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G8 Genova 2001

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Carlo Giuliani, ragazzo

Carlo Giuliani, il ricordo degli amici

cariche e gas lacrimogeni

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Cariche feroci e gas lacrimogeni

La guerra comincia la mattina a mezzogiorno, i Grandi stanno arrivando a Palazzo Ducale. La moltitudine che ha invaso la città si addensa e si scompone a onde. È in nessun luogo, dappertutto. Massimo Costantini, medico genovese in servizio al Centro di Epidemiologia clinica, Istituto nazionale per la ricerca sul cancro, è dalle parti di piazza Alimonda. Racconta questo: «Le prime cariche della polizia al corteo delle Tute bianche sono state violentissime e con un enorme uso di gas lacrimogeni. In pochi secondi via Tolemaide, stretta tra un palazzo e il terrapieno della ferrovia, si satura di gas. La testa del corteo sbanda, saltano la maggior parte delle protezioni di plastica, i manifestanti non hanno protezioni efficaci, indietreggiano, le mani alla gola e agli occhi. Molti vomitano. Alle nostre spalle ci sono almeno 10.000 persone. Perdo di vista gli altri medici e gli infermieri. Sono l'unico ad avere una maschera antigas professionale. Anche così la pelle scoperta brucia: questi gas sono urticanti. I giovani hanno crisi d'asma. Li faccio indietreggiare, altri manifestanti mi aiutano. Mi tolgo la maschera per urlare di spostarli indietro dove si respira meglio, ma devo rimetterla subito. Dopo il decimo smetto di contarli. Per fortuna ho il Ventolin. Con la polizia, coi carabinieri ci guardiamo e non diciamo niente. Trovo un giovane al secondo piano di un palazzo, con la sua ragazza, terrorizzato. Andiamo insieme alla Croce, prende un po' d'ossigeno, si rimette in piedi. Li mandiamo tutti indietro al Carlini o in via Diaz per tenerli sotto osservazione. I gas li lanciano col fucile, un po' in alto un po' ad altezza d'uomo. Due ragazzi sono colpiti in faccia. Tampono la ferita, uno ha il labbro inferiore sbrindellato, lo porto a un'ambulanza, due traverse più su. Gli scudi di plastica si possono usare come barelle improvvisate, scopro. Poi mi trovo in un portone con un ragazzo ferito a una gamba. Un laccio ha fermato l'emorragia, il taglio con qualche punto si richiude. Adesso sento delle urla, da una traversa a sinistra. “L'hanno ammazzato, l'hanno ammazzato”.