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All’inizio del 1861 Verdi ricevette da Mauro Corticelli, buon amico di Giuseppina e segretario dell’attrice Adelaide Ristori, una lettera dalla Russia con la quale gli veniva trasmesso un invito del tenore Enrico Tamberlik a comporre una nuova opera per il Teatro Imperiale di Pietroburgo. 

Il musicista accettò, considerando tra l’altro l’entità del compenso propostogli (60.000 franchi) che rappresentava per lui una somma ragguardevole anche tenuto conto delle ingenti spese recentemente sostenute per lavori di ristrutturazione e restauro effettuati nella tenuta di Sant’Agata. 

Verdi progettò in un primo tempo di musicare Ruy Blas di Victor Hugo, ma il soggetto non ricevette l’approvazione da Pietroburgo. 

Il musicista esaminò allora un gran numero di lavori letterari e scelse infine Don Alvaro o La fuerza del sino, un dramma che gli parve "potente, singolare e vastissimo", dello spagnolo Angel Pérez de Saavedra duca di Rivas. Mentre Piave ne metteva a punto il libretto, Verdi iniziò a comporre La forza del destino e continuò a lavorarvi per tutta l’estate. 

Contemporaneamente, Giuseppina incaricò Corticelli di trasferire a Pietroburgo alcune provviste alimentari per affrontare al meglio i previsti rigori dell’inverno russo. (32)

Il viaggio a Pietroburgo si rivelò purtroppo inutile: Verdi ritenne la compagnia di canto non adeguata a interpretare l’opera e inoltre Emma Lagrua, il soprano che avrebbe dovuto cantare la parte di Leonora (il ruolo femminile principale), era malata. Il musicista si accordò infine per un rinvio della rappresentazione all’anno successivo. 

Lasciò quindi Pietroburgo diretto a Parigi, dove compose l’Inno delle nazioni, su versi di un giovanissimo poeta della "Scapigliatura" milanese, Arrigo Boito. (33)

Inizialmente molto critico nei confronti di Verdi e della sua musica, Boito, musicista e letterato, faceva parte di un gruppo ristretto di giovani musicisti e poeti d’"avanguardia", di grande cultura, secondo i quali non era possibile rinchiudere nei ristretti confini del melodramma la potenzialità creativa musicale dei compositori italiani. La ricerca avrebbe dovuto quindi affrontare sia l’elemento drammaturgico, attraverso il teatro lirico, sia quello più squisitamente musicale, e affrontare quindi correttamente altri generi, oltre al teatro in musica, quali la musica da camera: per la diffusione di quest’ultimo genere musicale, Boito progettava la costituzione a Milano di una Società del Quartetto. Scrisse, tra l’altro, Boito: 

La grande e vera Missione di tutte le Società del Quartetto è appunto il conservare con religione le reliquie dell’arte instrumentale, è l’essere maestre di passato ai giovani ed al pubblico, è il divenire fonti d’erudizione. S’impara dai padri, acciò poter lavorare pei figliuoli. Nato a Padova nel 1842, il ventenne poeta frequentava, a Milano, il salotto della contessa Maffei, che lo raccomandò a Verdi in occasione dell’impegno londinese: successivamente, Boito instaurerà con Verdi un duraturo rapporto di amicizia e di collaborazione.

Nel successivo mese di agosto, il musicista ripartì per la Russia, sostò a Mosca per assistere a una rappresentazione del Trovatore e, il 10 novembre 1862, poté finalmente mettere in scena La forza del destino a Pietroburgo. 

L’opera fu bene accolta e non mancarono, per Verdi, grandi elogi e festeggiamenti; lo zar Alessandro II conferì al musicista una preziosa decorazione. Vi furono però anche critiche parzialmente negative, e Verdi stesso non fu probabilmente del tutto convinto di alcuni aspetti dell’opera, se qualche anno dopo provvederà a effettuarne un parziale rimaneggiamento, incaricando Antonio Ghislanzoni di snellire e rendere meno macchinoso il libretto. (34)

Dopo un breve soggiorno a Madrid per assistere alla prima rappresentazione in Spagna della Forza del destino, che andò in scena l’11 febbraio 1863, in marzo Verdi si trasferì a Parigi, dove avrebbe dovuto sovrintendere a un nuovo allestimento, che prevedeva alcune modifiche rispetto alla precedente edizione, dei Vêpres siciliennes. Indispettito però dagli atteggiamenti a lui ostili del direttore d’orchestra, Louis Dietsche, e dalla scarsa professionalità dimostrata dalla compagnia di canto e dai componenti dell’orchestra, rientrò immediatamente a Sant’Agata – dove si occupò di ampliamento dei poderi e di allevamento del bestiame – e vi rimase, con Giuseppina, fino all’autunno del 1865. Non lasciò Sant’Agata neppure per assistere alla rappresentazione della edizione revisionata di Macbeth, che fu rappresentata al Théâtre Lyrique di Parigi, senza ottenere tuttavia un’accoglienza particolarmente calorosa, il 21 aprile 1865. 

Verdi accolse infine l’invito dell’impresario Perrin del teatro parigino dell’Opéra di comporre una nuova opera per l’Esposizione Universale del 1867. 

Dopo avere ripensato a Re Lear e aver preso in considerazione Salammbò di Flaubert e Cleopatra di Gerardini, Verdi scelse un dramma di Schiller, Don Carlos, Infant von Spanien; lavorò alla composizione dei cinque atti dell’opera, su libretto dei francesi Méry e Du Locle, nel corso del 1866, sia a Sant’Agata, sia a Genova: in quest’ultima città stava diventando sua consuetudine trascorrere lunghi periodi, soprattutto estivi, con Giuseppina. A Genova Verdi poteva godere della compagnia e della stretta amicizia di Angelo Mariani e della sua compagna, il soprano Teresa Stolz (raffigurata qui a fianco, in un dipinto d’epoca). (35)

L’ultimo atto di Don Carlos fu completato in una località degli Alti Pirenei, Cauterets, dopodiché il compositore iniziò a coordinare le prove, mettendo a punto anche la strumentazione dell’opera, che venne rappresentata a Parigi l’11 marzo 1867. 

Verdi non fu del tutto soddisfatto dell’allestimento di Don Carlos effettuato dall’Opéra, e fu inoltre profondamente contrariato dalle critiche negative, fra cui quelle che lo accusavano di "germanesimo" e di "wagnerismo", che si scatenarono nei suoi confronti. 

Il musicista imputò soprattutto a una esecuzione "senza sangue ed agghiacciata" la cattiva accoglienza riservata a Don Carlos a Parigi, e dichiarò anche, in una lettera indirizzata all’impresario Escudier a proposito degli esecutori del teatro parigino: 

[...] Due cose mancheranno sempre all’Opéra: il ritmo e l’entusiasmo. Si fanno molte cose bene, ma il calore che trasporta e trascina non l’avranno mai [...] L’Opéra non si persuaderà mai che le sue esecuzioni dal lato musicale sono meno che mediocri? Don Carlos, dopo alcune repliche a Parigi, fu riproposto il 27 ottobre 1867 a Bologna, con testo italiano, sotto la direzione orchestrale di Angelo Mariani e con Teresa Stolz nei ruolo principale di Elisabetta. Il successo di questa esecuzione fu vivissimo: la direzione di Mariani riscosse un plauso personale di particolare rilievo. 

In seguito, anche una rielaborazione dell’opera, con una totale revisione del libretto in italiano, ebbe ottimo esito alla Scala di Milano il 10 gennaio 1884. (36)

All’inizio del 1867, il 14 gennaio, era morto Carlo Verdi, il padre del compositore; Verdi e Giuseppina adottarono Filomena – che chiamarono poi Maria – una cugina di secondo grado di Verdi allevata dal padre del musicista. 

I Verdi, durante i lunghi periodi di assenza da Sant’Agata, affidavano Maria alle cure della famiglia del notaio di Verdi, Angiolo Carrara; Maria sposerà poi il figlio di quest’ultimo, Alberto, e sarà l’erede testamentaria di Verdi.

Un altro evento luttuoso addolorerà Verdi in quello stesso anno: il 21 luglio morirà quello che era stato il mecenate del Maestro, Antonio Barezzi.

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(32)  Da una lettera (aprile 1861) di Giuseppina Verdi a Mauro Corticelli: “[...] Noi ci fermeremo in Russia circa tre mesi, cioè dal 1º novembre a tutto gennaio 1862 [...]. Potresti fare per noi [...] le provviste [...] dei seguenti generi: Riso, Maccheroni, Formaggio, Salumi [...]. Quanto poi al vino ecco il numero delle bottiglie e la qualità che Verdi desidererebbe: n. 100 bottiglie piccole Bordeaux per pasteggiare, n. 20 bottiglie Bordeaux fino, n. 20 bottiglie Champagne [...]”. 
(33)  L'Inno venne eseguito, presente il compositore, il 24 maggio 1862 a Londra in occasione dell'Esposizione Universale.
(34)  La nuova versione della Forza del destino venne messa in scena al Teatro alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869.
(35)  L'amicizia con Angelo Mariani, uno dei più grandi direttori d'orchestra italiani dell'Ottocento, ebbe fine quando Mariani iniziò a dirigere e a diffondere in Italia le opere di Richard Wagner. Inoltre, Teresa Stolz, uno dei “mostri sacri” della scena lirica italiana, divenne una delle maggiori interpreti delle opere verdiane, il cui “carattere” ben si accordava con il suo temperamento, e ciò l'allontanò progressivamente da Mariani: quest'ultimo si separò infine dalla Stolz, nella quale alcuni biografi hanno intravisto una vera e propria “rivale” di Giuseppina, l'elemento che determinò anche un periodo di crisi del matrimonio di Giuseppina e Giuseppe Verdi.
(36)  Dopo il debutto parigino, Don Carlos andò in scena anche a Londra. Direttore d'orchestra in quella occasione fu Michele Costa, un musicista italiano naturalizzato inglese (1808-1884).
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Stai ascoltando la Sinfonia da La forza del destino



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