Silvio Berlusconi ha scelto la tribuna delle Giornate dell'Amicizie dei "leali amici" della Democrazia Cristiana per le Autonomia per mobilitare il popolo della Casa delle Liberta' contro la Finanziaria "che ha aumentato la pressione fiscale di 2 punti". "La gente ce lo chiede e noi vogliamo - ha detto parlando dalla tribuna del palacongressi del Grand Hotel Billia di Saint Vincent (Aosta) - dare la possibilita' a tutti i cittadini ddi poter manifestare contro la Finanziaria per questo non basta mobilitarsi a Milano o a Roma dobbiamo manifestare nelle piazze di tutte le 150 citta' italiane".
Berlusconi ha dato cosi' il via a un grande "tax day", al tempo stesso ha pero' ribadito "la volonta' di agire per rendere il meno peggio possibile una Finanziaria che ha introdotto 67 aggravamenti di imposte mettendo le mani nelle tasche dei cittadini", ma non solo. Berlusconi, infatti, ha aggiunto: "Ho letto l'ultimo scritto di Stalin dove spiega che l'obiettivo comunista e' togliere la moneta. Visco e Bersani ci stanno riuscendo. Hanno aperto la via fiscale al regime abolendo la moneta in tantissimi rapporti". Si e' quindi detto certo che con Tremonti avrebbe fatto "molto molto meglio, bastava tagliare gli spechi e si sarebbe guadagnato un punto di Pil che sarebbe stato piu' che sufficiente invece cosi' si blocca la ripresa". "Vediamo - ha aggiunto - che anche gli Amministratori locali della sinistra sono contrari a questa Finanziaria. E' evidente che le e' scappata di mano; noi vogliamo difendere gli interessi di chi produce e dei cittadini consumatori".
Il leader di Forza Italia ha poi analizzato lo stato di salute della Casa delle Liberta' assicurando gli "amici democristiani": "siamo avanti di sei punti rispetto all' Unione". Pur dicendosi favorevole alla creazione di Federazione del centro destra sollecitata dal segretario della Dc, Gian Franco Rotondi, "perche' i tempi non sono ancora maturi per sciogliere i partiti", Berlusconi ha rilanciato il progetto del "Partito delle Liberta' referente in Italia del Partito del Popolo Europeo". A sorpresa ha poi fatto un'autocritica sui cinque anni di Governo macchiati da "dieci errori capitali" il primo dei quali e' "non avere portato a compimento la separazione delle carriere dei magistrati". "Oggi - ha precisato - il pubblico accusatore ed il giudice appartengono alla stessa categoria, hanno la stessa carriera, ma soprattutto i pubblici ministeri hanno una forza importantissima nelle istituzioni che decidono della carriera dei giudici stessi". Secondo Berlusconi tutto questo "costringe i giudici, se vogliono dire di no ad un teorema accusatorio dei Pm, ad un atto di coraggio e qualche volta ad un atto temerario e a volte, me l'ha detto un magistrato - ha sottolineato - a compiere un atto addirittura di eroismo". Infine l'affondo su Romano Prodi. Berlusconi lo ha definto: "Un uomo solo obbligato dai suoi a rispondere in Senato su Telecom ed ad ascoltarlo c'era una manciata di senatori della sinistra". Ha poi dato una sua lettura alle recenti vicende Telecom e fusione Intesa San Paolo: "Il fatto che i Ds non sapessero nulla mi fa pensare che Prodi voglia dare vita ad una sua posizione di potere, crearsi un movimento".
"La manovra va contro i Comuni e quindi curiosamente e' contro i Ds, che hanno nelle amministrazioni locali i loro punti di forza. E' un caso? Non lo so. Certo non e' la prima operazione che Prodi realizza contro la Quercia". Lo afferma Silvio Berlusconi in un'intervista al Giornale (un'analoga intervista il leader di Fi ha rilasciato a La Stampa). Tra le altre operazioni Berlusconi fa riferimento alla "fusione bancaria tra il San Paolo e Intesa invece che con il Montepaschi, operazione che i Ds non conoscevano. Oppure al caso Telecom e al progetto Rovati: i Ds non erano stati informati che Palazzo Chigi preparava l'intervento della Cassa Depositi e Prestiti, della quale Prodi aveva gia' indicato come amministratore delegato un uomo di sua fiducia. Sono posizioni di potere economico-finanziario prodromiche al potere politico".
Per Berlusconi, "Prodi e' un generale senza truppe che cerca il suo esercito. Mi ha colpito vederlo al Senato parlare di Telecom trascinato dalla sinistra. Era solo, isolato, davanti a una manciata di senatori della sua parte seduti qua e la'. Un'immagine emblematica. Vedo che nella Margherita gli ex popolari hanno ripreso una soggettivita' politica. Sono cose che non fanno mostra di una alleanza coesa. Credo che la Finanziaria sia sfuggita al controllo del governo. A Palazzo Chigi regna la confusione e Visco ha mano libera".
Berlusconi parla poi anche della possibilita' di votare alcuni emendamenti della Margherita alla finanziaria. "Noi - dice il leader di Fi - dobbiamo difendere gli interessi del nostro blocco sociale. Non e' un inciucio: bisogna trovare il modo di migliorare la Finanziaria, renderla meno dannosa. E' una legge che trasuda pauperismo, odio sociale, volonta' persecutoria. Con l'Europa che sanziona il deficit oltre il 2,8%, io e Tremonti avremmo fatto diversamente, tagliando un 1% di spese pubbliche. C'e' la ripresa, le maggiori entrate erariali dovute alle nostre misure contro l'evasione garantiscono un punto di Pil in piu': perche' sottrarre risorse alle imprese e frenare l'economia con 67 aggravi di imposta?".
Quanto al ricorso alla piazza, Berlusconi la ipotizza solo nel caso della richiesta di fiducia di Prodi sulla finanziaria, ma "non credo che arriveranno a tanto, sarebbe un fatto gravissimo. Ma a quel punto non potremo sottrarci a chi ci chiede di rispondere con una manifestazione collettiva. Penso a cortei in ogni capoluogo, e' tale la protesta popolare che daremo la possibilita' a chiunque di scendere in piazza".
Il Sole 24 Ore di domenica 8 ottobre ha pubblicato – in evidenza e con molto spazio – nella pagina “Commenti e inchieste” la seguente lettera di un lettore. Il titolo: “Storia di un ex voto”.
Questo è il testo integrale.
“Fatti due conti, mi aspetto che quest'anno il prelievo fiscale sul mio reddito aumenti tra il 3 e il 5 per cento. Lavoratore dipendente, reddito di 90 mila euro, auto aziendale, proprietario di un appartamento, sarò colpito contemporaneamente dall'aumento dell'Irpef, delle addizionali regionali, dell'Ici, del prelievo sull'auto aziendale; capo famiglia monoreddito con tre persone a carico, non godrò di alcuna deduzione per carichi di famiglia. Questa è la reale misura del prelievo “marginalissimo” (definizione di Visco) che si annuncia.
“Per ragioni di distribuzione, s'intende: l'Italia è popolata da evasori e famiglie multireddito che meritano ogni sgravio e ogni deduzione. Ammetterlo mi costa moltissimo, ma Berlusconi aveva ragione con la sua definizione di coloro che hanno votato Prodi contro i propri interessi. Avevo sottovalutato l'incapacità della sinistra di superare gli schemi atavici della sua demagogia. Ora mi professo coglione.
Franco Battaglia - Roma
Questo il commento alla lettera del vice direttore Aldo Carboni:
Non si angusti troppo, caro Battaglia. Sentirsi frugare in tasca non è mai divertente; che a farlo sia un governo per il quale uno ha anche votato, aggiunge al danno del portafoglio la beffa del cuore. Alla quale lei dà pubblico sfogo, con la franca ammissione della verità sottostante alla memorabile metafora berlusconiana. Dalle lettere che il giornale riceve credo di poter concludere – ma ignoro se questo possa consolarla – che non si trovi da solo. Del resto, a parte qualche caso raro, i coglioni usano girare sempre in compagnia.
Un altro anno. Un'altra Finanziaria. Un altro trucco" è il sommario dell'articolo apparso sull'ultimo numero di The Economist, "Fumo e specchi", a commento della legge Finanziaria presentata la scorsa settimana dal Governo Prodi.
The Economist si riferisce al provvedimento secondo il quale confluirà nelle casse dello Stato la metà del TFR dei lavoratori che non sceglieranno di destinare la liquidazione ai fondi pensione; lo stesso provvedimento che ha fatto dire a Luca di Montezemolo "assistiamo ad una sorta di nazionalizzazione di una parte importante di risparmio che impone un carattere dirigistico all'agire economico".
Il problema per The Economist non è nell'idea in sè che, anzi, considera "difendibile poichè taglia un sussidio nascosto alle aziende sotto forma di finanziamento a basso costo" ma nella natura della sua contabilizzazione nel bilancio previsionale da parte del ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa. "Non è perdonabile", continua l'articolo, "il fatto che la Finanziaria tratti questa cassa come entrate, e non come un debito che in futuro dovrà essere restituito. Le entrate previste da questo provvedimento (5,3 miliardi di Euro) rappresentano più di un terzo di quanto il Governo intenda tagliare il deficit".
"Non sono gli errori che ci si aspetterebbe da un ex-membro del consiglio della Banca Centrale Europea" chiosa The Economist, concedendo però le attenuanti del caso a Padoa Schioppa che "ha dovuto piegarsi fino a questo punto per conciliare le richieste dei partiti della sinistra radicale. La Finanziaria include un annacquato taglio del cuneo fiscale ma aumenta le tasse sui redditi e opera poche riduzioni della spesa pubblica. Vi è il rischio che l'effetto finale sia quello di frenare una crescita già ridotta".
In conclusione, il settimanale definisce il progetto di Finanziaria "ottimistico" al punto da "chiedersi se Padoa Schioppa sarà in grado di tagliare il deficit nella misura prevista. Il trucco sul TFR potrebbe non essere riconosciuto da Bruxelles e il risultato dipende anche dalle misure per ridurre l'evasione fiscale che potrebbero non dare i risultati previsti (7 miliardi di Euro). Il pericolo maggiore è che il progetto inciampi al voto del Parlamento.
“Padoa Schioppa ha accontentato sindacati e sinistra, ma fatto infuriare i sempre più nervosi partiti di centro della coalizione, che temono, con l'aumento delle tasse, di perdere l'appoggio del ceto medio, particolarmente al Nord. Il governo ha ora una maggioranza al Senato di un solo seggio, ed è quindi fortemente vulnerabile alle pressioni di qualsiasi componente del suo largo spettro politico".
I quotidiani finanziari esteri più autorevoli alzano il livello di allarme sulle possibili ricadute di un ammorbidimento della Finanziaria.
Il Financial Times ("Prodi affronta le divisioni sulle proposte della Finanziaria") descrive "le fatiche di Prodi per mantenere inalterato il suo piano di tagli mentre i moderati e la sinistra radicale si danno battaglia intorno alle sue proposte per ridurre la spesa pubblica". Secondo il quotidiano finanziario, "la Finanziaria di quest'anno è la più importante dall'ingresso nel 1999 nell'Euro, a causa del deterioramento delle finanze pubbliche e della competitività internazionale negli ultimi otto anni" ma "le possibilità di ridurre il deficit e il debito pubblico sono limitate dal fatto che Prodi guida una litigiosa coalizione di nove partiti con una minuscola maggioranza al Senato".
"All'interno del governo salgono critiche allo stile di comando di Prodi, mentre i politici che non fanno parte del suo entourage si lamentano di essere lasciati all'oscuro sulle decisioni prese". Per esprimere il suo giudizio il Financial Times utilizza le parole di Tiziano Treu: "L'immagine che stiamo dando è quella di un governo che non sembra in grado di attaccare gli sprechi e che sta inconsapevolmente scivolando verso un aumento delle tasse".
Il Wall Street Journal parte da un altro dato di fatto emerso in questi giorni, la decisione della Corte di Giustizia Europea di obbligare al rimborso dell'Iva per le auto aziendali, per analizzare la situazione nell'articolo "L'Italia aumenta le previsioni di deficit". Secondo il quotidiano finanziario statunitense, nonostante all'annuncio dell'aumento della previsione di deficit per il 2006 al 4,8% del PIL sia seguita la conferma dell'impegno italiano a rientrare nei parametri di Maastricht, "la revisione al rialzo della previsione è un segnale che nonostante gli sforzi italiani per tagliare il budget, la spesa pubblica continua a superare le entrate". Il WSJ rileva come le nuove cifre si aggiungano alle "preoccupazioni del primo ministro Romano Prodi per raggiungere il consenso all'interno della sua coalizione divise su 30 Miliardi di Euro di manovra basata su controversi aumenti fiscali e tagli di spesa".
La preoccupazione del quotidiano è derivata dalle ricadute sulla economia dell'intera zona euro delle scelte italiane: "L'Italia deve tagliare la spesa, ma un drastico taglio della spesa o un aumento delle tasse potrebbe minare il recupero economico del paese, che trascinerebbe in basso la crescita dell'intera zona Euro. D'altra parte se l'Italia non implementa questi cambiamenti, potrebbe trovarsi di fronte ad un downgrade del suo debito, alzando il costo del debito e lasciando meno risorse per sostenere la crescita". Una situazione di difficile interpretazione: il fatto che Germania e Francia stiano rientrando rapidamente nei parametri dell'Euro non fa che porre il nostro Paese al centro dell'attenzione alle critiche di istituzioni ed analisti.
Cofferati attacca, Visco reagisce, Cofferati affonda il colpo. La “verità” sulla finanziaria fa più male se arriva da sinistra.
Così il viceministro (il “veroministro” dell'Economia) invita, dai teleschermi, il primo cittadino di Bologna a “fare il sindaco” e a “prendersi le sue responsabilità”, in sostanza a farsi gli affari suoi. Di contro, Cofferati replica dalle pagine di Repubblica con due verità scomode, una politica e l'altra di sostanza: il governo “insegue la demagogia della sinistra radicale, di chi dice togliamo ai ricchi per dare ai poveri”; con il risultato che “a pagare sono soprattutto il ceto medio produttivo e il lavoro dipendente, cioè i soggetti più leali con il fisco”.
Per darsi ragione, Visco imbroglia le carte e i numeri. Davanti all'accusa di tartassare i redditi a partire da 30mila euro, abbandona precipitosamente la linea Maginot dei 75mila euro (quella dei “ricchi” penalizzati, secondo la prima versione comunicata alla stampa) e porta ad esempio i guadagni fiscali (399 euro) di “un lavoratore dipendente con coniuge e un figlio che ha un reddito di 16mila euro lordi l'anno”.
Prendendo ad esempio un lavoratore con il reddito appena al di sopra dell'asticella della “no tax”, dimostra che non sa più dove andare a parare. A chi parla di capre, risponde parlando di cavoli. E così dà ragione a Cofferati. Ma naturalmente anche all'opposizione.
Prodi risponde all'appello di Napolitano e proclama che “al centro della Finanziaria c'è la famiglia”.
Ma, prima di lui, dalle pagine della Stampa era stata il ministro Bindi ad affrettarsi a precisare che “il Colle non dà medaglie e non rimprovera nessuno”. Oddio, proprio nessuno no, visto che sarebbe stato il governo Berlusconi a “impoverire le famiglie”. Mentre quello attuale vi sta ponendo rimedio.
Non avrà però fatto piacere al ministro il fatto che, riteniamo non a caso, sul quotidiano torinese, nello stesso giorno dell'intervista alla Bindi compare un commento in prima pagina che la smentisce.
Apprendiamo così che, nel gioco delle detrazioni e degli assegni familiari, emerge un'altra verità: un meccanismo che penalizza proprio le famiglie con figli e, in particolare, quelle più povere. Tre esempi.
Bella politica della famiglia.
Se Prodi non aveva capito le ragioni vere del nuovo flop del Partito Democratico ad Orvieto, a spiegargliele è stato Berlusconi a Saint Vincent.
Il Presidente del Consiglio ha provato a forzare la nascita del (suo) partito nuovo, nel momento di maggiore debolezza personale: dopo aver inanellato il pasticcio Telecom e la presentazione di una Finanziaria che non piace a nessuno, salvo Padoa Schioppa, Bertinotti ed Epifani. Fin qui la cronaca…
Ma quello che ha mandato su tutte le furie i diesse, prima D'Alema e poi Fassino, è il tentativo politico-economico di Romano Prodi per finanziare in modo indiretto (San Paolo-Intesa e poi Telecom-Cassa Depositi e Prestiti) il Partito Democratico. E di farlo a spese degli ex inquilini di Botteghe Oscure, progettando una Finanziaria che dissangua gli enti locali e colpisce soprattutto le migliaia di Comuni italiani in grandissima parte governati dai diessini, ridimensionandone una volta per tutte le ambizioni. Un esempio significativo: Cofferati che, nella sua Bologna, ha cominciato a sparare a palle incatenate contro Prodi!
Berlusconi ha spiegato con semplicità come le ambizioni spropositate di Prodi e quel suo tenere la barra di governo sulla sinistra antagonista, non siano casuali ma frutto di un calcolo personale. Un calcolo che mira a ridisegnare l'autonomia del Premier rispetto ai partiti che lo appoggiano più di altri, quali diesse e Margherita.
Intanto Berlusconi manovra ispirando politicamente pochi emendamenti ad una legge sbagliata persino nei flussi di cassa. E tiene calda la piazza in caso di un voto di fiducia al Senato, mentre smaschera gli appetiti di Prodi e la diffidenza che cresce tra i suoi più prestigiosi partner di governo.
Questo spiega perché D'Alema parla più di Esteri che di Finanziaria; perché ha spedito il fido Nicola Rossi al tavolo degli emendamenti mentre Marini dal trono del Senato si limita ad avvertire Palazzo Chigi: “Qui non è aria di voto di fiducia!”. Tutte queste cose, che a ben vedere erano sui giornali già nei giorni scorsi, Silvio Berlusconi le ha messe in ordine offrendo un significato politico di svolta che dovrebbe compattare al meglio l'intera opposizione. E non solo.
Il cosiddetto tavolo dei volenterosi è stato preso di mira in particolare dalle dichiarazioni polemiche dei rappresentanti dei partiti dell'estrema sinistra, i quali temono – giustamente - che un dialogo bipartisan possa mettere a rischio in Parlamento le misure comprese nella Finanziaria che portano la firma dei sindacati e appunto dell'estrema sinistra.
Lo stesso timore è avvertito da Prodi che paventa il venir meno dell'asse privilegiato con la sinistra radicale e l'inizio di un dialogo tra le forze riformiste e moderate di entrambi gli schieramenti che può mettere a repentaglio il suo governo, il quale, si regge su equilibri fragilissimi.
In effetti questi timori sono fondati perché il tavolo che riunisce esponenti come Nicola Rossi dei Ds, ascoltato consigliere economico di D'Alema, Lusetti della Margherita, Capezzone dei Radicali, Alemanno di Alleanza Nazionale, Tabacci dell'Udc e Bondi di Forza Italia, rischia di diventare un modello carico di significati politici anche per il futuro.
Questo tavolo può diventare infatti il luogo in cui si stabilisce quel confronto e quell'intesa fra i settori moderati del sistema politico italiano che l'attuale quadro di governo mortifica a vantaggio delle posizioni più ideologiche e antistoriche della sinistra.
E' facile prevedere che più procederà in avanti il lavoro positivo del tavolo più reazioni e divisioni scoppieranno all'interno della maggioranza di governo.
Alla fine del percorso della Finanziaria sarà molto difficile per Prodi tenere insieme le spinte centrifughe di una alleanza così divisa.
Da questo punto di vista è particolarmente importante il monito del Presidente del Senato Marini al governo a non porre la fiducia perché questo impedirebbe anche alle forze della maggioranza il lavoro avviato di profonda revisione della finanziaria.
Bisognerà vedere che cosa rimarrà alla fine dell'impostazione originaria di Prodi e, a quel punto, quali saranno le posizioni della sinistra radicale.
Nessuna «novità» in Rai. Ma un'informazione «marmellata, in cui tutto si confonde e non vengono fuori i dati essenziali». Quello che sta avvenendo nella prima azienda pubblica di informazione è «la vecchia, consunta, eterna lottizzazione della Rai che ha sempre fatto la sinistra». Mercoledì scatteranno nuove nomine con la riunione del consiglio di amministrazione: girandole di poltrone, da Rai Sport a Rai News 24, dal Gr alle Tribune parlamentari. A preoccupare non sono solo i nuovi direttori, ma la «filosofia», spiega Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi e vicepresidente della commissione di vigilanza Rai, con cui il centrosinistra sta operando all'interno dell'azienda. Una «occupazione» con la tecnica «del carciofo, una foglia dietro l'altra, per prendere la Rai militarmente un pezzo alla volta».
Onorevole Bonaiuti, qual è il suo commento sui primi giorni del nuovo Tg1?
«Il precedente direttore Mimun aveva raggiunto un livello eccellente di successi, eppure lo hanno cambiato con la scusa della novità.
La verità è che Prodi, e tutta la sinistra, temevano l'impatto con un telegiornale che spiegasse a otto milioni di italiani che disastro di Finanziaria hanno preparato».
Come è stata presentata, a suo avviso, la manovra sul Tg1?
«La sera di venerdì 29 settembre il Tg1 ha dedicato 2 minuti e 38 secondi al governo, 42 secondi alla maggioranza e 33 secondi all'opposizione. Ma non basta, perché la maggioranza del tempo dato al governo consisteva in un'intervista inginocchiata dinnanzi a Prodi».
E i contenuti?
La Finanziaria è stata presentata come una manovra che porta via ai ricchi e che dà ai poveri. Una menzogna assoluta. Neanche i giornali che prima appoggiavano il centrosinistra se la sono sentita di dire una panzana del genere».
A Mimun si criticava, da sinistra, la struttura del servizio «a panino», con la sequenza governo-opposizione-maggioranza. Ora che tecnica vede nel nuovo Tg1?
«Il tentativo è quello di non far capire alla gente ciò che sta succedendo. La marmellata.
Si vende una Finanziaria chiamandola «dell'equità» e non si spiega quello che c'è dentro. Il panino, comunque, è stata un'invenzione del presidente della Rai Zaccaria, un presidente della sinistra. Ci sono poi altri esempi, in questi giorni, di errori dal punto di vista giornalistico».
Un esempio?
«I telespettatori mercoledì scorso hanno dovuto aspettare 16 minuti per sapere che il governo era stato battuto al Senato nel decreto di legge sulla giustizia, ma non per il dirottamento dell'aereo dalla Turchia.
Subito dopo questa notizia, il tg ha presentato lunghi servizi di lode sulla Finanziaria e neanche un titolo, neanche un titolo! questo è grave, sul fatto che il governo fosse stato battuto al Senato».
A parte il Tg1, che cosa non le piace della nuova Rai del centrosinistra?
«I talk show Ballarò di Floris e Anno Zero di Santoro non sono favorevoli ai centrodestra. Lo sanno tutti, anche i lattanti. L'unico programma equilibrato, bilanciato, al di sopra delle parti è quello di Vespa.
Abbiamo appreso che si intende ridurlo da quattro serate a tre. Questo è il modo in cui si stanno muovendo e anche per questo abbiamo protestato e protesteremo sempre più forte.
Il problema è che occupano la Rai come se fossero maggioranza assoluta, senza tenere minimamente conto delle proporzioni, e che hanno vinto per 23.700 voti. In più, in Rai le redazioni e le varie aree produttive sono a maggioranza di sinistra.
Lo sanno anche i gatti che passano per viale Mazzini. Prima la sinistra urlava al regime, ora che sono loro a imporre il regime dicono: “Ah, ma questa è la novità...”».
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"Clamoroso a Saxa Rubra: il Tg3 da' piu' spazio al capo dell'opposizione Berlusconi, rispetto al Tg1". E' quanto sottolinea il deputato di Forza Italia Giorgio Lainati, capogruppo in commissione vigilanza, attaccando il direttore del Tg1 Gianni Riotta e affermando che "il nuovo direttore del piu' importante telegiornale pubblico sta superando se stesso in piaggeria nei confronti dei suoi amici ulivisti.
Nell'arco di pochi giorni -spiega- ha relegato il capo dell'opposizione democratica, che rappresenta meta' degli italiani, nel pastone politico concedendogli, come accaduto oggi nell'edizione delle 13.30, ben 22 secondi in mezzo ad una decina di altre voci di esponenti politici di maggioranza ed opposizione".
Secondo Lainati, "per fare il bravo esecutore delle direttive prodiane e cattocomuniste, il direttore del Tg1 sfiora cosi' il ridicolo, visto che proprio oggi il Tg3 delle ore 14 ha avuto l'ardire di mandare in onda un servizio a se' stante sull'intervento di Silvio Berlusconi al convengo nazionale della Dc a Saint Vincent, cosa oggettivamente normale e di buon senso per un direttore non accecato dall'odio personale, ma ancora in grado di sapere valutare semplicemente con professionalità".
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“Capiamo che per un grande professionista occorre sempre un po' di tempo per mettere a punto la linea di equilibrio del più grande telegiornale italiano. A condizione che, come pare si stia abituando questa nuova direzione, non si esageri nell'offrire alla maggioranza tutto lo spazio che vuole, e anche quello che non vuole, e nel negare al leader dell'opposizione quello che gli spetta".
Lo afferma Piero Testoni, deputato di Forza Italia che aggiunge riferendosi al neo direttore del Tg1 Gianni Riotta che "la professionalità e un briciolo di buon senso suggeriscono la giusta condotta ad un direttore".
“Il servizio pubblico radiotelevisivo non e' e non deve diventare una proprieta' privata di un governo, di una maggioranza o di un direttore di testata". Lo afferma il deputato di FI, Guido Crosetto, secondo cui "quanto sta succedendo al Tg1, con spazi quasi inesistenti concessi all'opposizione, in particolare a Berlusconi e ai rappresentanti di Forza Italia, a cui si contrappongono lunghissime interviste o lunghissimi servizi per dare voce anche alla minima sottocorrente dei partiti piu' piccoli del centrosinistra, crea preoccupazione, sconcerto, ma soprattutto - conclude l'esponente di Fi - fotografa una realta' che ha poco di democratico e molto di regime".
"Sono stato vicino ieri per tutto il giorno al presidente Berlusconi e ho udito da lui pronunciare soltanto parole di apprezzamento, di concordia e di unita' e mai quelle espressioni che gli sono state attribuite verso l'Udc". È quanto dichiara Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi.