Silvio Berlusconi, ancora convalescente a Cleveland, in Ohio, dopo avere subito l'impianto di un pacemaker lunedì mattina, sta bene e ha già ripreso a lavorare dal suo letto, nella suite presidenziale al 15.mo piano dell'albergo a 5 stelle che si trova al centro del campus della clinica. Il Cavaliere, che dovrebbe lasciare gli Usa venerdì pomeriggio, ha anche ripreso a mangiare normalmente, e ha fatto colazione a metà giornata con tutto il suo entourage.
Le informazioni positive provenienti dall'entourage del presidente del Consiglio vengono confermate dal medico che ha operato Berlusconi: Andrea Natale, 46 anni, nato a Siracusa e responsabile della sezione pacemaker dell'Heart Center della clinica di Cleveland. Intervistato dalla Rai, Natale conferma che a Berlusconi è stato impiantato soltanto un pacemaker (non c'è stato nessun altro intervento, come la cosiddetta ablazione, come ipotizzato nonostante le smentite da alcuni media italiani), che il paziente "ha recuperato e rimarrà in osservazione ancora un paio di giorni".
"Abbiamo impiantato un pacemaker, è una procedura routinaria e generalmente la vita non cambia dopo questo tipo di impianto, occorre soltanto una serie di controlli regolari", spiega il professore, aggiungendo che la convalescenza si sta svolgendo "secondo tutte le aspettative, il presidente sta bene, mangia, tutte le funzioni sono normali".
Natale è apparso molto soddisfatto del comportamento tenuto da Berlusconi: "È stato un paziente molto piacevole, segue tutte le istruzioni, è stata una esperienza molto piacevole. È stato davvero un paziente per nulla esigente, per nulla difficile".
Il professore insiste su questo punto: "Non c'è stato nessun problema neppure con i miei collaboratori e siamo tutti rimasti sorpresi vista l'esperienza con altri vip".
Silvio Berlusconi "sta bene, l'ho sentito intorno alle 14 ore italiane, era in grandissima forma, voleva sapere tutte le notizie della giornata politica e tutto quello che sta accadendo in Italia e ha chiesto la rassegna stampa che gli ho già mandato. Credo che a questo punto avrà finito di leggerla...".
Lo ha affermato Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente di Forza Italia, ai microfoni di Radio Monte Carlo.
Allo domanda sui tempi del rientro in Italia, Bonaiuti ha risposto: "Tornerà nei tempi previsti, entro fine settimana, sabato o domenica ma io penso sabato, rientrerà direttamente nella sua casa di Milano, ad Arcore".
Berlusconi, ha concluso l'esponente di FI, "non tornerà a Roma perchè domani sera con la fiducia e l'approvazione della finanziaria praticamente si chiude l'annata politica".
Dalla manifestazione del 2 dicembre, un nuovo inizio per il centrodestra. Nel triste autunno di un governo in sette mesi ha dilapidato tutto lo scarso credito iniziale, piazza San Giovanni ha rappresentato non solo una primavera di democrazia e di speranza, che smentisce l'emergenza democratica proclamata dal Quirinale, ma anche un formidabile manifesto politico da cui nessuno può prescindere. A Forza Italia il compito di trasformare in progetto politico quella magnifica spinta unitaria impressa alla storia del centrodestra dal suo popolo.
La manifestazione di Roma ha rimesso in moto la rivoluzione liberale iniziata dodici anni fa per il bene dell'Italia e di tutti gli italiani.
Il popolo della libertà viene da tradizioni politiche diverse, ma si muove già come un solo soggetto politico, ora il suo destino è di ritrovarsi unito sotto le bandiere del partito della libertà, che abbiamo il dovere di costituire.
Con l'inizio del prossimo anno sarà avviato il cantiere per la costruzione della federazione che fornirà l'ossatura del nuovo partito, si sta già lavorando alla piattaforma di valori e al modello organizzativo da sottoporre agli alleati della federazione. Di pari passo, procederà un analogo processo di federazione dei partiti a livello locale (consigli comunali, provinciali e ragionali) e parlamentare.
sul Partito delle Libertà - 21 dicembre 2006
La costruzione del Partito delle Libertà è il nostro compito in questa stagione politica, quello di dare all'Italia un grande partito dei moderati e dei riformisti. Se ci riusciremo, avremo compiuto un'impresa storica, avremo lasciato un segno nella storia politica, e non soltanto, del nostro Paese.
Ce lo chiedono i due milioni di italiani che erano in Piazza San Giovanni il 2 dicembre, e altri milioni di cittadini, elettori di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e di tutte le forze politiche dell'opposizione, che condividono un progetto e una speranza.
Un popolo di moderati, di persone perbene, che sentono di appartenere ad un'unica grande famiglia politica e culturale. Un popolo fatto di lavoratori e di imprenditori, di studenti e di pensionati, di artigiani, professionisti, commercianti, di gente comune, che dedica gran parte delle sue energie al lavoro e al progresso del Paese.
E' un'Italia seria, onesta, operosa, che rifiuta questa sinistra e questo governo, ma che vuole soprattutto costruire un grande futuro di libertà.
E' un'Italia che guarda al progresso e alla modernità, che non dimentica le proprie radici ma che afferma con orgoglio l'identità culturale e spirituale della propria nazione.
La realizzazione del Partito delle Libertà rappresenta il completamento di un percorso che abbiamo cominciato insieme nel 1994, quando io decisi, fra lo scetticismo di molti, di lasciare le mie aziende e le mie attività per entrare in politica.
Con Fini, con Bossi, con Casini e con tanti altri, al Polo e poi alla Casa delle Libertà abbiamo cercato di dare cittadinanza politica a questa Italia moderata, orfana di una rappresentanza, spesso fino a quel momento concentrata sulla proprie attività, e restia ad impegnarsi in prima persona. Un'Italia che risultò maggioritaria allora e che lo è ancora oggi.
Un'Italia che vuole costruire un futuro di tipo europeo.
Sono questi i concetti che, dal 1994 ad oggi, hanno unito le forze politiche del centrodestra, ognuna delle quali ha svolto e continua a svolgere un compito importante; e sono anche i principi unificanti intorno ai quali realizzare un soggetto politico nuovo, mettendo insieme le nostre idee, le nostre forze e, progressivamente, la nostra organizzazione sul territorio.
Per realizzarlo, bisogna partire dalla gente, da quella che ha riempito Piazza San Giovanni, dai tanti Circoli della Libertà che stanno sorgendo ovunque in Italia e che raccolgono persone di tutti i partiti del centro-destra, come dalla gente di Catania che Tu riunisci questa sera.
La Vostra presenza è un atto di responsabilità e di impegno, ma è anche un grande incoraggiamento, una sollecitazione ad andare avanti che non rimarrà senza risposta.
Iniziative come la Vostra sono importantissime: per questo, pur trovandomi all'estero, Vi prego di considerarmi fra Voi con il cuore e con tutto l'entusiasmo e la determinazione che merita questo grande progetto politico.
A tutti un abbraccio e un caro augurio di buon Natale.
Difficile credere alle proprie orecchie, ascoltando quel che Prodi ha detto in tema di tasse questa mattina alla radio, in un colloquio con il neodirettore Antonio Caprarica, su Radio Anch'io. Le sue parole testuali: "Non ci sono tasse aggiuntive. C'è una diminuzione del peso fiscale per 580 milioni di euro".
Perfino il segretario dei Ds, Piero Fassino, in un recente intervento, ha affermato che la pressione fiscale è ormai arrivata a un livello critico. Anche dal ministero delle Finanze ci si difende (Sergio Nicoletto Altimari, consigliere di Visco), sostenendo che "resta pressoché inalterata".
Prodi no, Prodi lancia il cuore oltre l'ostacolo e azzarda di più. Questa non è più la finanziaria dei sacrifici che il governo ha dovuto imporre per rimediare ai presunti guasti del centrodestra (la tesi di sempre). Adesso, in splendida solitudine, cerca di "convincere" decine di milioni di italiani che la manovra abbasserà la pressione fiscale.
E ancora, ha detto che "non ci sono tasse aggiuntive". Peccato che fosse in radio: così non è stato possibile vedere il naso del premier che si allungava nel propinare simili panzane. Le 69 tasse in più, tra imposte nuove e altre aggravate, sono una verità incontrovertibile. Come l'aumento delle imposte locali, già applicate o annunciate in molti Comuni e Regioni.
Secondo quanto hanno calcolato due illustri economisti vicini alla sinistra (Boeri e Garibaldi,su Lavoce.Info), "la pressione fiscale potrebbe aumentare al 42,2 per cento dal 41,4 del 2006". E quando scrivevano, ancora doveva completarsi l'assalto alla diligenza della finanziaria, con l'inserimento di nuove spese (Mezzogiorno e sicurezza, ricerca) per le quali reperire una copertura.
Gli stessi economisti sottolineano che, con spese aggiuntive vicino ai 7 miliardi di euro (altro che tagli), "il miglioramento dei conti pubblici è dovuto solo all'incremento delle entrate". Cosa sono, se non tasse? Il calcolo della pressione fiscale "reale" è poi ben superiore: si consideri che i vari ticket sanitari (1,2 miliardi) sono considerati, per meri motivi contabili, "tagli di spesa", quando a tutti gli effetti si tratta di una tassa, forse la più odiosa.
Prodi ha concluso il suo ragionamento preannunciando "più occupazione e più sviluppo".
Quanto ai posti di lavoro, non si preoccupi: ci ha pensato la legge Biagi del governo Berlusconi e gli ultimi dati segnalano un tasso di disoccupazione ai livelli minimi.
Quanto allo sviluppo, si può rivolgere a Confindustria, il cui ufficio studi non ha mancato di rimarcare l'effetto depressivo che avrà, sull'economia, la spremitura fiscale della manovra.
In gergo ciclistico, tanto caro al Professor Prodi, si chiamano "succhiaruote". Sono i corridori che fanno tutta la corsa attaccati alla ruota posteriore di chi tira il gruppo, senza mai dare il cambio, e poi vincono la gara perché sono molto più freschi dell'avversario che per 200 chilometri ha fatto il grosso del lavoro. E' precisamente quello che sta facendo il governo. Volano le entrate fiscali dell'ultimo anno? Prodi e compagni si prendono i meriti del risultato, pur essendo chiaramente frutto della politica di Tremonti, visto che il gettito è stato garantito grazie all'ultima Finanziaria approvata, cioè quella 2005 del governo Berlusconi. E di fronte a tutti gli analisti che attribuiscono i meriti a chi davvero li ha, Visco e il premier arrivano perfino a sostenere che il maggior gettito non è figlio della politica del centrodestra ma solo espressione della paura degli italiani, che di fronte a un governo finalmente serio si sono spaventati per la faccia cattiva di Padoa Schioppa e hanno pagato prima che venissero obbligati a farlo. Davvero comico.
Ma ancor più comico è quanto è avvenuto ieri con i risultati sull'occupazione. Sono stati resi noti i dati del terzo trimestre 2006 e sono lusinghieri, con 495mila nuovi posti di lavoro in più. Ora, che il ministro Damiano si faccia bello di queste cifre è vergognoso, oltre che risibile, e lo è per due ragioni. La prima, la più ovvia, è che tale risultato va ascritto solo ed esclusivamente alla legge Biagi, realizzata, sostenuta, varata e difesa dal governo Berlusconi, visto che questo attuale governo non può varare alcuna legge seria di riforma senza rischiare di cadere rovinosamente. Se, quindi, arriva un risultato in termini di occupazione, questo è merito del centrodestra (e già negli anni passati l'occupazione ha volato).
La seconda ragione è legata all'obiettivo palese ed espresso di una buona parte della coalizione di centrosinistra, anzi di sinistra-centro: abbattere la legge Biagi, se non proprio cancellarla, modificarla radicalmente. E' quindi pazzesco che la sinistra si attribuisca meriti di altri, per giunta conseguiti grazie a una legge invisa dalle sue ali più estreme.
Doveva essere la finanziaria del risanamento, quella che "ci faceva andare a testa alta a Bruxelles": così l'avevano definita Prodi e Padoa Schioppa. È finita per essere la finanziaria della prescrizione, la finanziaria delle tasse, la finanziaria bocciata da studenti e professori; da operai ed industriali; da idraulici e notai. E da ultimi, anche le Forze dell'Ordine.
Piero Fassino dice che questo governo è "in affanno". Non è in affanno. Governa non per gli italiani, ma "contro" gli italiani.
E' inutile ripercorrere tutti i record negativi di questa finanziaria. Dal numero dei commi, dalla mancata approvazione da parte delle commissioni Bilancio di Camera e Senato. Di come sia stata corretta mille volte dallo stesso governo, dallo stesso ministero, che l'aveva scritta: l'Economia.
Il Peccato originario di questa manovra si chiama "due diligence" è la verifica fatta sui conti pubblici ereditati dal precedente governo. E' fine giugno quando la Commissione Faini, voluta da Prodi e Padoa Schioppa, elabora la sua sentenza: il deficit di quest'anno viaggia fra il 4,1 ed il 4,6%. Per arrivare a questi livelli, rispetto al 3,8% negoziato da Berlusconi e Tremonti con Bruxelles, calcola una trentina di rischi. Dimentica, però, l'unico realmente realizzato: la sentenza Ue sull'indeducibilità dell'Iva sulle auto di servizio.
Più tardi si scoprirà che quest'anno il governo può disporre di un gettito aggiuntivo e non calcolato di 33,8 miliardi di euro. Più di due punti di pil. Vale a dire che già oggi il deficit è sotto il 3%. Lì lo hanno lasciato Berlusconi e Tremonti.
Ma non si poteva e non si può dire. Così, il governo costruisce una finanziaria inutile alla correzione (bastavano 7,5 miliardi, contro i 35 della finanziaria), ma utile alle prebende che la Sinistra deve pagare.
E' una finanziaria inutile perché non favorisce la crescita, per ammissione del governo.
E' una finanziaria inutile perché accentua il carico fiscale su tutte le fasce sociali: ricchi e poveri. E per quei pochi che pagheranno meno imposte, il beneficio è limitato in un caffé al giorno.
E' una finanziaria inutile perché farà aumentare l'inflazione (anche qui, per confessione del governo), che è la più odiosa tassa sulle fasce meno fortunate della popolazione.
Non è a favore della competitività delle imprese, ed è contro gli operai.
Non favorisce il diritto allo studio, perché taglia i fondi per la ricerca.
Non è sociale perché i giovani troveranno sempre più difficoltà a trovare lavoro, visto il graduale superamento della legge Biagi.
Non è a favore degli enti locali perché dovranno aumentare l'Ici e le addizionali Irpef per far quadrare i bilanci. Ed ora anche i sindacati si dicono preoccupati della manovra.
In compenso è a favore del sottobosco della Sinistra. Mai nessuna finanziaria ha mai aumentato il numero di commissioni e sottocommissioni come questa manovra. Mai nessuna manovra ha creato fondi pubblici a favore di comitati a volte ridicoli.
Incarichi pubblici pagati dai contribuenti.
E su tutto, il pasticcio delle prescrizioni dei reati contabili. Una norma odiosa anche per il governo che dovrà modificarla con un decreto. Ma è anche una norma che non ha copertura finanziaria, come segnalato dal procuratore generale della Corte dei Conti.
Insomma, una finanziaria a favore di pochi (chi farà parte dei comitati) pagata da tutti. Ricchi e Poveri.
Ora Prodi dice che a gennaio tutte le incomprensioni verranno sanate dagli effetti che la manovra produrrà. Avverrà esattamente il contrario: tutti si renderanno conto, nella busta paga, nel rallentamento dell'economia che questa finanziaria produce, gli effetti drammatici di questa legge finanziaria.
"Purtroppo per il Paese, questa maggioranza è costretta continuamente a blindarsi con la fiducia, una fiducia dietro l'altra, senza la quale la manovra non sarebbe mai stata approvata. ‘è scandaloso che al Senato sia passata solo grazie ai senatori a vita". Lo ha detto l'on. Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, ai microfoni di Radio Monte Carlo.
"La Finanziaria è contestata da tutte le categorie sociali, per ultimo sono insorti anche i rettori delle Università". Insomma, conclude l'esponente azzurro, "non c'è nessuno che abbia accolto con favore questa finanziaria, che per la prima volta dopo cinque anni mette le mani nelle tasche degli italiani".
"Ed è una pura invenzione - conclude Bonaiuti - il recupero di sei punti di popolarità del governo e del presidente del Consiglio. Non provi la sinistra a organizzare una campagna informativa sui sondaggi".
I giornali sono unanimi nel ritenere che le osservazioni del Presidente della Repubblica nel discorso alle alte magistrature dello Stato costituiscano un forte richiamo critico al Governo per il modo in cui ha gestito l'iter della Finanziaria.
Il Capo dello Stato non è entrato nel merito della manovra, salvo per il comma relativo alla riduzione del termine di prescrizione per i reati contro il patrimonio dello Stato, ma ha focalizzato il suo intervento su due aspetti:
- la compressione in un unico articolo di oltre 1300 commi;
- il ricorso al voto di fiducia.
Poiché entrambi questi aspetti chiamano in causa il Governo, è normale considerare le parole di Napolitano come una critica diretta a Romano Prodi, anche se Palazzo Chigi ha commentato che questa prassi non gli è specifica, tanto più che Napolitano ha denunziato la prassi stessa, estendendola ai precedenti governi.
In realtà, sia la compressione dei centinaia di commi in un unico articolo sia il ricorso al voto di fiducia corrispondono a due esigenze: quella di contenere il tradizionale "assalto alla diligenza" e quella di tenere unita la maggioranza.
Se la prima esigenza è comune a tutti i governi, la seconda è specifica di questa maggioranza di centrosinistra che al Senato non sarebbe stata tale senza i voti dei senatori a vita, punto sul quale Napolitano non ha preso posizione.
Ma il Presidente della Repubblica ha colto l'occasione per rilanciare la sua linea già espressa nel discorso di insediamento, come ricorda Pierluigi Battista sul Corriere della Sera: la necessità di un dialogo tra maggioranza e opposizione, non solo per la limitatezza dei margini di maggioranza del centrosinistra quali sono risultati dal voto del 9-10 aprile, ma per dare un contenuto positivo e funzionale al bipolarismo e all'alternanza.
Anche in questo caso è ben visibile una critica a Prodi poiché il presidente del Consiglio, fin dall'inizio, ha sostenuto la linea del "ce la faremo da soli", ovvero la linea del rifiuto del dialogo costruttivo con l'opposizione.
Queste considerazioni hanno permesso a Napolitano di allargare il discorso e a denunziare il pericolo che corrono le istituzioni democratiche di allontanarsi dai cittadini se continuerà a prevalere la logica dello scontro, che è ovviamente imputabile a una maggioranza che considera questo come la principale garanzia della propria tenuta politica.
Infatti, proseguendo con questo atteggiamento, la maggioranza di centrosinistra obbliga intenzionalmente l'opposizione a fare muro, ma con ciò erode la credibilità del sistema politico: e proprio di questo si preoccupa Napolitano, che non vede con favore una crisi che potrebbe diventare incontrollabile per il concentrarsi sulla maggioranza di difficoltà: i congressi dei Ds e della Margherita, il processo di costituzione del Partito democratico, e soprattutto il dibattito sulle riforme che sono state escluse dalla Finanziaria.
Proprio sulle riforme il contributo dell'opposizione potrebbe risultare decisivo sia per emarginare l'ala estrema del centrosinistra, che si sta arroccando sulla difesa dell'esistente, e quindi blocca la fase dello sviluppo, sia per dare coraggio ai riformatori. Il centrodestra, infatti, mantiene fermo il principio che esso lavora per il bene dell'Italia: questo è il messaggio che passa, che a sua volta mette in luce come il centrosinistra, invece, abbia come prioritario l'obiettivo di mantenersi al potere.
Un obiettivo che, se perseguito con ostinazione e cinismo, mette in pericolo la tenuto del sistema democratico del bipolarismo e dell'alternanza.
Anche Prodi alla fine ha dovuto "convertirsi", obtorto collo, al verbo della "fase due", della quale aveva negato la necessità solo fino a pochi giorni fa. Ma lo ha fatto con tutta l'ambiguità di cui è maestro, e gli esiti saranno prevedibilmente deludenti.. Dell'esigenza della svolta o del "cambio di passo", per usare la terminologia Fassin-rutelliana, si era cominciato a parlare già due mesi fa, quando il governo aveva dovuto registrare il primo, drammatico corto-circuito con il Paese.
Ma se il centrosinistra ha avuto bisogno di ipotizzare una «fase due» dopo appena sei mesi dal successo elettorale, alla fine della legislatura saremo matematicamente approdati almeno alla «fase dieci». Viste le fibrillazioni nella maggioranza e la debolezza politica di Prodi, però, questa sembra veramente un'ipotesi irreale. Ma cosa dobbiamo aspettarci dalla ormai mitizzata "fase due"?
I riformisti di Ds e Margherita l'hanno evocata per spingere il governo verso le riforme strutturali rimaste completamente fuori dalla Finanziaria, che si è limitata a svuotare le tasche degli italiani e che, invece di tagliare rami secchi e sprechi, ha acceso nuovi focolai di spesa pubblica improduttiva. Realisticamente, però, l'agenda delle questioni politiche già annunciate lascia presagire che, di fase in fase, la priorità sarà di nuovo accordata ai temi cari alla sinistra radicale.
Per gennaio la maggioranza già prevede, tanto per fare un esempio, di porre mano alla legge sull'immigrazione.
E poi di modificare la legge sulla cittadinanza. E infine di elaborare una legge sulle unioni di fatto.
Con quali idee «condivise» e soprattutto con quanta forza parlamentare non è dato di sapere. Ma è significativo che tutti i temi indicati per la fase due, soprannominata «Topolino» da Rutelli, vadano per il momento nella direzione opposta a quella invocata dai riformisti. Tanto che, appena la Margherita ha parlato di riforma previdenziale, comunisti e Verdi hanno subito ricordato che la questione non fa parte del programma dell'Unione che fu sottoposto agli elettori.
Come dire che della riforma chiesta a gran voce dall'Europa, dall'Ocse, dal Fmi e dal buonsenso, se ne parlerà, prevedibilmente, nella "fase undici".
Bertinotti, nell'intervista a Panorama uscita stamani, lo ha detto chiaro: la riforma previdenziale non deve toccare gli operai... E di questo dovrà prendere atto anche Fassino, che pure è preoccupato del fossato abissale scavato tra governo e Paese, che dice che è sbagliato "voltare la testa dall'altra parte" davanti alla protesta popolare e reclama con urgenza una «fase due» di riforme.
La "fase due" in salsa prodiana sarà battezzata in una sorta di nuovo conclave dell'Unione (sullo stile di quello di San Martino in Campo) che molto probabilmente si terrà per la metà di gennaio.
Il compromesso, dunque, sembra essere stato raggiunto tra Prodi, Fassino e Rutelli: il cambiamento ci sarà, ma avverrà gradualmente, senza "traumi" rispetto al programma. Per il premier un cambio di marcia potrà avvenire, ma ad una condizione irrinunciabile: "Salvaguardando al tempo stesso lo Stato sociale". Il che, tradotto dal politichese, significa non indispettire la sinistra radicale che sul riformismo chiamato in causa a più riprese ha già eloquentemente espresso tutto il suo scetticismo.
Non a caso, dalla sinistra ds Fabio Mussi parla addirittura di "bufala" perché il governo "si regge su un programma e sulla collegialità".
La realtà è che il programma-monstre dell'Unione rappresenta un autentico macigno sulla strada dei riformisti, e che l'idea di una cabina di regia riformista sull'economia proposta da alcuni esponenti diessini è già stata seppellita prima di nascere.
Altro che fase due. Rutelli dovrà rassegnarsi, così come il suo povero "Topolino", che dovrà ancora una volta lasciare il passo ai Gambadilegno del comunismo nostrano.
Prima dell'osceno pasticcio del comma-fantasma che cancella i reati contabili, il governo di Romano Prodi ha inanellato una serie di scorrettezze istituzionali, politiche e morali che lo qualificano come il peggior esecutivo varato nella stagione repubblicana.
Dall'esame dei molti casi che hanno destato scandalo e timori emergono con chiarezza due elementi fondamentali:
1. questo governo è disposto a tutto per raggiungere i suoi obiettivi più faziosi e dirompenti, violando le corrette procedure istituzionali;
2. le stanze del potere sono occupate da compagni rissosi che seguono linee diverse sicché spesso ai provvedimenti seguono pentimenti, ripensamenti, vere e proprie retromarce. Sotto questo profilo la gestione della legge finanziaria è particolarmente istruttiva.
Quello che segue è soltanto un primo, sommario florilegio dei casi più clamorosi.
Primo scandalo, in settembre. Mentre Tronchetti Provera tratta con Rupert Murdoch un accordo di collaborazione industriale, spunta un piano redatto da Angelo Rovati, consulente economico di Palazzo Chigi, nel quale si ipotizza lo scorporo della rete di telefonia e il passaggio del controllo al Tesoro. E' un'ingerenza bella e buona e Tronchetti Provera reagisce provocando il caso. Come si può giustificare una simile, grave ingerenza? Rovati vuole salvare Prodi e afferma che il premier non sapeva di quel tale progetto, ma Tronchetti Provera lo smentisce.
Prodi reagisce sconsideratamente a chi gli chiede di riferire in Parlamento (è la famosa frase: "Ma siamo matti?) ma alla fine dovrà presentarsi ai parlamentari con la coda fra le gambe.
Anche in materia di giustizia, i governanti dell'Unione dimostrano di essere indecisi a tutto e buoni a nulla. All'inizio dell'autunno viene votato l'indulto, che rimetterà in libertà oltre 24 mila detenuti. Sono moltissimi i criminali che rientrano in carcere, dopo avere commesso altri, gravi reati, nel giro di poche settimane. L'opinione pubblica critica governo e maggioranza e, in novembre, arriva il pentimento.
Giuliano Amato ammette: "Sull'indulto, da ministro dell'Interno, ho dovuto prendere atto della volontà del Parlamento non senza sofferenza …Un provvedimento del genere crea problemi a chi fa il nostro lavoro".
Queste affermazioni aprono un'altra polemica all'interno dell'Unione, perché la sinistra radicale difende ad oltranza il provvedimento di clemenza e attacca Amato.
E' con la finanziaria che il governo Prodi dà il peggio di sé. Oltre ad aumentare la pressione fiscale fino a mettere in pericolo la ripresa, con la manovra si espropriano le liquidazioni dei lavoratori dipendenti del settore privato.
Si stabilisce che il Tfr (trattamento di fine rapporto, soldi dei lavoratori depositati nelle imprese) debba passare all'Inps, se non destinato a fondi di previdenza integrativa.
La misura pone fondate questioni di legittimità costituzionale e incontra subito critiche e opposizioni degli imprenditori e dei sindacati. C'è un balletto di cifre e disposizioni: all'inizio si vorrebbero trasferire all'Inps tutte le liquidazioni, poi si decide che la misura avrà valore soltanto per le imprese con almeno 50 dipendenti. Ma le critiche e i malumori, di tutti, restano e pesano sulla crescente impopolarità del governo.
Il dilettantismo di questi governanti si rivela anche con la tassa fantasma sul turismo. Si annuncia che, sempre nell'intento di fare cassa a tutti i costi, nella finanziaria sarà inserita anche una micidiale tassa di soggiorno che dovrebbe comportare per i turisti un aumento dei prezzi da 1 a 5 euro al giorno. Insorgono tutti, comuni, consumatori, categorie del turismo.
Se un simile balzello dovesse passare ogni speranza di recuperare quote di mercato per l'industria turistica italiana svanirebbe.
Alla fine, sommersi dalle proteste, gli esponenti del governo fanno marcia indietro. Ma la figuraccia rimane.
Altre giravolte, altre gaffe, altre retromarce. Uno degli obiettivi della sinistra sono i "Suv", i fuoristrada, i gipponi, insomma, considerati da ambientalisti e "antagonisti" macchine da ricchi. Si annuncia che la finanziaria inasprirà il bollo su questi veicoli, in nome dell'ambiente. Soltanto, non si sa come tassarli, anzi tartassarli.
Bisognerà prendere in considerazione il peso o il potenziale d'inquinamento? Poi si scopre che questi mezzi non sono più inquinanti degli altri e che colpirli significherebbe deprimere un segmento del mercato che va bene. Allora?
Si decide di inasprire il bollo su tutti i veicoli, a due e quattro ruote, e di aumentare il costo delle pratiche relative e patenti e revisioni.
Ed è sempre la finanziaria a provocare la clamorosa protesta dei rettori delle università italiane. La manovra opera tagli senza alcun criterio e penalizza l'istruzione accademica.
Diminuisce i fondi a disposizione e impone una riduzione delle spese correnti del 20 per cento: in questo modo si limita drasticamente la capacità degli atenei di fare fronte agli impegni didattici, logistici, organizzativi. Poiché le proteste contro queste disposizioni dissennate non sortiscono alcun effetto, la conferenza dei rettori dispone che le università non invitino più ministri e sottosegretari a manifestazioni significative e convegni.
Mai c'era stato uno strappo così violento fra le autorità accademiche e quelle di governo. Un altro triste primato per Romano Prodi.
Senza precedenti è stata anche la protesta che visto in piazza decine di migliaia di agenti della polizia di Stato, della polizia penitenziaria, della Forestale. La finanziaria ha ignorato le esigenze del comparto sicurezza: non soltanto ha previsto aumenti ridicoli, anzi offensivi, per agenti, carabinieri e operatori delle altre forze dell'ordine - uomini e donne che quotidianamente rischiano la vita per tutelare i cittadini - ma riduce i fondi a disposizione per adeguare mezzi e strutture. Si prevede che saranno abolite diverse questure e saranno chiuse centinaia di caserme dei carabinieri.
Tagliati anche i fondi per i vigili del fuoco, sicché potrà anche succedere che, in caso di emergenze, risulti inadeguata l'azione di soccorso. L'impressione sull'opinione pubblica è stata estremamente negativa. Si inasprisce il prelievo fiscale e contemporaneamente si riduce l'operatività e l'efficienza di un sistema complesso che dovrebbe garantire l'incolumità dei cittadini, sempre più allarmati dall'aggressività della malavita.
In più di un'occasione il governo ha agito in maniera scorretta e obliqua, per realizzare i suoi progetti senza allarmare troppo l'opinione pubblica. Nella finanziaria gli esponenti dell'Unione hanno contrabbandato, o tentato di contrabbandare, proprio di tutto. Nel pozzo del maxiemendamento si è tentato di nascondere anche una norma piccola piccolo che estendeva ai conviventi, alle coppie di fatto, le franchigie previste, in materia di tasse di successione, ai componenti delle famiglie legittime. Con una disposizione fiscale si sarebbe fatto un passo decisivo verso il riconoscimento delle coppie di fatto, senza però scatenare la polemica interna all'Unione. Il trucco, però, è stato scoperto e c'è subito stata la marcia indietro: l'emendamento piccolo piccolo è scomparso dal testo definitivo della manovra.
Non contenti di avere aumentato le aliquote sui redditi, le sinistre che hanno dettato la manovra a Prodi e a Padoa Schioppa, avevano progettato di colpire ulteriormente i pensionati che hanno un assegno mensile di almeno 5 mila euro lordi, imponendo loro un "contributo di solidarietà" del 3 per cento. Questa misura di espropriazione forzosa - che non tiene conto in alcun modo dell'entità dei contributi versati da certi pensionati - è stata annunciata e smentita più e più volte. Infine, perfino qualche esponente della maggioranza deve essersi vergognato e il provvedimento è scomparso.