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Nel giugno 1847 Verdi, accompagnato da Muzio, partì per Londra dove avrebbe dovuto portare a termine e sovrintendere alla successiva messa in scena dei Masnadieri.

Muzio lo precedette nella capitale britannica e Verdi sostò a Parigi, per incontrarvi Giuseppina Strepponi: i loro rapporti erano divenuti sempre più stretti e si tramuteranno rapidamente in un profondo sentimento, in un legame amoroso che li unirà indissolubilmente.

A Londra, l’opera I masnadieri venne rappresentata il 22 luglio, alla presenza della famiglia reale. Il successo di Verdi fu più mondano che artistico e il libretto dell’opera, tratto da Schiller e scritto per Verdi da Andrea Maffei, fu giudicato privo di realismo, carente sia per la qualità dei versi, sia per il taglio scenico. Anche l’impresario Lumley sollevò qualche critica, rivolta anzitutto al testo dell’opera: il commento di Verdi fu però: 

È andata bene, e senza aver fatto furore ha avuto un successo da potermi procurare molte migliaia di franchi. Verdi ebbe, proprio in occasione di questa rappresentazione londinese, la misura della notorietà che a soli trentaquattro anni aveva acquisito in ambito europeo: la regina Vittoria volle conoscerlo per congratularsi con lui e gli giunsero sinceri elogi dai molti rappresentanti di alcune famiglie aristocratiche inglesi.

Durante il soggiorno londinese, inoltre, Verdi conobbe Giuseppe Mazzini. In quel periodo, in tutta Europa, i regimi autoritari stavano cedendo parte dei loro poteri assolutistici per effetto delle pressioni esercitate da moti popolari, e concedevano alcune libertà costituzionali ai cittadini. Verdi ebbe modo, nel corso dell’incontro con Giuseppe Mazzini, di esporre all’esule le proprie convinzioni sulla situazione politica europea, e italiana in particolare, e di dichiarargli quanto condividesse le sue idee repubblicane.

Dopo I masnadieri Verdi tornò a Parigi: vi rimase in maniera pressoché continua dal 1847 al 1849, dando avvio alla convivenza con la Strepponi. Scrisse, in questo periodo, alla contessa Appiani: 

Non posso nasconderle che mi diverto molto e che nulla ha potuto finora interrompere i miei sonni. Non faccio nulla; vado a spasso; sento tante coglionerie che nulla più; compro presso a poco venti giornali al giorno (ben inteso senza leggerli) per evitare le persecuzioni dei venditori; così, quando vi vedono in mano un fascio di giornali, nessuno me ne offre, e rido, e rido. Verdi effettuò il 5 aprile 1848, subito dopo le "cinque giornate", (17) un breve viaggio a Milano. Scrisse a Piave:  Caro amico, figurati se io volevo restare a Parigi sentendo una rivoluzione a Milano. Sono di là partito immediatamente sentendo la notizia, ma io non ho potuto vedere queste stupende barricate. Onore a questi prodi! Onore a tutta l’Italia che in questo momento è veramente grande. L’ora è suonata, siine pur persuaso, della sua liberazione. Rientrò poi a Parigi, in tempo per assistere ai moti che si svilupparono in quella città e alla repressione messa in atto dalle truppe governative.

Nel febbraio 1849, in Italia, venne proclamata la Repubblica Romana, retta da Mazzini, Saffi e Armellini: cadde nei primi giorni di luglio, dopo l’ultima difesa sostenuta dai garibaldini, contro i quali ebbero la meglio i francesi sbarcati a Civitavecchia con l’intento di ristabilire il potere temporale del papa – Pio IX si era rifugiato nel frattempo a Gaeta. L’intervento francese fu uno dei motivi che spinsero Verdi a lasciare Parigi nell’estate del 1849.

Nel frattempo il musicista, che non aveva comunque interrotto i contatti con gli impresari dei teatri italiani, aveva composto altre due opere, 
Il corsaro e La battaglia di Legnano, la prima per l’impresario del teatro San Carlo di Napoli, Vincenzo Flauto, la seconda – il cui soggetto era legato agli eventi guerreschi e alla valorosa resistenza delle storiche repubbliche di Roma e Venezia – per il Teatro Argentina di Roma. Ancora per Napoli compose in seguito Luisa Miller, su libretto di Salvatore Cammarano tratto da Schiller: seguì Stiffelio, per il Teatro Grande di Trieste, su soggetto di ambiente contemporaneo dei francesi Souvestre e Bourgeois. Quest’ultima opera venne in seguito "trasformata" da Verdi, che la ripresentò, dopo averla ambientata nel Medioevo e aver apportato alcune modifiche al racconto, per l’inaugurazione nel 1857 del teatro Nuovo di Rimini, con il titolo Aroldo

Al suo rientro in Italia, Verdi andò a Busseto per soggiornarvi e condusse con sé Giuseppina Strepponi: fu uno scandalo per i concittadini di Verdi, che lo considerarono ingrato e non riuscirono ad accettare che il compositore convivesse, nientemeno che nella città nella quale aveva conosciuto e sposato Margherita Barezzi, con un’altra donna. In quei giorni, con imprevedibile ironia, il maestro scrisse alla contessa Appiani:

Benedetto, benedetto questo Busseto Che bellezza! qual eleganza! qual luogo! che società! Sono incantato e non so se mi potrò staccare così presto!!!!!!

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(17)  Dopo gli scontri già avvenuti a Vienna, a Milano, nelle cinque giornate (18-23 marzo 1848) che poi passarono alla storia come l'avvio del processo che via via coinvolgerà altre realtà cittadine e condurrà alla conquista dell'indipendenza e, in seguito, alla proclamazione dell'unità d'Italia, si attuò la ribellione dei cittadini contro l'occupazione e la dominazione austriaca: il generale Radetzky e le sue truppe furono cacciati dalla città.
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