LA RISVEGLIA
quadrimestrale di varia umanità
n.5 Settembre - Dicembre 2000
Le feste a Follonica (parte II)
Dalla celebrazione del 1904 alle fiere del 1947
Al principio del Novecento - a Follonica l'estatatura è ormai cessata, dal tragico '98 uno stabilimento balneare “offre la possibilità di un bagno eccellente sia per la morbidezza del terreno subacqueo, sia per la regolare e graduale profondità dell'acqua...”, i lavoratori della fabbrica e del porto muovono i primi, difficili passi sulla strada dell'“emancipazione” - le occasioni di svago aumentano: oltre alle fiere e sagre di maggio, c'è la festa del lavoro, che è giorno di protesta civile, ma anche di scampagnate e canti, le feste laiche a sostegno della Pubblica Assistenza “Croce Verde” (1), i veglioni e le pentolacce di carnevale. Oltre a qualche ricorrenza della recente storia paesana: come il quarantennale del dodici maggio 1864, il giorno in cui fu solennemente inaugurata, nel villaggio, la costruzione della ferrovia Livorno - Roma, alla presenza di Amedeo di Savoia e dei ministri Peruzzi e Ricasoli.
Ma fin dalle prime mosse l'iniziativa del dodici maggio 1904 ingenera polemica per le spese, che i socialisti giudicano eccessive: “Per l'inaugurazione del 12... si stanno già facendo preparativi, lo sfarzo non mancherà: illuminazione, addobbi ecc., tutto è pagato. La direzione generale dello stabilimento ha ordinato ai suoi dipendenti di fare del loro meglio e quel che si spende... si spende! Così non accade quando si domanda di migliorare le condizioni di chi produce!!! I ben pensanti son tutti in convulsione..., non stanno più alle mosse, attendono squadre navali, squadriglie di torpediniere, musiche, ministri...”
Critiche a parte, il dodici sono presenti nel villaggio il sindaco Bruchi di Grosseto, il direttore generale della Società Elba, Tonietti, le associazioni monarchiche di Suvereto, Campiglia, Cecina, i concerti musicali di Grosseto, Giuncarico e Follonica, la sezione locale del Touring club, la Fratellanza militare e la Pubblica Assistenza. Prendono la parola il segretario della Società Elba, Vacca, il cavalier Petrocchi e il prof. Domenico Zanichelli, poi viene scoperta una lapide.
“Cerimonia in grande stile, “L'Ombrone” del 22 maggio dà nuovi e minuziosi particolari sulla giornata. Per la sua buona riuscita s'è dato da fare l'ing. Monsacchi, direttore dello stabilimento, ha messo a disposizione il recinto fonderie, ha fatto apporre addobbi per le esigenze di giornata, il vasto stradone interno è stato infiocchettato, “lo arsenale che fu adibito a sala da pranzo - precisa “L'Ombrone” - trasformato artisticamente e genialmente in una sala grandiosa veramente incantevole. Il cancello dello stabilimento artistico è maestoso sempre e il palazzo della Direzione e quello forestale erano vagamente addobbati e pavesati e imbandierati e addirittura così trasformati come non si potrebbe di più e di meglio. Di tutto ora per giustizia deve darsi largo merito - aggiunge “L'Ombrone” - alla spettabile direzione generale dell'“Elba” rappresentata per la circostanza dal sig. Cav. Alfonso Hennin, direttore generale della società e dall'intelligentissimo avv. Vacca, segretario generale, nonché dal sig. Tonietti, direttore dei trasporti marittimi...”” (2)
Negli anni seguenti, mentre la vita delle fonderie resta incerta - nel '6 Primo Bugiani, Natale Tacchi, Angelo Mencarelli ed altri costituiscono persino un Comitato per tutelarle - e cresce l'impegno politico dei “partiti popolari”, l'appuntamento di maggio non viene mai saltato, anche se il programma delle feste non sembra discostarsi molto da quelli del passato: nel 1908 sono previste le consuete corse, cuccagne e fuochi di artificio, per il cui allestimento si conta sulla collaborazione di una Società sportiva, che si chiama “La rondine”. Il corrispondente della repubblicana “Etruria nuova”, Calisto, annunziando la fiera e le feste, raccomanda “la maggiore attenzione per impedire facili disgrazie”, poi, in una nota successiva, dopo aver lodato il Comitato organizzatore, informa che molta gente è accorsa dai paesi vicini, portando ottimi affari ai nostri esercenti. Tutti insomma sono ritornati alle loro case lieti e contenti. Noi oltre il divertimento abbiamo potuto constatare che il paese maggiormente pulito e illuminato prenderebbe un aspetto grazioso e questo lo dovrebbero aver capito anche i rappresentanti la frazione che molto si sono prestati in questa occasione per nascondere una parte di quel che i forestieri per decenza non vedessero. Ma... fatta la festa, gabbato lo santo..., ed i nostri buoni paesani ripiomberanno nella eterna inerzia, come i rappresentanti seguiteranno ad avere l'attività e l'interessamento mostrato fino ad ora”. Il diciassette maggio si tiene ancora la festa della Madonna del Buon Consiglio. L'avviso sacro è firmato da don Alessandro Parigi, le sottoscrizioni rendono quaranta lire, fra gli oblatori la famiglia Bicocchi, Angiolo Pistolesi, Teresa Petrai, Giuseppe Chesi, Arturo Baldini, Giuseppe Ieri e Riccardo Bargellini (3).
Il cinque febbraio 1910 si svolge nella sala dell'albergo “La Fortuna” di Massimo Soldani un veglione carnevalesco, con larga partecipazione di lavoratori, che tirano l'alba, danzando al suono di un'orchestra. Promotori della serata i socialisti, che profittano dell'occasione per la propaganda. Ma più adusi al comizio che al divertimento, sottolineano con qualche parola di troppo che nel locale “non faceva sfoggio l'elegante toelette della signora borghese, ma lavoratori e lavoratrici rallegravano la festa, mentre le note fatidiche dell'inno dei lavoratori si facevano udire belle e maestose...” (4)
Ottimo esito hanno le feste del maggio seguente: “La consueta cuccagna in mare offrì un divertimento piacevole; così le corse di cavalli e di biciclette. Riuscitissima la tombola a favore della benemerita Pubblica assistenza Croce Verde. Il noto pirotecnico Tincolini di Livorno illuminò fastosamente il paese e sotto la sua direzione si effettuarono i fuochi artificiali, la sera del 18 maggio. Le feste vennero rallegrate dalla musica di Giuncarico diretta dall'egregio maestro Francesco Boni. Inutile dire che il corpo musicale giuncarichese ottenne un meritato successo e venne insistentemente applaudito dai numerosi uditori, lasciando nei medesimi il desiderio vivissimo di riudirlo ben presto” (5).
Il successo delle pentolacce e dei veglioni, di quelli “rossi”, in particolare, sembra infastidisca il parroco, che nell'11 si pronuncia, dal pulpito di San Leopoldo, contro quella moda: con poco successo, tuttavia. “Decisamente - ironizza Gino Spagnesi - non c'è più religione; poiché, malgrado le parole melate di Bertoldino, l'orchestra... stuonata ha suonato e le peccatrici signorine insieme agli scapestrati socialisti hanno ballato di... Santa ragione. E il secondo “Veglioncino rosso” è riuscito egregiamente pel numeroso intervento di signorine, di compagni, amici e simpatizzanti...” (6)
Episodi da poco, che confermano però come il villaggio, eccezion fatta per le feste di maggio, che richiamano la totalità dei follonichesi, sia diviso non solo nelle idee e nei valori, ma anche nei divertimenti.
I “proletari” affollano infatti i “veglioncini rossi”, all'Albergo “La Fortuna”, prima, e alla “Casa dei socialisti”, poi, i cattolici si tengono, forse, lontani dalle feste “pagane”, e i benestanti - in buona misura liberali di convinzioni anticlericali - hanno un proprio Circolo, l'“Unione”, o “Circolo dei Signori”.
E' in questo “salotto” riservato che si incontrano i dottori Regnoli e Mazzi, con i “notabili” del paese, dai dirigenti dell'azienda del ferro e della Forestale ai maggiori commercianti di carbone. Talvolta le loro figlie si esibiscono - in quello che è una specie di ingresso in società - al pianoforte, durante le feste, che si tengono al Teatro o nel Cinema della stessa associazione. All'“Unione” - racconta un testimone - “non si poteva entrare”, i signori ballavano fra loro. E un altro: “Si diceva: “Stasera c'è la festa dei signori”. “Oh, ci va anche Tizio, un operaio fonditore”. “Eh, ci va anche Tizio, ci ha una moglie, se no, eh, l'hanno invitato, e ci ha una bella figliola, questi so' il contorno” (7).
In questo scorcio di “Belle époque”, mentre si prepara Serajevo, le gare di cavalli si fanno nel villaggio lungo la strada Massetana: dal “Madonnino” (la cappelletta con l'effigie della Madonna, situata sopra Fonte Tonda, dove si abbeveravano le gubbie) fino al mare (8).
Fra gli organizzatori si distinguono Savino Allegri e il “Cecchettone”, un modellatoere dello stabilimento. I premi sono trascurabili: alle gare si partecipa principalmente per il piacere di vincere. “Allora correvano per un bandierino, non correvano per i soldi...” Il bandierino, comunque, è molto ambito, tanto che un fiorentino, giunto sul traguardo, quasi appaiato a un avversario, si mette a reclamarlo con queste parole: “Ho i' bandierino nel sangue” (9).
“Io mi ricordo - racconta Moretti - di qualche cosa,... fecero una corsa che poi fu investito uno, Polino, lavorava nello stabilimento, faceva servizio nella Croce Rossa, e allora si spostò un po', il cavallo lo prese, col petto, e lo buttò sotto, gli fece tanto male, fu portato all'ospedale di Massa marittima” (10).
E' ancora Moretti a rammentare che la cuccagna “veniva fatta sul ponte vecchio..., mettevano un palo legato, alto e tutto insaponato, chi ci montava in cima, andava a piglia' la bandierina..., tanti cascavano giù”. Marino Carresi precisa: “In cima al ponte vecchio mettevano l'antenna d'una paranza, il sego alto du' dita, chi ci arrivava era una fortuna...” E Mario Allegri: “Per farle c'era Adelmo Panerai, c'era Tricche, c'erano cinque o sei sempre, che... erano gli scarichini del porto, dei pontili”. Il palo veniva legato orizzontalmente sul pontile vecchio: “Verticali se n'è fatte poche,... qui veniva messo tutto sego, partivano di qui, la bandiera era qua, cascavano...” (11)
Se le corse “alla lunga” hanno luogo - dopo la prima guerra mondiale - ancora lungo la via Massetana, quelle “alla tonda” si tengono in un campo sportivo, costruito, da Savino Allegri, dal barrocciaio Sandrino Lombardi e da Italo Calvelli, fra la stazione e la pineta di ponente, nei terreni dei Gemignani e dei Bicocchi, non lontano dall'albergo Roma: “Era un campo di campagna, che poi i vecchi cavallai ci fecero una pista”, a anello, di ottocento metri. I proprietari dei cavalli, che vengono iscritti alle gare, sono Alpino e Tranquillo Bargellini, Giuseppe Monciatti e altri, mentre tra i fantini è molto conosciuto lo scarlinese Amerigo Bracalini, custode del Genio Civile, che “ha vinto anche una corsa a Follonica” (12).
Le gare in bicicletta, nella seconda metà degli anni Venti, hanno luogo in un altro campo sportivo, tracciato sul terreno, dove ora sorge la scuola di via Buozzi. Fra i corridori più bravi un certo Messori, Sirio Magagnini, Bussotto Bussotti, Edmondo Manzo e Ughino Boschi. E poi Giulio Bianchi (Bracino) e il Muzzi (13).
Quanto al pubblico, “...la gente erano in quella maniera prima, poi venivano da questi paesetti di montagna, venivano a queste feste...” (14).
Mercerie e bestiame occupano ancora i “pratini”: “Le facevano lì alla chiesa, perché - ci dice Giordano Chiti - alla chiesa non c'erano punte case a quell'epoca, c'era solo la casetta del Castelli, del Bianconcini, e poi c'era la casetta del poro Quinto... E... un gran parco,... certi platani..., c'era un bel fresco, si stava bene d'incanto, e lì ci facevano la fiera del bestiame..., poi vendevano, sai, tutti i giochetti d ragazzi...” (15)
Carresi aggiunge: “...Vendevano tutto, le bestie che allevano i contadini, vendevano mucche, bovi, vitelli, poi chi vendeva i maiali, chi vendeva le galline, chi vendeva i paperi, tutto...” (16). La gente è tanta: “Al mi' poro babbo, che ci aveva una bottega lì accanto, gli veniva le galle alle mani, nelle dita colla coltella a affetta' il salame, la mortadella per fa' i panini” (17).
A volte, negli stessi giorni di maggio, ai “pratini” arivano i girovaghi dei circhi, e allora si preparano delle “disfide alla lotta” tra i forzuti del paese: quelli del tiro della fune, della “Forti e liberi (?”, come i fratelli Cardelloni, o il facchino Latino Paoli, e gli atleti e gli animali del circo (18