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il Quaderno del 6 dicembre

Berlusconi: vitello grasso era una battuta

Quella sul vitello grasso era solo una battuta, non una minaccia. Risponde così Silvio Berlusconi a Pierferdinando Casini, telefonando in diretta a ‘Ballarò', la trasmissione televisiva di Rai Tre. Al leader dell'Udc che, in diretta, aveva detto di non accettare ultimatum da chicchessia, Berlusconi ha voluto precisare che quella del vitello grasso era solo una battuta.

"Ho detto - ha spiegato Berlusconi - che stiamo ingrassando il vitello e che quando l'Udc tornerà lo uccideremo. Ho poi aggiunto, scherzando, speriamo che torni in fretta, altrimenti il vitello se lo mangia qualcun altro. Era solo una battuta, perchè fare minacce è fuori dalla mia mentalità".

Casini ha apprezzato la precisazione di Berlusconi: "mi fa piacere, perchè quelle frasi non le avevo proprio gradite". E a Floris che lo incalzava per porre un termine ultimo al pranzo a base di vitello, Berlusconi ha risposto glissando: "non c'è alcun termine".

Berlusconi: piena solidarietà a Pollari

"Esprimo la mia piena solidarietà al generale Niccolò Pollari, un autentico servitore dello Stato che merita la riconoscenza di tutti quelli che hanno a cuore la sicurezza del Paese": lo afferma l'ex premier Silvio Berlusconi.

"Il generale Pollari ha combattuto il terrorismo come pochi e in prima linea, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti gli italiani".

"Chiediamo al governo - conclude il presidente di Forza Italia - cosa intenda fare per proteggere coloro che come Pollari si sono battuti contro i terroristi, a tutela del buon nome della nostra intelligence e del prestigio internazionale dell'Italia".

"Forza Italia baricentro della politica"

Questi i tratti salienti della lettera inviata dal coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, al Corriere della Sera.

Ernesto Galli Della Loggia nel suo editoriale sul Corriere della Sera del 5 dicembre, dall'eloquente titolo "I leader, il popolo e niente in mezzo", critica a fondo il centrodestra che si riconosce in Berlusconi. In questo non c'è niente di nuovo, anzi una invidiabile coerenza da parte del Corriere della Sera che, alla vigilia delle elezioni, considerava Forza Italia un'anomalia che sarebbe stata finalmente cancellata dal voto.

L'attesa valanga anti-Berlusconi, dopo cinque anni di governo, non è arrivata, mentre la straordinaria manifestazione popolare di sabato contro la Finanziaria ha dimostrato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che Prodi ha già consumato, in appena sette mesi, tutto il suo credito politico. Capisco molto bene che, per chi stava già apparecchiando il tavolo del dopo-Berlusconi e contava di spartirsi l'eredità di Forza Italia, il risveglio sia stato alquanto amaro, perché Forza Italia resta saldamente il baricentro della politica italiana ed esprime l'unico leader realmente riconosciuto dalla maggioranza degli italiani. Non a caso, chi aveva fatto quel calcolo rivelatosi errato, ora si trova in mezzo a un guado imbarazzante che rischia di trasformarsi in palude. Ma a Galli della Loggia, acuto politologo, non dovrebbe sfuggire che il paradigma di ogni grande democrazia è ormai da tempo la forza della leadership, e che questo non significa deriva plebiscitaria, ma affermazione di un modello di governo della modernità e attrezzato per le sfide globali. Berlusconi entrò in politica dodici anni fa per sparigliare il tavolo delle oligarchie sopravvissute alla prima Repubblica, e ci riuscì a dispetto di tutto e di tutti.

La sua fu la prima, autentica investitura popolare dopo quarant'anni di democrazia bloccata, e Forza Italia, con i limiti fisiologici propri di un partito nuovo, rappresentò e rappresenta un grande laboratorio di innovazione della politica al servizio di un leader. Sostenere che fra i leader del centrodestra e il popolo non c'è niente in mezzo può apparire, quindi, uno spietato atto d'accusa all'inadeguatezza della dirigenza intermedia, ma è un'analisi che guarda alla nuova realtà della politica con gli occhi del passato.

La sinistra italiana, con il suo tradizionale partito leader ridotto al minimo storico, continua a farsi dettare la linea politica dalla Cgil, e per sopravvivere ha sottoscritto un contratto di potere con le grandi corporazioni economiche e con settori precisi dell'alta finanza e del mondo bancario, dando vita a un cartello politico-economico selettivo e altamente autoreferenziale, che rema quasi costantemente contro gli interessi del Paese reale.

Lo sdegno popolare culminato nella manifestazione di piazza San Giovanni è la conseguenza diretta della sofferenza di tante categorie medio-piccole, di tanti soggetti sociali e di milioni di singoli cittadini che hanno sentito il bisogno irrinunciabile di rompere questa cappa oppressiva sostanziata dalla peggior Finanziaria della storia.

Questa è l'Italia più autentica, a cui i partiti del centrodestra hanno saputo dare voce con una mobilitazione che non ha precedenti, e senza dover ricorrere ai poderosi apparati delle centrali sindacali che solitamente riempiono le piazze della sinistra. Vi sono decine di studi e di opere dedicate al fenomeno rivoluzionario e originale rappresentato da Forza Italia. Così come vi sono posizioni pubbliche, atti e decisioni che dimostrano lo sforzo in atto da parte della classe dirigente di Forza Italia per garantire una stabilità e un rinnovamento di un partito che ha una storia di dodici anni ed è il primo partito italiano.

Visco ammette: da Silvio conti in ordine

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno lasciato in eredità a Romano Prodi un deficit al 2,1%, ben al di sotto del 3% (previsto da Maastricht) e molto lontano da quel 4,6% indicato da Padoa Schioppa e dalla sua commissione Faini, insediata all'indomani delle elezioni per chiarire la condizione dei conti pubblici.

Un deficit al 2,1% non è certo indicatore di finanza pubblica in disordine; nemmeno lontanamente paragonabile alle condizioni "come quelle del 1992", a cui il ministro dell'Economia ha fatto sempre riferimento.

Il governo sapeva benissimo che l'andamento dei conti dello Stato non era disastroso, ma l'ha sempre tenuto nascosto. Fino a ieri, quando Visco – pressato dalle opposizioni – ha messo agli atti della commissione Bilancio una tabella.

Nascosto fra decine di numeri, difficilmente decifrabili (se non a occhi esperti), c'è un dato: le maggiori entrate incassate dall'Erario a fine novembre superano di 37 miliardi le stime contenute dei dati di finanza pubblica.

Per avere un'idea di "quanti" siano 37 miliardi di euro, è sufficiente pensare che la manovra del prossimo anno ha un valore di pari entità. Padoa Schioppa e Visco (Prodi consenziente) hanno nascosto agli italiani che i conti erano in ordine. In quanto, quei 37 miliardi, equivalgono – per dirla come gli economisti – al 2,5% del pil di quest'anno. E se al deficit previsto nel 2006 (4,6% dalla commissione Faini, 4,2% per il governo) si tolgono 2,5 punti di pil, il deficit scende automaticamente al 2,1%; e, forse, anche sotto.

Con la conseguenza che il disavanzo del prossimo anno (quello su cui si applica la manovra in discussione in Parlamento) non parte dal 3,9%, come stimato dal governo; ma ben sotto il 3%.

La confessione fatta ieri dal governo non è stata percepita dagli organi di stampa. Paradossalmente anche Il Giornale, nella titolazione, ha finito per esaltare la scelta della maggioranza di restituire il maggior gettito a partire dal 2008.

Il dato sul maggior gettito fiscale, fornito ieri da Visco offre una triplice lettura politica.

La prima. Conferma che i conti pubblici lasciati da Berlusconi e Tremonti sono in regola.

La seconda. Consolida l'impressione – già elaborata da numerosi economisti – che la finanziaria da 40 miliardi di euro, concentrata su inasprimenti fiscali, serve soprattutto a soddisfare la fame di spesa pubblica dell'attuale maggioranza.

La terza. Accerta con "falso" il bilancio in discussione in Parlamento. "Falso" perché basato su quadri di finanza pubblica non reali, in quanto i saldi (tanto cari a Padoa Schioppa) vengono garantiti non dagli interventi di finanza pubblica, ma da gettito fiscale aggiuntivo a nascosto.

E' talmente evidente quest'operazione che il governo ha cercato in ogni modo di appesantire il deficit di quest'anno, così da "nascondere" il maggior gettito. Prima ha caricato su un unico esercizio i costi della Sentenza Ue sull'indeducibilità delle auto di servizio, quando poteva – d'accordo la commissione di Bruxelles – dilazionare il costo su più esercizi. Poi ha addirittura calcolato a debito le emissioni di obbligazioni effettuate da Infrastrutture Spa per finanziare gli investimenti nelle Fs.

Il problema, adesso, è tutto di Padoa Schioppa. Il Patto di stabilità prevede che le maggiori entrare registrate in un esercizio vengano conteggiate a riduzione del deficit nello stesso esercizio.

Il ministro quindi dovrebbe abbattere il deficit 2006 di 37 miliardi di euro (di cui 28 strutturali).

Ma se lo facesse certificherebbe che quello in discussione in Parlamento è un bilancio falso. E tutto per una tabella abbandonata in commissione da Visco.

Bonaiuti: da Silvio più entrate per 20 miliardi

"Fassino ripete da sabato la solita noiosa canzonetta: due milioni di persone in piazza non hanno capito nulla, la colpa non è della finanziaria ma di quel cattivone di Berlusconi: qualcuno dei Ds gli dovrebbe spiegare che la piazza si rispetta sempre e che Berlusconi ha lasciato in eredità al governo Prodi, il peggiore del dopoguerra, un aumento delle entrate fiscali per quasi 20 miliardi di euro".

Così l'on. Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, replica in una nota alle parole del segretario dei Ds Piero Fassino, secondo il quale parte di quelli che hanno manifestato contro la finanziaria sabato scorso a Roma non erano "consapevoli" di quanto sia "critica" la situazione dei conti pubblici.

Realtà/La piazza non è più di sinistra

Prodi che fa prima spallucce, poi l'offeso, infine gonfia il petto per proclamare "noi tireremo diritto", è l'emblema di una maggioranza che non aveva preventivato le dimensioni del successo della manifestazione indetta dalla Cdl contro la legge Finanziaria. Il presidente del consiglio, infatti, dimostra solo una sconcertante povertà di schemi di comportamento, visto che il suo modo di reagire alle difficoltà è sempre il solito. E invece la protesta di Piazza San Giovanni ed altri due avvenimenti concomitanti (la manifestazione palermitana dell'Udc e il seminario economico della dalemiana Fondazione Italiani-Europei) dimostrano che molto è cambiato.

Primo: l'illusione della sinistra di essere la depositaria unica delle istanze del popolo e delle manifestazioni di piazza si è rivelata un'illusione.

Secondo: Casini, salvo possibili ripensamenti, è andato per conto suo, ma ciò non significa che l'Unione abbia realmente motivi per essere soddisfatta perché le due manifestazioni (della Cdl a Roma e dell'Udc a Palermo) hanno dimostrato la grande vitalità del centrodestra. I sondaggi, inoltre, attestano che la Cdl berlusconiana raggiunge la maggioranza assoluta anche senza l'Udc (che attualmente è al 6%). Chi va paurosamente indietro sono invece i partiti della maggioranza.

Terzo: l'Unione è praticamente finita. Resta da sbrigare la pratica di porre fine a questo governo che ormai è divenuto motivo di preoccupazione per tutti. Mastella è una sorta di barometro e i suoi ammiccamenti all'Udc sono significativi. Anche qualche esponente della Margherita comincia a strizzare l'occhio a Casini per una futura intesa. Insomma, c'è aria di riposizionamento, anche perché i moderati dell'Unione sono sempre più a disagio per le posizioni della sinistra estrema fino ad oggi condivise totalmente da Prodi.

Quarto: la burrasca e l'aria da regolamento di conti interessano anche i poteri economici che sostengono il centro-sinistra. Finora Prodi ha fatto e disfatto, soprattutto in campo bancario. D'Alema, tramite la Fondazione a lui vicina, Italiani-Europei, ha chiamato a raccolta l'alta finanza ed ha suonato le note della riscossa, tutta interna all'Unione. Basta col privilegiare gli amici di Prodi lasciando a secco i potentati che fanno riferimento ai diesse. Un autentico segnale di guerra contro il Professore.

Finanziaria/La rivolta delle Forze dell'ordine

Nel giorno in cui più di trentamila agenti di polizia – una cosa mai vista – scendevano in piazza per protestare contro la scarsa attenzione che il Governo ha nei confronti del comparto sicurezza il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, di Rifondazione Comunista, non ha trovato di meglio che nominare tra i 70 componenti della nuova Consulta Nazionale sulle tossicodipendenze l'ex brigatista rossa, Susanna Ronconi che nel 1974 partecipò a Padova all'assalto di una sede del Msi, assalto che si concluse con la morte di due persone.

E come se tutto questo non bastasse al programma "Ballarò" Franco Giordano, ha sollecitato l'Unione a spingere l'acceleratore sui "movimenti, a partire da quelli no global".

Esattamente quello che contestano i poliziotti scesi in massa per le strade di Roma. Questa volta la rivendicazione, infatti, non riguarda soltanto la parte economica, ma l'atteggiamento che l'Esecutivo ha nei confronti degli agenti e dei carabinieri, che ogni giorni rischiano la vita e che vedono disattese le proprie aspettative e sono costretti a subire l'onta di ex terroristi.

E ancora, pesano sulla manifestazione d'ieri a Roma, i fatti di Genova del G8, le continue inchieste della magistratura sui servizi segreti, le scarse difese che il Potere Politico di questa sinistra estrema esercita nei confronti delle forze dell'ordine. Un malessere montante che il Viminale ha cercato di contenere e che ora, dopo la manifestazione, vuole spengere con qualche ritocco alla Finanziaria.

Ma la protesta sale. Sul piede di guerra ci sono anche i carabinieri, fermati all'ultimo minuto dal Comandante Generale mentre qualche settimana fa stavano per marciare su Palazzo Chigi. La protesta si estende alla Polizia Penitenziaria e alla Guardia di Finanza.

Dal dopoguerra in poi mai la protesta delle forze dell'ordine era arrivata al livello attuale. Il Governo è riuscito addirittura a incrinare il rapporto con i più alti funzionari di polizia e con i prefetti.

E non è tutto: la prossima settimana il ministro Amato varerà un nuovo pacchetto di nomine. Cambieranno questori e prefetti. Via tutti quelli nominati dal centrodestra. Arrivano i "nostri".

Rai/Forza Italia: RaiTre viola le norme

Il Gruppo di Forza Italia in commissione di vigilanza Rai, torna a puntare il dito contro Raitre che disattende le norme sulla presenza dei politici nei programmi d'intrattenimento, e chiama in causa il presidente Petruccioli già presidente della stessa Vigilanza che quelle norme ha stabilito.

"Il senatore Claudio Petruccioli, quando era presidente della Commissione di Vigilanza, si fece carico di bloccare con un documento ufficiale le presenze di esponenti politici del governo della Casa delle Libertà e di altri rappresentanti politici nei programmi d'intrattenimento delle reti pubbliche", spiegano in una dichiarazione gli onorevoli Paolo Bonaiuti, vicepresidente della commissione, Giorgio Lainati, Paolo Romani, Francesco, Giro e i senatori Egidio Sterpa, Massimo Baldini e Paolo Barelli.

"Adesso che è Presidente della Rai, a meno che non si tratti di un sosia – continuano gli esponenti di Forza Italia - ignora totalmente e disattende gli atti d'indirizzo da lui sostenuti in Commissione di Vigilanza permettendo a Rai Tre continue violazioni, come è avvenuto negli ultimi mesi".

"Chiediamo perciò ancora una volta al Presidente della Rai Petruccioli e al Direttore Generale Cappon, quale sia il loro parere sulle norme che abbiamo richiamato, oppure se nel frattempo le stesse norme siano state abrogate all'insaputa nostra e dei telespettatori".

   

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