sono dei ripiani posti all'altezza giusta per poggiarvi sopra il taccuino, e infine si cammina sempre in piedi. Arrivati al salto di collegamento con la vecchia poligonale mangiamo qualcosa poi usciamo fuori.
.XXXV.
Sabato 24 Agosto 1996
V. Battisti, E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, T. Dobosz, A. Felici, G. Montecchi, F. Principi.
Franco, Vincenzo, Geminiano e Annarita cominciano a portare fuori dal Formale le pompe che si trovano al di là del Terzo Sifone.
Nel frattempo io, mio padre e Tullio percorriamo la Galleria Principale controllando il rilievo. Confrontando le posizioni di alcuni punti della grotta rispetto al rilievo esterno e a quelle date dagli ARVA, pensiamo di aver commesso qualche errore nella poligonale. Infatti troviamo un paio di direzioni sbagliate. Più tardi mio padre e Tullio rilevano una piccola diramazione che parte tra il secondo e il terzo lago. Io invece ne esploro un'altra che, per fortuna, dopo una decina di metri si restringe e diventa un tubo dal diametro di venti centimetri.
Nel pomeriggio Franco e Annarita vanno a esplorare la diramazione del Ramo D che sul rilievo ho chiamato Ramo L. Si tratta del meandro in cui Papera e Stefano avevano trovato la zona labirintica. Franco e Anna passano oltre e ci dicono di aver trovato un sifone.
.XXXVI.
Domenica 25 Agosto 1996
E. Cappa, G. Cappa, Luigi Ciofi, A. De Angelis, A. Felici, E. Mariano, L. Pomponi, S. Soro.
Io, Elia e Luigi Pomponi andiamo al sifone terminale di Via dei Pozzi per completare il rilievo del ramo. Fa un certo effetto trovarsi a 122 metri di profondità davanti a un sifone, sapendo che otto mesi prima un fiume d'acqua marrone usciva dall'ingresso della grotta. Chissà cosa succedeva qui sotto in quel momento, ci chiediamo.
Il sifone si presenta come uno specchio di acqua circolare dal diametro di un paio di metri. La roccia intorno ha la forma di un imbuto. Non è un sifone rassicurante. Cominciamo a rilevare salendo. In cima al pozzo di venti metri incontriamo Luigi Ciofi, Stefano Soro e Annarita che stanno arrivando. Ridefiniamo le squadre: mentre Stefano, Elia e Luigi Ciofi, una volta deciso che manca il tempo per risalire la spaccatura sull'altro lato del pozzo, torneranno indietro disarmando Via dei Pozzi, io, aiutato da Annarita e Luigi Pomponi, rileverò il Ramo H partendo dalla Sala delle Sabbie Mobili.
Quando la squadra di disarmo arriva nella sala, Elia viene a darmi una mano per il rilievo. Annarita e Luigi Pomponi ci salutano e vanno via con Stefano e Luigi Ciofi disarmando anche il pozzo che da Via dei Laghi scende alla Sala delle Sabbie Mobili. Io ed Elia faremo il giro dall'altra parte dell'anello. Purtroppo non riesco a finire il rilievo del ramo perché sto morendo dal freddo. Segno l'ultimo caposaldo, poi mangiamo qualcosa e saliamo lentamente lungo Via Condotti, trascinando gli zaini. Elia continua a dirmi scherzando: "Ma dove mi hai portato? Non ci sto capendo niente. Dove siamo?"
.XXXVII
Sabato 31 Agosto 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, A. Felici, E. Mariano, F. Principi.
Aiutato da Elia, Franco e Annarita, in sette ore di lavoro ininterrotto rilevo altri 200 metri di Via Condotti, fermandomi nel punto dove ero arrivato con Papera e Stefano durante la prima esplorazione, il 19 Maggio scorso. Con uno sforzo di volontà decido di rilevare anche la breve diramazione laterale, così in totale mi trovo sul taccuino ben 55 lati di poligonale, con una media appena superiore ai tre metri e mezzo per lato.
Tornando indietro lungo Via Condotti, un poco più a monte rispetto all'arrivo del Ramo H, Elia allarga una strettoia sulla sinistra in corrispondenza di una pozza ora completamente asciutta. La spaccatura a lato della pozza drenava tutta l'acqua che raccoglieva Via Condotti da qui fino al Vermiciattolo. Al di là della strettoia Elia percorre un meandro in discesa abbastanza largo, seguito da un salto di quattro metri. Pochi metri dopo il salto c'è l'ennesimo sifone maledetto. Non so se sentirmi contento o deluso.
Usciamo fuori.
.XXXVIII.
Domenica 1 Settembre 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, A. Felici, F. Principi, A. Procaccianti, Giancarlo Spaziani, Domenico "Memmo" Candela.
Giancarlo si immerge nel Quarto Sifone
Con Franco e Annarita rilevo il Ramo G Superiore mentre Memmo e Nerone accompagnano Giancarlo Spaziani al Quarto Sifone portando l'attrezzatura necessaria all'immersione subacquea, compreso un bombolino da 9 litri d'aria.
Giancarlo scompare nello specchio d'acqua per riemergerne quasi un'ora più tardi. Il Quarto Sifone, racconta, è lungo 50 metri e profondo non più di tre. A circa metà strada c'è una diramazione sulla sinistra che non ha esplorato. Una volta emerso dall'altra parte invece ha trovato un dedalo di grandi gallerie! Un breve tratto in salita porta in un ampio salone dal quale si dipartono due gallerie che scendono e una che sale. Imboccata la galleria in discesa più ampia, è sbucato in un secondo salone dal quale partono una galleria in discesa e una in salita. Tornando indietro, dice di essersi infilato nella galleria in discesa più piccola che lo ha riportato al Quarto Sifone. In totale, avendo ai piedi solo i calzari della muta, pensa di aver percorso circa 400 metri di grotta! Grandi cose ci aspettano...
.XXXIX
Sabato 7 Settembre 1996
G. Cappa, A. De Angelis, A. Felici, F. Principi, Ezio Carallo.
Ezio, Franco e Annarita entrano nel Formale per recuperare i cavi elettrici che si trovano ancora al di là del Terzo Sifone. I tubi semirigidi vengono invece arrotolati e incastrati nel meandro in modo tale che le piene future non li possano trascinare via.
.XL.
Domenica 8 Settembre 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, A. Felici, E. Mariano, L. Pomponi, F. Proietti.
Oggi vado a rilevare il Ramo L con Felice e Luigi Pomponi. Raggiunta la zona labirintica abbiamo qualche problema ad orientarci e io stesso non so quale condotta mi conviene o no rilevare. D'altronde partono e convergono tutte negli stessi due punti del meandro. Immaginate un gomitolo. Giunti a quello che Annarita e Franco avevano detto essere il sifone terminale, mi accorgo che si passa. Per prudenza mi tolgo l'attrezzatura da rilievo e, sfruttando un ponte di roccia ancora sommerso, supero il punto più basso della galleria. I segni lasciati dall'acqua sulle pareti però dicono che fino a pochi mesi fa il livello del sifone era più alto di circa tre metri. Dall'altra parte trovo una saletta che risale fino a una condotta forzata orizzontale allagata per metà del suo diametro (un metro). Reputo che non sia il caso di sdraiarmi nell'acqua per andare avanti e torno indietro.
Una volta usciti dalla grotta, il rilievo dirà che il Ramo L finisce a dieci metri in linea d'aria dal sifone del Ramo del Sifonetto. Probabilmente i due sifoni sono in realtà un unico sifone. Quasi mi pento di non aver fatto un salto a dare un'occhiata nel Ramo del Sifonetto, perché me lo sentivo che ci eravamo andati vicini. Quando andremo a disarmare i Pozzi Gemelli mi prometto di farci un salto, così forse avremo un nuovo anello di congiunzione tra più rami. Sarebbe il quarto.
.XLI.
Domenica 15 Settembre 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, A. Felici, E. Mariano, F. Principi, Domenico "Memmo" Candela.
Oggi andiamo al Ramo G Inferiore. Elia, Franco e Annarita scendono per primi mentre io e Memmo scattiamo un rullino di fotografie con l'ausilio del doppio flash. Avrei dovuto farlo anche a Via dei Pozzi, ma non ne ho avuto il tempo.
Quando arrivo al salone terminale capisco cosa intendevano quelli di Subiaco quando dicevano che era un posto orrendo. La parte finale del meandro, stretta e scivolosa, è decisamente scomoda da scendere. Chissà come sarà a risalire. Il salone invece ha una forma trapezoidale ed è lungo 15 metri, largo tra i due e gli otto metri, alto una decina. Appoggiate contro le due pareti più lunghe ci sono due chine di fango assai scoscese che convergono verso il centro formando una V stretta. Le chine saranno alte cinque metri. Per raggiungere il punto più basso del salone, che si trova presso la parete opposta a quella di arrivo, camminiamo al centro di questa valle fangosa. Da una frattura a metà altezza della suddetta parete esce un piccolo getto d'acqua che scompare tra due grossi massi del fondo. Sembrano quasi il tappo di un immenso lavandino. All'unanimità decidiamo che questo è il luogo più infernale di tutto il Formale.
Dopo una improvvisata battaglia a palle di fango ci prepariamo per tornare fuori. Aiutato da Franco e Anna comincio a rilevare il salone poi, mentre noi tre saliamo completando il rilievo, Memmo ed Elia ci seguono disarmando il ramo.
Una volta usciti, il rilievo dirà che il salone infernale si trova alla profondità di 115 metri rispetto all'ingresso. Per poco non raggiungevamo la profondità di Via dei Pozzi.
.XLII.
Sabato 28 Settembre 1996
E. Cappa, G. Cappa, A. De Angelis, T. Dobosz, F. Principi.
Entriamo con l'intenzione di disarmare i Pozzi Gemelli e il Pozzo dei Folignati. Porteremo via anche vari spezzoni di corda usati lungo la Galleria Principale e quello per scendere dal Vermiciattolo a Via Condotti. Porto con me la macchina fotografica e un secondo flash per scattare qualche fotografia dei posti più belli, dato che mentre facevo il rilievo non ne ho avuto il tempo. Per quest'ultima cosa sarò aiutato da Tullio mentre Franco e Annarita penseranno a togliere le corde.
Purtroppo arrivati davanti al Formale ci aspetta una brutta sorpresa: non si sente più uscire alcuna corrente d'aria. Entriamo lo stesso per verificare quello che temiamo. Il Primo Sifone si è quasi richiuso e ci sono appena trenta centimetri d'aria per passare. Tutta quest'acqua dà al Formale un'aria veramente minacciosa. Penso che basterebbe un semplice acquazzone per rimanere chiusi qui dentro. La forra successiva al sifone è completamente allagata. Siamo costretti a procedere facendo contrasto nella parte più alta del meandro perché l'alternativa sarebbe nuotare (e con gli stivali ai piedi è molto difficile). Arriviamo al Secondo Sifone e, come previsto, lo troviamo tappato. L'acqua, ce ne saranno almeno cinque metri, arriva a circa metà della discesa, più o meno dove comincia ad esserci la ghiaia. Purtroppo durante la settimana Franco ha portato via sia il gruppo elettrogeno che tutte le pompe, quindi non possiamo fare altro che tornarcene fuori con le pive nel sacco.
Ne approfitto per scattare un intero rullino e documentare così la grotta quando è allagata. Usciamo alquanto sconsolati. Ci scattiamo un'ultima foto di gruppo davanti al cancello d'ingresso poi chiudiamo il lucchetto per l'ultima volta... almeno per quest'anno.
.XLIII.
Se la seconda metà di Settembre è stata inaspettatamente molto piovosa, col risultato di richiuderci i sifoni, Ottobre è stato ancora peggiore del previsto. Per tre giorni, dal 17 al 19, Bocca Canalone è andata in piena emettendo una discreta quantità d'acqua. Nel Formale invece la piena c'è stata solo Venerdì 18. L'acqua era limpida e sembrava essere più che altro una tracimazione lenta e non un riempimento violento, come invece deve essere stato quello che abbiamo visto tra il 31 Dicembre 1995 e l'1 Gennaio 1996. Quei giorni infatti l'acqua era marrone e usciva fuori turbinando.
Tuttavia non abbiamo un'idea precisa di che cosa succede dentro al Formale in seguito a piogge forti e persistenti. Le possibilità sembrano essere due: l'acqua sale lentamente dal basso riempiendo poco a poco i pozzi e le gallerie, oppure arriva con tale violenza dall'alto (dalle gallerie al di là del Quarto Sifone?) che, incontrando passaggi strettissimi da qualche parte dei rami secondari, crea un rigurgito, e allora tutti gli ambienti si riempiono d'acqua finché questa non comincia a tracimare dall'ingresso. In entrambe i casi sembra probabile che almeno gli ambienti più profondi della grotta si riempiano d'acqua diverse volte all'anno senza alcuna manifestazione visibile dall'esterno.
Per verificare queste teorie dovremmo trovare il modo di entrare nella grotta senza dover passare per i sifoni. Un ottimo ingresso potrebbe essere aperto artificialmente in cima alla Risalita dei Bistefani.
Conclusione
Il risultato di questi cinque mesi di lavoro sono stati superiori alle aspettative: abbiamo rilevato 3294 metri di grotta facendo ben 733 lati di poligonale, quindi con una media di 4.49 metri per lato. In totale abbiamo esplorato oltre 3 Km di nuove gallerie e restano ancora più di venti prosecuzioni da vedere. Il dislivello assoluto è di 132 metri, dei quali 10 sono positivi e 122 negativi.
Dai tre sifoni iniziali abbiamo pompato circa 1500 metri cubi d'acqua. Per portarla fuori sono stati usati 200 metri di tubi in polietilene Geberit ad alta densità del diametro di 10 centimetri, oltre 200 metri del medesimo tubo del diametro di 8 centimetri (entrambe erano in spezzoni di 50 metri l'uno), e qualche decina di metri di manichette di tela da pompiere. Per la corrente trifase abbiamo steso oltre 500 metri di cavo elettrico stagno. Inoltre sono state usate diverse pompe e idrovore dalla portata di 4 litri al secondo e una pompa sommersa da 15 l/s. La corrente è stata fornita da un gruppo elettrogeno a gasolio.
Copyright © 1996, 2002 by Emanuele Cappa.
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