LA STORIA
- San Zeno, ottavo vescovo di Verona,
morì nel 380 ed il suo corpo fu sepolto nella
zona cimiteriale lungo la via Gallica. Sul
sepolcro, nello stesso luogo della basilica
attuale, venne edificato un piccolo sacello che
fu ingrandito da Teodorico, come testimonia il
vescovo Petronio nel V secolo. Secondo la
tradizione fu in questa chiesa che avvenne il
famoso prodigio: nel 589 una furiosa piena
dell'Adige devastò Verona, ma miracolosamente le
acque del fiume si fermarono sulla soglia del
tempio, salvando la vita ai numerosi fedeli che
vi si erano rifugiati. Questo episodio è
avvalorato dal fatto che ne fu testimone il re
longobardo Autari ed è stato ripreso anche da
Paolo Diacono nella sua Historia. Questo chiesa
fu distrutta all'inizio del IX secolo, ma venne
subito riedificata per volontà del vescovo
Rotaldo grazie al contributo economico di re
Pipino, figlio di Carlo Magno; progettista fu
l'arcidiacono Pacifico. La salma si San Zeno
venne tumulata in un nuovo sepolcro dai santi
Benigno e Caro, i soli ritenuti degni di toccare
il corpo del Santo; era il 21 maggio 807 ed oltre
al re ed al vescovo di Verona, presenziarono alla
traslazione i vescovi di Cremona e Salisburgo. Di
questa seconda chiesa rimane ben poco: forse
l'absidiola in cotto e qualche capitello
riutilizzato nel sacello di san Benedetto che si
affaccia sul chiostro. All'inizio del X secolo
una veloce, ma devastatrice invasione degli
Ungari demolì la chiesa, poco protetta in quanto
si trovava all'esterno della cinta muraria. Il
corpo di San Zeno venne trasferito nella
cattedrale, ma già nel 921 ritornò nella cripta
della chiesa a lui dedicata. Si iniziò allora
un'ennesima costruzione, questa volta secondo i
canoni dello stile romanico. I lavori furono
completati grazie all'ingente somma che
l'imperatore Ottone I, lasciando Verona nel 967,
donò al vescovo Raterio. Questo edificio, largo
quanto l'attuale ma più corto di circa un terzo,
presentava già la struttura a tre navate e a tre
livelli. Un'iscrizione presente sul fianco sud ci
ricorda cha la chiesa venne ingrandita e
rinnovata nel 1138 in seguito al terremoto del
1117. Un altro importante rinnovamento avvenne
nel corso del XIV secolo che si concluse nel 1398
con il rifacimento gotico del soffitto e
dell'abside (architetti Giovanni e Nicolò da
Ferrara). LA
FACCIATA - Semplice, ma possente è
il prototipo del romanico veronese. Rivestita di
pietra dorata dal tempo è ravvivata da elementi
plastici che impreziosiscono l'apparente
semplicità. Due lesene piatte racchiudono gli
spigoli esterni e altre due, triangolari che
raggiungono il timpano del frontone, segnano la
suddivisione interna delle navate. Altre lesene
più piccole si spingono fino agli archetti
rampanti sotto il cornicione. Orizzontalmente la
facciata è percorsa da due file di archetti e da
una serie di bifore in marmo rosa aperte e chiuse
a formare una zona pittorica di chiaroscuri. Il
frontone triangolare che sovrasta la facciata è
in marmo bianco, anziché in tufo come il resto,
e costituiva la seda di una visione incisa e
dipinta da due artisti che lavorarono alla
decorazione della chiesa: il Brioloto e Adamino
da San Giorgio (di Valpolicella?); soggetto era
il Giudizio Universale, purtroppo oggi ridotto a
soli graffiti. Nel riquadro inferiore si apre il rosone
circolare-
la Ruota della Fortuna - ,opera del Brioloto e
risalente alla fine del XII secolo. Il protiro,
sostenuto da colonne poggianti su due leoni
accovacciati, è opera del maestro Nicolò ed è
databile al XII secolo; i leoni rappresentano la
forza brutale "costretta" a sopportare
il peso del diritto e della fede (le colonne).Sul
protiro, poggiante in alto su cariatidi
rannicchiate, sono scolpiti Giovanni Battista e
Giovanni Evangelista, mentre sull'arco
campeggiano l'Agnello e la mano benedicente di
Dio. Nella lunetta è rappresentata la
consacrazione del Libero Comune di Verona
svincolatosi dal potere feudale degli imperatori;
al centro un San Zeno benedicente calpesta il
demonio; ai lati del santo i pedites e gli
equites, popolo e nobiltà mercantile, assistono
alla scena. Una scritta in latino commenta:"
San Zeno dà al popolo la bandiera degna di
essere difesa - San Zeno dà il vessillo con
cuore sereno". Sotto la lunetta sono
rappresentati alcuni miracoli compiuti da Zeno (opera
di Nicolò), mentre all'interno ed all'esterno
delle mensole sono scolpiti i mesi dell'anno. Ai
lati del portale ci sono 18 bassorilievi scolpiti
nel XII secolo dai maestri Guglielmo (quelli di
sinistra) e Nicolò (a destra); i soggetti sono
tratti dal Vecchio e Nuovo Testamento ma alcune
hanno carattere profano: in uno è rappresentato
il duello fra Teodorico e Odoacre, in un altro lo
stesso Teodorico che insegue un cervo (il demonio
della "Leggenda di Teodorico" del
Carducci). Al centro del protiro si apre il
portale rivestito da 48 formelle bronzee.
INTERNO
- La basilica ha una pianta a croce latina e
secondo il più classico canone del romanico
padano è divisa in tre parti: la chiesa plebana
(suddivisa a sua volta in tre navate), riservata
al popolo, il presbiterio, lo spazio riservato ai
sacerdoti, e la cripta sotterranea ove riposano i
resti del Santo Patrono di Verona. Le pareti
della navata centrale, a corsi di tufo e mattoni,
sono spartite da poderosi pilastri cruciformi
alternati da colonne; la faccia anteriore di
ciascun pilastro si spinge, con bellissimo
effetto ottico, fino al soffitto ligneo a carena
plurima. I primi quattro archi delle navate sono
più piccoli degli altri: indicano il
prolungamento della chiesa di cui ho parlato in
precedenza. La luce soffusa proviene dalle
finestre allineate sopra le due navate laterali.
All' inizio della chiesa si notano una grande
croce stazionale del XIV secolo (attribuita a
Guariento) e la coppa di porfido resa famosa da
una nota leggenda. Notevole anche il fonte
battesimale attribuito al Brioloto e qui
collocato nel 1194.
L'altare più importante della chiesa plebana è
il primo a destra che contiene una Madonna e
Santi di Francesco Torbido.
Proseguendo verso il presbiterio troviamo
un'impressionante serie di affreschi, spesso
sovrapposti gli uni agli altri: datano dal XIII
al XV secolo e sono tutti di autori ignoti; le
opere più interessanti risalgono al Trecento e
sono attribuiti a due ignoti pittori veronesi
chiamati rispettivamente Primo e Secondo Maestro
di San Zeno; sicuramente risentivano
dell'influsso della scultura contemporanea (vedasi
le analogie fra l'affresco di San Giorgio a
cavallo e la statua equestre di Cansignorio Della
Scala).
Il presbiterio è delimitato da un'iconostasi
formata da una balaustra in marmo rosso
sormontata dalle statue di Cristo e gli Apostoli
risalenti alla metà del 1200. Da qui si gode di
una bellissima vista sulla chiesa sottostante.
Sulla parete sovrastante spicca l'affresco della
Madonna e Santi (di Altichiero?), ma l'opera più
importante è il celeberrimo trittico di Andrea Mantegna. Ai lati due statue: una
rappresenta San Procolo ed è opera di Giovanni
di Rigino (porta scolpita anche la data, 1392);
la seconda, nell'absidiola di sinistra, è il
famoso e caro ai veronesi "San Zen che ride",
il Patrono in veste di pescatore, come San Pietro.
Con la sua pelle scura (sembra fosse africano),
il suo rassicurante sorriso e la mole da gigante
buono sembra un gran simpaticone!
LA
CRIPTA - E' la zona più mistica
del complesso e risale al '900, anche se subì
ristrutturazioni nei secoli XIII e XVI. I grandi
archi di accesso presentano una finissima
decorazione costituita da animali fantastici e
mostruosi: sono del 1225 e lo scultore è il gia
citato Adamino da San Giorgio. E' divisa in nove
navate i cui archi sono sostenuti da ben 49
colonne, tutte con un capitello differente. Fra
esse si notano i giganteschi basamenti delle
colonne della chiesa superiore. Nell'abside della
cripta è conservato, in un sarcofago, il corpo
di San Zeno.
IL
CHIOSTRO - In puro stile romanico, fu
edificato nel XII secolo e parzialmente
rimaneggiato nel '300; per le sue forme armoniose
è stato definito "serenissimo". Due
lati sono ad archi a sesto acuto, due ad archi a
tutto sesto sostenuti da coppie di colonnine
ricavate da un unico blocco di pietra rosa di S.Ambrogio
di Valpolicella. L'edicola che si trova
all'interno conteneva il lavatoio dei frati. Le
pareti del chiostro sono ricoperte di lapidi e
affreschi, in gran parte qui trasportati nel XIX
secolo con l'intenzione di creare un museo
lapidario medievale. Dal chiostro si accede anche
al suggestivo
SACELLO DI
SAN BENEDETTO - Suggestiva chiesetta a
pianta quadrata che nelle quattro colonne (di
recupero?) presenta elementi che risalgono fino
al IV secolo. E' presente anche un affresco con
caratteri carolingi. E' noto che qui sorgeva una
zona cimiteriale romana, quindi è assai
probabile che nei secoli seguenti fosse stato
utilizzato come ipogeo cimiteriale fino a
diventare chiesa ed essere incorporato nella
grande abazia benedettina.
IL
CAMPANILE - La costruzione fu iniziata
dall'abate Alberico nel 1045 e portata a termine
nel 1178 dal maestro Martino. E' alto 72 metri e,
da una base di pietra, si eleva fino alla cella
campanaria con corsi di tufo e mattoni serrati da
spigoli marmorei. A varie altezze è marcato da
cinque cornici di archetti e due trifore
sovrapposte alleggeriscono la mole della facciata.
Il tutto è sormontato da una guglia conica
attorniata da quattro pinnacoli. Le campane più
antiche furono fuse nel 1149 da Glismerio. Delle
originali rimane solo la piccola campanella
ottagonale detta "del figar" che veniva
suonata in occasione dei temporali.
|