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il Quaderno del 6 novembre

Manovra/I "fastidi" della maggioranza

E' una finanziaria acefala, quella sulla quale il governo chiederà il voto di fiducia alla Camera. Acefala perché non ha una linea guida unitaria, ma rispecchia le mille anime di questo governo. Il risultato è che per la prima volta nella storia, la commissione Bilancio di Montecitorio esamina solo alcuni articoli della manovra e rimette all'aula gli emendamenti più "delicati", come quello sull'Irpef e l'altro sui bolli auto.

Nella sostanza la finanziaria sembra il documento di sintesi di un'assemblea studentesca del '68. Non è una sintesi, ma l'insieme di tante mozioni: c'è il rigore ed il lassismo, la clientela e l'inasprimento fiscale, l'assistenzialismo e la stangata.

Il risultato finale è la mancanza di idee per le troppe idee.

Su questo minestrone insipido il governo chiederà la fiducia. Ma non la porrà per bloccare l'ostruzionismo dell'opposizione, bensì per frenare l'assalto alla diligenza dei suoi. Un fenomeno particolarmente manifesto ad ogni legge finanziaria, ma che assume toni macroscopici negli anni di fine legislatura. E' come se i deputati, prima ancora dei ministri, si rendessero conto di non avere altro tempo a disposizione per fare "clientele". Da qui, l'ondata abnorme di emendamenti. Con un particolare: se i singoli deputati non dovessero trovare le loro richieste di modifiche nei maxi emendamenti alla manovra che verranno elaborati dal governo, i loro suggerimenti decadrebbero automaticamente. Ne consegue, che nella maggioranza potrebbe crescere il fastidio nei confronti del governo.

Il primo segnale c'è stato venerdì notte, quando la commissione Bilancio ha cancellato una norma della finanziaria che avrebbe esautorato il Parlamento del controllo della spesa, decisa dal governo. Altre forme di ribellione potrebbero manifestarsi nei prossimi giorni, sia alla Camera, ma soprattutto al Senato, dov'è in discussione il decreto fiscale. Ed i primi a cui non piace questa manovra sono proprio i parlamentari della sinistra, i cui emendamenti vengono giudicati "fastidiosi" da Padoa Schioppa, che li paragone "alle mosche che si posano sui pasticcini". Il problema è che la "sua" finanziaria non è un pasticcino, ma una minestra insipida e senza gusto. Acefala, insomma.

Dentro&Contro/La droga dell'ideologia

La manifestazione di sabato della sinistra antagonista e radicale ha messo in luce alcuni elementi importanti:

Se questo è il quadro dell'attuale situazione politica, non è difficile prevedere tempi duri per il Paese sottoposto al logoramento di una maggioranza di governo schiava del potere e drogata dall'ideologia.

Dentro&Contro/La marcia e la retromarcia

La menzogna subito servita da Romano Prodi con sublime faccia tosta, che cioè la manifestazione di sabato a Roma non fosse diretta contro il governo, non ha ingannato nessuno. Non ha ingannato, soprattutto, diversi settori dell'Unione che non nascondono sconcerto, irritazione, preoccupazioni per il futuro dell'esecutivo. Al corteo organizzato dai Cobas e dalla sinistra radicale e massimalista hanno partecipato sei fra viceministri e sottosegretari e tutto il Paese ha avuto modo di valutare quanto siano gravi e insuperabili i contrasti che dividono le sinistre e il centrosinistra. Lo hanno avvertito anche esponenti della maggioranza che non nascondono i pericoli di un naufragio.

Dentro&Contro/Le Guardie della Rivoluzione

Un "pezzo" consistente del governo protesta in piazza contro le politiche del lavoro del governo, il premier dichiara che la protesta non è contro il governo. Pochi giorni prima, tra i pensionati della Cgil in piazza contro la finanziaria del governo, tra uno sventolìo di bandiere rosse, aveva marcato la sua presenza Fassino, segretario del partito di maggioranza della coalizione.

Chi ci capisce qualcosa?

La spiegazione più ovvia viene servita da un retroscena del Corriere della Sera, laddove si attribuisce al segretario di Rifondazione, Giordano, il gustoso virgolettato di una sua telefonata a Prodi: "Guarda Romano, che quelle che sfilavano per le vie della Capitale sono le guardie del corpo del tuo governo. E' dagli altri, invece, che ti devi guardare, possono essere loro un problema, non noi". La risposta del premier è stata "una clamorosa risata".

Non c'è stata smentita, né da una parte né dall'altra.

Dunque, prendiamo per buona questa verità, che conferma che il premier è ostaggio dell'ala comunista e più radicale del suo governo.

Un governo non di centrosinistra, ma di sinistra a tutto tondo.

L'immagine di un premier crollato nei consensi degli italiani e "assediato" nella sua stessa coalizione, con le Guardie della Rivoluzione a fargli da scudo contro i "sicari" riformisti, è lo specchio fedele di una situazione più volte denunciata dall'opposizione.

È un Prodi costretto all'angolo dai suoi stessi alleati, chiuso nel suo fortino di Palazzo Chigi, un piccolo "raìs" che confida in una pattuglia di "guardie del corpo" per mantenere il più a lungo possibile un potere che, passi o no la finanziaria, è destinato a esaurirsi per consunzione interna.

Lo diciamo noi dall'opposizione? No, ci pensano loro a dare un quadro della situazione.

Così Caldarola (ds) dice che "la golden share del governo ce l'hanno loro", riferendosi a Rifondazione e compagnia bella; Cofferati attacca i sottosegretari di governo e di lotta, paventando per la coalizione "il venir meno della coesione"; il verde Cento sostiene "Siamo destinati a convivere"; il sottosegretario Rosa Rinaldi (Prc) si vanta di aver partecipato a un corteo nel quale il suo ministro, Damiano, viene invitato a dimettersi, perché "servo dei padroni"; dulcis in fundo, il leader della Fiom, Cremaschi, grida al suo segretario Epifani:"Sei schiavo del governo".

Ma c'è ancora un governo degno di questo nome?

Dentro&Contro/Bonaiuti: sinistra velleitaria

"In Italia c'è una vecchia sinistra di piazza e di lotta, oppure una sinistra europea di governo? Agli osservatori stranieri questa sinistra di Piazza Navona ha mostrato il suo vero volto confuso, velleitario e confusionario che l'ha portata a formare, assieme a Prodi, il peggior governo del dopoguerra".

Lo afferma, in una nota, Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, commentando il corteo contro il precariato.

Bonaiuti a Prodi: nessun titolo per giudicare Berlusconi

"Chi guida il peggior governo del dopoguerra non ha titolo per giudicare Berlusconi". Così Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi, risponde alle parole di Romano Prodi che nel libro di Bruno Vespa definisce il leader di Forza Italia "prepotente".

"Berlusconi prepotente? - aggiunge Bonaiuti - Lo dice Prodi che con soli 23 mila voti di vantaggio e l'Italia spaccata in due ha occupato tutte le poltrone possibili e immaginabili, ha tassato i bot e i cct, il ceto medio, le aziende grandi e piccoli, i commercianti e i liberi professionisti, e ora si prepara a stangare il pubblico impiego e i pensionati".

Dentro&Contro/Prodi ride. Per ora

Prodi: ci fa o è? Questo è il dilemma: perché ogni volta che il premier viene messo sotto accusa, non dall'opposizione - cosa naturale - ma dalla sua stessa maggioranza, oppone una maschera che lascia interdetti i suoi interlocutori. Sulle tasse, ricordiamolo, disse che era contento di averle alzate anche se, aggiunse, "so di aver fatto un provvedimento impopolare"; sulla Finanziaria è stato l'unico a riderci sopra, tanto che proprio Forza Italia ha fatto affiggere nelle città il manifesto con il faccione del premier sorridente; ora che mezzo Governo sfila contro di lui - i sottosegretari e i viceministri rappresentano il 50% dello schieramento - afferma che "non c'è problema".

Certo, il vero problema è lui. Il vecchio bojardo di Stato non riesce a guidare la sua compagine, non riesce a gestire il Paese. Un Paese che, a ben guardare la mappa degli scioperi e delle proteste, ha voltato le spalle a Prodi tanto da destra quanto da sinistra.

Sabato Roma ha visto il clou delle proteste. L'occasione era un mega-corteo contro il precariato.

A sfilare si sono ritrovati tutti i cespugli della sinistra: Rifondazione, Comunisti Italiani, Verdi, Cobas, Fiom-Cgil, Arci, correntone Ds, sfrattati, no global, cassa integrati, immigrati, animalisti, ambientalisti, operai inferociti, dipendenti Alitalia, universitari…Il fior fiore di quel movimento arcobaleno che, ai tempi del centrodestra, ha fatto vedere i sorci verdi al Cavaliere.

Per Romano Prodi, però, non c'è problema, va tutto bene, la protesta non è contro di lui, il Governo è saldo, la legislatura durerà cinque anni, chi era in piazza non ce l'aveva con lui.

Ormai nella stessa maggioranza molti cominciano a credere che il pullman di Prodi sia arrivato al capolinea. Tutto il Paese è in rivolta. I tassisti, i medici, i farmacisti, gli operai, gli impiegati, i militari, le forze dell'ordine, i commercianti, gli artigiani, gli industriali. Il Paese rosso - quello della sinistra massimalista - non vuole le riforme, vuole più soldi e meno ore di lavoro. Il Paese moderato chiede meno tasse, più sviluppo, meno burocrazia, più riforme.

E Prodi? Ride, minimizza, bofonchia, mentre i sindaci, quelli della sua stessa maggioranza, gli danno la caccia per avere più risorse e i collaboratori più vicini - vedi Sircana e Rovati - pagano di persona gli errori del "principale".

Il vocabolario usato da Prodi e dalla sinistra è quanto di peggio ci si potesse aspettare da un governo arcobaleno: sono riapparse parole ormai desuete come i padroni, i ricchi, i figli di papà. Parole che accentuano le divisioni dell'Italia e costituiscono una pericolosa miscela esplosiva. Ma quanto il Paese potrà continuare a subire le angherie di un Governo ostaggio dei no global e degli animalisti? Prodi sarà pur "contento", ma intanto ha scontentato tutt'Italia.

Politiche/Schede bianche, chi ha imbrogliato chi

Spudorati. Non c'è altro termine per definire l'ultima sortita della sinistra che - attraverso il settimanale Diario di Enrico Deaglio - sta per lanciare l'accusa di "grande broglio elettorale" rivolta, ovviamente, a Forza Italia che il 9 e il 10 aprile avrebbe mosso il Viminale per danneggiare il centrosinistra. "Elezioni 2006, l'ombra dei brogli", ha già titolato in prima pagina l'Unità.

"Nella notte del voto sparirono le schede bianche..." è il titolo con il quale il quotidiano diessino sintetizza il contenuto dell'articolo, e i puntini di sospensione lasciano presagire chissà quali clamorosi colpi di scena. In realtà, l'inchiesta di Diario parte dalla constatazione del drastico calo delle schede bianche - peraltro ritenuto fisiologico da molti analisti - calo che si accompagnerebbe a un'ulteriore anomalia: il buon risultato ottenuto da Forza Italia.

"Guarda caso, gli unici dati sbagliati rispetto alle previsioni degli exit polls - afferma Deaglio - riguardano da un lato lee schede bianche, che erano state segnalate nella norma, dall'altro il dato che riguarda Forza Italia. Per il resto gli exit polls avevano azzeccato tutto".

Secondo questa teoria, la percentuale delle schede bianche sarebbe costante - tra l'1 e il 2 per cento - in tutte le regioni, mentre la casa delle Libertà ha in più occasioni fatto notare il più basso numero di schede bianche registrato nel Lazio e in Campania, dovuto molto probabilmente alla "mobilitazione generale" decisa dal coordinamento dell'Ulivo con un accalorato "appello alla vigilanza" nella notte dello scrutinio.

E, guarda caso, proprio la Campania risultò decisiva per le sorti delle elezioni. La tesi sostenuta da Deaglio è abbastanza fantascientifica: basterebbe inventare un piccolo software capace di deviare i dati delle schede bianche a un raggruppamento politico per alterare le elezioni. E questo sarebbe accaduto per favorire Forza Italia.

Si tratta di argomentazioni basate sul nulla e prive di ogni riscontro, dunque ben oltre i limiti della diffamazione. Non va mai dimenticato che gli unici brogli emersi alle ultime politiche - e oggetto di un'inchiesta della magistratura - sono quelli relativi al voto degli italiani all'estero, e tutti rigorosamente in favore dell'Unione, con tanto di filmati acquisiti agli atti come elemento di prova.

La sensazione è quella di una manovra preventiva per alzare una cortina fumogena sulle irregolarità del centrosinistra che potrebbero emergere in tempi ormai brevi dalla giunta delle elezioni. Ma è un'operazione dal fiato corto, funzionale solo a respingere le richieste di riconteggio dei voti validi avanzate da Forza Italia e da tutta la CdL - come ha sottolineato Calderisi. Le irregolarità si commettono nei seggi, dove il centrosinistra è da sempre molto ben rappresentato.

Dopo la chiusura delle urne, le schede vanno alle Corti d'appello, alla Cassazione e alle Camere: il Viminale non c'entra nulla, perché si limita a sommare i dati che arrivano dalle Prefetture (non a caso, la proclamazione ufficiale del risultato elettorale arriva dalla Cassazione). E nel caso delle ultime elezioni i dati ufficiali hanno confermato quasi alla virgola quelli ufficiosi del ministero dell'Interno.

Mentre le verifiche a campione in corso sulle schede bianche e nulle indicano la possibilità di spostamenti significativi a vantaggio del centrodestra.

Ma c'è un ultimo dato da sottolineare: nelle elezioni di aprile non solo le schede bianche, ma anche le nulle sono drasticamente diminuite, probabilmente per la semplificazione del voto che si è determinata con la nuova legge elettorale.

E poi, se le cose stanno come dice Deaglio, come mai l'Unione sta ritardando in tutti i modi non solo il controllo dei voti validi, ma anche il riconteggio delle schede bianche e nulle? Quando la sinistra è in difficoltà, va sempre all'attacco, ma la sortita sui brogli potrebbe rivelarsi un boomerang.

   

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