Questa manovra finanziaria "scontenta tutti" e la prova di cio' sta anche nel fatto che il centrodestra ha ormai "sei punti di vantaggio" sulla maggioranza. Cosi' Silvio Berlusconi, rientrando nella residenza-ufficio di via del Plebiscito, e' tornato a criticare la legge di bilancio varata dal Governo. "Questa finanziaria - ha attaccato il leader della CdL - ha deluso moltissimi e direi che ha scontentato tutti sia da una parte che dall'altra". "Ancora una volta - ha proseguito l'ex premier - la sinistra non ha capito che per sostenere la crescita bisogna diminuire la spesa pubblica e non aumentare le tasse".
Il governo, ha sottolineato, "fa esattamente il contrario di quello che dovrebbe fare". In ogni caso, ha aggiunto "piu' di meta' del Paese e' con noi, tanto e' vero che siamo sei punti avanti, almeno secondo i sondaggi" che pero', ha sottolineato, "sono quelli veri e non quelli del cartello dei sondaggisti di sinistra".
Silvio Berlusconi bolla come "invenzioni" giornalistiche le ricostruzioni in base alle quali la cena di Arcore con Bossi avrebbe provocato malumori in Alleanza Nazionale e nell' Udc. "Si e' trasformata una cena in un vertice" ha detto il leader della CdL rientrando a Roma. "Avevo parlato con Casini, con cui eravamo rimasti d'accordo di vederci questa settimana e sono in contatto continuo con An", ha aggiunto negando che vi siano contrasti con gli altri due partner della CdL. "Non e' che - ha sottolineato - se faccio una cena con qualcuno possiamo sempre esserci tutti". Interrogato sulla cautela con cui il partito di Pierferdinando Casini ha accolto la proposta di scendere in piazza contro la Finanziaria, Berlusconi si è limitato a rispondere: "i moderati non sono come la sinistra per cui la protesta di piazza è una cosa normale. Per noi non lo è. Tuttavia da tantissimi cittadini ci è giunta la richiesta di un atto collettivo di opposizione".
Silvio Berlusconi ritiene molto difficile modificare il testo della finanziaria ed annuncia una opposizione collettiva "su tutta la linea" ad iniziare dall'aula parlamentare per andare fino alle piazze.
Contro questa finanziaria, ha detto il leader della CdL, "facciamo una opposizione su tutta la linea, partendo dal Parlamento, ma poi puo' darsi che possa essere utile fare anche delle manifestazioni su singoli punti come le tasse, le imposte sulla successione, l'esproprio delle famiglie e il Tfr". "Poi - ha aggiunto l'ex premier - puo' darsi che sia anche utile una azione di protesta visibile che ci viene richiesta da molti cittadini che ci scrivono e ci chiamano". Alla domanda se il testo della manovra varato dal Governo sia modificabile in Parlamento, Berlusconi ha risposto: "E' molto difficile; noi abbiamo proposto tutta una serie di cose, ma e' una manovra che si ispira proprio a dei principi che sono opposti a quelli che noi abbiamo applicato durante il nostro Governo e che sembra essere finalizzata a distruggere tutto quello che abbiamo fatto in cinque anni di Governo".
Silvio Berlusconi e' pronto a cercare un dialogo con "parti della maggioranza" per modificare la legge Finanziaria, altrimenti da parte del centrodestra ci sara' una "opposizione inflessibile" in Parlamento e anche nelle piazze. Lo ha detto lo stesso leader di Forza Italia prima dell'inizio di una cena con i deputati e i senatori del suo partito in un albergo romano.
Berlusconi ha definito la manovra varata dal governo "conseguenza del decreto Visco-Bersani". "Noi - ha aggiunto - faremo una opposizione inflessibile". Tuttavia, ha proseguito, "cercheremo contatti con parlamentari della maggioranza che non sono d'accordo con quanto scritto nei vari decreti e con la Finanziaria". In ogni caso, ha aggiunto, "siamo gia' in contatto con organizzazioni come quelle degli artigiani che oggi hanno deliberato delle loro manifestazioni e probabilmente daremo vita a giornate specifiche su tematiche come il tax day. Poi - ha sottolineato - se continuera' questo atteggiamento di chiusura da parte del governo se necessario raccoglieremo anche la richiesta del nostro elettorato per una dimostrazione collettiva di opposizione". A chi gli ricorda i dubbi dell'Udc sull'ipotesi di scendere in piazza, Berlusconi ha precisato: "Ma noi prima ragioniamo e cerchiamo di colloquiare con la maggioranza: cercheremo accordi con parti della maggioranza per fare delle modifiche. Se poi tutto questo non e' possibile certamente porteremo l'opposizione in tutte le direzioni, che ovviamente resteranno democratiche".
Silvio Berlusconi conferma che "la prossima settimana" vedra' il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. "La data e' gia' stata fissata dalle rispettive segreterie; doveva essere questa settimana, ma per gli impegni di entrambi e' stata rinviata alla prossima settimana", ha spiegato Berlusconi.
'Si', mi aspettavo" che il centrosinistra "andasse sotto" sul ddl giustizia in Senato: cosi' Silvio Berlusconi ha commentato quanto avvenuto oggi a Palazzo Madama. "Ho parlato - ha aggiunto il leader della CdL - di implosione della maggioranza, che puo' essere su singoli punti, come e' successo oggi, o puo' essere un'implosione definitiva". Il Cavaliere ha quindi ribadito che i partiti come Ds e Margherita sono "ostaggio" dei "diktat" delle forze dell' estrema sinistra.
"Di solito si dice che dentro la sua maggioranza Prodi è ricattato dalla minoranza antagonista. A ben vedere è l'esatto opposto. A sinistra la maggioranza è antagonista. Solo la minoranza è riformista". Parte da una lettura tutta politica della manovra finanziaria il vice presidente della Camera, Giulio Tremonti che, in un'intervista a "Repubblica", definisce la legge di bilancio "cattiva ingegneria sociale". "La manovra è grande, è il disegno politico che è piccolo - spiega l'ex ministro dell'Economia -. Disperso in una sterminata, contraddittoria e quasi sempre banale serie di micro-interventi sulle scelte di vita e di consumo dei cittadini. Detrai la palestra, ma paghi il ticket al pronto soccorso. Dimenticavo che non ci sono le grandi riforme". La Cdl, annuncia Tremonti, darà battaglia in Parlamento e in piazza. Due i "test" per le modifiche della manovra in Parlamento: "eliminare il trasferimento forzoso del Tfr al bilancio pubblico" e rinunciare "alla controriforma delle pensioni". Poi, la piazza. "Se c'è una cosa di cui non si deve mai avere paura - intima Tremonti - è il popolo".
Nell'aula di Montecitorio Antonio Martino attacca frontalmente il ministro Padoa Schioppa. "Non ho mai sentito dire da un economista che si puo' promuovere lo sviluppo aumentando la tassazione. Si vergogni, signor ministro".
"Mi ha stupito ascoltare le cose che ha detto: lei ha parlato di una zona pericolosa dei conti pubblici: ci saremmo aspettati maggiore precisione. E poi - ha aggiunto Martino - lei doveva riconoscere che l'attuale boom delle entrate e' dovuto alla politica del governo Berlusconi".
"E' la dimostrazione di quello che abbiamo sempre detto. E cioe' che questo governo ha alle sue spalle una sorta di armata Brancaleone, che passa meta' del suo tempo a infilare una picca nella schiena del vicino. D'altra parte non ci si potrebbe aspettare cosa diversa da una maggioranza che va dai trotzkisti di Malabarba fino ai democristiani moderati come Marini". Lo afferma il vice coordinatore nazionale di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, commentando lo scontro nella maggioranza tra Mastella e Di Pietro dopo il voto di ieri al Senato che ha visto soccombere la maggioranza a causa dell'astensione dell'Idv. "Il punto vero pero' e' un altro - prosegue l'esponente azzurro - e cioe' che la Finanziaria di questo governo e' stata tutta contrattata da Prodi con l'estrema sinistra e Padoa Schioppa non si e' vergognato a metterci la sua copertura falsamente tecnica. E che per altro verso c'e' una componente assolutamente inquietante quale quella dell'Italia dei Valori, che non si capisce bene a chi risponda".
La popolarità del governo deve essere davvero in caduta libera se perfino Mannheimer sul Corriere della Sera è arrivato a lanciare l'allarme rosso sul calo di consensi e, in particolare, sulla crescente insoddisfazione degli elettori che ad aprile hanno votato per l'Unione. Quanto poi alla fascia degli eterni indecisi, anche in questo caso la bilancia sta pendendo sempre più dalla parte della CdL. Ma non è solo Mannheimer a mettere in guardia Prodi: anche Europa, il quotidiano della Margherita, è arrivato alle stesse conclusioni mettendo in evidenza come il centrodestra abbia finora avuto buon gioco a dipingere la Finanziaria come una manovra da "bagno di sangue", e di fronte al quale la maggioranza ha potuto replicare solo con messaggi non convincenti, deboli e tutti "in difesa".
Capovolgere una simile percezione non sarà semplice per il centrosinistra, visto che per l'opinione pubblica è molto complicato capire l'entità delle misure economiche e quindi darne una valutazione autonoma; quello che conta è il primo impatto mediatico, che questa volta è stato devastante.
La presentazione della Finanziaria costituisce sempre un periodo a rischio per chi governa, ma l'esecutivo sconta anche i madornali errori compiuti dal premier sulla vicenda Telecom, l'incertezza sulle pensioni e la manifesta sudditanza alla Cgil e alla sinistra radicale.
Se il mese di settembre è stato disastroso per il governo, ottobre non è certo iniziato meglio, con la maggioranza che è andata a picco al Senato sulla riforma della giustizia aprendo un clamoroso caso-Di Pietro. L'opposizione, a questo punto, ha il dovere di ricompattarsi e di valutare con prudenza il momento giusto per scendere in piazza, anche perché la maggioranza non è mai stata così in difficoltà, come dimostra anche la sortita di stamani del quotidiano della Margherita Europa, che titola sul ritiro di Berlusconi e sul via libera a Fini come candidato premier per le elezioni del 2011.
Una mossa studiata per distrarre l'attenzione dai tanti guai di Prodi, per mettere zizzania nella Casa delle Libertà e convincere Casini a proseguire nella sua marcia di allontanamento dal centrodestra.
Era il fiore all'occhiello del governo Prodi. Esibito quale garanzia di competenza e rigore, agli occhi dei mercati e di quella metà degli italiani che dalla sinistra al governo si aspettava, legittimamente, il peggio.
C'era anzi chi riteneva che Prodi avesse commesso una fatale imprudenza arruolando, come ministro dell'Economia, un professore di gran nome e destituito di senso politico. Destinato, di conseguenza, a scontrarsi con le sinistre lunatiche così largamente rappresentate nella compagine ministeriale anche a costo di dimettersi e lasciare il Prodi in braghe di tela.
Aspettative destituite di fondamento. Alla prova della Finanziaria, Tommaso Padoa Schioppa si è rivelato per quel che era: un bluff. Pecora del gregge ministeriale, rivestita d'una pelle di leone.
Lo stesso uomo che in agosto si atteggiava a riformatore, esibendo le tavole bronzee della sua legge, il 3 ottobre ha presentato alla Camera una Finanziaria svergognata, scritta sotto dettatura della Cgil e accompagnata da sarcasmi degni di una guardia rossa per i "piagnistei dei ricchi".
L'impegno riformatore di agosto, doveva concretarsi in una "forte correzione di bilancio dal lato della spesa, riformando i quattro grandi comparti dai quali essa scaturisce: funzioni dello Stato centrale, rapporti tra questo e i governi locali, previdenza, sanità". Nulla di tutto questo è presente nella Finanziaria. Dei fieri annunci di agosto non resta che l'auspicio di un "seme" di riforme rinviate a un futuribile indefinito.
La delusione della componente imprenditoriale più ostinata nella speranza di convertire l'eterna sinistra delle tasse alle ragioni di una politica liberale di sviluppo, è tangibile e ben documentata nei commenti critici del Sole 24 ore.
Gli interventi di Riccardo Illy, imprenditore e presidente ulivista del Friuli, aggiungono alla critica pennellate di autentico sconforto: "Che fine hanno fatto le riforme? Non ce n'è traccia. Con questa manovra perdiamo il Nord. In campagna elettorale avevamo promesso che non avremmo aumentato le tasse. Invece...Se Berlusconi tornasse oggi a Vicenza per incontrarsi con gli imprenditori non verrebbe applaudito. Lo porterebbero in trionfo".
Inconsapevole del disastro da lui firmato, Padoa Schioppa lo rimira come se fosse un capolavoro. Frutto della sua superiore moralità di tecnico capace di "fare i conti con la realtà". E' l'atto di fede del perfetto politicante, recitato dal professore "enbadded" con la sinistra più becera e conservatrice. Voleva cambiare la sinistra e la sinistra ha cambiato lui. Quanto facilmente.
C'è un motivo se oggi Europa, quotidiano della Margherita, indica già il successore di Berlusconi e cioè Fini; ed il motivo è già nel titolo e cioè dare l'idea che il futuro della Casa delle Libertà è solo la destra. E' il tentativo, peraltro maldestro, di accreditare la solita idea della impresentabilità del nostro schieramento agli occhi del ceto medio e tutto ciò proprio mentre i moderati rifuggono dalla sinistra a seguito di una Finanziaria. Morale della favola: proprio nel momento in cui i Riformisti e i moderati sono più in sofferenza a sinistra, la Margherita vorrebbe dimostrare che nel futuro i moderati non potranno mai confluire nel centrodestra perché il centro sparirà e rimarrà solo la destra.
Un gioco un po' stupido e un po' sporco poiché la componente elettorale centrista nella CdL alle ultime politiche ha superato il 30% e rappresenta i due terzi della coalizione e perché i sondaggi la danno ancora in crescita.
E qui arriviamo al secondo motivo dell'articolo di Europa: il tentativo di sparigliare i moderati della CdL, di fare una captatio nei confronti di Casini tentando di spiegare a quest'ultimo che per lui appresso a Berlusconi non c'è futuro perché il futuro è Fini. Casini ha mille tentazioni ma è troppo furbo per non capire che se la sua fine ci sarà essa arriverà quando lui dovesse cambiare campo e andare in quell'area politica affollata di ambizioni e popolata di 50enni e 40enni ansiosi di prenderne la leadership e che possono vantare una militanza di servizio da eccepire a chi potrebbe essere ben tacciato come l'ultimo arrivato. Un giochino quello di oggi che rende un po' meno credibile e serio il giornale della Margherita che, per converso pare non essersi accorto della guerra senza quartiere e della resa dei conti all'interno dei DL.
A 24 ore dall'informativa sul caso Telecom che Romano Prodi dovrà fare al Senato, esplode una nuova bomba, questa volta - se possibile - ancor più fragorosa. Dopo essersi limitato a parlare al Consiglio d'amministrazione Telecom e a Confindustria, Marco Tronchetti Provera affida al Financial Times la sua verità. Ed è una verità che mette in pesantissima difficoltà il presidente del Consiglio proprio in vista del suo intervento al Senato. Questo perché, per la prima volta, dovrà rispondere di accuse specifiche mossegli da Tronchetti Provera e sarà la parola di uno contro la parola di un altro, con il non trascurabile peso che hanno avuto in questa vicenda i rozzi e suicidi comportamenti di palazzo Chigi.
Tronchetti Provera ha dichiarato di aver informato il presidente del Consiglio che Telecom Italia «aveva bisogno di flessibilità sugli asset, che c'era la possibilità di vendere parte della rete fissa, parte di Tim, parte di qualcosa. "Spiegai al primo ministro - prosegue Tronchetti Provera - che avevamo bisogno di essere liberi. Tim fu menzionata chiaramente, non c'è dubbio". Poi, dopo l'ufficializzazione dell'operazione, palazzo Chigi diede una sterzata improvvisa. «Stavamo preparando un roadshow - spiega Tronchetti Provera al Ft - ma il giorno dopo c'è stata la reazione inaspettata del governo… Ho provato a contattare il primo ministro per chiedergli cosa stava accadendo». Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con Tronchetti Provera "stupito" dal fatto che in un comunicato ufficiale della presidenza del Consiglio siano stati riferiti i contenuti riservati di alcuni suoi colloqui con Prodi: "Non ho mai visto niente del genere in vita mia… Non penso che una società come Telecom Italia possa portare avanti il proprio business senza un atteggiamento almeno neutrale da parte del governo".
Adesso la parola passa a Prodi, che non parlerà ad un quotidiano ma davanti al Senato. E almeno lì, si spera, dovrà dire una parola di verità.
"O Prodi ricorda al ministro Di Pietro che anche lui fa parte della maggioranza e lo convince a votare la riforma dell'ordinamento giudiziario, cosi' come concordato con gli alleati, oppure saremo noi Udeur a prendere atto che la maggioranza non esiste piu' e ne trarremo le debite conseguenze".
E' quanto si legge in una nota dell'Ufficio politico dei Popolari-Udeur che si e' riunito al gruppo parlamentare della Camera. La riunione, presente il ministro della Giustizia e leader del Campanile Clemente Mastella si e' resa necessaria dopo lo 'scivolone' della maggioranza al Senato sulla riforma dell'ordinamento giudiziario.
"Mi sono rotto i c....di Di Pietro. La mia pazienza e' finita". Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, e' infuriato nei confronti del leader dell'Italia dei Valori per l'astensione al voto sul ddl di sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario. Il guardasigilli alterna appellativi pesanti a citazioni in latino: 'Quo usque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?'. La mia pazienza e' finita'. Mastella da' una lettura politica all'astensione dei senatori dell'IDV: "questo e' un attacco a freddo. Gia' e' una fatica enorme tenere insieme la maggioranza. Non e' ne' umanamente ne' moralmente possibile accettare una cosa del genere". Per il leader dell'Udeur, Di Pietro dovra' chiarire con il presidente del Consiglio oppure "tutti i provvedimenti che porta Di Pietro in Aula sono morti, perche' noi non li votiamo". Mastella torna quindi a minacciare una mozione di sfiducia nei confronti del ministro delle infrastrutture".