''In questo momento i contenuti programmatici dell'azione del governo impongono una opposizione ferma, anche se propositiva, a tutela degli interessi della maggioranza degli italiani''. Lo afferma Sandro Bondi, coordinatore di Fi.
''Se la maggioranza di governo non dimostrera' nei fatti di voler accantonare l'azione distruttiva nei confronti delle riforme approvate dal governo Berlusconi e non dimostrera' nei fatti di voler stabilire un confronto reale con l'opposizione - aggiunge - la linea dell'opposizione stessa non potra' che essere intransigente, anche se responsabile''.
''La questione dell'allargamento della maggioranza di governo, che nasce dalla debolezza ed insostenibilita' alla lunga di questo governo, cosi' come la questione politica che riguarda la formazione di un governo di larghe intese, sono questioni mal poste - sottolinea Bondi - se non si procede prima ad una valutazione obiettiva dei contenuti dei provvedimenti dell'Esecutivo e della volonta' politica espressa dalla maggioranza che lo sostiene''.
Casini è in parte uscito dall'atteggiamento enigmatico e distaccato tenuto nelle ultime settimane rispetto alle convulsioni politiche della maggioranza, e dopo l'ultima fiducia imposta da Prodi alle Camere ha emesso il suo verdetto: "C'è bisogno di aprire una fase politica nuova, perché questi pochi mesi sono bastati a tutti per capire che il governo Prodi è troppo gracile per affrontare le temperie del momento sia sul piano nazionale che internazionale".
In queste parole emerge la stessa consapevolezza espressa da Berlusconi e Fini nell'ultimo dibattito alla Camera sull'assoluta insostenibilità di questa situazione. Secondo il leader dell'Udc, davanti a una maggioranza in difficoltà il compito della CdL non deve limitarsi a un ostruzionismo sterile, ma è dovere di tutti lavorare per aprire una nuova fase della politica italiana. Cosa questo significhi effettivamente per Casini, però, non è ancora chiaro, e sarà bene accertarsene prima della ripresa autunnale perché, da quanto si è visto in Parlamento, non è improbabile che la fase politica nuova si avvicini davvero a grandi passi.
Prodi ha sì incassato, al prezzo di aspre polemiche, il via libera definitivo al pacchetto Bersani-Visco, ma il fatto che ieri in aula il governo sia andato sotto su due ordini del giorno enfatizza la condizione di pericolo costante in cui l'esecutivo è costretto a operare.
A impensierire Palazzo Chigi non è tanto il merito dei due documenti sui quali il governo è stato sconfitto, quanto il fatto che - se la questione di fiducia non avesse forzato la trasformazione degli emendamenti in ordini del giorno - a causa di quelle due modifiche il provvedimento sarebbe tornato al Senato. Con esiti tutt'altro che scontati in una Camera alta che dall'inizio della legislatura in poi si è trasformata in un autentico campo di battaglia, grazie anche alla tenuta del centrodestra che, salvo rarissime eccezioni, è rimasto compatto in tutti i passaggi cruciali. Questa stessa unità d'intenti, però, non è ancora rintracciabile quando si apre, leninisticamente, il discorso sul "che fare?".
Berlusconi è stato il primo, subito dopo i risultati del voto, a parlare di Grande Coalizione, e con l'esortazione al dialogo rivolta mercoledì alle "persone di buonsenso" della maggioranza ha di fatto ribadito la sua linea. Fini, da parte sua, ha offerto all'Unione una sorta di patto fra gentiluomini sulla Finanziaria per evitare un nuovo ricorso alla fiducia, ma è fermamente convinto che Prodi non cadrà né sulla Finanziaria né nei mesi immediatamente successivi, "perché prima deve consumarsi una stagione", e solo allora si vedrà. Una posizione molto più cauta, dunque, rispetto agli alleati sull'ipotesi di una "fase Merkel", anche perché dentro An sono molto diffusi i timori di restare emarginati dai nuovi equilibri politici in caso di approdo alle larghe intese. Per sapere come andrà a finire, sarà necessario aspettare l'esito dei contatti che Berlusconi attiverà con gli alleati nelle prossime settimane. Per il momento, quello più aderente alla realtà sembra il vaticinio di Follini, secondo il quale "siamo di fronte a tre improbabilità":
E "delle tre la terza è la meno improbabile". Staremo a vedere.
Nella scorsa legislatura, la sinistra scelse l'antiberlusconismo, la demonizzazione di Berlusconi, e questa linea - seppure per poche migliaia di voti sostanzialmente non verificabili in tempi utili - alla fine ha prevalso.
Stando ai dati oggettivi, la debolezza della sinistra stavolta è nella esigua maggioranza al Senato per cui contro questo tallone di Achille dovrebbe concentrarsi l'azione dell'opposizione, che però teme qualche defezione e lascia, a volte, una valvola di sicurezza in alcuni voti bipartisan.
In altre parole, il centrodestra dovrebbe puntare il suo fuoco di batteria su un solo punto, così avrebbe grandi possibilità di fare danni nello schieramento avversario. Altrimenti, sul piano dei fatti, si diffonderebbe l'impressione che il governo, pur tra mille difficoltà, sarebbe capace di rimanere a galla.
L'elettorato di centrodestra, al momento, non sa se i partiti per cui ha votato vogliono affondare Prodi il più presto possibile o vogliono arrivare alla Grande coalizione o vogliono formare un partito unitario. Perciò è necessario delineare precisi contenuti programmatici. In caso contrario, dopo la pausa estiva, ogni progetto di rilancio sarebbe velleitario.