La ciesa dorme. E su la gran fassada    
se distende una patina de oro    
vecio, svampido,tuta lavorada    
par onor de San Zen, vescovo moro    
(Berto Barbarani)    

La basilica di San Zeno

 

E' il capolavoro dello stile romanico nell'Italia Settentrionale. Essando stata nei secoli custode del corpo del Patrono e del Carroccio, dai veronesi è sempre stata considerata il centro della vita religiosa e politica della città.

La facciata

L'interno

Il Trittico del Mantegna

Il portale

Una formella del portale

La caccia di Teodorico

San Zen che ride

Affresco di San Giorgio

Il chiostro

Il campanile

Il sacello di San Benedetto

LA STORIA - San Zeno, ottavo vescovo di Verona, morì nel 380 ed il suo corpo fu sepolto nella zona cimiteriale lungo la via Gallica. Sul sepolcro, nello stesso luogo della basilica attuale, venne edificato un piccolo sacello che fu ingrandito da Teodorico, come testimonia il vescovo Petronio nel V secolo. Secondo la tradizione fu in questa chiesa che avvenne il famoso prodigio: nel 589 una furiosa piena dell'Adige devastò Verona, ma miracolosamente le acque del fiume si fermarono sulla soglia del tempio, salvando la vita ai numerosi fedeli che vi si erano rifugiati. Questo episodio è avvalorato dal fatto che ne fu testimone il re longobardo Autari ed è stato ripreso anche da Paolo Diacono nella sua Historia. Questo chiesa fu distrutta all'inizio del IX secolo, ma venne subito riedificata per volontà del vescovo Rotaldo grazie al contributo economico di re Pipino, figlio di Carlo Magno; progettista fu l'arcidiacono Pacifico. La salma si San Zeno venne tumulata in un nuovo sepolcro dai santi Benigno e Caro, i soli ritenuti degni di toccare il corpo del Santo; era il 21 maggio 807 ed oltre al re ed al vescovo di Verona, presenziarono alla traslazione i vescovi di Cremona e Salisburgo. Di questa seconda chiesa rimane ben poco: forse l'absidiola in cotto e qualche capitello riutilizzato nel sacello di san Benedetto che si affaccia sul chiostro. All'inizio del X secolo una veloce, ma devastatrice invasione degli Ungari demolì la chiesa, poco protetta in quanto si trovava all'esterno della cinta muraria. Il corpo di San Zeno venne trasferito nella cattedrale, ma già nel 921 ritornò nella cripta della chiesa a lui dedicata. Si iniziò allora un'ennesima costruzione, questa volta secondo i canoni dello stile romanico. I lavori furono completati grazie all'ingente somma che l'imperatore Ottone I, lasciando Verona nel 967, donò al vescovo Raterio. Questo edificio, largo quanto l'attuale ma più corto di circa un terzo, presentava già la struttura a tre navate e a tre livelli. Un'iscrizione presente sul fianco sud ci ricorda cha la chiesa venne ingrandita e rinnovata nel 1138 in seguito al terremoto del 1117. Un altro importante rinnovamento avvenne nel corso del XIV secolo che si concluse nel 1398 con il rifacimento gotico del soffitto e dell'abside (architetti Giovanni e Nicolò da Ferrara).

LA FACCIATA - Semplice, ma possente è il prototipo del romanico veronese. Rivestita di pietra dorata dal tempo è ravvivata da elementi plastici che impreziosiscono l'apparente semplicità. Due lesene piatte racchiudono gli spigoli esterni e altre due, triangolari che raggiungono il timpano del frontone, segnano la suddivisione interna delle navate. Altre lesene più piccole si spingono fino agli archetti rampanti sotto il cornicione. Orizzontalmente la facciata è percorsa da due file di archetti e da una serie di bifore in marmo rosa aperte e chiuse a formare una zona pittorica di chiaroscuri. Il frontone triangolare che sovrasta la facciata è in marmo bianco, anziché in tufo come il resto, e costituiva la seda di una visione incisa e dipinta da due artisti che lavorarono alla decorazione della chiesa: il Brioloto e Adamino da San Giorgio (di Valpolicella?); soggetto era il Giudizio Universale, purtroppo oggi ridotto a soli graffiti. Nel riquadro inferiore si apre il rosone circolare- la Ruota della Fortuna - ,opera del Brioloto e risalente alla fine del XII secolo. Il protiro, sostenuto da colonne poggianti su due leoni accovacciati, è opera del maestro Nicolò ed è databile al XII secolo; i leoni rappresentano la forza brutale "costretta" a sopportare il peso del diritto e della fede (le colonne).Sul protiro, poggiante in alto su cariatidi rannicchiate, sono scolpiti Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, mentre sull'arco campeggiano l'Agnello e la mano benedicente di Dio. Nella lunetta è rappresentata la consacrazione del Libero Comune di Verona svincolatosi dal potere feudale degli imperatori; al centro un San Zeno benedicente calpesta il demonio; ai lati del santo i pedites e gli equites, popolo e nobiltà mercantile, assistono alla scena. Una scritta in latino commenta:" San Zeno dà al popolo la bandiera degna di essere difesa - San Zeno dà il vessillo con cuore sereno". Sotto la lunetta sono rappresentati alcuni miracoli compiuti da Zeno (opera di Nicolò), mentre all'interno ed all'esterno delle mensole sono scolpiti i mesi dell'anno. Ai lati del portale ci sono 18 bassorilievi scolpiti nel XII secolo dai maestri Guglielmo (quelli di sinistra) e Nicolò (a destra); i soggetti sono tratti dal Vecchio e Nuovo Testamento ma alcune hanno carattere profano: in uno è rappresentato il duello fra Teodorico e Odoacre, in un altro lo stesso Teodorico che insegue un cervo (il demonio della "Leggenda di Teodorico" del Carducci). Al centro del protiro si apre il portale rivestito da 48 formelle bronzee.

INTERNO - La basilica ha una pianta a croce latina e secondo il più classico canone del romanico padano è divisa in tre parti: la chiesa plebana (suddivisa a sua volta in tre navate), riservata al popolo, il presbiterio, lo spazio riservato ai sacerdoti, e la cripta sotterranea ove riposano i resti del Santo Patrono di Verona. Le pareti della navata centrale, a corsi di tufo e mattoni, sono spartite da poderosi pilastri cruciformi alternati da colonne; la faccia anteriore di ciascun pilastro si spinge, con bellissimo effetto ottico, fino al soffitto ligneo a carena plurima. I primi quattro archi delle navate sono più piccoli degli altri: indicano il prolungamento della chiesa di cui ho parlato in precedenza. La luce soffusa proviene dalle finestre allineate sopra le due navate laterali.
All' inizio della chiesa si notano una grande croce stazionale del XIV secolo (attribuita a Guariento) e la coppa di porfido resa famosa da una
nota leggenda. Notevole anche il fonte battesimale attribuito al Brioloto e qui collocato nel 1194.
L'altare più importante della chiesa plebana è il primo a destra che contiene una Madonna e Santi di Francesco Torbido.
Proseguendo verso il presbiterio troviamo un'impressionante serie di affreschi, spesso sovrapposti gli uni agli altri: datano dal XIII al XV secolo e sono tutti di autori ignoti; le opere più interessanti risalgono al Trecento e sono attribuiti a due ignoti pittori veronesi chiamati rispettivamente Primo e Secondo Maestro di San Zeno; sicuramente risentivano dell'influsso della scultura contemporanea (vedasi le analogie fra l'affresco di San Giorgio a cavallo e la statua equestre di Cansignorio Della Scala).
Il presbiterio è delimitato da un'iconostasi formata da una balaustra in marmo rosso sormontata dalle statue di Cristo e gli Apostoli risalenti alla metà del 1200. Da qui si gode di una bellissima vista sulla chiesa sottostante. Sulla parete sovrastante spicca l'affresco della Madonna e Santi (di Altichiero?), ma l'opera più importante è il celeberrimo
trittico di Andrea Mantegna. Ai lati due statue: una rappresenta San Procolo ed è opera di Giovanni di Rigino (porta scolpita anche la data, 1392); la seconda, nell'absidiola di sinistra, è il famoso e caro ai veronesi "San Zen che ride", il Patrono in veste di pescatore, come San Pietro. Con la sua pelle scura (sembra fosse africano), il suo rassicurante sorriso e la mole da gigante buono sembra un gran simpaticone!

LA CRIPTA - E' la zona più mistica del complesso e risale al '900, anche se subì ristrutturazioni nei secoli XIII e XVI. I grandi archi di accesso presentano una finissima decorazione costituita da animali fantastici e mostruosi: sono del 1225 e lo scultore è il gia citato Adamino da San Giorgio. E' divisa in nove navate i cui archi sono sostenuti da ben 49 colonne, tutte con un capitello differente. Fra esse si notano i giganteschi basamenti delle colonne della chiesa superiore. Nell'abside della cripta è conservato, in un sarcofago, il corpo di San Zeno.

IL CHIOSTRO - In puro stile romanico, fu edificato nel XII secolo e parzialmente rimaneggiato nel '300; per le sue forme armoniose è stato definito "serenissimo". Due lati sono ad archi a sesto acuto, due ad archi a tutto sesto sostenuti da coppie di colonnine ricavate da un unico blocco di pietra rosa di S.Ambrogio di Valpolicella. L'edicola che si trova all'interno conteneva il lavatoio dei frati. Le pareti del chiostro sono ricoperte di lapidi e affreschi, in gran parte qui trasportati nel XIX secolo con l'intenzione di creare un museo lapidario medievale. Dal chiostro si accede anche al suggestivo

SACELLO DI SAN BENEDETTO - Suggestiva chiesetta a pianta quadrata che nelle quattro colonne (di recupero?) presenta elementi che risalgono fino al IV secolo. E' presente anche un affresco con caratteri carolingi. E' noto che qui sorgeva una zona cimiteriale romana, quindi è assai probabile che nei secoli seguenti fosse stato utilizzato come ipogeo cimiteriale fino a diventare chiesa ed essere incorporato nella grande abazia benedettina.

IL CAMPANILE - La costruzione fu iniziata dall'abate Alberico nel 1045 e portata a termine nel 1178 dal maestro Martino. E' alto 72 metri e, da una base di pietra, si eleva fino alla cella campanaria con corsi di tufo e mattoni serrati da spigoli marmorei. A varie altezze è marcato da cinque cornici di archetti e due trifore sovrapposte alleggeriscono la mole della facciata. Il tutto è sormontato da una guglia conica attorniata da quattro pinnacoli. Le campane più antiche furono fuse nel 1149 da Glismerio. Delle originali rimane solo la piccola campanella ottagonale detta "del figar" che veniva suonata in occasione dei temporali.