Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio, con l'accusa di concorso in corruzione in atti giudiziari, per la vicenda delle presunte dichiarazioni reticenti fatte dall'avvocato inglese David Mills in due processi milanesi. La decisione è stata presa dal Gup Fabio Paparella che, con la stessa accusa, ha mandato a giudizio anche Mills.
Il rinvio a giudizio di Berlusconi arriva puntuale come una cambiale, preciso come un orologio svizzero, rumoroso come solo una magistratura straordinariamente pratica di giustizia ad orologeria sa fare. Prodi annaspa? Berlusconi lo doppia nei sondaggi di gradimento? L'attuale governo sta dando una delle peggiori dimostrazioni di dilettantismo, incapacità e accaparramento del potere della storia della seconda Repubblica? Confrontando il governo dell'Unione e quello del centrodestra, gli italiani si sono resi conto molto presto che lasciare la via vecchia per la nuova ha rappresentato un tragico errore, che l'Esecutivo Berlusconi aveva varato riforme straordinarie che oggi la sinistra sta cercando di cancellare?
Eccolo, arriva il soccorso rosso in toga. Già legati a doppio filo con la sinistra, grati a Prodi, che li ha rassicurati di modificare la Finanziaria per non compromettere i loro sontuosi aumenti di stipendio (quella delle toghe è l'unica categoria che guadagna paccate di soldi e non vengono definiti "ricchi" dall'attuale maggioranza), i magistrati sospendono lo sciopero ma i beneficiari ringraziano il premier con un assist giudiziario clamoroso.
Ma la decisione del Gup Paparella di mandare a giudizio Berlusconi per presunta corruzione in atti giudiziari non è clamorosa solo per la sua straordinaria coincidenza con il periodo peggiore per Prodi e migliore per il suo avversario.
La decisione è clamorosa perché presa in evidente, scandalosa, sprezzante violazione della legge. Proprio l'Ulivo nel '98 aveva varato l'incompatibilità tra Giudice per le indagini preliminari e Giudice per l'udienza preliminare. In sostanza, un Gup che si fosse già occupato di un imputato, che avesse già espresso nei suoi confronti un parere (compreso il rinvio a giudizio, che significa un'analisi di merito: ci sono prove sufficienti per processarlo), non poteva - per legge - tornare ad occuparsene.
Ecco perché la difesa di Berlusconi aveva ricusato il Gup Paparella: perché egli si era già abbondantemente occupato di Berlusconi ed era quindi non solo probabile ma certo un suo pregiudizio.
In un processo normale, con imputati normali, Paparella si sarebbe astenuto, passando le carte ad un suo collega. Ma per i pm lui era una garanzia (di rinvio a giudizio) e per questo lui stesso ha resistito con le unghie e con i denti al suo posto. Da qui la decisione di Ghedini di ricusarlo.
Ieri si era ancora in attesa del giudizio della Cassazione e lo stesso Paparella aveva assicurato gli avvocati che avrebbe aspettato la Suprema Corte, com'era ovvio e naturale che fosse. Poi, stracciando norme e codici, Paparella ha deciso di rimangiarsi ogni rassicurazione e di rinviare a giudizio Berlusconi nonostante egli non potesse farlo, non avesse il diritto di farlo (volete mettere a livello mediatico cosa significa questo provvedimento?).
Risultato? Ieri, per la seconda volta il giudice Paparella è stato ricusato, proprio perché in pendenza di giudizio egli ha ignorato la legge e ha mandato alla sbarra l'ex premier.
Questa espressione può sembrare cruda, questa analisi può sembrare anche drammatica, ma basta leggere la Stampa per capire la portata mediatica di questo atto compiuto da un magistrato in servizio permanente effettivo dalla parte della sinistra. In prima pagina il quotidiano di Torino scrive: "Per il Gup l'ex premier avrebbe versato seicentomila dollari al legale inglese Mills per indurlo a mentire in due casi giudiziari".
A parte il fatto, non secondario, che Berlusconi ha fornito ai magistrati prova documentale della sua totale innocenza (prova, ovviamente, ignorata), andrebbe segnalato a Giulio Anselmi che al massimo il Gup può aver riconosciuto Berlusconi processabile, non certo colpevole (a meno che non si pensi che basta un rinvio a giudizio per giudicare colpevole qualcuno). Un semplice lapsus?
"Il processo di Milano? È un'altro colpo basso contro Silvio Berlusconi che non ha niente a che fare con la giustizia e molto con la politica". Così Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, sul rinvio a giudizio dell'ex premier per concorso in corruzione in atti giudiziari nella vicenda delle presunte dichiarazioni reticenti fatte dall'avvocato inglese David Mills in due processi milanesi.
"Tutto come da copione, decisione annunciata. Non si è nemmeno aspettata la decisione della Cassazione". Uno dei legali di Silvio Berlusconi, Nicolò Ghedini, ha commentato la decisione del gup Fabio Paparella di disporre il rinvio a giudizio per Silvio Berlusconi e l'avvocato inglese David Mills, nonostante i difensori avessero sollecitato di aspettare la decisone della suprema corte sulla ricusazione dello stesso Paparella, già respinta dai giudici d'appello. "Il giudice ha deciso - ha detto il legale - su richiesta dei pm di non sospendere l'udienza, contraddicendosi con quanto detto in precedenza".
"Più che la culla del diritto, dopo il rinvio a giudizio di Berlusconi per il caso Mills, addirittura in pendenza di un giudizio in Cassazione per la ricusazione proprio del giudice per l'udienza preliminare, l'Italia sembra diventata la tomba del diritto.
È chiaro che una parte della magistratura non può badare a sottigliezze come le norme e i codici quando sul terreno della politica è in corso una battaglia durissima e l'attuale governo versa in pesanti difficoltà". Lo ha dichiarato il vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto.
Ormai il disagio all'interno della maggioranza di governo è talmente evidente e incontenibile che una parte del governo fa opposizione a se stesso. Non si tratta di un governo di lotta e di governo, per riprendere un noto slogan del passato, ma semplicemente di lotta e di non governo.
La situazione è talmente seria che non si può escludere un'implosione del governo, derivante dall'impossibilità di mantenere il controllo di un quadro sempre più caotico e contraddittorio.
Prima le centinaia di emendamenti alla finanziaria proposti dagli stessi ministri, fatto già in sé paradossale, poi la richiesta di Fassino e di Rutelli di una fase due nell'attività del governo, un modo per bocciare questa finanziaria e richiedere una politica di riduzione delle spese e di riforme. Ora addirittura Fassino che scende in piazza contro la finanziaria a sostegno delle rivendicazioni dei pensionati e degli artigiani.
Questo governo non ha più la fiducia degli italiani e soprattutto si conferma non essere un governo serio. Fino a quando potrà durare questa situazione senza determinare conseguenze gravi sulla condizione del tessuto civile e democratico del paese e sullo stato dell'economia?
Quanto tempo ci vorrà prima che le forze politiche più responsabili prendano atto di una situazione ormai irrimediabile?
Questi sono gli interrogativi che si pongono i cittadini, sia quelli del centrodestra che quelli di centrosinistra, i quali in particolare assistono sbalorditi e increduli alla prova disastrosa offerta dal governo che pure hanno votato.
L'impressione è che ormai qualunque cambiamento alla legge finanziaria non riuscirà a cambiare l'orientamento sfavorevole e profondamente negativo nei confronti del governo, maturato dall'opinione pubblica.
Silvio Berlusconi lo ha spiegato poche settimane fa e, da allora, sta perseguendo l'obiettivo. "Il problema è trasformare la delusione e la rabbia dell'elettorato in consenso politico". Ecco perché la sua - e la nostra - capacità manovriera possono apparire duplice, rivolta alla logica del Palazzo ma attenta a non trascurare nella piazza gli umori profondi del Paese.
Forza Italia e il leader di centrodestra sanno che il logoramento di Prodi, nonostante i picchi delle ultime settimane che hanno segnato l'esplosione della sua maggioranza, non garantisce da solo un cambio di governo. Da qui il suggerimento malizioso, che ha fatto breccia nei capricci di Casini, di renderci disponibili per un governo di emergenza nazionale, limitato nel tempo e nell'agenda politica, in grado però di portarci alle urne entro 18-24 mesi.
Una iniziativa che ha lasciato il segno, nella pancia sofferente dei riformisti di sinistra, nonostante i veti urlati in queste ore dai D'Alema e dai Fassino che giurano di non vedere alternative a Prodi: "se cade - dicono - si va al voto!".
E allora? Mica questa è una prospettiva che ci spaventa. D'altronde il cuore della proposta berlusconiana, in caso di governo diverso stava in un dettaglio. Quella sua disponibilità a chiamarsi fuori da un simile Governo o di svolgerci un ruolo marginale, dunque di non apparire il vincitore del dopo Prodi.
Questa partita, mentre la piazza si organizza spontaneamente e non deve mai essere abbandonata da Forza Italia, non è chiusa. Il tema di un nuovo governo spaventa l'inquilino di Palazzo Chigi tanto che oggi ha fatto dichiarare a Franceschini: "se Prodi cade in Senato, non ci sarà né il voto anticipato né il nuovo governo, ma un reincarico a Prodi con maggioranza identica!".
Quasi un diktat grande come la paura che lo ispira e che non tiene conto della variabile Napolitano: è di sinistra, è certamente uno di loro ma c'è un limite ad accettare il semplice ruolo di passacarte...
Oltre al partito, abbiamo ora il segretario di lotta e di governo. La versatilità, diciamo pure la doppiezza dei post-comunisti, qualità antica, non ha limiti.
Nella mattinata di ieri i pensionati di Cgil-Cisl e Uil hanno invaso il centro di Roma: chiedevano aumenti per i più sacrificati della categoria. I manifestanti protestavano "non contro il governo amico, ma contro la legge finanziaria", che come ognuno capisce è cosa diversa… I tre sindacati avevano fornito cartelli con su scritto: "Più equità per un maggiore benessere" il che significa che l'equità c'è già, bisogna accrescerla!
Altri cartelli recitavano: "Più equità, più sviluppo uguale giustizia", non erano firmati Padoa Schioppa perché mancava il rigore, ma non stiamo lì a sottilizzare.
All'acrobazia dei sindacati si aggiungeva l'ipocrisia di Piero Fassino che, segretario del maggior partito di governo, saliva sul palco per dire la sua. Curiosità dei giornalisti: come se la caverà? Semplice. Dixit Fassino: "Se sono qui non è per contrastare l'azione del governo ma per sollecitarlo nella redazione di una finanziaria che tenga conto delle loro esigenze". C'è il particolare pietoso che la finanziaria esiste, e che contro quella i sindacati hanno chiesto ai pensionati, sia pure in tono sommesso, di manifestare a Roma.
La settimana, aperta lunedì con le proteste dei pensionati, si concluderà sabato con la manifestazione della Cgil, dei sindacati autonomi, della sinistra estrema. Probabilmente parteciperà il ministro di lotta e di governo Ferrero.
L'insieme sa di imbroglio, e un po' di indecenza. Un punto è chiaro: Rutelli e Fassino, scottati da una finanziaria tanto impopolare, hanno chiesto la "seconda fase", quella delle riforme. Prodi li ha zittiti, e allo stesso tempo è partita invece la controffensiva della sinistra contro il riformismo.
E a tacere imbarazzato è rimasto ancora una volta Fassino.
La Cgia (Confederazione generale italiana artigiani) ha calcolato su base giornaliera i "risparmi" fiscali concessi alle fasce di reddito più basso, fino a 35.000 euro, e sugli "aggravi" imposti alle fasce più alte.
Da questo risulta che la fascia più debole, con reddito di 15.000 euro, avrà a disposizione 53 centesimo al giorno mentre la fascia di reddito di 25.000 euro avrà 1,16 euro al giorno. La fascia più alta di reddito, con 140.000 euro, avrà in meno da spendere, ogni giorno, 5,58 euro.
Evidente l'inefficacia dell'intervento sui redditi bassi e sui redditi alti in funzione dello sviluppo a partire dal rilancio dei consumi.
Si conferma quindi che questa Finanziaria, come detto anche dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi, è fondata sulle entrate, cioè sulle tasse, e non sostiene lo sviluppo.
In ogni caso, l'esiguità degli spostamenti rappresenta una presa in giro per le fasce più deboli e smentisce la definizione della riforma fiscale come equa e solidale.
Napoli 2006 è l'immagine del clamoroso fallimento della politica clientelare e assistenziale della sinistra rappresentata dal sindaco Russo Jervolino e dal Governatore della Campania, Bassolino.
Nessuno dei due è stato in grado di grado di affrontare le tante, annose questioni che assillano i napoletani: la mancanza di lavoro, prima di tutto, ma anche la fatiscenza della città e la terribile connessione tra la società, la politica e i clan della camorra.
Oggi si invoca l'arrivo dell'esercito; lo fa, a gran voce, un esponente moderato della maggioranza governativa, quel Mastella, ministro della Giustizia, la cui moglie - presidente del Consiglio regionale della Campania - è tra i primi corresponsabili del degrado della città.
Il Mastella ministro chiede l'Esercito in modo strumentale, sapendo che i problemi di Napoli non si risolvono con l'invio di un reggimento di fanti.
La Mastella presidente del Consiglio regionale gli fa da sponda, sapendo pure lei che ben altro bisogna inventarsi per salvare la città del Vesuvio, magari evitando come ha fatto nelle settimane scorse di volare a New York, per il Columbus day, portandosi appresso una delegazione di 169 persone.
I soldati di guardia al consolato americano o al Palazzo di Giustizia, rappresenterebbero soltanto la vittoria della camorra: lo Stato obbligato a far scendere in piazza i militari, segno della sconfitta delle forze di polizia.
Napoli, con tutti i suoi difetti, non si merita una fine così ingloriosa e, soprattutto, non si merita di essere amministrata da un sindaco e da un governatore che in tutti questi anni non hanno saputo gestire la città e la regione.
Anche New York visse negli anni passati un periodo di grande violenza; ma il sindaco Giuliani applicando la sua ricetta di "tolleranza zero" riuscì a riconquistare i quartieri in mano alla delinquenza, a riportare la presenza dell'Autorità là dove la stessa autorità era stata costretta ad abdicare.
Napoli, oggi, sembra non fare più parte del Paese: lo Stato non esiste, le forze dell'ordine sono impotenti, vige la legge del più forte, i Quartieri Spagnoli sono una zona che sembra godere del regime della extraterritorialità.
Dicono che domani, dopo un vertice con il ministro degli Interni, arriveranno nuovi rinforzi, altri mille uomini - tra carabinieri, agenti e guardie di finanza - destinati al controllo del territorio. Ma non è con la forza - o almeno solo con la forza - che Napoli potrà risorgere: solo una buona amministrazione - a livello comunale e a livello regionale - potrebbe consentire a questa città di riprendere fiato.
"Guasto di sistema: la coalizione scricchiola, mentre scivolano via le possibilità di Prodi di fare riforme". Lo scrive il Financial Times, che aggiunge: "I timori che i partiti di sinistra abbiano chiesto un prezzo troppo alto per il loro sostegno riflettono un malessere più profondo".
In una lunga analisi firmata da Tony Barber, il quotidiano economico britannico nota come per qualsiasi governo europeo "se si vogliono fare riforme economiche, si devono fare poco dopo che si arriva al potere. Altrimenti, esse precipitano inevitabilmente nell'impopolarità, e la confusione interna rende poi gli sforzi impossibili.
Nel caso dell'Italia, la questione bruciante è se Romano Prodi, il premier di centrosinistra, abbia già sprecato l'opportunità per il cambiamento presentata dalla sua vittoria nelle elezioni di aprile".
"I crescenti segni di caos nella coalizione di Prodi - prosegue il commento - potrebbero significare che i suoi giorni al potere sono contati. Ma fatto più importante, il fallimento di Prodi illustrerebbe ancora una volta i perniciosi effetti di un sistema politico nel quale i partiti moderati, che condividono almeno qualche nozione di riforma economica, giacciono alla mercè di piccoli partiti anti-riforme, il cui sostegno è necessario a vincere le elezioni e mantenere maggioranze parlamentari".
Nell'articolo si ripercorrono tutte le tappe del governo dalle elezioni in poi, e citando le dichiarazioni del ministro Padoa-Schioppa, che all'Espresso ha paragonato la finanziaria ad un "romanzo imperfetto" che non "può essere come un sonetto dove tutto è perfetto", il FT conclude: "A dicembre, gli italiani sapranno se il governo ha fatto con successo le correzioni al 'romanzo imperfetto'.
Nel frattempo, il 'sonetto perfetto' della riforma economica è una forma poetica che nessun governo italiano sembra capace di padroneggiare".
"È veramente stucchevole il modo col quale Rifondazione comunista, aiutata da molti giornali, disegna se stessa e il proprio ruolo nell'Unione: una specie di guardiano della solidarietà e dell'equità, una vestale autorizzata a quella specie di Santo Graal nel quale si vuole trasformare il programma di Governo". Con queste parole il quotidiano della Margherita, Europa, lancia un duro attacco contro il partito di Franco Giordano. Sotto accusa soprattutto la partecipazione del Prc alla manifestazione di sabato 4 novembre contro la precarietà: "un ritiro dopo l'altro, il partito di Giordano - si legge su Europa - rimane l'unica forza politica di notevoli dimensioni che aderisce a un corteo ormai dichiaratamente antigovernativo".
E qui arriva l'attacco anche al presidente della Camera, Fausto Bertinotti: "Ieri si poteva permettere una battuta sulla Cdl: 'Se fanno manifestazioni vuol dire che stanno all'opposizione'. Come andrebbe applicata tale osservazione al suo stesso partito?".
Secondo Europa, per il Prc "è arrivato il momento di pagare la cambiale all'area dei movimenti sociali, una galassia che contemporaneamente è retroterra elettorale di Bertinotti ma è anche irriducibile a qualsiasi logica di Governo.
La contraddizione può stare insieme solo con l'ambiguità della collocazione e può essere coperta solo con l'assoluta rigidità rispetto alle ipotesi di riforma".