Un grande, affettuoso, cordialissimo abbraccio a tutti voi e a tutti gli italiani che amano la libertà. Siete moltissimi voi e sono moltissimi quelli che ci stanno seguendo col cuore attraverso la radio e la televisione.
Sono qui tra di voi perché dovevo e volevo esserci. Quando ho inciampato nella fatica, una cosa che può capitare a chi lavora troppo, siete stati tutti con me, vi ho sentiti tutti fisicamente vicini, fiduciosi, ottimisti come piace a me, pieni di voglia di vivere e di tenere duro.
Grazie, grazie dal profondo del cuore a tutti voi. E grazie per essere venuti così in tanti da tutte le regioni d'Italia, da tutte le città d'Italia a portare qui, a questo corteo di libertà, a questa festa di libertà, oltre alla vostra protesta, la vostra fiducia, il vostro entusiasmo, la vostra speranza.
Noi siamo oggi qui, in questa Roma, in questa Piazza traboccante di entusiasmo che ha gli occhi del Paese puntati addosso, per motivi chiari: vogliamo mandare a casa un governo che distrugge la fiducia degli italiani nello Stato, che aumenta a dismisura il prelievo dalle nostre tasche, che spreca le nostre risorse e riduce la libertà di ciascuno di noi.
Siamo qui perché non ci piacciono le vecchie ideologie punitive del secolo scorso, le concezioni dell'uomo che hanno prodotto lo stato di polizia e il sistema totalitario, le guerre ingiuste e lo spirito di fazione, la delazione fiscale e il sequestro della ricchezza di chi lavora e di chi risparmia.
Siamo qui perché vogliamo opporci ad una cultura che diffida degli individui liberi, che non vuole una società prospera e autonoma, capace di camminare sulle proprie gambe.
Siamo qui perché non ci piace una mentalità che svaluta la famiglia fondata sul matrimonio e sull'amore tra un uomo e una donna, sull'educazione dei figli alla libertà e alla responsabilità.
Siamo qui perché ci piace tutto quello che è nuovo, ma non accettiamo il disprezzo del passato, il disprezzo delle nostre radici, il disprezzo della nostra cultura.
La nostra idea della politica è pienamente laica, ma ha qualcosa di sacro. "Chi crede non è mai solo", ha detto il Santo Padre nel suo viaggio in Germania. Ed ha ragione: guardatevi intorno, guardate quanti siamo. Siamo molti, siamo moltissimi a credere negli stessi ideali.
Siamo un popolo operoso di donne e di uomini che sanno essere tenaci e pazienti, umili e fieri, che sperano, che credono nel futuro e che vogliono difendere la libertà.
La Casa delle Libertà, la nostra casa, è aperta e libera, ognuno ci sta con la propria dignità e con le proprie idee, e per questo motivo Roma e questa piazza sono così affollate e gioiose in uno straordinario pomeriggio italiano che ha bandito persino la malinconia del tramonto e che si farà ricordare negli anni a venire.
Siamo un'onda che si gonfia in modo formidabile, una forza positiva, un'energia costruttiva al servizio del Paese che amiamo.
Siamo qui perché vogliamo impedire alle sinistre di impoverire l'Italia, moralmente e materialmente. Sentiamo intorno a noi il calore di questa nostra comunione politica che ormai da molti anni, e per molti anni in futuro, si è fatta e si farà garante della libertà di tutti.
La nostra opposizione è, e sarà, severa e intelligente. Vogliamo far pesare di più il voto espresso dagli italiani, vogliamo far contare di più l'opinione della maggioranza dei cittadini di questo Paese, nei confronti di questa assurda sinistra di lotta e di governo.
Le questioni personali contano poco.
"Tutti insieme" siamo una leadership forte e autorevole, siamo gente che ha affrontato con dignità e onore le conseguenze dell'11 settembre, nel rispetto delle alleanze e dei doveri morali di un grande Paese europeo ed occidentale.
Tutti insieme abbiamo ingaggiato la battaglia contro il terrorismo, tutti insieme abbiamo cercato le vie della pace in mezzo ai venti di guerra, tutti insieme abbiamo affrontato i rischi del fare e dell'esserci nel Paese e nel mondo.
Abbiamo mantenuto le promesse con sincerità e con equilibrio, dando vita al più lungo governo del dopoguerra e al primo vero governo liberale che abbia avuto questo Paese.
Noi siamo l'Italia umile e tenace, operosa e positiva, che è la maggioranza del Paese, che non accetta l'oppressione fiscale, l'oppressione burocratica, l'oppressione giudiziaria che le viene imposta da un governo di minoranza, un governo dominato da una sinistra estrema e fondamentalista, che affonda le sue radici nella perversa ideologia del comunismo.
Siamo il popolo del centro-destra, un popolo che condivide gli stessi valori, la stessa visione del futuro. Ci accomuna la stessa visione della libertà, della democrazia, della patria, della persona, della famiglia, del lavoro, dell'impresa.
Questa è la nostra grande forza.
Siamo un popolo unito, non un insieme confuso e disordinato di gruppi sociali, di interessi, di ideologie, come sono oggi le sinistre, tenute insieme solo dal potere, dall'invidia e dall'odio sociale.
Quando parliamo del nostro futuro dobbiamo sempre ricordarci che prima vengono gli elettori, prima viene il nostro popolo, prima vengono le nostre donne ed i nostri uomini, e solo dopo vengono i partiti, i loro dirigenti e i loro leader. Nella nostra visione del mondo di liberali e di cristiani, i partiti nascono sulla base dei valori condivisi dai cittadini. I partiti esistono perché esistono i valori, perché esiste un'idea comune della persona, della società e dello Stato. In una democrazia è il popolo che sceglie i leader, non sono i leader che scelgono il popolo!
Tutto questo lo sappiamo bene e dobbiamo sempre ricordarlo.
Ma oggi siamo qui soprattutto per protestare contro questo governo che vuole saccheggiare i nostri redditi e i nostri risparmi impoverendo il Paese e impedendo la crescita dell'economia.
Oggi, in questa piazza, potremmo ripetere quello che dissero, alla fine del Settecento, a Boston, i protagonisti della rivoluzione americana: "No taxation without representation" "Niente tasse senza rappresentanza". Allora le tredici colonie si sollevarono contro le tasse decise a Londra, e imposte loro da un governo che non li rappresentava. Oggi, in Italia, siamo nella stessa situazione: c'è un governo che tassa gli italiani senza più rappresentarli. Noi siamo qui a rappresentare lo sdegno degli italiani.
Questo è un "governo contro": contro l'economia, contro il lavoro, contro il risparmio, contro la proprietà, contro l'impresa, contro le professioni, contro gli artigiani, contro il commercio, contro la scuola, contro l'università, contro la ricerca, contro la famiglia.
E' un governo "contro" i cittadini.
Un governo che divide: divide gli italiani, divide l'Italia, instilla nelle vene del nostro Paese l'odio e l'invidia sociale, invece di promuovere la concordia e la solidarietà tra le classi sociali e le diverse generazioni.
Siamo qui "dunque" per protestare contro una finanziaria che si riduce a una sola voce: più tasse per tutti.
Più tasse sugli stipendi, più tasse sui Bot e sui Cct, più tasse sulla salute, più tasse sulla casa, più tasse sulle imprese. Hanno rimesso la tassa di successione. Hanno imposto una tassa odiosa perfino su chi si presenta al pronto soccorso!
In pochi mesi hanno gravato gli italiani di 67 nuove o maggiori tasse.
Hanno gridato: "Anche i ricchi piangano". Li abbiamo visti manifestare in piazza, quelli che loro chiamano "ricchi".
Gli artigiani accanto ai piccoli e ai medi imprenditori. I ricercatori e i precari dell'Università accanto ai rettori. I professionisti. I commercianti. I pensionati di ogni categoria, anche quelli che hanno sfilato con le bandiere rosse della Cgil. Il popolo dei piccoli risparmiatori, dei Bot, della prima casa conquistata con una vita di sacrifici. I cittadini che vivono di uno stipendio appena dignitoso. Sono riusciti persino a spingere per la prima volta alla protesta le forze dell'ordine e le forze armate alle quali invece tutta l'Italia deve riconoscenza.
Sarebbero questi i ricchi che devono piangere?
Per questa sinistra e per questo governo "sì".
Per loro l'impresa è solo una macchina per sfruttare i lavoratori, per loro il profitto è una colpa, per loro il risparmio è un privilegio da colpire e da tassare, per loro l'elevazione sociale, la proprietà di una casa, ottenuta attraverso enormi sacrifici e una vita intera di lavoro, rappresentano un atto di superbia da punire.
Farò solo un esempio: in campagna elettorale la sinistra, a caccia di voti, indicava gli artigiani come la spina dorsale del Paese, oggi, la stessa sinistra, al potere, li considera soltanto come degli evasori.
Anche per questo noi oggi siamo qui. Siamo qui per dire no alla mostruosa macchina fiscale messa in opera dal governo per schedare tutti i cittadini, per controllarne i comportamenti, fino ad ogni minimo passaggio di denaro ed addirittura con l'invito alla delazione fiscale. Per loro il popolo è sempre immaturo, è sempre immorale.
Il loro Stato è il contrario dello Stato che vogliamo noi, il contrario di uno Stato liberale "amico dei cittadini".
Ci dicono che bisogna aumentare le tasse per favorire lo sviluppo economico. E' falso. Nella storia si sono visti molti Paesi impoverirsi a causa della tassazione eccessiva. Ma non si è mai visto un solo Paese diventare ricco, crescere economicamente attraverso l'aumento delle tasse.
Ci dicono che vogliono redistribuire la ricchezza, togliere ai ricchi per dare ai poveri. In realtà tolgono a tutti senza dare nulla a nessuno.
Ci dicono che hanno ereditato da noi una situazione drammatica dei conti pubblici. Anche questo è falso e lo sanno bene anche loro!
Noi abbiamo governato lasciando i conti dello Stato in ordine, in perfetto ordine. Ma soprattutto abbiamo governato con il fine di garantire e ampliare le libertà dei cittadini. Da Presidente del Consiglio, prima di approvare ogni provvedimento, mi sono sempre chiesto se quel provvedimento diminuisse la libertà dei cittadini, anche di uno solo. E se la risposta era sì, il provvedimento veniva cestinato.
Ma c'è qualcosa di più. Noi oggi siamo qui anche per riaffermare che la sinistra ha rifiutato fino ad oggi di ricontare le schede elettorali. Anzi, con assoluta impudenza ci ha addirittura lanciato l'incredibile accusa di aver tentato un colpo di Stato la notte degli spogli e dei brogli. Se ci sono stati brogli, sono solo quelli fatti da loro che li hanno - come è storicamente provato - addirittura e sempre insegnati ai propri militanti.
Oggi siamo qui anche per questo, per chiedere, per esigere che si ricontino tutte le schede elettorali, non solo le bianche e le nulle. Tutte.
Lo abbiamo chiesto sin dal giorno dopo le elezioni. Noi non abbiamo paura della verità. Ci hanno deriso, dileggiato, boicottato. Eppure lo abbiamo chiesto e lo chiediamo in difesa della democrazia, in nome della sovranità popolare, a tutela dei cittadini.
Oggi, dopo le loro ultime accuse, ignobili, false e grottesche, lo vogliamo, lo esigiamo, lo pretendiamo anche a tutela della nostra onorabilità.
Infine, siamo qui, oggi per affermare tutti insieme il nostro grande amore per la libertà.
Noi siamo il popolo della libertà, noi crediamo in un sogno, in una prospettiva che può essere garantita solo con la realizzazione del nostro programma liberale fondato sui nostri valori di libertà. Nostri, perché non appartengono a un solo partito, nostri perché tutti insieme ci crediamo, nostri perché noi tutti insieme abbiamo voglia di cambiare questo Paese, di riprendere il cammino delle riforme e della crescita. Noi sappiamo che "tutto" ci separa e ci distingue da questa sinistra, ma sappiamo anche che c'è tra tutti noi un vincolo ancora più forte che ci unisce:
noi crediamo negli stessi valori,
noi negli anni del governo abbiamo lavorato insieme alla realizzazione dello stesso programma,
noi, oggi, vogliamo lo stesso futuro di libertà e per questo lavoriamo insieme.
Noi qui, oggi, siamo già il partito unitario del centro-destra, siamo già il partito della libertà.
E stanno nascendo in Italia, dovunque, su impulso di tanti giovani, ma anche di chi è giovane nel cuore, quei circoli della libertà che hanno adottato come loro manifesto quello del Partito del Popolo Europeo, la grande famiglia della democrazia e della libertà in Europa.
Certo, qui oggi, innalziamo le nostre bandiere, i nostri simboli di partito, giustamente orgogliosi della nostra storia, delle nostre battaglie, della nostra identità.
Ma io sono convinto che il nostro cammino, il cammino del popolo della libertà, abbia un percorso segnato, perché siete voi, siamo noi l'anima di un unico, e solo, e grande partito della libertà.
Quel partito che stasera è sceso in questa piazza, felice e gioiosa, a rappresentare l'Italia operosa e onesta, l'Italia che lavora e che produce, l'Italia che vuole unire e non dividere, l'Italia che rispetta i diritti di tutti, il lavoro di tutti, il patrimonio di tutti, la libertà di tutti. L'Italia che vogliamo.
Noi proponiamo agli italiani una società fondata sulla libertà, sullo sviluppo economico, sulla solidarietà.
Proponiamo una società basata sui valori del cristianesimo, sulla famiglia naturale fondata sul matrimonio, formata dall'unione di un uomo e di una donna, nella quale far nascere e far crescere i figli. Proponiamo un'Italia forte nel mondo, rispettata. Proponiamo una Patria nella quale tutti gli italiani si riconoscano e che tutti amino, perché è la casa comune di tutti, senza distinzioni.
La sinistra sta preparando invece per l'Italia un futuro di incertezza, di divisioni, di invidia sociale, di povertà. La sinistra attua delle politiche che distruggono la famiglia e che non rispettano i valori morali del popolo italiano, i valori della nostra tradizione. La sinistra vuole dividere i lavoratori e gli imprenditori, gli uomini e le donne, i padri ed i figli, i giovani e gli anziani, gli italiani del nord e gli italiani del sud.
Noi vogliamo invece un'Italia di persone libere e responsabili, in grado di prendere in mano il loro futuro, di scegliere un buon lavoro, di far crescere i figli secondo i propri valori e le proprie idee.
Noi vogliamo una società nella quale tutti i giovani possano frequentare una buona scuola, indipendentemente dalle proprie condizioni sociali, e possano conseguire un diploma od una laurea di qualità.
Noi vogliamo una società nella quale i giovani abbiano un lavoro ben pagato, che permetta loro di essere subito indipendenti e di formarsi una famiglia.
Vogliamo una società nella quale nessuno rimanga indietro. Perché ogni persona ha un valore inestimabile, e perché il benessere di ogni cittadino concorre al benessere di tutti gli altri, al benessere di tutta la società.
Vogliamo uno Stato che sia al servizio dei cittadini, e non vogliamo che siano i cittadini al servizio dello Stato.
Vogliamo una economia forte e vitale, fondata su imprese moderne ed efficienti.
Per queste ragioni noi ci opponiamo oggi al governo delle sinistre, ci opponiamo alla peggiore legge finanziaria della storia della Repubblica.
Per questa ragione noi intendiamo tornare al più presto al governo dell'Italia.
Per finire il lavoro che abbiamo fatto per cinque anni, e che abbiamo fatto bene.
Per realizzare pienamente quell'Italia che noi tutti abbiamo in mente e sogniamo:
l'Italia profonda, vera, giusta,
l'Italia della solidarietà, della tolleranza e dell'amore,
in una parola, la nostra Italia della libertà.
Grazie di cuore
un abbraccio affettuoso a tutti
W l'Italia
W la libertà
"Ieri sera ancora con tutta la positività e la pazienza che credo che ormai mi si riconoscono, ho detto che stiamo ingrassando il vitello. Però attenzione, perchè possono passare anche i tempi, e se c'è un ritorno si manifesti in tempi rapidi. Perchè altrimenti, poi, il vitello lo usiamo per altre cose".
Così Silvio Berlusconi uscendo dalla residenza romana di palazzo Grazioli per lasciare la capitale, risponde alle domande dei cronisti sul ritorno del "figliol prodigo" Casini.
"Questa storia della leadership lasciamola agli altri, perchè è qualcosa di grottesco".
A chi gli chiede se la manifestazione di ieri è stata un'investitura popolare per la sua leadership, risponde: "Non credo ce ne fosse bisogno. L'ho sempre detto e ieri l'ho ripetuto che non sono i leader che scelgono il popolo, ma il popolo che sceglie il leader".
"Io credo che al di là dei dubbi sul voto - ha proseguito il leader di Forza Italia - le ultime elezioni hanno decretato che in quel famoso attacco a tre punte c'era un attaccante che segnava molto più degli altri".
"Sono sereno e soddisfatto, è stato un grande atto collettivo di opposizione, una opposizione propositiva e costruttiva di chi vuole unire e non dividere il Paese e che ha avanzato con forza le proprie ragioni".
"È stata una grande commozione - ha spiegato il Cavaliere - unita alla consapevolezza di avere una grande responsabilità di rappresentare questa Italia positiva che lavora, vuole andare avanti e crede nella libera iniziativa e in tutti quelli che sono i valori e i principi del liberalismo che oggi sono contraddetti da chi sta al governo".
"Noi continueremo a fare opposizione nelle istituzioni, continueremo ad essere un'opposizione democratica - ha proseguito il leader di Forza Italia - che poi vota le cose che ritiene positive per il paese. Se c'è un'opposizione moderata è la nostra, ma questo non significa che non sia severa e assolutamente determinata contro quei provvedimenti che riteniamo lesivi negli interessi dei cittadini".
"Noi non avevamo mai pensato a quello che i giornalisti e alcuni nella maggioranza avevano definito la spallata".
"Se c'è qualcosa che è democratico - ha spiegato il leader di Forza Italia - siamo noi, che sappiamo bene che le maggioranze si formano attraverso le elezioni, che però devono essere elezioni veramente regolari e quando ci sono dei dubbi bisogna scioglierli: cosa che non è stata fatta".
"In più, purtroppo, il governo è sostenuto da una maggioranza disunita, che è in disaccordo su tutto e che si lascia dominare, direi è prigioniera, dell'estrema sinistra fondamentalista che coerentemente con i propri principi, che sono contro il mercato e la libera iniziativa, impone le sue leggi che i cosiddetti dormienti riformisti e moderati di questa maggioranza accettano per restare al potere".
"Quindi - conclude il Cavaliere - io credo che anche in questa direzione debba esserci una consapevolezza da parte di questi sedicenti moderati-riformisti della sinistra di non potere andare avanti ad appiattirsi nei confronti dei diktat della sinistra estrema".
"C'è la necessità ormai, dopo le accuse orrende e ignobili che ci sono state rivolte, di ricontare tutte le schede per verificare se veramente quel 10 aprile il risultato è stato quello che registra e fotografa esattamente la volontà degli italiani". Silvio Berlusconi è tornato così sulla polemica del riconteggio dei voti elettorali, chiedendone ancora la verifica.
"Fassino e i suoi compagni non capiscono. I due milioni di cittadini scesi in piazza ieri a Roma non sono un fuoco di paglia, sono persone che hanno propri ideali precisi e propri valori, che credono in chi li rappresenta e in particolare in Berlusconi. Questa è la realtà". L'onorevole Paolo Bonaiuti, portavoce del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, replica così al segretario dei Ds. "Perché - aggiunge - i conservatori alla Fassino pronunciano giudizi sdegnosi, altezzosi e snobistici sulla maggioranza degli italiani, invece di rimboccarsi le maniche per cercare di cambiare una finanziaria sbagliata?".
"Noi abbiamo riempito la piazza, la ‘sinistra governista' i salotti. La conclusione di Scalfari è giusta. La sinistra mi sembra ormai fuori dallo spirito del tempo, fuori dai grandi circuiti culturali della politica".
A dirlo è il vicepresidente di Forza Italia Giulio Tremonti, secondo il quale "sabato il centrodestra ha dimostrato di essere non solo popolo, ma popolo politico" e nella quale si dice convinto che "il centrosinistra perderà in dissenso, con tanto d'interessi, a causa delle nuove tasse, quello che pensa di ottenere in consenso aumentando la spesa pubblica".
Tremonti, poi, sottolinea anche che "la coalizione di sinistra non riuscirà a superare le proprie contraddizioni" e che "la vera ‘fase due' si aprirà in primavera, con le amministrative".
Anche perché, afferma l'ex ministro dell'economia "il deficit resterà sopra il 3% e la crescita sotto la media Ue".
Nell'intervista, infine, Tremonti critica con durezza la finanziaria Prodi definendola "fallimentare" e il modo di interpretare l'economia della sinistra, un "intreccio caotico" di "mercatismo e statalismo".
"Questo Governo - dice Tremonti - anziché governare le incertezze, le crea".
Mentre giovedì scorso il giornalista ed ex-europarlamentare Ds Michele Santoro conduttore della trasmissione di approfondimento di RaiDue Anno Zero maramaldeggiava sulle divisioni tra Udc e CdL, Silvio Berlusconi diffondeva alle agenzie un sondaggio dal quale emerge che, anche senza Casini e il suo partito, la CdL è oggi al 52%. E la straordinaria partecipazione alla manifestazione di Roma ha confermato questa realtà, nonostante l'Udc nei sondaggi si attesti in una forbice compresa tra il 4% e l'8%.
Non siamo di fronte a una mera questione di numeri. Questa vale per i partiti scheggia, come le tante microliste (come il movimento Nord-Est di Panto, la Lega Alleanza Lombarda e il movimento di Nello Musumeci) che alle scorse elezioni hanno contribuito al totale delle coalizioni senza ottenere eletti. Un fenomeno che una eventuale correzione della legge elettorale dovrebbe evitare introducendo la regola che i voti che non danno luogo ad eletti non si contano e non contano.
Il caso Casini è diverso. L'ex-presidente della Camera ha in mente di radunare sotto un'unica bandiera gli elettori di centro (dove colloca tutta l'Udc, tutta Forza Italia e quasi tutta An, oltre all'Udeur e un pezzo della Margherita), lasciarsi a destra la Lega e puntare a un'eventuale alleanza di governo con un pezzo dei Ds, soprattutto dopo che questo vada a formare, insieme alla maggioranza della Margherita, il Partito Democratico.
Una riedizione del nuovo millennio del pentapartito, dove il raggruppamento pensato da Casini svolgerebbe il ruolo della Dc e di parte dei laici e i Ds – Partito democratico la parte del Psi.
Casini ci è vissuto bene in quel contesto, la sua educazione politica è stata all'ombra di Forlani, uno dei protagonisti di quello che fu, spregiativamente, chiamato Caf (Craxi – Andreotti – Forlani) e quell'imprinting oggi prevale.
Peccato che lo schema di Casini faccia a pugni non solo con la leadership di Berlusconi (che non potrebbe mai realizzare un disegno casiniano), ma con l'atteggiamento dell'elettorato, che è ormai nettamente bipolare: a sinistra stanno le sinistre politiche dei vecchi partiti, mentre a destra stanno le destre degli stessi partiti.
È dal 1994 che i nostalgici dello schema politico pre-bipolare si adoperano per spezzarlo, ma ogni tentativo è stato vano e velleitario.
Oggi Casini ci riprova, convinto di una novità che invece non c'è: l'eclissi di Berlusconi. La piazza di Roma ha celebrato l'epifania del suo leader, che oggi è più solido e forte di prima, visto che anche Bossi, con il suo "ten dur, non mollà" gli ha consegnato l'eredità della Lega e Fini, chiamandolo "il Presidente del consiglio", gli ha riconosciuto lo scettro.
Dunque Berlusconi ha ancora e più di prima in mano le chiavi del centrodestra, perché il popolo è con lui con il cuore prima ancora che con il cervello.
Stiamo attenti alle eccessive semplificazioni. E a non fare in un momento di euforia e in presenza dei capricci di Casini, il gioco degli avversari.
La sinistra farebbe ponti d'oro per accogliere il nostro figliol prodigo nelle sue fila se Berlusconi consumasse platealmente la rottura con l'Udc.
Intanto (purtroppo) non si vota domani. Inoltre l'ambizione di questo centrodestra, che è già larga maggioranza nel Paese, è quella di crescere ancora. Ma non si può crescere – e farsi trovare pronti alla apertura dei seggi - se non si consolida quel che si ha e nonn si tutela da vicino quanti si rappresentano.
Cosa ha dimostrato la festa di sabato? Che il nostro popolo è più avanti di noi. Ed è quel popolo, che comprende anche moltissimi elettori dell'Udc che hanno scelto Roma e non Palermo, che noi dobbiamo proteggere e mai deludere lasciandolo solo.
Berlusconi ha già lanciato a Casini un invito, qualcosa di meno per ora di un ultimatum, ma tuttavia un segnale inequivocabile. E Casini, a ben vedere, ha dovuto aggiungere all'inizio del suo discorso siciliano un omaggio plateale alla grande folla che invadeva Roma.
In politica, insomma, almeno nella classe dirigente, quel che pensa e crede la pubblica opinione soprattutto quando è in fermento, va tenuto in gran conto. Casini è stato avvisato da Berlusconi e dalla piazza. Questo, per ora, basta.
Sarebbe sbagliato che fosse il leader del centrodestra, o che così apparisse, a metterlo fuori dal gioco.
Non è momento di regali, dobbiamo invece lavorare per aprire semmai spazi al nostro fianco a soggetti (vedi Mastella) che non tarderanno a capire dove si fermerà il pendolo.
Se nasce – e nascerà – il Partito Unico, nulla impedisce l'aggregazione di gruppi satelliti. E fino a quando ragioneremo in termini bipolari, non lasceremo ad altri il vantaggio di formazioni marginali o storiche che siano, di ispirazione laica o cattolica…
O ci vogliamo far male da soli dimenticandoci che si può perdere per una manciata di voti?
E' vero che Casini e l'Udc devono uscire dall'ambiguità e compiere una scelta chiara e definitiva. Non è possibile infatti continuare a mettere in discussione un'alleanza politica ed un leader che riscuotono nel Paese un consenso senza precedenti, rafforzando così obiettivamente un governo che non ha la maggioranza nel Paese e che si affida, per sopravvivere, alla mancanza a breve di una alternativa credibile di governo.
L'Udc deve perciò al più presto dire con chiarezza che cosa vuole per non ripetere quello che è avvenuto durante la campagna elettorale, e cioè un logoramento costante del rapporto di coalizione e della leadership di Berlusconi che è fra le cause principali della sconfitta elettorale di misura.
Al tempo stesso, occorre cercare di fondare l'alleanza della Casa delle Libertà e il rapporto con l'Udc su nuove basi, politiche e programmatiche. Stante l'attuale legge elettorale, l'alleanza con l'Udc resta conveniente per vincere le elezioni e battere la sinistra.
Non è vero però che l'alleanza politica della Casa delle Libertà non esiste più. È vero che bisogna aprire un dibattito serio, non una serie di scaramucce polemiche, per reimpostare un'alleanza che non ha alternative. Ha ragione Berlusconi: non si può perdere tempo e soprattutto attardarsi in punture di spillo o in distinzioni che non hanno ragione di essere. La Casa delle Libertà ha davanti a sé una occasione storica: quella di trasformarsi in un grande partito della libertà che si ispiri ai valori e ai programmi del Partito Popolare Europeo. In questa prospettiva l'Udc ha la possibilità di svolgere un ruolo fondamentale. Rinunciare a questa prospettiva da parte di Pierferdinando Casini significa rinunciare a fare politica e accettare un ruolo subordinato, o velleitario. Bisogna sperare che prevalgano la razionalità e le virtù politiche di Casini, piuttosto che il suo impulso alla ricerca di autonomia e di visibilità politica. La base di questa rinnovata intesa resta comunque il rapporto umano e personale di Casini con Berlusconi. Dallo stesso Casini evocato giorni fa, durante la trasmissione di Santoro, con un sentimento autentico.
Una delle indicazioni politiche più importanti scaturite dall'imponente manifestazione della Casa delle LIbertà in piazza San Giovanni a Roma è la volontà del popolo di centrodestra di arrivare in tempi non lontani a un "partito unico della libertà". L'elettorato non comprende e non apprezza certi giochi di vertice, certi distinguo spinti fino alla dissociazione e la prova, plastica, è stata data dalla separazione fisica di parte dell'Udc: gli esponenti di spicco a Palermo, tanti elettori e militanti a Roma con Silvio Berlusconi e la Cdl, percepita come "casa comune".
Questo desiderio di unità e di semplificazione del sistema politico, d'altra parte, supera i confini del centrodestra, si radica nel desiderio di bipolarismo e di bipartitismo che prevale nella stragrande maggioranza di elettori di ogni tendenza.
La conferma è data dai risultati di un sondaggio condotto da Fng Ricerche su un campione di 773 elettori italiani. Il 68,4 per cento degli intervistati vorrebbe che in Parlamento e nel Paese si confrontassero soltanto due partiti o schieramenti. Ancora: il 62 per cento del campione ritiene che "sarebbe meglio che i due schieramenti di centrodestra e centrosinistra si fondessero definitivamente in due partiti unici.
Queste nette indicazioni dovrebbero far comprendere a tutti che è ormai impossibile tornare indietro dal bipolarismo, certi disegni legati alla rinascita di un "grande centro" decisivo e onnivoro sono del tutto irrealistici. Gli elettori si sono accorti di avere il potere di scegliere con chiarezza ed efficacia sia lo schieramento ( o di qua, o di là) sia i leader e non intendono più rinunciarvi.
Se si osserva realisticamente il quadro politico italiano non si può non notare che il centrodestra è più avanti su questo cammino di unità e semplificazione del sistema rispetto al centrosinistra e alle sinistre ed è quindi in grado di rispondere meglio alle attese degli italiani. I motivi del vantaggio sono storici e ideologici. Silvio Berlusconi, con l'architettura del Polo del Buon Governo, è stato il primo a cogliere l'esigenza di snellimento del sistema e la necessità di ridare agli elettori il potere sovrano e diretto conclamato nella Costituzione. Sotto il profilo ideologico, pur nella diversità delle storie e delle tradizioni politiche di ogni formazione originaria, nel centrodestra c'è una sicura convergenza su comuni valori fondanti: la libertà, la tradizione italiana e occidentale, cristiana e liberale, la solidarietà intesa come impegno di ciascuno a far sì che nessun membro della comunità rimanga solo e indietro. E poi il riconoscimento del merito, della volontà e della capacità di fare, con uno Stato che si ponga realmente al servizio dei cittadini e non li consideri, invece, sudditi da inquadrare e tosare.
Proprio a Roma si è avuta la conferma di questa coesione su chiari e qualificanti obiettivi comuni, che vanno al di là del rifiuto della peggiore finanziaria dell'era repubblicana.
Nell'altro schieramento, nella variegata e rissosa coalizione di centrosinistra e sinistre movimentiste e antagoniste, i dirigenti più avvertiti sentono il bisogno di un uno schieramento unico, ma è estremamente faticoso, anzi impossibile, delineare uno schema di Partito Democratico sul quale coagulare una sufficiente somma di consensi. Innanzitutto, è troppo vago il modello, oscillando i promotori fra gli esempi occidentali, segnatamente americano e inglese, e la suggestione europea di una formazione socialdemocratica. Nell'Unione, oggi, ci sono partiti e partitini che hanno radicati convincimenti che li spingono a rifiutare sia l'uno che l'altro schema. Ds ( diviso, perché nella Quercia non mancano gli avversari del Partito Democratico) e Margherita sono afflitti da reciproche diffidenze: chi dovrebbe guidare il nuovo soggetto? E questo Pd diventerebbe il partito che Prodi non ha e non ha mai avuto?
Le sinistre radicali sono decisamente contrarie a lasciarsi ingabbiare in un contenitore che diluisca il proprio potere di ricatto. E lo stesso vale per altre formazioni minori, senza contare le velleità di Mastella sul Grande Centro che non verrà.
Il vantaggio del centrodestra sarà sicuramente avvertito dagli elettori come un valore aggiunto, come la promessa mantenuta di una modernizzazione del sistema nella libertà. Proprio perché indietro non si torna.