Ieri sera il coordinatore nazionale di Forza Italia On. Sandro Bondi ha rivolto un discorso accorato al gruppo parlamentare di Forza Italia che ha convinto i parlamentari di Forza Italia.
Dopo il risultato delle elezioni di aprile, la necessità di stabilire luoghi di discussione politica è diventata una necessità imprescindibile per Forza Italia
Il gruppo parlamentare, anche grazie alla disponibilità e alla saggezza del Presidente Elio Vito, è uno di questi luoghi di confronto e di dibattito politico in cui poter elaborare collettivamente il tipo di opposizione al governo Prodi e discutere delle prospettive politiche del Paese.
Siccome si parla da giorni sui maggiori quotidiani di Forza Italia, della sua riorganizzazione e del suo futuro, è necessario che questo dibattito non si svolga sui giornali o in circoli ristretti, ma nei luoghi deputati a discuterne.
Perché il problema del futuro di Forza Italia esiste, ma deve prendere le mosse dalla base solida di un partito che si è confermato il primo partito italiano con il 24 per cento dei consensi, un partito che ha distanziato di sette punti una forza politica della storia e dell'organizzazione dei DS.
Dobbiamo perciò discutere di questo, senza personalismi, senza badare al nostro ruolo personale che deve essere a disposizione delle scelte del partito, ma con l'obiettivo di consolidare e di rafforzare ulteriormente il consenso di cui già gode Forza Italia.
Tutto questo nell'ambito di una riflessione politica che muova dall'analisi della nuova situazione che si è registrata nel Paese dopo le elezioni di aprile.
Così come avviene anche nelle altre forze politiche della Casa delle Libertà, in cui si è aperta una riflessione politica nuova e interessante per tutte le forze politiche dell'opposizione. Una riflessione, quella avviata da Gianfranco Fini per Alleanza Nazionale, che anche noi seguiamo per i suoi riflessi sui rapporti fra i partiti dell'opposizione in vista della prospettiva del partito della libertà.
Anche noi dobbiamo aprire una riflessione analoga, che coinvolga tutti i nostri parlamentari, i nostri dirigenti politici, gli intellettuali che guardano a noi con speranza.
Abbiamo una prima occasione per svolgere questo confronto nel tradizionale appuntamento di Gubbio. A questo proposito - ha aggiunto l'On. Sandro Bondi rivolgendosi a tutti i parlamentari presenti - vi consegnerò a giorni il contributo della mia relazione che costituisce un invito per tutti a partecipare e a prendere la parola.
Per consolidare e rafforzare i consensi a Forza Italia vi sono due strumenti irrinunciabili:
Così Stefano Folli, su Il Sole 24 Ore, ha definito la linea politica di Prodi, giustificandola dal punto di vista del capo del governo il quale non avrebbe nessuno spazio per gestire formule alternative: in altre parole, qualsiasi cambiamento nella composizione della maggioranza passerebbe per il sacrificio di Prodi.
Folli poi osserva che il no di Follini a passare ad un appoggio al centrosinistra - sarebbe fallito il colloquio segreto tra Prodi e Follini rivelato da La Stampa - fa cadere nello stesso centrosinistra qualsiasi illusione sulla possibilità di accrescere la propria maggioranza grazie ad alcuni transfughi del centrodestra.
Di fatto, Prodi è sempre più prigioniero dell'ala sinistra della sua coalizione che esulta per il fatto che, sull'Afghanistan, è stata posta la questione di fiducia, che dimostra l'essenzialità della stessa ala sinistra per la sopravvivenza del governo: ma questo è evidente.
Solo che la politica estera è una bandiera e le decisioni dell'Italia non hanno conseguenze sulla politica interna, dove invece conta l'economia.
Quindi il vero scontro tra Prodi e l'ala sinistra dell'Unione ci sarà sulla Finanziaria, e Padoa-Schioppa, confermando la validità dell'innalzamento dell'età pensionabile e del diritto a optare per rimanere più a lungo in attività lavorativa, sfida l'estrema sinistra, confortato anche dai buoni risultati 2005 delle imprese.
Tutto questo compatta, ma in modo esteriore e superficiale, il centrodestra, perché la sua compattezza deriva dal meccanismo del voto di fiducia sistematico imposto da Prodi.
Il problema allora non si risolve ma si sposta: precisamente al momento in cui Prodi non potrà più contare sull'efficacia del metodo: che cosa farà allora il centrodestra?
Al momento non esistono risposte. E' evitata l'emorragia di transfughi. An e Lega sono contrarie alla Grande coalizione. Tutto il peso si sposta su Forza Italia che, obiettivamente, non ha interesse a svelare i suoi obiettivi, posto che ce li abbia.
Infatti a Forza Italia conviene attendere il compimento del destino del governo Prodi: solo in quel momento scoprirà le sue carte.
Nel frattempo diventano più aspri, in seno alla sinistra, i dibattiti sul Partito democratico, la cui realizzazione implica una ridistribuzione delle cariche, e quindi una nuova "classifica" dei leader, e una decisione sul rapporto da tenere con gli esclusi dal Pd, con probabili conseguenze sulla tenuta del governo Prodi.
Sembra escluso che Prodi riesca a trasformare il futuro Pd nel suo principale punto di sostegno; anzi, la formazione del Pd implicherà la rimozione di Prodi per stabilire una nuova corrispondenza tra composizione dell'alleanza e struttura del governo.
Ci sono momenti in cui bisogna lasciare l'iniziativa all'avversario, senza offrire punti per un suo contrattacco unificante, aspettando che sia l'avversario stesso a commettere errori.
Siamo alle solite. Non c'è un argomento, una proposta, un disegno di legge che non spacchi inevitabilmente la sinistra. Dall'Afghanistan alle staminali, dalle liberalizzazioni al partito unico. E' sempre caos, liti, minacce, lacerazioni. Adesso il rito si rinnova con la proposta di legge sull'indulto che doveva esser votata ieri alla Camera, ma che per le barricate nostalgiche di Di Pietro è slittata. Una proposta che sta spaccando l'Unione, incapace di governare, come l'apprendista stregone, le proprie iniziative che le sfuggono di mano, diventano più grandi e più complesse dei suoi creatori. Certo non è un bello spettacolo. Ma è l'ennesimo. L'Ulivo è attraversato da profondi ripensamenti su alcune parti della legge; Luciano Violante che sul giustizialismo ha costruito la sua sinistra carriera puntualizza, evidenzia. Ma il coup de téåtre lo mette in scena Piero Fassino, il segretario dei Ds che si dice inondato di e-mail di protesta da parte della base: lui è confuso, come al solito. Sente l'ondata di indignazione che sale dal "suo" popolo, tentenna. Poi si accorge che quelli del governo lo stanno lasciando solo. Nemmeno un incoraggiamento ad andare avanti. E' come, sostiene Fassino, se il peso della decisione ricadesse solo sui partiti. Allora Fassino tira fuori dal cilindro il coniglio che dovrà salvare la faccia. Almeno lui così crede: "sarebbe quanto mai utile ed opportuno che in queste ore il governo facesse sapere quali delle leggi ad personam approvate dalla destra intende rapidamente abrogare. Si renderebbe così chiaro che l'indulto non attenua minimamente il rigore etico e giuridico a cui il centro sinistra intende ispirare la sua politica in materia di giustizia". Ci risiamo. L'antico vizio ipocrita della sinistra torna a galla. Il manicheismo assolutista, che tanti danni ha fatto all'Italia e alla sua democrazia, sbandierato in questi decenni prima dal Pci e poi dai suoi degni eredi, ritorna a galla. E' l'inaccettabile schema del bianco e del nero, del pulito e dello sporco, dei confini netti e precisi tra chi è e chi non è, tra chi chissà quali interessi ha da difendere e chi, invece, difende solo lo Stato. E' come se sulla proposta di indulto i voti di Forza Italia fossero geneticamente diversi da quelli dei Ds. Ecco allora il ricatto, lo scambio, il tentativo vigliacco di pensare di salvare la faccia davanti ai ricatti ben più gravi e pesanti dei girotondini di turno, di quelli invasati dal sacro fuoco di una giustizia che per essere vera ed efficace deve bruciare, come in una sorta di catarsi, i colpevoli, li deve distruggere, mettere alla gogna.
Ecco perché la sinistra, ammesso che alla fine voterà l'indulto, non avrà mai il coraggio di appropriarsi politicamente di questa legge. Perché non è nella sua indole un atto di clemenza. Perchè il garantismo di cui ancora si favoleggia è un flebile ed accademico ricordo. Perché da Tangentopoli in poi a sinistra vince la piazza, l'irrazionalità pericolosa delle folle invasate, guidate da guru improponibili con il veleno sulla lingua.
Da anni si discute di amnistia, indulto; di un provvedimento che possa aiutare, nei limiti del possibile, la popolazione carceraria ad alleviare impropri ineluttabili destini. Si ricordano ancora le forti parole a Montecitorio di papa Wojtyla. Lo stesso Mastella, ministro del governo Prodi, nella sua visita agli istituti di pena aveva parlato di necessità di un intervento parlamentare. Ma a cento metri dalla fine la corsa si complica. E nemmeno su un provvedimento di alta civiltà la sinistra riesce a schiacciare i suoi fantasmi. C'è sempre un ricatto da subire; c'è sempre un ricatto da fare, ma si resta sempre in mezzo al guado.
Occorre darne atto all'Unione: ad ogni piè sospinto del suo programma elettorale, per ogni capitolo, prometteva un florilegio di comitati, comitatoni (come quello per il Mose), commissioni, tavoli di concertazione e tavolini di consultazione. Promessa mantenuta, con le debite eccezioni per i "cattivi": tassisti, farmacisti, avvocati, notai, immobiliaristi. Altre categorie finiranno nella lista nera, in base al "teorema Ichino", secondo il quale la concertazione bisogna farla solo con chi è d'accordo.
Così è spuntato il "tavolo per Milano". Chissà se Prodi se lo immaginava così: dentro la Prefettura lui, votato a recuperare i favori del Nord produttivo, con al centro dell'agenda le infrastrutture; fuori dalla Prefettura venti agit-prop di Di Pietro, ministro "congelato" (guarda caso delle Infrastrutture), a contestarlo per l'indulto. E nella Capitale, la sua proterva coalizione impegnata a dare la fiducia al decreto Visco, mirabile sintesi dell'oppressione fiscale e burocratica che stringe un laccio mortale al collo delle piccole-medie imprese e del popolo della partite Iva.
Lasciamo da parte la cronaca di questo "tavolo" e la conferenza stampa che ne è seguita. Solo alcune annotazioni.
Se Berlusconi balla, Prodi corre. Il primo si copre con un caftano e si traveste da berbero, il secondo in tenuta da footing scopre il suo bel faccione e si sente Mennea. Il primo affitta un locale per una festa privata, rende felice la moglie e fa divertire i suoi ospiti, il secondo occupa una strada pubblica, quella statale che va da Positano a Praiano e per il suo sollazzo fa imbestialire tutti coloro che in macchina sono costretti ad una sosta forzata di due ore: motivi di sicurezza hanno imposto la chiusura al traffico di quel tratto di strada.
La festa che il Cavaliere ha voluto organizzare per il compleanno della moglie ha avuto un grande risalto sui media: titoli in prima pagina su tutte le testate, ad eccezione di Repubblica. Articoli che vorrebbero essere di "colore" ottenendo però un effetto sbiadito. O peggio ancora un effetto triste come la cronaca di Oscar Giannino per Libero: il titolo riconosce che "c'è qualcosa di grande nel Silvio marocchino", ma l'articolo chiude con un invito intellettualmente piccino. "Quando smetterà con la politica, diamogli un teatro in mano, al Cavaliere. Facciamolo ballare e suonare. Sarà sempre tutto esaurito". Si può anche tentare di pensare alle buone intenzioni, ma francamente si fa fatica a condividere o a sorridere di un'immagine giullare del proprio leader.
Forse avremmo voluto che Giannino insieme ai suoi colleghi dedicasse la stessa attenzione, la stessa morbosa curiosità, la stessa ironia puntuta anche alle "prodezze" prodiane. E invece nulla. Una breve in cronaca per esaltare le capacità podistiche del premier ma nulla sulle conseguenze provocate: due ore di traffico in tilt in un tratto stradale che non ha alternative. Se l'avesse fatto un qualsiasi cittadino si sarebbe parlato di occupazione di suolo pubblico e, forse, di abuso di potere. Se poi a farlo fosse stato Berlusconi, apriti cielo: lo avrebbero accusato di avviare le grandi opere per interesse personale.