Sommario

LA RISVEGLIA

quadrimestrale di varia umanità

n°3/4 Gennaio - Aprile 2000, Maggio - Agosto 2000

Etrusco Benci (appendice)


Etrusco Benci. Interrogatorio, 7 novembre 1921

Riproduciamo il testo dell'interrogatorio, che Benci subì a Grosseto il 7 novembre del 1921.

Dopo aver dichiarato di essere studente, Benci rispose:
"Siccome in ricorrenza della festa per commemorare il Milite ignoto, il partito repubblicano al quale appartengo tanto io che mio padre, non credette di prendere parte alla cerimonia ufficiale svoltasi il mattino del 4 corrente mese, si pensò di fare una corona di fiori per andare a deporla nelle ore pomeridiane sull'obelisco commemorativo che è situato in piazza Umberto fuori porta nuova. Ma poiché le autorità non lo permisero, pensando che questo gesto potesse suonare provocazione agli avversari, io con Barth Ermanno, Monaldi Mario, Padovani Emilio, Carli Alfredo, ed un tale Marini, pensammo di andare a comperare dei mazzi di garofani dalla fioraia, per andarli a deporre ai piedi del detto obelisco. Con noi non vi era il Moneti Guido né gli altri dello stesso partito i quali si accodarono a noi mentre ci recavamo in piazza Umberto... E' vero che prima di giungere all'obelisco trovammo il tenente dei carabinieri, il quale ci avvicinò, pregandoci con bei modi di scegliere la Commissione che doveva o meglio io sentii quando disse: "Andate a deporre i mazzi di fiori". Intanto i fascisti si avvicinavano ed immediatamente vidi Stoppa dico meglio udii subito un colpo di rivoltella, senza distinguere se fosse sparato da quelli del nostro partito oppure dagli avversari. Certo che immediatamente echeggiarono diversi colpi ed io vidi Stoppa Athos che teneva la rivoltella fra le mani rivolta in aria tanto che io pensai avesse sparato per intimorire e non altro.

Questa è tutta la verità poiché poi nel frastuono non compresi che altro fosse avvenuto. Io non agii con l'animo di ribellarmi alle disposizioni delle autorità, sebbene nella certezza di compiere un omaggio ai soldati caduti in guerra, non mi sarei neppure deciso a portare i fiori se avessi saputo che doveva avvenire tutto quello che si è avuto a deplorare. Respingo quindi qualsiasi addebito e chiedo di essere messo in libertà. Non credo per ora di indicare testimoni perché non ho nulla da rimproverarmi. Indico come mio avvocato l'avv. Magrassi Giovanni (1).

Note

1)Eliseo Magrassi, detto Giovanni, nacque a Livorno il quattro marzo 1891 e aderì presto al Partito repubblicano. Laureatosi in legge a Pisa, tenne nel dopoguerra molti comizi a Livorno, a Pisa e a Grosseto, dove si trasferì definitivamente il primo dicembre 1921. Fermo antifascista, non aderì mai al P.N.F. e fu sorvegliato per tutto il “ventennio”. Invitato dal dott. Olinto Domenici a tenere, il ventisette febbraio 1937, una conferenza su Pinocchio e su Collodi a San Gimignano, nei locali del Conservatorio di Santa Chiara, Magrassi fece di fronte a un discreto pubblico dei trasparenti, quanto negativi riferimenti al regime fascista, dicendo che in Italia abbondavano i maestri di educazione fisica, ma mancavano quelli di educazione morale (“Speriamo - affermò testualmente - che vengano presto anche quelli di educazione morale”), che un tempo i novellieri cominciavano i loro racconti dicendo: “C'era una volta un re”, mentre Collodi aveva scritto: “C'era una volta un pezzo di legno”, e che al tempo di Pinocchio i burattini diventavano uomini, mentre “oggi gli uomini nascono tali e muoiono burattini”.
Interrogato nei locali della Questura di Grosseto il trenta marzo 1937, Magrassi si limitò a dichiarare di non avere fatto alcuna allusione “al tempo attuale”. Oggetto, il tre luglio 1942, di una lettera anonima, firmata “Un vero italiano”, che lo denunciava perché, come l'avv. socialista Pasquale De Leone, auspicava la “vittoria inglese”, alla fine del '44 fu nominato presidente della Deputazione provinciale dal Comitato di liberazione nazionale di Grosseto e rimase in carica fino al venticinque marzo 1947, quando venne proclamato deputato alla Costituente, in sostituzione del defunto on. Chiostergi.


Etrusco Benci. Al Municipio di Gavorrano. Grosseto, 5 novembre 1926

“Giornale “Etruria nuova” Via Mazzini 3 - Grosseto Abbonamenti anno L.10 semestre L.6. Inserzioni Nel corpo del giornale L.2 la linea o spazio di linea di corpo 8. Terza pagina. Dopo la firma del gerente lire 1,00 la linea o spazio di linea in corpo 8. Quarta pagina lire 0,50 la linea di corpo 8 giustezza di 5 colonne

Grosseto 5 nov. 1926

On. Municipio di Gavorrano

A stim. vs/. 2 novembre 1926 con unito vaglia Banco Roma. Nel ringraziarvi per la vs/. premura vi compieghiamo regolare quietanza a saldo inserzioni e abbonamenti.
Distinti saluti.

Giornale “Etruria nuova”
Etrusco Benci

In calce: 10 nov. 1926 Consegnata la quietanza all'esattore”.


Virginia Gervasini. Etrusco Benci in Spagna

“E' chiaro che l'italiano dell'hôtel Falcón è Fosco. Il teatro è quello di fronte all'Hôtel Falcón, di cui ti ho già parlato. Ho ripensato a Etrusco Benci, ma non ricordo più di quello che ti ho detto, un ragazzo alto, educato (massimalista, erano tutti educati i veri massimalisti), timido. Partirono subito al fronte con Renzo Picedi e gli altri, e furono colpiti insieme, Renzo mortalmente.
Benci passò sì dal C.U.I.R.A., che continuò ad esistere... Certamente continuò ad esistere quella stanza dell'hôtel Falcón, che serviva da ufficio, era il C.U.I.R.A. Lì si iscrivevano tutti i volontari internazionali che venivano verso il P.O.U.M. Lì si distribuivano i “vales” (buoni) per ogni cosa, per la “comida”, per il barbiere, per il dentista, ecc. ecc. (Questi buoni - mi spiace parlare in prima persona - li feci sempre io sino a quando rimanemmo con Fosco all'hôtel Falcón...”


Giuseppe Fusero. Etrusco Benci in Francia e in Spagna

Riproduciamo un brano di una conversazione con Giuseppe Fusero, che fece parte della Colonna Internazionale Lenin con Benci e fu internato a Gurs insieme a lui:

“La prima volta [Benci] mi ha detto: “Ho piacere di rivederti”. “Ma non ci siamo mai visti [prima]”. “Lo so, ma Mariani mi ha scritto di te”. Aveva una lettera di Balduini. “Balduini lo conosci?” “Certo lo conosco, prima di partire per la Spagna è venuto qui e si è fermato due giorni, perché avevamo idea di mettersi d'accordo, avevamo delle idee grandi, capisci, roba da matti”. E allora lui ha continuato a descrivermi come aveva attraversato la frontiera a Ventimiglia e mi ha detto che suo dovere era quello di andare a difendere l'antifascismo in Spagna, la regola di tutti, insomma... e a Barcellona quindici giorni dopo [di me] è arrivato Benci con il nipote di Balduini [Renzo Picedi] e “Castello” [Pietro Fancelli]”.


Domenico Sedran. Etrusco Benci in Belgio

“A Bruxelles, in seguito ad un attentato, venne arrestato il compagno massimalista Benci dalla polizia belga. Era anche simpatizzante trotskista. Contrariamente [a] Ortega marchigiano, che lottò anche lui in Spagna, il compagno Benci intervenne esprimendo il suo accordo per la diffusione di manifestini internazionalisti contro la guerra pubblicati dall'organizzazione belga della Quarta Internazionale. Benci lottando contro la guerra venne arrestato dalla polizia. Io e gli altri abitavamo nel medesimo albergo. La Gestapo con il coltello tagliò a pezzetti tutto il materasso di Benci, poi domandò alla padrona dell'albergo dove ci trovavamo io e il compagno marchigiano Ortega, che se la cavò con il suo vero nome di Mazzucchelli. Di me l'albergatrice disse che mi trovavo nella città di Saint-Nazaire; invece io ero a St.-Omer, a qualche decina di chilometri dal mare nella Francia del Nord”.


Etrusco Benci. Ultima lettera alla moglie

Bruxelles, le 11.6.1943

Mia buona Maria Luisa,

dopo averti lasciato tanto tempo senza mie notizie ti scrivo oggi per darti una ben triste notizia: sono condannato a morte.
Non mi domandare quello che ho fatto per meritare tale condanna.
Sappi soltanto che domani mattina alle sette sarò fucilato.
Mia buona Maria Luisa, muoio pensando a te e al nostro piccolo Etrusco, vi ho tanto amato e vi amo ancora.
Sono certo che saprai dare a nostro figlio la migliore educazione e questa certezza mi permette di morire tranquillo.
A te vanno i miei pensieri in questa triste veglia di morte e al nostro piccolo Etrusco. Conservate un buon ricordo di me.
Un bacio, l'ultimo mio bacio a mia moglie adorata e al mio adorato figlio.
Etrusco


Pia Leonetti Carena. Etrusco Benci

“Benci Etrusco, né à Grosseto le 25 juin 1905. Typographe. Républicain. Se réfugie en France en 1935 et s'établit à Nice... Se bat en Espagne contre Franco dans les formations du P.O.U.M. Blessé à Saragosse, est décoré de la Medaille d'Argent. Après la défaite des troupes républicaines, retourne en France où, comme tant d'autres combattants d'Espagne, il est interné à Gurs. Il s'évade de ce camp, lorsque éclate la Deuxième guerre mondiale. Partisan en France, il continue la lutte armée dans la Résistance belge. Fait prisonnier à Bruxelles, il est fusillé le 12 juin 1943, avec plus de 200 patriotes belges. Décoré de la Médaille d'Or à titre posthume. Il repose, avec les autres patriotes, au cimetière de Bruxelles. Il laisse un fils, qu'il n'a pas connu”.


Tullio Mazzoncini. Etrusco Benci

“Antifascista grossetano. Figlio di quel Benci che fu per mezzo secolo la figura di maggior rilievo del Partito Repubblicano a Grosseto, fratello di Piero, caduto da eroe nella guerra del 1915, respirò l'antifascismo nella sua casa e presto esule in Belgio, poi in Francia, accorse allo scoppiare della guerra di Spagna ad arruolarsi nelle Brigate Internazionali: gravemente ferito all'addome, fu alla fine internato nel campo di concentramento di Gurs (Pirenei). Fuggì alla disfatta dell'esercito francese per lottare contro i nazisti. Venne arrestato dalla Gestapo e liberato fortunosamente dai partigiani passò allora in Belgio ove, nuovamente arrestato dai nazisti, venne fucilato nel tiro a Segno Nazionale di Bruxelles, ove giacciono le sue spoglie insieme a quelle di molti altri combattenti della Resistenza: alla vedova viene corrisposta una modesta pensione di guerra dal governo belga”.


Bruno Sereni. Il ritorno nell'Aragona

Barcellona, ottobre.
Le milizie del popolo hanno circondato Huesca. Alla città assediata non è rimasta che una via libera: quella che va a Saragozza. Siétamo è caduto dopo una tenace resistenza. E' stato necessario conquistarlo casa per casa. I ribelli ripiegandosi da una casa all'altra facevano breccia nei muri e così per quanto erano lunghi i cubi dei caseggiati. A Tierz, nella piazza ingombra di carri e di miliziani, mi sono incontrato con il capitano Soto. Non poteva riconoscermi, ma appena gli parlai del primo attacco a Siétamo il primo agosto mi ha battuto sulla spalla.
-Bien, bien, hombre, ahora me recuerdo.
-Siétamo è nostro, gli dico.

Ride sotto i baffetti a punta. Guarda in direzione di Huesca, si fa serio, tira un sospiro, scrolla la testa. - Huesca será un hueso. E' questa una frase tipicamente spagnola, per designare una cosa difficile da superare. Monte Aragón ed Estrecho Quinto alle nostre spalle sono ancora dei ribelli. I fuggiaschi di Siétamo si sono concentrati là. Il numero di questi varia da persona a persona. Per il capitano Soto sono appena duecento: per il commissario politico Ballata [Balada?] sono il doppio. Mi dicono che da diversi giorni non tirano più, che hanno finito le munizioni. Sarà vero? Tutti i giorni all'alba arrivano ai nostri avamposti fuggiaschi dal campo ribelle. Sono soldati di truppa, figli del popolo, contadini in maggioranza.
-Compañeros, nos han engañado. Ci hanno ingannati, dicono ai miliziani di guardia.
Dopo un breve interrogatorio sono messi in libertà, o mandati nelle retrovie a riposare. Alcuni insistono di rimanere, e il loro desiderio è quasi sempre esaudito. Vedo Borgo e il capitano Enrico Russo, venuto dalla prima linea a prenderci.

-Mi avevano detto che t'avevano tagliato la gamba, mi dice Borgo.
Ci abbracciamo. Ramón, ch'io avevo scambiato per Sancho, s'è lasciato crescere il pizzo, la pancia è quasi sparita.
-Chico valiente, ?otra vez para aquí? ?Quiere fumar?
Riconosco altri della colonna. Sono tutti entusiasti dell'ultima operazione. Con pochi rinforzi lo stesso giorno potevamo entrare in Huesca. Ah, che rabbia... Ma ci entreremo lo stesso.
Russo mi racconta in fretta alcuni particolari dell'azione (de la carretera) sulla strada nazionale, quando la ostruirono e due automobili di ufficiali che da Estrecho Quinto andavano sicuri verso Huesca furono fatti prigionieri. L'occupazione del villaggio di Quicena e del Manicomio. Nel Manicomio trovarono più di cento alienati e un giovane dottore..., l'unico ch'era rimasto di guardia a quei poveri infelici....

Nel Manicomio c'erano ora i nostri con una mitragliatrice. In tutta l'azione la colonna ebbe a lamentare la morte di un giovane studente francese di Marsiglia, Robert de Falconet [Fauconnet]. Il cadavere di questi, trasportato a Barcellona, ebbe imponenti onoranze funebri. Russo mi parla di Falconet vivo, ed io gli racconto i particolari del suo funerale. All'imbrunire ci mettiamo in moto per la prima linea. Con il gruppo internazionale c'è una centuria di operai metallurgici di Tarrasa. Bravi giovani, questi combattenti di Tarrasa.
Scendiamo in un fosso e camminiamo saltando da una pietra all'altra.
“Tenete le teste basse, non fumate, parlate sotto voce”. Russo questi ordini li dà in napoletano, ma vedo che lo comprendono lo stesso. (Non per niente gli spagnoli sono stati due secoli a Napoli),
Vediamo ad una ad una accendersi le luci nella città di Huesca. Sostiamo prima d'uscire allo scoperto. Il silenzio della sera è assoluto. Da Huesca ci viene l'eco di una tromba.
-Quale segnale avrà suonato?

In fretta ad uno ad uno usciamo fuori e scendiamo di corsa un declivio. Per passare un torrente Russo s'è tolto le “alpargatas”, altri lo imitano. Alcuni per non scomodarsi preferiscono fare gli equilibristi saltando da una pietra all'altra, ma vanno a finire nell'acqua fino alle ginocchia.
Risa e schiamazzi, seguiti da lunghi zittii. Ci siamo tutti? Andiamo. Ora non c'è più pericolo, siamo a ridosso. Una sentinella ci intima l'alt. Russo in napoletano risponde: - Maurinne. (Maurin era il leader del partito operazione d'unificazione marxista, proprio in quei giorni fucilato, si diceva, in Galizia dagli insorti).
Eccoci nella strada barricata con sacchi di sabbia. Arriviamo proprio nel momento che il grammofono sopra i sacchi, con la tromba in direzione della città, suonava la “Internazionale”.
-Sti sfaccimme, non la vogliono finire di fare il teatro, dice Russo, ridendo.
Rido anch'io, ridiamo tutti.

Dentro la capanna del comando trovo Martini [Giuseppe Bogoni]. Un abbraccio. Renzo Picedi. Un altro abbraccio. Placido [Mangraviti], Castello [Pietro Fancelli], Giacchetta [Emilio Lionello]. Gli abbracci vanno aumentando. Ho sonno, mi sento stanco. Martini mi porta a dormire in un fienile.

Bruno Sereni

Biografie: Alfredo Boschi


LA RISVEGLIA nuova serie on-line del giornale fondato nel 1872