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il Quaderno del 25 luglio

Indulto: Bonaiuti, Di Pietro? Sinistra vive fuori realtà

Agenzia Ansa del 25 luglio, ore 12.32

"Di Pietro vota 'no' all'indulto, andando contro la sua maggioranza? E' l'ennesima dimostrazione del continuo conflitto con la realta' che vive il centrosinistra". Lo ha detto Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi, ai microfoni di Radio Radio. "E' un altro indice dei problemi gravissimi di questo Governo: una maggioranza leggera come una ballerina davanti alla gravita' assoluta del momento. La verita' - ha concluso Bonaiuti - e' che il collante amico che gli ha fatto vincere le elezioni, la voglia di sconfiggere Berlusconi, s'e' sciolto col primo caldo di luglio".

"Questo Governo e' in stato permanente di instabilita' assoluta". "E' evidente: siamo in una fase di stallo. La verita' - aggiunge il deputato azzurro - e' che l'esecutivo ha davanti un problema insormontabile: una coalizione cosi' allargata che gli ha permesso di vincere le elezioni, ma ora presenta il conto. C'e' una sinistra estrema che preme sul centro - spiega Bonaiuti - finendo con lo schiacciare i Ds".

"E' vero, il centrodestra ha una produzione culturale molto limitata: come prima cosa, bisognerebbe tornare a leggere". E' l'autocritica di Paolo Bonaiuti (Fi), in risposta ad una precisa domanda dell'intervistatore di Radio Radio. Dopo politica e indulto, la conversazione si sposta sul rilancio culturale del Paese e Bonaiuti commenta: "La cultura italiana sembra andare avanti per forza d'inerzia, senza riconoscere le classi nuove che si affacciano sulla vita economica e politica del Paese e senza capire l'importanza della globalizzazione dei mercati". Il ragionamento poi investe il tema dell'universita' che, per il deputato azzurro, "e' la grande dimenticata di questo Paese". "Bisognerebbe stimolare i docenti - spiega Bonaiuti - commisurando le retribuzioni ai risultati raggiunti con gli studenti. E si dovrebbe anche aumentare la spesa per la ricerca". Infine, un apprezzamento al 'nemico' Roberto Benigni: "Questa sera a Firenze Benigni inizia una serie di letture pubbliche della 'Divina Commedia'. Credo - ha detto Bonaiuti - che sia importante, soprattutto per i giovani, conoscere Dante e la sua assordante realta', cosi' al passo con i nostri tempi.

Quello di Berlusconi e' stato un gesto d'affetto verso la moglie Veronica: un gesto romantico, da 'hidalgo', da cavaliere d'altri tempi". Lo ha detto sempre Paolo Bonaiuti, commentando la festa a sorpresa offerta dal leader di Forza Italia alla moglie, a Marrakech in Marocco.

Realtà/Lo sguardo del Colle va oltre Palazzo Chigi

Fa discutere l'ennesima esternazione del Presidente ieri alla cerimonia del ventaglio che ha messo in guardia il centrosinistra dal considerarsi autosufficiente.

Calderoli, il leghista che non ti aspetti, si complimenta con Napolitano per le sue frequenti uscite politiche. "Finora sono state tutte per loro". Loro, s'intende, sono quelli dell'Unione. A più di due mesi dalla sua elezione il presidente schierato, tesserato, ex capo di una corrente dell'ex Pci, non le manda a dire. In realtà in queste settimane non ha fatto altro che lanciare moniti a Prodi e alla sua coalizione, auspicando nel contempo, un'apertura e una convergenza con l'opposizione. Perché, come aveva pronosticato Berlusconi, subito dopo la formazione del governo e i primi passi incerti della maggioranza parlamentare, l'Unione si sta infilando in un vicolo cieco la cui unica uscita possibile è il dissolvimento una coalizione troppo diversa, troppo eterogenea, attraversata quotidianamente da lacerazioni che nascondono la natura strutturale di tante diversità inconciliabili.

Napolitano, fin dall'intervista all'Express e poi alla tedesca Faz, non ha fatto altro che, dal suo osservatorio privilegiato, smascherare le contraddizioni, le difficoltà di una coalizione in apnea.

Ieri, tra le sottolineature, ha affermato che Prodi non può comportarsi come se avesse vinto le elezioni con sei o sette punti di scarto. La questione è proprio questa e l'irritazione della sinistra radicale lo testimonia: la maggioranza oltre ad essere inevitabilmente spaccata su tutto, è anche non autosufficiente. Non ha i numeri per governare e il ricorso costante al voto di fiducia è deleterio. Significa forzare la situazione, ergere un muro mai troppo alto per difendere una cittadella assediata, sul punto di capitolare.

Anche i giudizi autonomi, ma significativi, di Napolitano sull'azione del governo precedente hanno lanciato messaggi chiari all'Unione. Alla sua furia iconoclasta di smantellare le tantissime ed importantissime riforme del governo Berlusconi e della sua maggioranza.

Tra l'altro le dichiarazioni di ieri ai giornalisti parlamentari arrivano in un momento delicatissimo. Sull'indulto la polemica interna con Di Pietro, autosospeso, è feroce. Sul rifinanziamento della missione militare in Afghanistan la questione "fiducia" sta lacerando il centrosinistra. L'avvertimento del Presidente della Repubblica qualche giorno fa era stato chiaro: "L'Unione dia prova di compattezza, altrimenti sarebbe un problema". Ma la compattezza, che politicamente non esiste, che valore ha se viene espressa dalla coercizione di un voto di fiducia?

Siamo davanti ad un bivio importante. Nonostante le precisazioni alla Stampa di ieri, Napolitano ha evidenziato l'ennesimo problema: "Non si governa a colpi di fiducia e nemmeno con quel piglio, quella allegra tranquillità" che Prodi ostenta a paravento delle sue profonde difficoltà.

La Grande Coalizione potrebbe essere una soluzione. Una convergenza su programmi comuni per uscire dal pantano attuale. Solo in questo modo, come ha spiegato qualche giorno fa Tremonti, il progetto potrebbe trovare applicazione. Niente ammucchiate, tantomeno parziali, ma un progetto che tiri fuori l'Italia dalle difficoltà. Più del 50% degli italiani, dati alla mano, ha scelto Berlusconi, la sua idea di Italia ed il centrodestra. Solo il senso di responsabilità, mostrato spesso dall'opposizione in queste settimane, può salvare il Paese. Napolitano probabilmente lo intuisce e lancia segnali. Non tanto cifrati.

Realtà/Il Corriere va verso le larghe intese

E' sorprendente che le dichiarazioni forti di Giorgio Napolitano, che ha interpretato in modo estensivo i poteri presidenziali previsti dalla Costituzione, non abbiano trovato spazio sulle prima pagine dei "grandi" quotidiani: Corriere, Repubblica, Stampa, Sole; e che anche all'interno gli articoli siano stati abbastanza contenuti.

Benché Napolitano sembri sollecitare soprattutto la maggioranza ad essere compatta, proprio in seno all'Unione serpeggiano perplessità sui reiterati interventi a favore di convergenze sui temi di interesse nazionale e sulla constatazione che l'Unione deve tenere conto del fatto di avere vinto in misura esigua.

Sono possibili due ipotesi:

Il Corriere della Sera, a pag. 8, presenta sei ipotesi di nuovi scenari al Senato dalle quali due meritano alcuni commenti:

In entrambi i casi sarebbe prevista la confluenza in una eterogenea opposizione di Rifondazione, Comunisti italiani, Verdi, Di Pietro e Lega.

Da notare che in entrambe le ipotesi il punto significativo sarebbe costituito dalla spaccatura della Casa delle Libertà: nel primo caso, Fi entrerebbe al governo lasciando all'opposizione An e Udc; nel secondo caso, sarebbero An e Udc a lasciare Fi all'opposizione.

Ovviamente sono possibili delle varianti; inoltre, nella nuova sistemazione, singoli senatori potrebbero cambiare partito.

La cosa importante è che si presentino questi scenari come tutt'altro che fantapolitica, e ciò spiega sia l'allarme che si diffonde in alcuni ambienti della sinistra (e probabilmente anche della destra) sia la reazione morbida o positiva di Fi e Dc alle esternazioni del Capo dello Stato.

Il punto in discussione è il ruolo di Prodi perché egli è a Palazzo Chigi sulla base di un'alleanza che, modificata, farebbe perdere giustificazione alla sua permanenza.

Realtà/Il governo corre contro un muro

Prodi ha ormai deciso: sulle missioni militari porrà la fiducia, anche se lascia aperta la possibilità a eventi imprevedibili oltreché improbabili. L'ammonimento di Napolitano, che ieri ha ripetuto dinanzi ai giornalisti parlamentari i concetti già espressi il giorno prima a La Stampa, resta a futura memoria con l'avvertenza che il Capo dello Stato non sarà "un testimone muto". E l'avvertimento di Napolitano concorda con quello del Presidente del Senato Marini per il quale la via della contrapposizione permanente come regola di governo non è sopportabile a lungo.

Per la prima volta, nell'aeropago delle tre massime cariche dello Stato, c'è una crepa, visto che la collocazione di Bertinotti a Montecitorio è stata concepita dallo stesso leader di Rifondazione e da Prodi (che lo ha preferito, non dimentichiamolo, a D'Alema) come garante degli attuali equilibri politici.

La soluzione adottata non può convincere il Capo dello Stato soprattutto perché essa dà vita a una contraddizione politica che può risolversi in una condizione istituzionale vicina al paradosso. La via imposta da Rifondazione, dai comunisti di Diliberto e dai Verdi, che hanno chiesto il voto di fiducia per risolvere i loro problemi interni, e di partito, non è sostenibile a lungo. Sostenere che la fiducia consente di trasformare il voto sul merito in un voto sulla sopravvivenza del governo significa aprire la strada a una scissione fra la volontà politica delle forze che concorrono alla coalizione e l'esito istituzionale. Significa aprire la strada a un esecutivo che resta in carica nonostante il parere contrario dei singoli parlamentari o dei partiti alle scelte politiche adottate.

E questa non è una illazione poiché le divergenze all'interno della maggioranza non riguardano questo o quel punto, e neppure soltanto un tema di assoluta priorità come la politica estera, ma investono la politica economica, le questioni sociali, la stessa concezione della società , delle sue finalità e dei suoi ordinamenti.

In definitiva questa via della barricata permanente che la sinistra conservatrice tende a imporre al Parlamento, al governo e al Paese tende a congelare gli equilibri politici, impedendo che sui temi più importanti per l'interesse del Paese, si aprano spazi di convergenza. Al Senato, la Casa della Libertà sarà costretta, sul voto di fiducia, a votare contro nonostante tutte le ragioni che alla Camera l'avevano portata, a un voto in linea con le sue posizioni nella passata legislatura e con il desiderio di confermare la solidarietà alle nostre missioni che operano all'estero.

E del resto malumori nei confronti della soluzione adottata si levano anche nella sinistra moderata. Per ora a farsene interprete è Rutelli, per il quale è troppo facile montare un meccanismo come quello inscenato al Senato con risultati che costringono la maggioranza della coalizione ad adeguarsi alla volontà di minoranze anche esigue.

Novità/I quattro dell'Ave Maria

"I quattro dell'Ave Maria" è il titolo di un vecchio western all'italiana in cui varie situazioni creano il sodalizio tra quattro pistoleri che organizzano una rapina in banca. Una storia che ritorna alla mente leggendo dell'incontro solidale tra Tabacci, Follini, Di Pietro e Alemanno.

La scena si gira in una sala del Tempio di Adriano dove si discute del "bipolarismo muscolare" e delle alternative future. I nostri quattro, protagonisti di storie ed esperienze diverse (a volte molto diverse: nel '92 l'ex magistrato ora ministro spedì un avviso di garanzia a Tabacci il quale lo aveva bollato così: "attaccava la partitocrazia, ora si adegua per opportunismo"), pare abbiano scoperto molte affinità e trovato un comune punto di arrivo: il superamento del bipolarismo e la costituzione di un nuovo soggetto politico. Una sorta di partito dei moderati, come precisa Di Pietro, "rispettoso dei valori liberali, delle libertà di fare, delle regole". Una terza strada per chi non condivide né il partito democratico né il partito delle libertà. Insomma, pistoleri di destra e pistoleri di sinistra, che già in passato hanno condiviso il "no" al referendum sulla riforma costituzionale e la cui arma oggi è puntata - all'interno della propria coalizione - contro l'indulto. Contro Previti.

"Ero favorevole all'amnistia. La decisione dell'indulto è molto difficile da digerire", dice Tabacci. Follini considera "l'indulto largo quantomeno una forzatura", mentre Alemanno dichiara che il provvedimento lo "mette in seria difficoltà". A compendio di tutte le dichiarazioni, gli atti del ministro: dallo sciopero (non va al ministero) alla manifestazione in piazza.

Affinità "culturali"che dal chiacchiericcio in transatlantico sono passate ad un dibattito aperto e che aspirano alla conquista della "cassaforte" politica. Con un ospite d'onore: Mario Monti, già commissario europeo che inizia a fare politica proprio quando lo nega. "La mia presenza al convegno non ha nulla di politico", precisa il professore ma viene smentito dalla incontenibile vanità di Tabacci "è venuto perché ha apprezzato le mie battaglie" oltre che dalle sue stesse parole. Ma soprattutto dalla consapevolezza che questo incontro avrà delle conseguenze e l'ex commissario vuole essere della partita.

Sport/Illeciti? Sì, del signor Rossi!

Al di là delle sentenze sul calcio, a parte la nuova geografia del campionato di serie A, passando sopra illeciti o presunti tali, c'è un fatto gravissimo che emerge dalle ceneri di "calciopoli". Nelle prime pagine dei primissimi esami di giurisprudenza e di altre facoltà che trattano il diritto, si insegna che l'ordinamento sportivo è a sé stante, non deve subire condizionamenti di alcun tipo dall'ordinamento ordinario, men che meno dalla politica. Altrimenti, per fare un discorso terra terra, è sufficiente un'entrata "assassina" di Materazzi durante una partita per aprire un processo penale nei suoi confronti, che verrebbe accusato di lesioni personali.

Insomma, il calcio, come poi tutti gli altri sport, vive di vita sua. Cosa è successo con il nuovo governo, intento com'è stato fin dall'inizio a mettere mano su tutto? Il calcio non è più libero, non è un ordinamento autonomo, con le sue regole, con il suo autogoverno. Né è sufficiente dire: c'è stato lo scandalo. Bastava fare un po' di pulizia, far rotolare qualche testa, rimuovere alcuni conflitti d'interesse e celebrare processi giusti ma non scandalosamente di parte, quasi ci fossero quattro vittime sacrificali (l'ultima, il Milan, saltata fuori solo dopo che è stato nominato Borrelli a capo dell'ufficio indagini della Figc). Il governo doveva tenersi lontano.

Invece, prezzemolo-Melandri, prima di festeggiare quasi fosse un merito suo la coppa del Mondo vinta da altri, ha pensato bene - da diessina doc - di coprire con la longa manu della politica anche il pallone. Complice Prodi. Ecco allora la nomina di Rossi e, a cascata, quella di Borrelli. Risultato? Un moralismo d'accatto, con 4 società processate subito (diremmo quasi linciate) per esigenze legate alla loro partecipazione alle coppe europee, e altre in un secondo momento (ma c'è da dire che anch'esse, con l'esito del primo processo, avevano interessi alle coppe).

Rossi ha cominciato a fare il padre-padrone del calcio, dimenticando di aver fatto parte di quel consiglio d'amministrazione dell'Inter coinvolto nello scandalo passaporti. E adesso tutti mugugnano. Sullo sport, è stata violentemente passata una barriera invalicabile, con il solo risultato di accendere gli animi e le contestazioni. Rossi ha calpestato ogni regola, forte della protezione governativa, arrivando a nominare nuovi giudici prima ancora che i vecchi fossero stati "dimessi". Sul calcio, il signor Rossi ha imposto una giustizia a tavolino, sulla base di intercettazioni certo imbarazzanti ma in molti casi sicuramente non espressione di illeciti sportivi.

Si menano fendenti alla cieca, senza pensare alle conseguenze e ai tifosi, i quali sono i veri penalizzati ma anche coloro che possono far saltare la baracca. E intanto, il signor Rossi, per una volta non anonimo, continua a girare con la sciarpa al collo, facendo il bello e il cattivo tempo come se fosse un angelo sceso in terra. Addio sport più bello del mondo.

   

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