E' bastato che Berlusconi desse il via libera a sondare gli scontenti della maggioranza per realizzare emendamenti condivisi sulla Finanziaria, per mettere in crisi l'arrogante sicurezza con cui Prodi aveva annunciato il varo della legge.
L'iniziativa del leader della CdL, ha creato aspettative tra i Riformisti di maggioranza che da giorni chiedevano a Forza Italia una convergenza sui contenuti "inaccettabili" di questa manovra targata Rifondazione e marchiata dal Sindacato, Cgil in testa.
La mossa di Berlusconi è stata accompagnata da due eventi che aggravano la non felice fase di Prodi: la rivolta dei sindaci diessini e il "processo" subito ieri in Assolombarda da Luca Cordero di Montezemolo. Il Presidente di Confindustria è stato chiamato ad una riunione d'emergenza che si è conclusa con una sua virtuale capitolazione tanto da definire il provvedimento sul Tfr: "sbagliato e ingiusto".
Ai più non sfugge la circostanza che a muoversi stavolta è stato il vertice della più grande associazione industriale italiana, pronto ad una battaglia frontale con il governo che, con il suo esproprio colpisce soprattutto le piccole e medie imprese. Non era forse lo spirito di rivolta che aveva ispirato il monito di Silvio Berlusconi a Vicenza?
Prodi ieri si è preoccupato per la levata di scudi dei Sindaci di sinistra che lo hanno costretto ad una vera e propria retromarcia.
Infine Mastella e lo scenario del Senato che resta il fronte più caldo della maggioranza. Le esagerazioni di Di Pietro hanno autorizzato il ministro della Giustizia ad una operazione di "intelligenza con il nemico". L'opposizione ha fatto la sua parte offrendo la sponda (accordo sugli illeciti disciplinari dei magistrati) alle forze più tiepide verso il Presidente del Consiglio.
La morale giornalistica non coincide ancora con il risultato politico. Tuttavia nelle ultime ore due concetti sono chiari, diffusi e stranamente coincidenti. Ieri in Assolombarda autorevoli esponenti della Giunta dichiaravano che la successione a Montezemolo si è virtualmente aperta.
Dentro la maggioranza di governo diversi esponenti diesse, alcuni rutelliani e popolari della Margherita si sono messi al lavoro per individuare una alternativa ad un premier arroccato e blindato da Rifondazione, Verdi e Comunisti Italiani.
Che la Finanziaria di Prodi sia inadeguata, iniqua e punitiva per tutti non lo dice soltanto l'opposizione. Oggi lo confermano i quotidiani "schierati", quelli che sinora hanno saputo supportare tutte le "magagne" dell'Unione.
Il Sole 24 ore affida l'editoriale ad un liberale doc come Salvatore Carruba e titola "Ceto medio incompreso e riformismo perduto", che ne fa già pregustare il senso.
Dopo aver ironizzato sul ministro Padoa Schioppa che si è dichiarato incapace "di comprendere le lamentele dei ricchi" e dopo aver precisato che in questa categoria vengono iscritti i percettori di un reddito di tremila euro al mese, Carruba scrive, usando le parole di Cossiga, che la Finanziaria è una "manovra di classe" e aggiunge che "è un banco di prova: per il governo, per la legislatura, per la maggioranza, per l'opposizione.
Perché tutti devono prospettare l'Italia che vogliono, che ancora non appare come un'Italia più libera, più moderna, più efficiente e più imprenditiva. E che perciò non potrà essere un'Italia più giusta".
A pag. 5, il quotidiano della Confindustria pubblica alcune tabelle relative agli effetti della finanziaria sulle famiglie con i diversi redditi: numeri più esplicativi di tante parole.
La Stampa, finora il quotidiano più filo-governativo, oggi sterza bruscamente e dedica alla Finanziaria cinque pagine tutte con titoli di "lotta".
"Finanziaria, la rivolta dei sindaci rossi" caratterizza la prima pagina e spiega: "L'ira dei sindaci ulivisti sul governo. I primi cittadini di sinistra non vogliono essere additati come i ‘vampiri' che aumentano le gabelle per recuperare i tagli".
Domenici, sindaco fiorentino leader dell'Anci, avverte il governo: "State tagliando il ramo sul quale siete seduti".
Chiamparino, primo cittadino torinese: "La Finanziaria ci chiede di tagliare 190 milioni di euro? Semplice: o cambia la Finanziaria o portiamo le chiavi del comune a Palazzo Chigi".
Walter Veltroni che lamenta per la capitale un taglio tra i 200 e i 250 milioni di euro: "Si mettono a rischio i servizi".
Cofferati, l'ex sindacalista che si è offerto a Bologna: "Scenario insostenibile che preoccupa".
Tra i meno noti il sindaco ds di Ferrara che dichiara: "Non mi va giù che un governo di sinistra mi dia il permesso di aumentare le tasse ai cittadini per coprire i suoi tagli".
Altri titoli sempre del quotidiano torinese: "Taglio del cuneo, dipendenti beffati", "Sindacato padrone d'Italia, sulla manovra il timbro di Cgil, Cisl e Uil", "Tfr, una scelta sbagliata e ingiusta" e, a proposito del meeting di Capri dei giovani imprenditori, "La base grida allo scippo. Cresce la voglia di rompere con il governo". E, ancora, un editoriale affidato a Luca Ricolfi, il quale – fra l'altro – rimprovera: "Contrariamente a quanto promesso in campagna elettorale il governo metterà le mani nelle tasche degli italiani e lo farà in modo massiccio". "I veri poveri piangono come prima perché – non pagando tasse – non ricavano alcun beneficio dalla rimodulazione delle aliquote, i veri ricchi ridono perché nulla fa supporre che qualcosa li potrà davvero costringere a rivelare i loro redditi al fisco". "Il risanamento dei conti è un (...) risultato incerto perché si basa su una mossa di finanza creativa di dubbia correttezza contabile".
"...Perché il governo ha presentato le cifre della Finanziaria in modo così confuso e poco trasparente? Perché tanto accanimento nel disinformare i cittadini?". "Ma soprattutto, perché ci venite a raccontare che è colpa del governo precedente?".
Il Corriere della Sera riprende la rivolta dei sindaci e il malcontento della Confindustria: "Tensione sulla Finanziaria. I sindaci dell'Unione contro la manovra" per poi dare ampio spazio a Cofferati la cui intervista dovrebbe diventare un manifesto di Forza Italia.
Tra l'altro il quotidiano di via Solforino riporta una curiosità: "La manovra ‘taglia' i bocciati. ‘Così risparmiamo sui professori'". "Con 644 classi in meno, ci sarebbe una riduzione di 1.455 docenti e 425 segretari, bidelli e custodi": alla faccia della precarizzazione rimproverata al governo Berlusconi, la sinistra licenzia!
Insomma, sulla Finanziaria, la stampa amica rinuncia ad essere complice. E siccome questo governo l'ha fatta davvero grossa, non sono complici nemmeno i giornali di partito.
L'Unità titola: "Sindaci in rivolta, il governo tratta" e in un articolo precisa in 50 euro la cifra destinata ai più deboli, ammettendo che "non sarà una festa...".
Liberazione: "Sindaci in rivolta: la manovra ci strangola".
Il Riformista punta il dito sul sindacato di sinistra: "Epifani cerca (ma non trova) i benefici del cuneo fiscale.
Il segretario della Cgil chiede lumi sui reali vantaggi per i dipendenti. Delusi anche sindaci e Confindustria".
Di grande effetto il titolo del Manifesto: "Tax and the City" e di grande impatto l'editoriale con un titolo significativo: "Così cominciò il dopo-Prodi". Parola di Comunisti.
I sindaci dell'Unione attaccano la manovra del Governo, del loro Governo, e da Palazzo Chigi arriva l'immediata disponibilità a trattare. C'è chi strilla di più e minaccia di consegnare a Prodi le chiavi della sua città (Chiamparino); c'è chi ne approfitta per salire in cattedra e regolare i suoi personali conti politici e sindacali (Cofferati); c'è chi conferma la sua predisposizione ittica a fare il pesce in barile (Veltroni, naturalmente) e si guarda bene dal minacciare gli stessi sfracelli promessi al governo Berlusconi ("spegneremo 44mila lampioni, cancelleremo 20mila posti negli asili, chiuderemo i musei alle 17,30..." e via dicendo).
Di buono c'è che la rivolta dei Comuni è la conferma di quanto abbiamo sostenuto da subito: che questa Finanziaria fa acqua da tutte le parti, che è fatta di sole tasse, che è punitiva per la fascia medio-bassa dei contribuenti, che i pochi e miserevoli benefici fiscali (un cappuccino al giorno) per i cosiddetti ceti deboli saranno abbondantemente annullati dalle stangate degli enti locali, che nulla resta per investimenti e sviluppo.
Ma attenti. Un po' di diffidenza non guasta. L'immediata disponibilità di Prodi a trattare, lascia intravedere una storia tutta diversa. "I sindaci dell'Unione contro il governo dell'Unione" somiglia stranamente a un "teatrino" del quale la sinistra è specialista. Sinistra di lotta e di governo, sinistra che appicca il fuoco e poi si veste da pompiere, sinistra che indossa contemporaneamente i panni della maggioranza e dell'opposizione. Da una parte bastona, dall'altra difende i bastonati.
Così si apre l'ennesimo tavolo di concertazione (solo a Confindustria è stato negato, con lo scippo sul Tfr). Il Governo, c'è da giurarlo, cederà. Naturalmente andando a reperire la copertura delle risorse presso i soliti noti, i sindaci dell'Unione torneranno soddisfatti nei loro municipi. Ci racconteranno quanto sono stati bravi a difendere i cittadini e ad agire in grande autonomia anche nei confronti di un Governo amico. Ci diranno anche quanto è stato bravo il Governo di sinistra (diversamente da Berlusconi) a comprendere le loro buone ragioni.
Morale della storia: l'opposizione se la fanno da soli, vorrebbero l'esclusiva.
"Colpiti i deboli e i ceti medi". Per noi non è una novità, seppure respinta con sdegno dal Governo.
La notizia è che Sergio Cofferati, tra i sindaci in rivolta, non si limita a reclamare più risorse per Bologna, ma proclama (Corriere della Sera) a chiare lettere questa verità negata e attacca a tutto campo la Finanziaria. Non ci resta che lasciare a lui la parola.
Firmato: Sergio Cofferati. Non c'è una parola da aggiungere.
Confindustria conferma il suo "giudizio preoccupato sulle scelte operate dalla finanziaria", soprattutto per quanto riguarda "il trasferimento forzoso del Tfr allo Stato", e percio' l'associazione di Viale dell'Astronomia "auspica un'azione di governo volta ad affrontare la questione trovando soluzioni con il consenso delle forze sociali interessate". E' quanto si legge in una nota diffusa dal comitato di presidenza di Confindustria al termine della riunione che si e' tenuta nel pomeriggio a Milano nella sede di Assolombarda.
'Confindustria - continua la nota - si sarebbe aspettata piu' tagli agli sprechi e alle spese improduttive, meno imposte a livello sia centrale che locale e piu' riforme volte al futuro". Confermato il giudizio positivo sul taglio del cuneo fiscale, "strumento irrinunciabile per il sostegno allo sviluppo" che "va a beneficio sia delle imprese sia dei lavoratori e rappresenta la conferma di un impegno assunto durante la campagna elettorale ribadito nel programma dell'esecutivo". Ma la confederazione degli industriali "sottolinea ancora una volta che il trasferimento forzoso del Tfr allo Stato e' una scelta sbagliata nella forma e nella sostanza, e per di piu' ingiusta". In particolare perche' "si tratta di denaro prima di tutto dei lavoratori, ai quali viene tolta autonomia di scelta". Inoltre "il provvedimento del Tfr tocca la struttura patrimoniale delle imprese, un punto debole di gran parte del nostro sistema industriale". Percio', conclude la nota, "su questo aspetto Confindustria auspica un'azione di governo volta ad affrontare la questione trovando soluzioni con il consenso delle forze sociali interessate".
Uno si costruisce un'inappuntabile immagine di grande economista liberale, rispettato e omaggiato nei consessi internazionali, poi basta una frase, una parolina, per sbriciolare il "monumento". Così, alla Camera, Tommaso Padoa-Schioppa ha manifestato il suo dissenso dalle "lamentele dei ricchi" sulle tasse, di fatto sdoganando lo slogan di Rifondazione (pure tacciato di "stupidità" da esponenti della stessa maggioranza) sui "ricchi che piangono".
Sono bastati pochi mesi al grand commis prestato alla politica per far proprio il linguaggio della sinistra radicale, un linguaggio che divide il Paese, proprio come la Finanziaria che ha partorito. E sono bastati pochi mesi perché dalla politica assorbisse tutti i difetti, primo fra tutti quello di non dire la verità.
In tema di tassazione dei redditi, Tps ha cercato abilmente di mescolare le carte, facendo un fascio di tutti i contribuenti: quelli che già le pagano e gli evasori. Ha parlato di redditi "per centinaia di milioni". Non una parola sul fatto che, con le nuove curve Irpef, le penalizzazioni partono da 30mila euro in su (tabelle del Sole 24 Ore). Così i contribuenti corretti chiamati a pagare di più sono stati associati agli evasori, parziali e totali. Ladri gli uni, ladri gli altri.
In tema di politiche per lo sviluppo, ha rispedito al mittente le critiche degli industriali. Ha presentato la riduzione del cuneo come un incentivo alla produttività. Tacendo del fatto che non è legata alla produttività, all'innovazione, alla ricerca, bensì al sostegno del posto fisso e alla penalizzazione della flessibilità. Cioè il rigido meccanismo imposto dai sindacati.
Poi è stato sprezzante sul tema del Tfr, più duro di molti esponenti di Governo e perfino della Cgil. Ha ricordato che "appartiene al lavoratore ed è prestato all'impresa". Si è dimenticato di spiegare a quale titolo il lavoratore debba forzatamente prestarlo all'Inps. E con quali meccanismi lo Stato possa pensare di mettere al proprio attivo il debito costituito da questo prestito forzoso.
Più Stato e meno mercato, è la cifra di questa Finanziaria. Dalla "poltrona per due" all'Economia c'era da sperare più Padoa –Schioppa e meno Visco. E' avvenuto l'esatto contrario. Chi comanda è il ministro-ombra.
Il tavolo che riunisce parlamentari della maggioranza e dell'opposizione per concordare insieme alcune correzioni e modifiche della legge finanziaria è un'altra espressione del malessere esistente all'interno della maggioranza di governo.
L'iniziativa infatti è partita dal radicale Daniele Capezzone, il quale, in una intervista rilasciata al Giornale, ha parlato chiaramente di una finanziaria delle tasse e non della riduzione della spesa pubblica e delle riforme. Un provvedimento iniquo e sbagliato che potrebbe divenire un grave ostacolo alla ripresa dell'economia.
Il fatto poi che a questo gruppo abbia aderito un esponente come Nicola Rossi, economista e consigliere di Massimo D'Alema, la dice lunga sullo stato dei rapporti interni alla maggioranza e al malessere sempre più forte che serpeggia tra le fila dei Ds e della Margherita.
Queste posizioni critiche che nascono all'interno della maggioranza devono essere alimentate e valorizzate dalla Casa delle Libertà poiché dimostrano chiaramente all'opinione pubblica che le critiche dell'opposizione sono valide e non strumentali, e che il governo è profondamente diviso al proprio interno.
Il confronto parlamentare sulla Finanziaria si presenta così irto di difficoltà e di incognite per il governo, assediato ormai da un coro quasi unanime di proteste nei confronti delle principali misure contenute nella legge di bilancio.
In questa situazione, l'opposizione ha ampi margini di iniziativa politica: incassa subito un consenso che proviene dall'indignazione della maggior parte delle categorie sociali e dai rappresentanti degli enti locali, e ottiene importanti successi nel corso della battaglia parlamentare.
Al termine l'opposizione sarà più forte e la maggioranza più debole. Sempre che la maggioranza rimanga in piedi.
"Siamo di fronte all'occupazione totale della Rai da parte del governo Prodi per quanto riguarda i tg. Sul Tg1 e sul Tg3, completamente sdraiati nei confronti della Finanziaria, si recitano messe cantate in lode di Prodi, mentre sono pochi e veloci i commenti dell'opposizione". Paolo Bonaiuti (Fi), vicepresidente della Vigilanza Rai, ribadisce cosi' il suo atto di accusa dopo l'audizione dei vertici del servizio pubblico in commissione. "Venerdi' 29 settembre - spiega Bonaiuti - dati alla mano, nei servizi del Tg1 sulla Finanziaria al governo sono stati riservati 2 minuti e 48 secondi, alla maggioranza 32 secondi e all'opposizione 43 secondi. Ieri, invece, a fronte di 2 minuti per il governo e di 43 secondi per la maggioranza, alla Cdl sono andati 33 secondi". L'attacco di Bonaiuti coinvolge anche le ipotesi di riduzione degli spazi di 'Porta a Porta' nel palinsesto primaverile: "A quanto pare ci sara' un bell'uovo di Pasqua avvelenato per Bruno Vespa: si parla nuovamente, da parte del presidente della Rai e del direttore generale, di una riduzione di una puntata dell'unico programma veramente pluralista. Siamo molto scontenti di come vanno le cose a Viale Mazzini, occupata dal governo in maniera veramente militare", conclude.