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A
Parigi, Verdi e Giuseppina Strepponi assistettero alle trasformazioni urbanistiche
che stavano avvenendo nella città, promosse da Napoleone III che
ne aveva dato incarico a Haussmann, (26) e che consistettero sostanzialmente
nello sventramento della città vecchia e nella creazione di nuovi
quartieri (Les Halles, gli Champs Elysées) e di grandi viali di
scorrimento (Bois de Boulogne, Bois de Vincennes).
In questo periodo, Verdi sottoscrisse
un contratto per una nuova partitura da approntare in occasione delle celebrazioni
della Esposition Universelle, con Néstor Roqueplan, direttore dell’Opéra
(al quale succedette, quando già la nuova opera verdiana era in
allestimento, Louis Crosnier).
Il testo gli venne fornito a Verdi
da Eugène Scribe – considerato il massimo librettista d’opera francese
dell’epoca – e Charles Duveyrier: quando Scribe gli sottopose Les
Vêpres Siciliennes, Verdi non seppe che si trattava del rimaneggiamento
di un libretto precedentemente preparato per Donizetti, che l’aveva a sua
volta musicato con il titolo di Le duc d’Alba. Il lavoro di Donizetti,
incompiuto, venne completato successivamente da Matteo Salvi e rappresentato
nel 1882.
Lo
stile dei Vêpres Siciliennes è quello nuovo e di gran
moda a Parigi del Grand-opéra, dominante in Francia a partire dal
1828. Rossini fu tra i primi ad adottare il nuovo genere, con il suo Guillaume
Tell del 1829; chi però, di fatto, aveva messo a punto il nuovo
stile era stato il tedesco Meyerbeer, della cui influenza l’opera verdiana
in parte risente.
I Vespri, Verdi non avrebbe
potuto scriverli se non ci fosse stato prima il Tell: non è
soltanto una questione di somiglianze esteriori: l’opera è tutta
pervasa di Rossini. La presenza d’un balletto così ampio più
che un omaggio al Grand-opéra è un vistoso riferimento rossiniano
[...] Ancora lo dichiarano immediatamente le lunghissime introduzioni orchestrali
all’inizio di ogni recitativo e delle arie, oltre che i preludi d’atto.
Grandi pagine sinfoniche. [...] In tutta l’opera c’è un senso drammaturgico
straordinario nell’individuazione del momento drammatico e del carattere
dei personaggi, espresso in modo inconfondibile [...] (27)
Durante la fase preparatoria della della
rappresentazione dell’opera a Parigi, Verdi ebbe alcune controversie soprattutto
con il librettista; il musicista era abituato a trattare con Solera o con
Piave, ai quali forniva indicazioni di massima relativamente al soggetto
dell’opera; Verdi chiamava "schizzi" queste sue annotazioni che riguardavano,
a volte, oltre al soggetto, la scenografia e la regia, intervenendo spesso
anche sulle parti già composte in versi per chiedere correzioni
o modifiche, cosa che non poté fare con Scribe, e che lo contrariò
non poco.
Mentre l’opera veniva allestita,
inoltre, sparì improvvisamente il soprano, Sophie Cruvelli:
Verdi tentò in questa occasione,
senza successo, di annullare il contratto con la "grand boutique": (28)
la cantante era fuggita con uno dei suoi spasimanti, e si ripresentò
alle prove in teatro con un mese di ritardo.
La prima esecuzione parigina, il
13 giugno 1855, ebbe un buon successo di pubblico e le repliche furono
cinquanta: sull’esito del lavoro così si espresse il 2 ottobre 1885
Berlioz (29) sul parigino "Journals des Débats":
L’enorme successo dei Vêpres
Siciliennes ha tutta l’aria di poter aumentare [...] Verdi si è
levato molto in alto in questo nuovo lavoro [...] Bisogna convenire che
nei Vêpres l’intensità penetrante dell’espressione
melodica, la varietà sontuosa, la sobrietà sapiente della
strumentazione, l’ampiezza, la poetica sonorità dei pezzi d’insieme,
il caldo colorito che si vede brillare dappertutto, e questa forza appassionata
ma lenta a manifestarsi che forma uno dei tratti caratteristici del genio
di Verdi, danno all’intero lavoro un’impronta di grandezza, una sorta di
maestà sovrana più marcata che nelle produzioni teatrali
precedenti dell’autore.
Verdi informò come sempre la
contessa Maffei:
Il giornalismo di qui è
stato conveniente o favorevole, se si eccettuino tre soli che sono italiani:
Fiorentino, Montazio e Scudo. I miei amici dicono: "Qual ingiustizia! Che
mondo infame!" Ma no... Il mondo è troppo stupido per essere infame.
In seguito, il libretto dell’opera venne
tradotto in italiano da Arnaldo Fusinato. I vespri siciliani, però,
per superare in Italia le obiezioni e le proibizioni della censura austriaca,
che non consentiva si rappresentasse un lavoro teatrale con un tale titolo
– che evidentemente i solerti funzionari austriaci consideravano poco meno
che sovversivo – cambiò nome e divenne Giovanna di Guzman.
Con questo titolo andò in
scena contemporaneamente nei teatri di Torino e di Parma il 26 dicembre
1855. Il libretto italiano fu nuovamente modificato nel 1861.
Dopo la proclamazione dell’Unità
d’Italia non ci furono più problemi di censura, almeno nei confronti
dei testi delle opere verdiane; di conseguenza, ambientazione e personaggi
vennero ripristinati e tornarono a essere quelli della stesura originale
francese. Infine, una successiva ripresa dei Vêpres a Parigi,
nel 1863, non riscosse molti plausi
Circa due anni trascorsero tra la
rappresentazione parigina dei Vêpres e la prima di Simon
Boccanegra alla Fenice di Venezia. Fu un lungo periodo di grande
affaticamento per Verdi, sofferente di mal di stomaco, un disturbo che
lo afflisse per tutta la vita: il musicista dovette, tra il 1855 e il 1857,
scrivere un’opera nuova, appunto il Simone, per Venezia, ma occuparsi
anche delle riprese di altri suoi lavori in diverse città, oltreché
di un processo per inadempienze intentato contro Calzado, l’impresario
del Théâtre Italien di Parigi, e di una decisa azione della
quale si fece promotore per tutelare i diritti degli autori per le rappresentazioni
delle loro opere teatrali.
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(26) George-Eugène Haussmann
(1809-91) fu l’urbanista francese che attuò, con la ristrutturazione
di Parigi (1853-69), la prima iniziativa europea per la pianificazione
di una città moderna.
(27) Angelo Foletto, Un
Verdi impegnato a tavolino, “la Repubblica”, 6 dicembre 1989. Si tratta
di risposte sollecitate al maestro Riccardo Muti dall'autore dell'articolo
citato in occasione dell'inaugurazione della stagione operistica 1989-90
del Teatro alla Scala di Milano, avvenuta con la messa in scena dei Vespri
siciliani di Verdi.
(28) Così Verdi aveva
soprannominato il teatro parigino dell'Opéra.
(29) Critico musicale e compositore
francese, Héctor Berlioz (1803-1869) ha scritto molta musica strumentale,
sinfonica e da camera, ouvertures, musica sinfonico-corale (Symphonie
fantastique, Roméo et Juliette, Grande Symphonie funèbre
et triomphale, Le carnaval romain, Le corsaire, La
damnation de Faust ecc.), opere teatrali (Les Troyens, Benvenuto
Cellini, Béatrice et Bénédict) con uno
stile personalissimo, notevolmente anticipatore rispetto ai tempi,
tale da far apprezzare la sua produzione artistica più ai posteri
che ai suoi contemporanei.
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