Gli Amici del gatto del Cheshire
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Zen lento...

 

.... ha scritto il diario
di una nostra bella gita
nata per caso

Pennabilli è magica
e il nostro viaggio
si è trasformato in
una magia.

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In Viaggio con Alice (IV)

 

"Ha uno sguardo dolce, ma fiero. Nell'insieme un atteggiamento di contenuta soddisfazione per il compito che l'attende. Guarda Alice e indica una stradina che si insinua tra due bassi edifici diroccati . Ci voltiamo, osserviamo compiaciuti le colline che abbiamo appena attraversato e osserviamo l' edificio rurale recente che stona con l'ambiente; ha il fienile colmo di rulli di fieno. Come avranno fatto a rotolare fin lì in salita e chi li avrà impilati a quell'altezza fino al tetto? . Un letamaio imponente ci avvisa di una stalla forse nascosta, ma niente muggiti, niente voci. Solo una brezza fresca. E odori quasi dimenticati: dolci, appena tenui, mai aspri. Anche l'odor di stallatico ha una vena densa e calda che tempra la brezza.

Lui è lì , all'imbocco della stradina e ci fa un muto cenno di seguirlo. E lo seguiamo passando tra i due edifici diroccati, imboccando una mulattiera di pietre sconnesse. Ogni tanto ci fermiamo a osservare le case abbandonate, le finestre ,anch'esse mute, ci spiano quasi con un vuoto orrore, noi i soli intrusi. Alice si lamenta, non le piacciono le salite, paventa un'asma immaginaria, ma che ogni tanto l'assale; il luogo è bello ma le sembra abbandonato, senza sorprese.
Lui aspetta. "Ma dove ci porta …?" mormora Alice sottovoce. Lui paziente aspetta, attende e poi ci guida.
Non c'è anima viva, ma proseguendo il cammino tutto ci pare denso e popolato. Incuriositi dalla sua serenità e dal calmo procedere ci accodiamo: ci conduce sulla rocca, lasciandoci il tempo per abbracciare il panorama appena velato dalla foschia; dominiamo l'intera vallata da quel pianoro. Poi silenzioso riprende il cammino e ci guida attorno al piccolo maniero, indicando con occhi un po' umidi, in cenno d'intesa, gli scorci migliori. Infine torna sui suoi passi ,verso di noi, invitandoci con lo sguardo
ad invertire il cammino. Noi ,sempre zitti, siamo affascinati da quella disponibilità non richiesta, attratti dalla sua gentilezza piena di garbo Ad un incrocio con una mulattiera che non avevamo scorto, imbocca una stradina ripida e stretta che scende , indugia qualche metro più in giù. Ancora quattro salti, scende e invita proprio Alice a non titubare. Lei si vede bene che è timorosa ad affrontare quelle pietre grossolane che accennano a ripidi gradini. Lo seguo, precedendo a mia volta la piccola.
"Aspettami ! Aiutami papà… non ce la faccio… ho paura !"
Le tendo la mano e superata l'incertezza in qualche goffo salto riprendiamo assieme la via.

Case con vetri serrati, i chiusi spalancati. Piccoli balconi di legno, fiori alle finestre e sulle balaustre, una specie di gazebo spoglio. Questa parte della rocca è abitata, ma nessuna voce si fa incontro, nessun suono, solo la brezza ci viene incontro. Tutti edifici sono di antica pietra ben accomodata e percorrendo la stretta stradina, in cui ci muoviamo appaiati giusto in due, ogni tanto le case scompaiono come d'incanto, lasciandoci vedere squarci di campagna. Qualche edificio più basso sottolinea col profilo del tetto l'orizzonte di una porzione di valle e là , di fronte a noi, ci pare d'un tratto di scorgere in lontananza, nell' aria ora appena soleggiata, la bianca e quasi familiare macchia di case di Pennabilli

Ancora qualche passo in discesa sull' acciottolato, via via più curato; e il nostro amico si ferma a lato di un piccolo slargo su cui si affaccia una bella casa, ristrutturata nel rispetto dei luoghi. Sentiamo una musica provenire dalla casa, ma il quieto accompagnatore sembra non avvedersene; accenna due gradini più sotto la piazzetta e indica quello che presumibilmente è un suo grande amico; poi si allontana ancora più giù. Si ferma ad attenderci all'inizio di una strada bianca, di terra battuta , affiancata da alti cipressi che svettano verso la valle. Forse il viale di un cimitero. Lui attende che noi facciamo conoscenza.
Lì, sotto i due gradini verso cui la piazzetta inclina, un micio dagli occhi azzurro cielo chiarissimi, piccolo gomitolo morbido di un caldo color grigio tempera come un maglione natalizio, si avvicina ai nostri piedi, ronfando forte di incontenibile contentezza, rigonfio di gioia evidente.

Alice non resiste, lo raccoglie e lo accoglie tra le braccia stupita e felice. Lo accarezza continuamente, me lo porge in mano. "E' bellissimo, è bellissimo ! Sembra aspettasse solo noi. Ma come faceva a sapere che mi piacciono i gatti ? Vuole fare amicizia, senti come è contento! Guarda gli occhi, guarda gli occhi … e come è morbido …. Vuole giocare con noi."
Io guardo a valle verso il nostro anfitrione, per ringraziarlo; ma lui defilato ora si accompagna a un vecchio cane spelacchiato, di pelo giallo come Aquilante, il cavallo di Brancaleone; camminano fianco a fianco quasi chiacchierassero. Forse lo fanno, da lontano non scorgo bene. Procedono lungo la strada bianca. Ogni tanto si fermano e girano il capo verso di noi; controllano cosa facciamo e intanto lentamente guadagnano la meta, sicuri che li raggiungeremo. Intanto conversano.

Ma è apparso un altro gatto, più grosso , forse un po' invidioso delle carezze elargite suo simile. Reclama la sua dose di affettuosità. Tenta di avvicinarsi intimorito e il gomitolo grigio salta a terra dalle nostre braccia per delimitare la zona. Mi gira intorno ai piedi avvolgendomi con la coda una, due, tre, più volte; tante che ,quasi ubriaco nel seguire queste manifestazioni d'affetto circolare, perdo l'equilibrio e con una mossa falsa gli pesto forse una zampa. Urla del gatto quasi inviperito, grido sgomento di Alice. "Non gli ho fatto nulla !??" , grido anch'io sobbalzando a mia volta e osservando timoroso la zampetta che la bestiola un metro da me tiene sollevata e immobile, quasi volesse evidenziare uno stato di perentoria accusa verso la mia goffaggine.

"Gli hai pestato la zampa!… poverino …, guarda come la tiene ! … amore mio ! … non è niente, vieni ti acca-rezzo… non avere paura !" Alice è preoccupata. Ma quello se ne va, sano e ben risoluto a inseguire il suo com-pagno di giochi e di invidie, passando d'un salto l'inferriata di uno stretto cancelletto che dà sullo spiazzo. Al di là della cinta, in un giardino sfiorito e abbandonato, si inseguono tra rovi e alte erbacce e giocano in balzi scattanti.

Anche noi ce ne andiamo senza rimpianti, contenti per la zampa intatta. Ormai lontano, il nostro amico ci attende, confabulando sempre col cane giallo, ma decidiamo di non seguirlo e lo salutiamo festosi con ampi gesti d'intesa.

Decidiamo di ripartire per un altro paese e infiliamo una strada che snodandosi ai piedi del paesino sembra poterci ricondurre alla macchina più in alto. Guardiamo la campagna aperta sotto di noi , respiriamo ostentatamente il profumo secco di legna bruciata che ci riavvolge all'improvviso: anche Alice adesso lo riconosce. Intorno a noi una folla di sensazioni : di gente che non c'è, di rumori inesistenti, di totale leggerezza. Nessun rimpianto per non aver incontrato uomini. Già tanti rimpianti per dover incontrare qualcuno i prossimi giorni.

Ecco la macchina, non troppo distante da noi, ed ecco, poco prima di quella, riapparire il nostro anfitrione. Ci aspetta ancora, sguardo aperto e placido, la testa come sempre rivolta a noi e il corpo nella direzione a cui vuole condurci, quasi sussurrasse : "Se quella strada non vi andava bene ne ho ben un'altra, seguitemi !" Noi lo seguiamo contenti, in effetti non ci va di ripartire subito. Lo raggiungiamo ricambiando nel frattempo i saluti di una coppia che, posteggiata la loro macchina in fianco alla nostra, scarica dal portabagagli con tranquilla indolenza ogni sorta di attrezzi e arnesi per sistemare la seconda casa.

Le mani in tasca, proseguiamo chiacchierando lungo la carreggiata asfaltata, guidati verso una riva di alberi dall'altra parte del borgo, verso il monte, costeggiando una valletta secondaria. I pensieri si fanno chiari e limpidi, la serenità ci accoglie materna; chiacchieriamo alla buona di tutto

Da una porticina che da su un' aia ristretta emerge una vecchina come non se ne vedono che al cinema, bassa , molto bassina , con scialle e fazzoletto in testa. Dall'esterno della casa, sbirciando il buio dell'uscio, si scorge appena oltre la soglia una sedia, lasciata per contemplare le ore in silenzio e accomodata per rimirare dalla casa la rocca e la valle alle nostre spalle. Sullo schienale si intravede uno scialle, forse una maglia per agugliare. Un avamposto riparato, per attendere il tempo e osservare cosa succede a quelle pietre e al mondo che mutano lentamente.

Ha un viso cordiale la signora e un sorriso lieto. Ci fermiamo. Il nostro amico, che ci precede sempre, si arresta pazientemente in attesa. "Buonasera !" e indicando con la mano "Scusi, signora….ma lei lo conosce ? E' da quando siamo arrivati che ci guida per il paese. Ma fa così con tutti ?" , "Chi ?" e girandosi vero il nostro accompagnatore "… Buck ? Ah !… è bravo, è tanto bravo, è un buon cagnone; è dei vicini ,quelli che commerciano in fieno e letame. E' proprio un buon cagnone!".

"Buck !, Vieni qui ! …Buck !" chiama Alice, e lui docile accorre a farsi accarezzare la testa e la schiena con la festosa e composta allegria. Poi si rimette avanti a noi e ci guida nuovamente. La riva d'alberi si avvicina in un baleno, Buck si inoltra attento su una pista umida,, odor di selvaggina, e sparisce alla nostra vista verso le schioppettate che di tanto in tanto lontane udiamo provenire da quella direzione.

"Papà hai visto che bravo ? Ci ha guidato lui ! Sapeva cosa desideravamo e non si è mai spazientito. Perché non veniamo ad abitare qui ? E' bello, non c'è traffico e si sta bene. Respiro bene. Come vorrei un cane….". Antiche ferite, Alice mia…

Le spiego che i cani da caccia, e Buck certamente un po' lo è, sono i più docili e intelligenti se solo sono lasciati in libertà e non costretti a ringhiare e guaire di fame alla catena prima della stagione di caccia. Precedono sempre il padrone, lo aiutano, intuiscono da pochi cenni ciò che lui vuole, ricambiano il suo affetto e la sua premura. Non bisognerebbe mai girare la campagna da soli, ma sempre con un buon amico come Buck che guida e capisce ciò che a noi spesso è oscuro o incomprensibile. Liberi entrambi. Ma legati dal filo sottile dell'intesa. E così conversando si torna alla macchina. Buck è scomparso, immerso in chissà quali piste di odori , naso attento a terra , fendendo erba e felci.

Ci attardiamo volutamente nel risalire in macchina, sperando di poterlo salutare. Quando i nostri sguardi si incrociano ormai rassegnati, eccolo !
Una affettuosa , grata e lunga carezza e poi via, sotto il suo sguardo attento.

 

segue...