Dopo il malore che ha colpito Berlusconi a Montecatini, tutta l'attenzione dell'opinione pubblica e dei mezzi di comunicazione è concentrata sulla manifestazione romana di piazza San Giovanni e su Berlusconi.
In questo senso, anche l'iniziativa dell'Udc di non partecipare all'iniziativa presa da Berlusconi, Fini e Bossi e di organizzare un'autonoma manifestazione a Palermo rischia di passare in secondo piano.
Oltretutto, le posizioni assunte dai dirigenti dell'Udc sono contraddittorie. Da una parte, infatti, sostengono che l'opposizione al governo deve essere di qualità diversa e che non si fa attraverso la piazza, dall'altra però non rinunciano a manifestare in piazza, anche se separatamente dagli altri partiti della Casa delle Libertà.
In realtà, la manifestazione di piazza San Giovanni organizzata da Forza Italia, Alleanza Nazionale, la Lega Nord e dagli altri partiti alleati (PRI, Movimento per l'Autonomia di Lombardo, Nuova DC di Rotondi, Azione Sociale di Alessandra Mussolini, il partito dei Pensionati di Fattuzzo, La Fiamma Tricolore di Romagnoli e i riformatori liberali di Della Vedova) non presuppone una alternativa tra un'opposizione in Parlamento e un'opposizione in piazza, ma prevede semplicemente, come tutti gli altri partiti della sinistra, la manifestazione di piazza come una delle forme di espressione democratica e civile dell'opposizione. Un'espressione della democrazia che ha anche l'obiettivo di sostenere e di rafforzare l'opposizione che si svolge in Parlamento.
È inutile insistere sulla diversità con l'Udc su una questione ormai formale come l'opportunità e la validità delle manifestazioni di piazza per esprimere la protesta contro il governo da parte dell'opposizione.
Ciò che conta è la forte partecipazione, quella organizzata e quella spontanea, che darà una dimostrazione della perdita di consenso da parte della sinistra e soprattutto della determinazione del centrodestra a far cadere il governo delle discordie il prima possibile.
La manifestazione di sabato dimostra che piazza non vuol dire solo sinistra e che la piazza è anche nostra, come abbiamo dimostrato in altre importante occasioni.
La politica è un insieme di fattori e di compiti e tra questi è fondamentale quello di saper interpretare le esigenze della collettività per poi tradurle in fatti concreti.
Una grande manifestazione, che comporta un autentico sforzo non solo organizzativo, ma di volontà di singoli che rinunciano ad altre attività, è la prova della capacità di mobilitarsi per una ragione ideale in rapporto con il bene comune, di saper superare il proprio "egoismo", il proprio "particulare"; di perseguire una libertà non solo interiore ma anche politica, pubblica, illustrando fisicamente che la piazza non viene colta soltanto come il luogo del mercato, il luogo dove si compera e si vende, ma anche come il foro, il luogo in cui ci si esprime, si è attori e protagonisti della vita della Nazione.
Sull'onda delle parole di disprezzo che Prodi ha pronunciato nei giorni scorsi nei confronti della manifestazione di sabato, un malcelato e subdolo intento di svalutare un momento così alto di democrazia del centrodestra, non ha senso affermare che comizi, cortei e manifestazioni sono espressioni della sinistra, e che quindi è imprudente entrare in concorrenza con essa su questo terreno, che a essa apparterrebbe naturalmente.
Gli italiani devono vedere che la piazza è anche nostra, come luogo alto della politica.
"La sveglia ci e' venuta dalla gente, perche' i moderati sono restii ad andare in piazza, sono abituati a vivere e lasciar vivere. Ma poi i fax, le lettere di protesta ci hanno fatto capire che stava montando la rabbia e la disillusione". Il portavoce di Silvio Berlusconi, Paolo Bonaiuti spiega cosi' che la manifestazione di sabato a Roma contro il governo Prodi e' nata dalla spinta degli elettori del centrodestra.
"Noi non abbiamo alle spalle i sindacati - ha detto il deputato di Forza Italia ai microfoni dell'emittente Radio Radio - ma scendiamo in piazza contro una Finanziaria che sembra fatta apposta per scontentare tutti. Non so come ci siano riusciti". Bonaiuti attacca il governo Prodi dicendo che "e' il peggiore del dopoguerra. Noi non lo attacchiamo perche' ci piace, ma perche' i sondaggi ci dicono che questo e' il meno amato, ed e' al minimo del gradimento". Le critiche sono tutte per la manovra economica. "E' successo che Prodi e' leader debole di una coalizione ostaggio della sinistra. E' la finanziaria della sinistra in cui Prodi paga il prezzo della sua debolezza".
"Noi trovammo un buco e ce ne siamo andati lasciando la disoccupazione piu' bassa di sempre e un avanzo per maggiori entrate di 15-18 miliardi senza mai mettere le mani nelle tasche dei cittadini. La grande rabbia di tutti e' destinata solo ad aumentare".
Per Bonaiuti la Finanziaria "cambiera' ancora, perche' gli emendamenti al Senato li stanno mettendo loro con spese aggiuntive di altri 8-9 milioni di euro. Non vorrei che ci fossero altri aumenti di tasse. La gente registrera' sulla propria pelle, a partire dall'inizio del prossimo anno, gli aumenti catastali, l'Ici, le tasse comunali. Questa Finanziaria frena lo sviluppo".
Per la maggioranza, al Senato, il cammino della finanziaria è lastricato di battute d'arresto, sconfitte, passaggi azzardati sul filo del rasoio. Quando viene a mancare il discutibile supporto dei senatori a vita, risalta l'esiguità dei numeri di cui l'Unione dispone, aggravata dalle divisioni interne nella coalizione di governo su temi rilevanti per la vita del Paese.
La disomogeneità della maggioranza è una tara che non si può nascondere, affiora nonostante i tentativi di "militarizzazione" dei senatori di sinistra e di centrosinistra.
Ieri l'Unione è stata battuta due volte, alla commissione Difesa e alla commissione Salute. La prima ha dato parere contrario sulla manovra, la seconda ha bloccato, con un ordine del giorno votato da esponenti dell'Ulivo e della Cdl, il decreto con cui la ministra Livia Turco raddoppia la quantità di cannabis che si può detenere per uso personale senza subire l'azione penale. Sono segnali di una strisciante implosione, che potrebbe sfociare in un disaccordo fatale per la maggioranza.
Nella scombinata architettura della manovra, il governo ha mortificato le legittime attese delle forze dell'ordine e le richieste di maggiore sicurezza che vengono da tutti i cittadini italiani. Le risorse destinate ai mezzi e alle retribuzioni delle forze di polizia sono state falcidiate e quest'orientamento ha creato problemi e difficoltà, oltre che ai ministeri interessati, anche ad esponenti della maggioranza. Ieri sembrava che un'intesa bipartisan potesse portare a un parziale riequilibrio della situazione, ma all'ultimo minuto dalla sinistra radicale c'è stato uno scarto. A questo punto, il presidente della commissione, De Gregorio, ha votato con i senatori della Cdl e c'è stato parere negativo sulla finanziaria. Un parere consultivo, certo, ma il segnale è chiaro.
Anche il decreto della ministra Livia Turco con cui s'innalza il quantitativo di cannabis che si può detenere per uso personale è stato foriero di "mal di pancia" nella maggioranza. La sinistra radicale ha esultato, ma parecchi esponenti della Margherita e della Quercia non hanno nascosto il loro sconcerto. Il decreto di fatto liberalizza lo "spinello" e lancia un messaggio ambiguo, come hanno sottolineato i parlamentari della Cdl, proprio a quei giovani che si vorrebbe tenere lontani dagli stupefacenti. Ebbene, il "mal di pancia" ha fatto sì che ieri anche esponenti della maggioranza – come Paola Binetti e Anna Serafini, moglie di Piero Fassino – votassero, insieme ai senatori del centrodestra, un ordine del giorno col quale si impegna il governo a riesaminare il decreto Turco. E' evidente che più che l'esiguità dei numeri ha pesato la diversità di vedute, fra le forze della maggioranza, su un tema che turba il Paese.
E siamo soltanto all'inizio.
"Quello che è avvenuto ieri al Senato dimostra che in quel ramo del Parlamento c'è una situazione di perenne incertezza per cui il trionfalismo della senatrice Finocchiaro di qualche giorno fa è del tutto destituito di fondamento, anche se si è trattato di un'abile operazione mediatica". Lo afferma Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di FI.
"Al Senato non c'è nulla di blindato. Anzi le maggioranze blindate durano lo spazio di un mattino. Al Senato più che di blindatura si può parlare di roulette russa".
L'Unione è un concentrato di divisioni ideologiche e sui valori che mantiene il governo in piedi solo per il cemento del potere. Lo spettacolo offerto dall'inizio della legislatura a oggi non è propriamente edificante, ma le cose non sembrano destinate a migliorare.
Ieri il clou è stata la bocciatura della Finanziaria nella Commissione Difesa del Senato, ma non sono mancati altri episodi di guerriglia interna. Eccoli.
il carabiniere accusato di aver sparato a Carlo Giuliani e poi assolto per aver agito in stato di legittima difesa – ha scatenato la sinistra radicale, che è tornata a chiedere con insistenza una commissione d'inchiesta sugli incidenti avvenuti al G8 di Genova nel 2001. Placanica, infatti, sostiene di aver sparato in aria, e di essere stato usato come capro espiatorio per coprire qualcun altro. L'intervista a Placanica e gli interventi degli esponenti dei Verdi, del Pdci e di Rifondazione comunista a favore della commissione d'inchiesta sembrano inserirsi nella polemica tutta interna all'Unione che vede da una parte la sinistra radicale e dall'altra Ds e Margherita al centro di un braccio di ferro sulla proroga o meno di Gianni De Gennaro alla guida della polizia.
Dalla Commissione Sanità del Senato è partito un autentico siluro politico per il ministro Livia Turco, visto che è passato – con i voti di Ulivo e Cdl - un ordine del giorno che di fatto boccia il recente decreto ministeriale sulla droga. Diversi esponenti della maggioranza hanno convenuto che approvare un decreto, come ha fatto la Turco, senza il conforto delle Camere e senza il riscontro della comunità scientifica è stato un atto diseducativo che non va nella direzione della prevenzione dell'uso di stupefacenti. Ora il governo non potrà non prendere atto dell'accaduto. L'ordine del giorno infatti impegna l'esecutivo a "riesaminare il decreto" che innalza il quantitativo massimo di principio attivo di cannabis detenibile per uso personale, e a "predisporre azioni finalizzate alla prevenzione delle droghe e affrontare globalmente il problema della detenzione di sostanze stupefacenti". Una vera e propria censura politica al ministro Turco che ha creato ulteriori divisioni nell'Ulivo.
Nuove polemiche per Prodi anche in politica estera, dopo che l'annuncio del definitivo ritiro dall'Iraq sembrava aver placato la componente pacifista. Sono bastate infatti le affermazioni di Bush e del segretario generale della Nato sulla necessità di un impegno più consistente dell'Italia in Afghanistan per far riemergere tutte le perplessità della sinistra radicale in tema di missioni militari. Rifondazione ha subito parlato di "ingerenze inaccettabili" e il sottosegretario di "richieste impraticabili", e così sia Prodi che D'Alema sono dovuti ricorrere ai soliti equilibrismi verbali per salvare capra e cavoli. Il premier ha ribadito che la presenza della Nato in Afghanistan è fondamentale, ma allo stesso tempo ha auspicato una conferenza internazionale sul dopoguerra, in ossequio all'ordine del giorno fatto approvare su impulso della sinistra radicale in occasione dell'ultimo rifinanziamento delle missioni. Ora c'è da vedere cosa accadrà in sede di votazione della Finanziaria al Senato, visto che Rifondazione e Pdci, per votare la fiducia, pretendono una drastica riduzione delle spese militari.
Sono undici milioni gli italiani che, dopo l'approvazione del decreto legge fiscale, si ritrovano con un'automobile che vale meno del bollo da pagare. Tanti sono i proprietari di vetture inquinanti sui quali si abbattono i rincari della tassa di circolazione: 4,8 milioni di famiglie per la categoria "euro 0", altri sei milioni per le auto "euro 1", che subiranno una batosta appena meno pesante. In tutto il 32% del parco circolante.
Il governo era partito lancia in resta per far "piangere" i ricchi proprietari dei tanti criminalizzati Suv, alla resa dei conti a pagare saranno soltanto i poveracci che circolano con vecchie "carrette" che non hanno alcun valore di mercato. Dietro lo scudo della lotta all'inquinamento, si intravede solo l'ennesima operazione per fare cassa: l'unico modo per drenare denaro agli automobilisti era quello di colpirne tanti e, naturalmente, il governo non si è tirato indietro.
E' solo l'ultimo e definitivo approdo di un confuso balletto di cifre e provvedimenti che da tre mesi crea una scandalosa turbativa di mercato in un settore portante della nostra economia. Basti pensare al decreto legge che promette (o prometteva?) l'esenzione del pagamento del bollo per due/tre anni sulle auto non inquinanti. Il decreto, cavalcato da una massiccia campagna pubblicitaria dei produttori, è in scadenza. Migliaia di cittadini, che hanno fiduciosamente acquistato vetture nuove, rischiano di essere costretti a pagare quel bollo dal quale, promessa del Governo, dovrebbero essere esenti.
Per intanto si annuncia che nella Finanziaria ci sarà un nuovo e diverso provvedimento di rottamazione. Se il decreto sull'esenzione del bollo non verrà reiterato, c'è il rischio che tutti quei nuovi proprietari siano doppiamente gabbati: pagheranno il bollo e perderanno i vantaggi della rottamazione in arrivo con nuove regole.
I dati delle ultime politiche raccolti dall'ufficio della Giunta delle elezioni della Camera evidenziano rilevanti "anomalie": la somma tra i voti dati alle liste, le schede bianche, le nulle e le contestate è superiore al totale dei votanti. Le schede conteggiate in più rispetto al numero dei votanti sono 23.458. Vale a dire lo 0,06 per cento del totale.
La stessa percentuale che alla Camera ha fatto la differenza tra centrosinistra e centrodestra. Il che attesta come i conteggi "fatti a mano" con cui è stata assegnata la vittoria al centrosinistra non possano essere ritenuti affidabili rispetto a uno scarto così esiguo tra le coalizioni. Insomma, bisogna "ricontare tutto", a cominciare dalle schede bianche e nulle.
È la richiesta che - "in nome della trasparenza democratica" - le forze del centrodestra rivolgono a maggioranza e governo. In una conferenza stampa tenuta alla Camera, Paolo Bonaiuti, Gregorio Fontana, Lucio Malan (Forza Italia), Giorgio Stracquadanio (anch'egli eletto nelle liste azzurre), Vincenzo Nespoli (An) e i Riformatori liberali Peppino Calderisi e Marco Taradash lanciano un segnale politico forte al centrosinistra. Dal quale attendono collaborazione (il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha più volte annunciato che sosterrà la proposta di riconteggio di tutte le schede) in vista di una verifica che non può essere né evitata né rimandata.
Forza Italia parte dall'esposizione di alcuni dati: alla Camera i votanti sono stati 39 milioni 276 mila 893, mentre il totale dei voti tra validi, bianche, nulle e contestate è di 39 milioni, 300 mila 351. Ciò significa che sono state conteggiate 23.458 schede in più rispetto al numero dei votanti e la differenza di voti a favore dell'Unione rispetto alla Cdl è stata di 24.755. Altro dato che mette in risalto Forza Italia è la differenza di schede bianche tra Senato e Camera. Per palazzo Madama, dove gli aventi diritto al voto erano 4 milioni 541mila 768 in meno rispetto a Montecitorio, le schede bianche sono state invece 38.418 in più. Questo significa che ci sono stati elettori che nello stesso momento hanno deciso di votare bianco per il Senato ed hanno espresso invece un voto valido per l'elezione dei deputati, "un'anomalia".
Al di là delle interpretazioni le cifre dimostrano che "il sistema non ha funzionato e l'unico sistema è ricontare tutto". "È un problema di sistema - insiste Bonaiuti - questo sistema non è tarato in modo tale da poter verificare al millesimo scarti dello 0,06 per mille. Dopo tutte le polemiche legate al documentario di Deaglio, alla sinistra diciamo: visto che avete voluto aprire questo problema, domandiamo se non sia il caso di fare una volta per tutte chiarezza e ricontare tutte le schede. Così non rimarrà nessun dubbio, è un problema non di numeri ma politico".
"C'è qualcuno che ha paura del riconteggio? Noi no", conclude l'on. Paolo Bonaiuti.