.....


Lunghi mesi, per Verdi, seguirono all’insuccesso e furono per lui molto penosi. Non riuscì a superare scoraggiamento e depressione: nulla, pareva, avrebbe potuto distogliere il musicista dal suo solitario dolore. 

Una sorta di abulia gli impediva di mangiare, di cercare il conforto e la compagnia degli amici, perfino di lavorare. In questo stato d’animo, come avrebbe affrontato il prossimo impegno che l’attendeva e che gli derivava dal contratto sottoscritto con Merelli? Un nuovo libretto, infatti, gli era stato proposto, dal titolo Il proscritto, ma Verdi per lungo tempo non vi mise mano. 

Ma nuove circostanze avrebbero contribuito a risollevare lo spirito del musicista da una situazione per lui tanto angosciante. 

Merelli aveva affidato un libretto di Temistocle Solera, riguardante la storia del re babilonese Nabucodonosor, al musicista tedesco Nicolai, il quale tuttavia non aveva accettato di musicarlo. L’impresario pensò allora di attuare uno scambio tra i soggetti destinati ai due musicisti: diede a Nicolai il libretto del Proscritto e si incontrò quindi con Verdi. Secondo quanto riferirà lo stesso Verdi, Merelli gli disse:

Ecco qui il libretto di Solera! Un così bell’argomento, e rifiutarlo! [...] Prendi, leggilo [...] e poi me lo riporterai.  Prosegue il musicista:  Rincasai e con un gesto quasi violento gettai il manoscritto sul tavolo, fermandomici ritto in piedi davanti. Il fascicolo cadendo sul tavolo stesso si era aperto: senza sapere come i miei occhi fissano la pagina che stava a me innanzi e mi si affaccia questo verso: "Va pensiero sull’ali dorate". Scorro i versi seguenti e ne ricevo una grande impressione [...] Leggo un brano, ne leggo due: poi, fermo nel proposito di non scrivere, faccio forza a me stesso, chiudo il fascicolo e me ne vado a letto! [...] Il sonno non veniva; mi alzo e leggo il libretto, non una volta, ma due, ma tre, tanto che al mattino si può dire che io sapevo a memoria il libretto di Solera. Verdi si entusiasmò per quelli che gli parvero i due pregi più rilevanti del soggetto, ossia la bellezza della storia narrata e la grandiosità di alcune scene. Ben presto la decisione fu presa e il musicista iniziò alacremente a mettere in musica le vicende di Nabucco

Com’era già accaduto per Oberto, Verdi ebbe l’appoggio efficace e prezioso di Giuseppina Strepponi, che avrebbe interpretato nella nuova opera il ruolo femminile principale, quello di Abigaille, ruolo che, richiedendo tra l’altro notevole temperamento drammatico, la cantante considerò particolarmente congeniale ai suoi mezzi vocali, quasi fosse stato progettato su misura per le sue caratteristiche tecniche ed espressive.

Qualche controversia sorse con Merelli circa la data di rappresentazione dell’opera. L’impresario intendeva infatti diluire le spese di gestione della stagione scaligera, procrastinando la messa in scena di Nabucco e spostando di conseguenza la "prima" dal marzo 1842 all’inizio dell’anno successivo. Dopo reiterate insistenze e accese discussioni con l’impresario, Verdi ottenne infine la riconferma della data originaria; Merelli, dal canto suo, gli annunciò che, per contenere le spese, avrebbe utilizzato per l’opera costumi e scenari "di seconda mano", provenienti cioè da altri allestimenti teatrali.

Le prove iniziarono nella seconda metà di febbraio. Si instaurò subito nel teatro, tra professori d’orchestra e cantanti, un clima di tensione, di attiva partecipazione e di straordinario impegno; la prima esecuzione, che ebbe luogo il 9 marzo 1842, riscosse grande successo, fu un vero e proprio trionfo. Verdi stesso ne fu entusiasmato:

Con quest’opera si può veramente dire che ebbe principio la mia carriera artistica: e se dovetti lottare contro tante contrarietà è certo però che il Nabucco nacque sotto una stella favorevole giacché anche tutto ciò che poteva riuscire male contribuì invece in senso favorevole [...] costumi raffazzonati alla meglio riescono splendidi! Scene vecchie, riaccomodate, sortono invece un effetto straordinario [...]. La prima scena del tempio in specie produce un effetto così grande, che gli applausi del pubblico durano dieci minuti! Si rafforzano, in Nabucco, alcune delle peculiarità già fuggevolmente delineate in Oberto e che avrebbero in seguito contraddistinto e caratterizzato l’opera del maestro: una tensione drammatica che scaturisce da profonda connessione e compenetrazione fra il testo e la sua espressione musicale, attraverso le quali Verdi realizza una perfetta sintesi espressiva; l’utilizzazione del coro in ruoli di primo piano, con funzioni narrative fortemente accentuate. 

Inoltre, la sinfonia che introduce l’opera racchiude in sé i principali temi musicali che, nello svolgimento della vicenda teatrale, ne rappresenteranno i punti salienti che puntualizzeranno il percorso narrativo. Si rilevano peraltro, nell’opera, momenti imitativi di autori all’epoca già noti e stimati dal pubblico dei teatri di tutta Italia, come Bellini e Donizetti; tuttavia la personalità di Verdi acquista una maggiore consistenza e originalità. 

Lo straordinario successo di Nabucco (8) rappresentò anche l’inizio della progressiva, crescente celebrità di Verdi. Il pubblico si impossessò immediatamente dei brani più orecchiabili, li diffuse e ne decretò la popolarità. Ma c’è, nella nuova opera, un altro elemento che, senza dubbio – e molto probabilmente senza che il musicista stesso l’avesse scientemente evocato – contribuì in modo determinante a convogliare verso Verdi simpatie e favori del pubblico. Il reale protagonista di Nabucco è, infatti, il popolo ebreo che esprime, con il suo canto, la nostalgia per la patria perduta e il dolore per l’oppressione a cui era sottoposto a causa della schiavitù impostagli da un oppressore straniero.

Ebbene, nelle vicende narrate nell’opera, e soprattutto in quei "clivi" e "colli" invocati dal coro nel "Va pensiero", chi assistette all’opera di Verdi individuò le proprie terre, i propri luoghi conquistati e dominati da popoli stranieri; la gente di Milano riconobbe se stessa, sottomessa al giogo austriaco. E tutto ciò in un periodo già fortemente segnato da accese aspirazioni all’indipendenza nazionale.

Ciò che emerge, dopo l’esperienza di Nabucco

sono i sentimenti elementari del Risorgimento che trasposti in un’allegoria di immediata risonanza popolare diventano dialettica di valori morali [...] È il procedimento che, con i più diversi contenuti, si ritrova in tutto Verdi fino all’Aida compresa e che fa delle sue opere il solo fatto socialmente unitario che l’arte italiana dell’Ottocento abbia conosciuto, il solo in cui il quarto stato abbia fatto sentire la sua voce senza complessi di inferiorità. (9) Verdi rappresentò in tal modo, e fu di fatto l’interprete, della prima fase del nascente Risorgimento italiano, e il coro del Nabucco divenne il simbolo di una patria ridotta in schiavitù, ma attraversata da una potente volontà unitaria di liberazione.

Oltre alla popolarità, e al traguardo artistico raggiunto dal compositore, altri aspetti furono gratificanti per Verdi: Nabucco venne incluso nel cartellone scaligero del 1843, in apertura di stagione e se ne realizzarono ben 57 repliche. Per la ripresa dell’opera Merelli gli propose un contratto nel quale la cifra del compenso non venne precisata: fu indicata dallo stesso Verdi, dopo che questi ebbe chiesto consiglio a Giuseppina Strepponi – con la quale il rapporto di amicizia e stima si era nel frattempo fatto sempre più stretto – in 8000 lire austriache, che corrispondevano a quanto percepito da Bellini, peraltro già famoso, per la sua Norma.

Dopo Nabucco, inoltre, Verdi fu ospite contesissimo di parecchie famiglie dell’aristocrazia milanese, oltre che degli editori Ricordi e Lucca. Fu accolto nel salotto della contessa Maffei, come in quelli delle contesse Appiani, Marignano, Emilia Morosini e di sua figlia Giuseppina, futura contessa Negroni Prati. (10)

Il musicista instaurò in tal modo una serie di rapporti che si tramutarono anche in profonde amicizie che avrebbe coltivato, anche epistolarmente, per lungo tempo, in alcuni casi – come in quello con la contessa Maffei – per tutta la vita. 

L’eco dell’accoglienza riservata a Nabucco giunse rapidamente anche ad altri teatri: entro breve tempo la direzione della Fenice gli chiese di comporre un’opera per Venezia, invito che il musicista accolse con entusiasmo.

Infine, dopo Nabucco, Verdi fece una breve apparizione a Busseto, dove fu letteralmente osannato.

Andò pure a Bologna per assistere a una esecuzione dello Stabat Mater di Rossini diretto da Gaetano Donizetti. In tale occasione conobbe il musicista pesarese, e su questo incontro scrisse alla contessa Emilia Morosini:

[...] Sono stato a visitare Rossini il quale mi ha accolto assai gentilmente e l’accoglienza mi è parsa sincera. Comunque sia, io ne sono stato contentissimo. Quando penso che Rossini è la reputazione vivente, io mi ammazzerei e con me tutti gli imbecilli... Oh, è una gran cosa essere Rossini! (11)
____________________

(8)  L'opera venne stampata da Ricordi con questa dedica: “Posto in musica e umilmente dedicato a S.A.I. la serenissima Arciduchessa Adelaide d'Austria, il 31 marzo 1842, da Giuseppe Verdi”. Il musicista ricevette da Ricordi un compenso di 3000 lire austriache.
(9)  F. D'Amico, “I casi della musica - Verdi e il quarto stato”, in L'opera italiana; riportato in R. Tedeschi, “Verdi. Risorgimento e decadenza”, in Storia d'Italia, Einaudi, Torino 1973.
(10)   Nei “salotti” milanesi dell'epoca, vere e proprie “fucine culturali” più che luoghi d'incontro mondani, si riunivano spesso letterati, pittori, scultori, musicisti e, specie in quello della Maffei, alcuni patrioti italiani, impegnati nelle nascenti società segrete - come la “Giovane Italia” di Mazzini - che cospiravano in favore della liberazione e dell'unità d'Italia. 
(11)  In tempi successivi, pare che anche Rossini, con quel particolare senso dell'umorismo che lo contraddistingueva, abbia espresso un giudizio su Verdi, definendolo “compositore con l'elmetto”; alludeva probabilmente al copricapo dei numerosi guerrieri spesso presenti nelle opere di Verdi e a una certa qual “rudezza” sonora da lui rilevata nei lavori verdiani. A proposito di una partitura di Verdi (pare si trattasse di quella dell’opera Attila) Rossini disse: “Se non mi fosse stato noto il nome del compositore, avrei scommesso che si trattasse di un colonnello di artiglieria”.
____________________

Stai ascoltando l'Ouverture dal Nabucco



.