"Noi quattro grandi partiti dovremmo accordarci. Con questo sistema, i piccoli hanno un potere di veto che paralizza tutto". Lo afferma Silvio Berlusconi in un'intervista al settimanale "A", parlando della riforma della legge elettorale.
"Se non ci si mette d'accordo, questo Paese va a rotoli –aggiunge - Ma con chi parlo? Fassino mi fa cadere le braccia, D'Alema è sempre in giro, non si fa mai trovare e dice che quando ero Presidente del consiglio all'estero collezionavo solo gaffes. Con chi parlo? Mi creda, ci vorrebbe qualcuno capace di mettere le palle sul tavolo, uno che dica: Facciamo così".
"Ma nel centro sinistra dove stanno gli uomini con le palle?". Quanto alle riforme già varate dal governo di Romano Prodi, il presidente di Forza Italia sottolinea: "Ora Bersani fa le cosiddette liberalizzazioni. Vedremo. A me, quando ero a Palazzo Chigi, i miei alleati non hanno fatto fare nulla. C'era sempre il ricatto di far cadere il governo".
Il leader azzurro dice di non avercela con Prodi, ma afferma: "È un uomo cattivo, vuol togliere pubblicità a Mediaset e favorire Murdoch, ma in fondo mi fa pena. Circondato da tutti quei partitini... So io quant'è duro governare in quel modo".
Gli esperti ci spiegano di continuo che la gente è distante dalla politica, delusa dall'impegno pubblico, nauseata dai partiti e dai suoi rappresentanti, convinta della enorme distanza tra i veri interessi dei cittadini e il Palazzo comunque rappresentato: in chi governa come in chi fa opposizione. L'atteggiamento verso i politici è, prevalentemente, quello di considerarli, in modo spregiativo, "tutti uguali"...
Si potrà pensare male o bene di Silvio Berlusconi ma il suo sforzo (la discesa in campo) e il suo successo (in dodici anni l'ex partito di plastica è diventato più grande di Ds e Margherita messi assieme) costituiscono la conferma della rivoluzione che egli ha portato in politica. Una rivoluzione nel bipolarismo certo, ma a ben vedere più nel suo spendersi completamente ed in prima persona nell'impegno pubblico, trascurando tutto il resto: dal mondo dell'impresa che lo aveva fatto grande, al privato in tutte le sfere che esso comporta.
La vicenda familiare che da ieri lo ha visto protagonista sui giornali conferma, al di là di inevitabili strumentalizzazioni, la dimensione di umanità del personaggio nella cui storia molti italiani – magari per un aspetto piccolo o piccolissimo – possono riconoscersi.
La centralità della sua vita pubblica e persino il suo confondersi con la sfera privata, anche quando questa fusione arriva all'improvviso e non per una sua autonoma scelta, rivela meglio di qualunque iniziativa politica la profonda genuinità del personaggio. Una sua autenticità, in cui si mescolano qualità e difetti, pregi e carenze come in ogni uomo che non si vergogna di essere se stesso e di apparire tale, sempre e comunque. È un modo naturale di rompere gli schemi, di sfatare ipocrisie di troppi personaggi pubblici bravi a nascondersi e a nascondere, ad essere in un modo pur di apparire in un altro.
I "media" parleranno ancora a lungo, spesso a sproposito, di quanto è accaduto provando a sviscerare ciò che non si può e che non si deve. Ma ieri tra Berlusconi e sua moglie c'è stato – perché questo è l'unico messaggio che passa e resta nella testa e nel cuore degli italiani interessati – uno scambio di lettere d'amore. E la dimensione pubblica dell'amore, dell'amore privato, merita rispetto, comprensione, pudore pari almeno alla curiosità e alle passioni che legittimamente suscita.
Quante volte abbiamo sentito o abbiamo insegnato che per chiedere scusa ci vuole coraggio? E quanti italiani, donne e uomini, hanno nel loro privato motivi profondi per chiedersi scusa?
Ecco perché una storia italiana, una storia familiare quando è vera, quando è autentica agli occhi del popolo può essere esemplare. La prima lettera è stata scritta per questo e la risposta ne è stata una conferma.
L'elzeviro di Sergio Romano sul Corriere di oggi andrebbe assunto come esempio di informazione surreale, e dovrebbe ricordare a tutto il centrodestra il perché sia necessario comunicare con continuità e in modo chiaro e coeso se non si vuole soccombere alla pubblicistica della sinistra e dei suoi più o meno volontari portatori d'acqua. In estrema sintesi, Romano, in un momento in cui Prodi vede calare i propri consensi quasi sotto la soglia minima del 30% degli italiani, e il capo dell'opposizione per contraltare arriva ad avere un 60% di gradimento dai cittadini, coraggiosamente punta il dito contro Berlusconi.
Innanzitutto, ignorando completamente l'enorme lavoro politico e la messe di proposte e di indicazioni programmatiche fornite in questi mesi da Forza Italia, partito del quale fino a prova contraria Silvio Berlusconi è presidente.
Poi, confondendo la vita privata del leader di FI con le sue apparizioni pubbliche e attribuendo questa confusione... a Berlusconi stesso! Ma non basta. La manifestazione di Piazza San Giovanni, con milioni di persone che sfilavano a favore del centrodestra e contro il governo, viene descritta come un tentativo del leader dell'opposizione di creare "il partito dei malcontenti e degli smemorati". Incredibile. Va ricordato che il partito dei "malcontenti" c'è già, raccoglie i consensi virtuali della grande maggioranza degli italiani e che in un certo senso è una "creazione" di Prodi e del suo esecutivo... E ancora. Si finge di voler rispettare la sfera privata del bersaglio distinguendola da quella pubblica e poi, subdolamente, si fa esattamente il contrario. Si mischia in un calderone di pessimo gusto considerazioni sul compleanno della signora Rosa Berlusconi (quasi che essere figli amorevoli sia una grave colpa per un politico), sulla vita sentimentale e sul potere di seduzione del leader di FI, miscelate con perle di saggezza come quella sopra riportata riguardo a Piazza San Giovanni.
Chi ha interesse sul serio a conoscere i programmi e i progetti politici di Forza Italia e del suo Presidente farebbe bene a documentarsi. Ma pare evidente che se un commentatore esperto scrive un elzeviro di questo "livello", forse è proprio vero che il governo Prodi è giunto al capolinea, mentre i suoi sostenitori della prima ora, come pesci fuor d'acqua, sbattono gli ultimi furiosi e insensati colpi di coda.
La percezione della realtà, che spesso è molto diversa dalla realtà stessa, è un fattore importante nella competizione politica: cavalca in modo strumentale la pura informazione e pervade l'intero processo comunicazionale.
Il fenomeno è stato sperimentato con la percezione dell'inflazione o del declino dell'Italia. Dopo il risultato elettorale del 9-10 aprile, si sono incrociate due percezioni: della non-sconfitta, nell'area di centrodestra, e della non-vittoria, nell'area di centrosinistra.
A sinistra, la conseguenza è stata quella di una divaricazione di posizioni tra leader e partiti dell'Unione, che ha dato la percezione della fragilità del governo e della sua imminente crisi; a destra, la conseguenza è stata di credere a una imminente spallata e conseguente caduta di Prodi.
Queste percezioni incrociate hanno trovato conferma nei sondaggi di opinione, che hanno registrato una progressiva diminuzione di consensi per Prodi e il suo governo, e un parallelo aumento per l'opposizione, Forza Italia e Berlusconi.
Come la polvere, la percezione piano piano si posa. Lo si è visto confrontando il Bersani-1 con il Bersani-2: il secondo decreto sulle "privatizzazioni" ha scatenato meno reazioni del primo. Allo stesso modo, l'aumento della pressione fiscale è stato compensato dalla campagna sull'aumento delle entrate, che il centrosinistra è riuscito in buona parte a rivendicare a proprio merito. Se si va a guardare, lo spostamento di poche decine di euro in più o in meno nella busta paga non è in grado di mobilitare le masse: per quanto forte, il salasso fiscale di Visco rappresenta una parte infinitesimale del reddito, sia individuale sia a livello di Pil: esiste un divario di percezione tra il dato globale e quello individuale.
Per quanto riguarda la politica in senso stretto e il centrodestra in particolare, il gioco incrociato delle percezioni ha, per diversi mesi, oscurato il problema della leadership della CdL, che è un modo eufemistico per parlare di successione a Berlusconi. Finché è durata la percezione di una imminente caduta di Prodi, il problema è stato congelato; ma adesso la percezione è che "Prodi non cadrà" tanto facilmente, anche se per il motivo meno nobile, cioè l'attaccamento al potere di tutte le componenti del centrosinistra, per cui il problema della leadership è riemerso ma non esiste.
Il voto alla Camera sui Pacs non poteva riservare sorprese, e così è stato, ma ha fornito ugualmente importanti elementi di valutazione, tra i quali la compattezza del centrodestra, e di Forza Italia in particolare, visto che il testo letto in aula da Bondi è stato in grado di raccogliere anche i consensi dell'anima laica del partito. Ma la partita cruciale si giocava nell'Unione e in quel campo le indicazioni sono state quasi tutte di segno negativo: nonostante le pressioni degli altri gruppi della maggioranza, infatti, l'Udeur non ha ritirato la propria mozione e ha, anzi, sostenuto anche i documenti presentati da Fi e dall'Udc. Mastella questa volta è stato coerente, e non ha intenzione di tornare indietro dalla linea del no a una legge governativa sulle unioni di fatto. A meno che Prodi non decida di porre la questione di fiducia.
Nel voto di ieri sui Pacs l'Unione ha dovuto registrare il no dell'Udeur, ma ci sono state anche altre defezioni, visto che il proprio documento ha ottenuto solo 301 voti a favore, molte decine in meno di quelli di cui dispone sulla carta alla Camera. Ora il governo dovrà presentare un proprio disegno di legge sulle coppie di fatto entro il 15 febbraio. In quindici giorni, insomma, il trio Prodi-Bindi-Pollastrini dovrà elaborare un documento che convinca i teodem e i pasdaran del laicismo. E non sarà una passeggiata, dal momento che alla Camera l'Unione si è vista costretta a non votare le due mozioni della Rosa nel Pugno che premevano per un impegno del governo ancora più oltranzista sui Pacs. Per Prodi, la difficoltà di realizzare un programma sconfinato e vago sta emergendo in tutta la sua gravità. E per i cattolici del centrosinistra sarà sempre più arduo tenersi in equilibrio su un tema per il quale la Chiesa non può e non vuole fare sconti. In questo momento Rosy Bindi può essere considerata realisticamente come il "ministro per la distruzione della famiglia". E per una cattolica non è certo un fiore all'occhiello. Per questo, forse, la Bindi si è affrettata ad auspicare "un possibile contributo parlamentare dell'opposizione" sul ddl governativo per le coppie di fatto.
Se alla Camera il voto sulle coppie di fatto non presentava rischi concreti per la tenuta di governo e maggioranza, al Senato le insidie per Prodi sono infinitamente maggiori. A Palazzo Madama, infatti, il voto di fiducia sulla Finanziaria ha evidenziato una situazione di assoluta parità - esclusi i senatori a vita - tra i due Poli, e basterebbero i tre senatori dell'Udeur a fare la differenza a favore del centrodestra. I tre voti "dissidenti" andrebbero sottratti al totale della maggioranza e aggiunti a quello dell'opposizione, e di fronte a un divario di sei voti, l'assenza di un solo senatore a vita potrebbe impedire l'approvazione del testo sostenuto dal centrosinistra. L'Unione, poi, questa volta non potrà contare sull'apporto di Cossiga, che in polemica con Prodi si è autodefinito "cattolico infante", avvertendo così di non essere disposto, su un tema etico come la difesa della famiglia, a schierarsi contro la linea dei vescovi. In questo clima di incertezza, il Senato oggi sarà chiamato a votare sulle mozioni di Forza Italia e di An e su un ordine del giorno dell'Unione riguardo all'ampliamento della base Usa di Vicenza. Vedremo cosa farà la sinistra radicale, ma per il governo squillerà sicuramente un altro campanello d'allarme.
Come usciranno dall'imbarazzo e soprattutto cosa risponderanno i sedicenti cattolici che siedono tra i banchi della Margherita? Quelli che in campagna elettorale hanno raccolto il consenso anche di un mondo vicino alla Chiesa come giustificheranno un voto così pesante sul piano etico e morale? Non potranno certo nascondersi dietro la scusa inflazionata e incredibile del rispetto nel programma!
La verità è che stavolta gli ex teo-dem hanno recitato il ruolo degli utili idioti, di coloro che cioè per l'"utile" del restare al governo hanno preferito fare gli "idioti" votando un "sì" contrario alle loro convinzioni strettamente personali.
Per giustificarsi hanno detto che era importante regolamentare un fenomeno sociale che esiste e che merita di essere disciplinato a tutela dei diritti della persona. Ricordiamo, però, che le coppie conviventi italiane fuori dal matrimonio sono solo il 3,9% della popolazione, una percentuale bassissima che certa sinistra ha voluto mettere in cima alle priorità nell'agenda di governo.
Anche qui la verità è un'altra e cioè la volontà di legalizzare le nozze gay, minoranza ancora più esigua in termini numerici ma ideologicamente ben più importante di altri temi.
La morale qual è? È che Prodi ha a che fare con una coalizione eterogenea fatta di varie componenti tra cui spiccano quelle estreme e radicali che, avendo una scala di valori tutta sbilenca, fissano questo e altri temi come urgenze sociali da risolvere subito; pensiamo ai continui appelli di certa sinistra a legiferare in chiave antiproibizionista sulle droghe, a cancellare dalle sale cinematografiche italiane i film di fattura americana, ad applaudire il Presidente della Camera Bertinotti quando sostiene che la pillola del giorno dopo alle quattordicenni è una "conquista dei diritti civili", a sostenere l'eutanasia ma allo stesso tempo a non volerne in alcun modo sapere di mettere mano alla legge sull'aborto.
Questo è il modello di mondo che hanno in mente, queste e non altre sono le cose da fare subito. Purtroppo ci stanno riuscendo anche grazie alla complicità dei moderati del centro sinistra che anche in questa occasione hanno dimostrato di essere più attaccati al potere che ai valori.
Dunque, in un'Italia in cui va a ruba il kit di carnevale per travestirsi da Gesù Cristo con tanto di corona di spine in lattice, tunica e parrucca; in un'Italia in cui fa sorridere molto l'inchiesta dell'Espresso che porta a profanare i Sacramenti della fede Cattolica, l'interrogativo purtroppo soltanto retorico è: ma in che direzione stanno portando l'Italia?
La maschera è ormai caduta e la stragrande maggioranza degli italiani scopre la vera fisionomia del governo Prodi: un gruppo di potere che ricorre alla spremitura fiscale oltre il limite del tollerabile per alimentare una macchina pubblica che non sa e non vuole snellire.
L'analisi delle prime buste-paga ha rivelato che la finanziaria non è equa né orientata ad aiutare le fasce deboli della popolazione, é solamente una grande stangata che colpisce praticamente tutti. Critiche nette e documentate vengono anche dai sindacati, perfino dalla Cgil che è stata fra le madrine di battesimo della manovra. Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom (la più a sinistra nella confederazione), sostiene che il governo "dovrebbe chiedere scusa ai lavoratori" e sottolinea la delusione e lo sconcerto dei metalmeccanici di fronte al nuovo sistema fiscale.
"Un caos – dice – ma era facilmente prevedibile visto il meccanismo contortissimo che hanno messo in moto. I lavoratori che hanno ricevuto le buste-paga si chiedono dove sono andati i tanto attesi aumenti".
Guglielmo Epifani non attacca frontalmente il governo, ma non può esimersi dal dichiarare: "Bisogna mettere mano ai problemi che questa finanziaria non ha risolto".
Anche alla Uil toni fortemente critici, dai metalmeccanici, non dai "ricchi". Il segretario della Uilm, Antonino Ragazzi, ha spiegato che il suo sindacato aveva fatto delle proiezioni per calcolare gli effetti della finanziaria.
"Le nostre osservazioni – ha affermato – si sono rivelate purtroppo non esatte. La situazione è peggiore di quanto avevamo pensato. Basta aggiungere il peso del fisco locale e viene fuori che per il settanta per cento dei lavoratori la busta-paga sarà più bassa".
Il segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, constata che per i lavoratori dipendenti "l'effetto della riduzione del cuneo fiscale è evaporato".
Svanito nell'aria, come un miraggio. Critiche motivate anche dalla Cisl, che pure aveva apprezzato la promessa di un più favorevole trattamento fiscale per le famiglie con figli.
E' significativo che le stesse critiche di fondo alla finanziaria giungano da destra e da sinistra, da quella sinistra che aveva concesso un'ampia apertura di credito all'Unione, dopo averla votata.
In verità, fra i lavoratori dipendenti e i pensionati, con i nuovi meccanismi fiscali, soltanto uno su quattro ha avuto risibili aumenti che saranno vanificati, se basteranno, dall'aumento del fisco locale.
Un gioco d'illusionismo. Il sociologo Luca Ricolfi, voce critica della sinistra, svela i trucchi del governo e conferma in pieno le critiche serrate del centrodestra alla manovra. "Comunque si facciano i conti – ha scritto Ricolfi su La Stampa – i benefici della manovra riguardano un dipendente su quattro". Questo dipendente riceverà mediamente "89,6 euro all'anno, ovvero 7,5 euro al mese. Siamo sempre molto lontani dalle promesse agitate in campagna elettorale".
Secondo il sociologo, una vera e propria azione di disinformazione è stata orchestrata da Palazzo Chigi per illudere il popolo delle buste-paga che la finanziaria li avrebbe favoriti. Con l'appoggio della stampa amica, che ha amplificato i presunti effetti benefici della manovra per le fasce più deboli, il governo ha insistito sugli assegni familiari, sul millantato effetto "ridistribuivo" delle nuove aliquote e ha consapevolmente glissato sugli aumenti dei contributi previdenziali.
Conclusione? Grazie a questo mix di disinformazione e d'inganno, i cittadini si sono illusi che "la maggioranza dei dipendenti avrebbe avuto gli aumenti promessi".
Il risveglio è stato molto amaro per la maggioranza dei dipendenti e dei pensionati.
Se Comuni e Regioni vanno in rosso. Anche i pochissimi contribuenti che hanno avuto benefici pari a un terzo di un caffè giornaliero dovranno però vedersela con i tributi locali, dato che Regioni e Comuni sono stati autorizzati – il governo di centrodestra li aveva bloccati – ad aumentare le addizionali Irpef. Anche gli spiccioli evaporeranno e probabilmente non basteranno. Specie se un contribuente vive in Regioni e Comuni con i bilanci non in ordine.
Nel complesso della manovra rientra anche la norma che consente alle amministrazioni locali che non rispettano il budget di rifarsi con un'addizionale sulla benzina, sulle tasse di trascrizione per i veicoli, sui bolli di circolazione, oltre che sull'Irpef.
Secondo gli studi dell'associazione degli artigiani di Mestre, nelle Regioni coi bilanci a rischio questo meccanismo di aggravi potrebbe portare a una consistente maggiore spesa annua. Insomma, col governo Prodi il futuro porterà sempre nuovi balzelli.
La stampa economica straniera boccia il governo Prodi: "Deprime i consumi". E dubita della tenuta a oltranza della maggioranza. Quella che una volta, quando al governo c'erano gli altri, era la stampa amica, alleata strategica e sempre autorevole, ora è diventata un problema per il centrosinistra".
È già dal primo giorno, dai nomi sconfortanti di molti dei ministri appena nominati, che dall'estero arrivano previsioni di morte prematura per l'esecutivo, bocciature sulle ricette economiche, voti pessimi sulla finanziaria.
Solo ieri, sulla pagine di due tra i più ascoltati giornali economici del mondo, si potevano leggere due analisi impietose sull'esecutivo di Romano Prodi. ‘Vacanza romana per le riforme' è il titolo che il Wall Street Journal sceglie per il commento di Carlo Stagnaro, giovane economista libertario dell'Istituto Bruno Leoni, sulle mancate liberalizzazioni e la deriva dirigista del governo italiano venuta clamorosamente allo scoperto su Telecom, ma anche nella gestione dei casi Alitalia e Autostrade.
Dall'altra parte, l'ufficio studi dell'Economist, il settimanale londinese mai tenero con l'Italia di Silvio Berlusconi, boccia la politica economica del governo e ne prevede la caduta ben prima del termine della legislatura, entro gli ultimi mesi del 2008. (...) Un giudizio pesante è contenuto anche nelle previsioni sull'economia mondiale pubblicate dall'Economist intelligence unit (Eiu). "In Italia una sfavorevole specializzazione industriale continuerà a deprimere la crescita economica", si legge nella parte dello studio dedicata all'Italia. Lo studio aggiunge che tale situazione "è esasperata da una serie di problemi strutturali, come l'incertezza sulla stabilità del sistema previdenziale che sta deprimendo la domanda interna".
Poi la battuta sulla tenuta del governo guidato da Romano Prodi: "Il governo di centrosinistra, al potere dal maggio 2006, può contare su una esigua maggioranza parlamentare a fronte del vasto numero di partiti che lo sostengono ed è improbabile che possa durare molto oltre la metà dei cinque anni della legislatura (...)".
Sembrerà a molti scontato, ma a volte è giusto ribadire la diversità tra uno schieramento veramente liberale come la Casa delle Libertà e un'eterogenea coalizione che a volte si tinge di liberalismo, nascondendo la vera anima comunista.
I veri liberali sono per l'uguaglianza dei punti di partenza, ovvero per la libertà di ciascun individuo di poter aspirare a qualsiasi obiettivo sociale e professionale secondo le proprie doti e i propri meriti; i comunisti e tutte le sinistre sono per l'uguaglianza dei punti d'arrivo, un egualitarismo che uccide il progresso e l'innovazione.
Ed è partendo da questa diversità di base che traspare in tutti i provvedimenti del governo Prodi, che i giovani di Forza Italia vogliono denunciare come questa maggioranza stia portando l'Italia verso un vero conflitto generazionale.
Un conflitto tra chi è pronto a rischiare, a mettere in gioco il proprio talento e i propri meriti, ad assumersi le proprie responsabilità, e chi vuole difendere passivamente i propri privilegi, lo "status quo" garantito comunque.
Fioroni, Mussi, Ferrero, Nicolais e i loro amici stanno mortificando le future generazioni italiane: costruiscono una scuola e un'università piatte e uguali per tutti; pensano di risolvere il precariato eliminando la flessibilità di accesso al mercato del lavoro; puntano ai salari minimi invece di premiare meriti e produttività.
Se il governo continuerà su questa linea, non solo i migliori talenti, ma chiunque sia dotato di un minimo di cervello fuggirà dal Bel Paese in cerca di miglior fortuna e di sicure opportunità all'estero.
Se veramente vogliamo salvaguardare i nostri "cervelli", c'è solo una soluzione: mandiamo questi signori della sinistra a casa.