Sommario
- Generalità sulla coagulazione del sangue
- Gli inibitori della coagulazione
- Cenni sul meccanismo della coagulazione
- Patologia della coagulazione
- I principali esami per lo studio della coagulazione del sangue
Generalità sulla coagulazione del sangue
Forse nessun altro sintomo colpisce l’immaginazione di noi tutti come una
emorragia. Fin dall’antichità la fuoriuscita di sangue dal letto vascolare è
stata considerata come qualcosa di grave, in quanto associata con la perdita del
fluido vitale. Non stupisce quindi come, nel corso dell’evoluzione si siano
perfezionati dei meccanismi sofisticati in grado di arrestare prontamente
un’emorragia.
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La coagulazione fa parte del sistema emostatico, un compesso insieme di molecole e cellule che ha lo scopo di difendere l'organismo dalle emorragie e dalla coagulazione eccessiva che provoca trombosi venosa o arteriosa
„
Lo scopo dell’emostasi è quello di formare un tappo a partire dai costituenti
stessi del sangue, inizialmente piastrine e poi fibrina, che si ottiene dal
fibrinogeno alla fine della cosiddetta cascata coagulativa (fig.1).
Affinché sia assicurata un’efficiente emostasi è necessario che siano
perfettamente funzionanti tre compartimenti che, agendo in sintonia fra di loro,
portano alla rapida riparazione di una ferita e mettono fine alla fuoriuscita
del sangue.
Questi tre compartimenti sono :
- La parete dei vasi arteriosi e venosi
- Le piastrine
- I fattori della coagulazione.
I fattori della coagulazione sono proteine circolanti nel sangue e prodotte
quasi tutte dal fegato. Se ne conoscono una dozzina circa, indicati in genere
con un numero romano (es fattore VII, VIII o IX) o con il loro nome proprio
(es. fibrinogeno). Essi hanno la caratteristica peculiare di agire in
sequenza, uno dietro l’altro, e ad ogni tappa il fattore, che circola inattivo
nel sangue, viene attivato ed agisce sul fattore successivo, che viene
attivato a sua volta. Ad ogni tappa aumenta notevolmente il numero di molecole
formate, cosicché alla fine di questa cascata coagulativa (fig. 1), partendo
da poche molecole dei fattori che intervengono per primi, si ottiene un numero
enorme di molecole di fibrina. Per la produzione epatica di alcuni di questi
fattori è essenziale la vitamina K.
L’importanza di ognuno di questi compartimenti è attestata dall’esistenza di
numerose malattie emorragiche in cui uno solo di essi è alterato.
Gli inibitori della coagulazione
In condizioni normali il meccanismo emostatico è attivato solo localmente, cioè
solo dove è necessario e per il tempo strettamente indispensabile ad arrestare
l’emorragia, mentre nelle altre zone dell’organismo il sangue continua a
mantenere la sua abituale fluidità.
In altre parole, affinché non si verificano danni all’organismo, la coagulazione
deve essere perfettamente controllata nello spazio e nel tempo, altrimenti si
potrebbe avere un’eccessiva coagulazione che potrebbe provocare una trombosi.
Il controllo della coagulazione avviene a vari livelli ad opera di altre
sostanze presenti nel sangue:
- Sostanze anticoagulanti, le principali essendo l’antitrombina III (AT III), la Proteina C, la Proteina S: ognuna di esse inibisce l’attività di diversi fattori della coagulazione
- La plasmina, che si forma dal plasminogeno circolante nel sangue, come risultato finale dell’attivazione del meccanismo della fibrinolisi. La plasmina ha il compito di sciogliere il coagulo di fibrina che si era formato alla fine della cascata coagulativa.
Un aspetto fondamentale da ricordare è che tutti questi meccanismi sono attivi
continuamente nell’organismo in condizioni normali, cosicché la normale fluidità
del sangue può essere considerata come l’equilibrio che si raggiunge fra la
naturale tendenza del sangue a coagulare da una parte e, dall’altra,
dell’attività dei meccanismi anticoagulanti e fibrinolitici che vi si oppongono.
Cenni sul meccanismo della coagulazione
Anche se per comodità le caratteristiche dei tre compartimenti saranno trattati
separatamente, in realtà essi agiscono in sintonia e pressocché
contemporaneamente. Sempre per comodità ci rifaremo a ciò che avviene
nell'organismo dopo una ferita che comporti la lesione di un vaso arterioso o
venoso.
Qualsiasi lesione della superficie interna di un vaso comporta l'interruzione
dello strato delle cellule endoteliali, le quali formano una specie di
rivestimento liscio e regolare della parete stessa per permettere al sangue di
scorrere regolarmente.
Nella zona lesionata si verifica una vasocostrizione che riduce il calibro del
vaso, il quale libera anche nel sangue il fattore tessutale e delle sostanze che
facilitano l'adesione delle piastrine alla zona lesionata. Si forma così il
cosiddetto tappo emostatico primario che ha il compito di arrestare l'emorragia.
Fig. 1 - Schema semplificato della cascata coagulativa
Contemporaneamente il fattore tessutale attiva il fattore VII, che a sua volta
attiva il fattore X innescando l'attivazione della cascata coagulativa
attraverso la via estrinseca, alla fine della quale, come abbiamo già detto, si
ha la trasformazione del fibrinogeno in fibrina, ad opera del fattore II a o
protrombina.
La fibrina stabilizza e rinforza il tappo emostatico primario, consolidando
così in modo definitivo il coagulo formatasi nella zona lesionata.
Successivamente viene attivata la fibrinolisi che ha il compito di sciogliere il
coagulo; questo viene riassorbito e, contemporaneamente, si avvia il processo di
riparazione della ferita, al termine del quale si ricostituisce lo strato di
cellule endoteliali e la parete vasale riacquista la sua normale struttura.
Come si può vedere dalla figura 1, la coagulazione può essere attivata
attraverso due vie: l'estrinseca e l'intrinseca. L'importanza di quest'ultima in
condizioni fisiologiche è probabilmente minore rispetto alla prima.
Patologia della coagulazione
Numerose sono le malattie che possono risultare da anomalie di uno o più dei tre
compartimenti. Schematicamente possiamo considerare:
A) Emorragie che possono essere dovute ad:
- Alterazioni congenite o acquisite della parete vascolare
- Piastrinopenie o piastrinopatie, cioè anomalie delle piastrine il cui numero può essere anche normale
- Deficit congeniti o acquisiti di uno più fra i fattori della coagulazione (per es. emofilia, malattia di Von Willebrand)
- Eccessiva attività del meccanismo della fibrinolisi
B)Trombosi, che possono essere dovute a:
- Alterazioni, in genere acquisite della parete vasale
- Deficit congeniti o acquisiti degli inibitori naturali della coagulazione (per es. deficit di AT III, di Proteina C o proteina S
- Aumento notevole e persistente delle piastrine
- Deficit del meccanismo fibrinolitico
I principali esami di laboratorio per lo studio della coagulazione
Esame emocromocitometrico: permette di conoscere il numero delle piastrine
Esame del sangue periferico al microscopio: permette di valutare
grossolanamente il numero delle piastrine e, soprattutto la loro forma e
dimensione.
Tempo di emorragia: permette di valutare, dopo aver punto il polpastrello o il
lobo di un orecchio, il tempo necessario per l'arresto dell'emorragia
Tempo di Quick: permette di valutare in laboratorio il tempo necessario per la
coagulazione del sangue. Valuta sopratturro le tappe finali della cascata
coagulativa. Questo esame è conosciuto anche come tempo di protrombina o PT o
INR.
Tempo di tromboblastina parziale, noto anche come PTT o aTTP che valuta la via
intrinseca e le tappe finali della coagulazione
Dosaggio dei singoli fattori della coagulazione. Generalmente è disponibile
sono in laboratori specializzati, e viene effettuato per confermare il
sospetto di una carenza di uno o più fattori, in seguito al riscontro di
alterazioni a carico del PT o del PTT.
Dosaggio di ATIII o degli altri inibitori della coagulazione: è effettuato
soprattutto nel sospetto di trombosi familiare o in giovani soggetti senza
cause predisponenti a trombosi venose e/o arteriose.
Consultare anche:
Trombofilie congenite e acquisite