Vi
ringrazio per essere venuti così numerosi a questa presentazione,
sfidando questo gelido vento siberiano che ci fa piombare improvvisamente
in un vero clima invernale. Sono davvero felice ed emozionato stasera,
sono passati ormai quasi sei anni dall’ultima volta che ho presentato
una mia raccolta.
Soprattutto
ringrazio le due relatrici, Duccia Camiciotti e Franca Bacchiega, per
l’affetto che mi hanno sempre dimostrato, per le belle parole sul mio
lavoro e per l’impegno con cui hanno affrontato il compito di
presentarmi a voi. Non avrei potuto chiedere di meglio.
Ringrazio
poi Andrea Pericoli che, anche quest’oggi, ha messo a nostra
disposizione la sua maestria e, a me personalmente, ha fatto
“riscoprire” le poesie che ha letto, a volte sorprendendomi.
Infine
ringrazio Marcello Fabbri ed il Consiglio della Camerata dei Poeti. Questa
raccolta è nata grazie alla loro insistenza: più volte, negli ultimi due
anni, mi avevano proposto una serata dedicata al mio lavoro. Alla fine,
all’inizio della scorsa estate, quando la Camerata era intenta a stilare
una bozza di programma per la stagione successiva, non ho potuto più
tirarmi indietro di fronte all’ennesimo, per così dire, “invito”.
La
mia idea iniziale per questa serata era stata di mettere insieme, un po’
alla rinfusa, materiale edito ed inedito dal 1994 ad oggi e non ci avevo
più ripensato fino allo scorso novembre. Poi, parlando di questa serata
con Lisa Rizzoli, mi sono sentito chiedere da lei di tirare fuori tutto il
materiale che avevo per vedere se “se ne poteva tirare fuori una
raccolta”. Io ho riunito tutto quello che avevo, recuperando cose che mi
ero scordato di aver scritto e che giacevano dimenticate nei miei
taccuini.
Bene,
nel giro di un mese la raccolta era pronta, corredata di una bellissima
prefazione, e non ho dovuto far altro che stamparla in modo presentabile.
Non sarò un falso modesto, sono davvero soddisfatto del risultato finale.
Adesso
naturalmente c’è un problema che affligge tutti i poeti e gli
scrittori: trovare un editore che non solo pubblichi il libro, con o senza
contributi alla pubblicazione, ma che riesca effettivamente a distribuirlo
decentemente. È un problema che affronterò con calma e pazienza: so solo
che se non arriverò ad una soluzione per me soddisfacente non avrò alcun
problema a rinunciare alla pubblicazione su carta e provvederò a renderlo
pubblico – gratuitamente – su Internet.
Ma
non è di questo che voglio parlare, della effettiva difficoltà di
accedere a case editrici che svolgano seriamente il loro lavoro, lo
sappiamo tutti e ce ne lamentiamo tutti. Anche perché non è detto che io
meriti di accedervi: io penso di sì, ma sono un po’ “di parte” e
qualcuno potrebbe pensarla altrimenti – ne avrebbe tutto il diritto.
Questo
fatto però mi serve per fare una piccola riflessione sullo stato presente
della letteratura in Italia. Non è un segreto che oggi poeti, scrittori e
letterati contino ben poco nella vita sociale e civile italiana. E quei
pochi che contano non sono certo ascoltati per quello che scrivono. Non
scorderò mai l’arroganza e la scortesia di un giornalista di un nostro
quotidiano cittadino che voleva assolutamente parlare con Mario Luzi per
avere una dichiarazione sulla cessione di Batistuta (a suo dire simbolo di
Firenze) alla squadra di calcio della Roma. Siamo ridotti a questo!
In
realtà quello che è successo è che la grande generazione di scrittori
del secolo scorso, il 1900, che gravitava intorno a Firenze si è resa
latitante. Hanno prima permesso che la politica, le diverse ideologie,
prendessero possesso della grande editoria italiana; poi sono stati a
guardare mentre una sfilza di piccoli burocrati li buttava fuori delle
redazioni delle case editrici.
Le
conseguenze sono state devastanti.
Oggi,
il signor Berlusconi controlla la Mondadori e un’infinità di altre case
editrici, fra cui, indirettamente, l’Einaudi – tanto per dirne una. E
le poche che restano arrancano davanti allo strapotere economico di questo
signore. Ma di questo, per carità, non se ne parla mai, nemmeno a
sinistra.
La
latitanza intellettuale dei grandi del secolo scorso ha poi portato anche
alla più totale confusione di valori nel mondo letterario, non ci sono più
punti di riferimento. Si sono formate fazioni di pseudo
poeti-scrittori-letterati pro o contro quei pochi che contano cui mi
riferivo prima. Il dibattito o il confronto, spesso duro, che
caratterizzava in particolare la Firenze dei tempi d’oro non esiste più,
esiste invece l’intrigo o il pettegolezzo da comari fra gruppuscoli che
si contendono i quattro soldi che le nostre istituzioni stanziano alla
“cultura” e che poi vanno a finanziare eventi che di culturale, a mio
modo di vedere, hanno ben poco.
Ora
non è né il momento né il luogo per addentrarmi a fondo in queste
questioni. Ci tenevo a esporle in maniera certo insufficiente come
provocazione, per tentare per quel che posso di indurre a una riflessione
o di dare il via, in questa sede, a un dibattito che possa oltrepassare
queste quattro mura e scuotere l’inerzia che ci circonda.
Vi
prego però di non fraintendermi: non attribuisco a nessuno una qualche
colpa specifica. Quella che ho definito come latitanza dei cosiddetti
grandi letterati non è da intendersi come una accusa nei loro confronti.
Sicuramente sono loro le prime vittime di una situazione che si andava
delineando già ai loro tempi, una situazione forse inevitabile, la fine
di un ciclo che oggi, finalmente liberi dalle varie ideologie, andrebbe
riesaminato. Per questo sarei felice se qualche studioso, qualche critico
con la mente aperta affrontasse sotto una nuova luce il secolo che si è
appena concluso, prendendo in esame gli aspetti storici, politici,
psicologici e sociologici che hanno determinato questa situazione. Sono
convinto, infatti, che solo attraverso un approccio veramente
interdisciplinare si possa capire e superare l’impasse in cui siamo
caduti. E magari far tornare di moda quei valori che non solo il mondo
letterario, ma anche la società civile hanno perso da qualche parte nei
meandri della storia.
Concludo
adesso leggendovi le ultime cinque poesie della raccolta. Sono quelle cui
tengo di più, che vedo come un punto di arrivo… per una nuova partenza.
Grazie.
Pier-Franco
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