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Ostia
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Come
un partigiano
morto
prima del maggio del '45
comincerò
piano piano a decompormi,
nella
luce straziante di quel mare,
poeta
e cittadino dimenticato.
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Pier
Paolo Pasolini, Poesie in forma di rosa, VII
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Un
pianto senza lacrime, un urlo muto,
un cuore rattrappito
dalla percezione della morte.
Sono arrivata anch'io
fino a te, Pier Paolo, quasi
stupita di potere ancora
respirare, pensare, vivere.
Un'onda si frange sulla
spiaggia. Di continuo la vita
ha inizio in quel vicino
mare senza suoni;
solo la spuma bianca
canta la tua gentilezza.
E tu sei qui, presente,
in questo tremendo luogo
melmoso, umido, dall'erba
ancora verde, molle
per il pianto di un cielo
privo di colori,
senza piccole lucciole
né grandi stelle cadenti
che riscaldino le tue
insultate membra.
Da questa palude, da questi
immondi rifiuti,
da questa sperduta strada,
da questo nulla
giungo ai tuoi piedi,
mi accosto al cemento
degradato, corroso, simbolo
dell'oblio,
ultimo visibile oltraggio
alle tue civili sofferenze.
Ho terrore di ogni mio
respiro, dinanzi a te
dimenticato e spoglio;
ho timore di un
atto d'amore che nessuno
intende,
né può capire...
Solo la giovinezza enormemente
giovane del compagno
che è qui, il suo cuore puro
tremano, comprendono;
in perfetta sintonia sono i pensieri
di due poveri esseri
smarriti, ora, davanti al ricordo,
alla irreparabile perdita.
Non piangere: mai scorderemo
con i nostri forti pensieri
l'opera tua, il tuo sorriso;
ti canteremo senza sosta
con voci umili e costanti;
tutti gli uomini del
mondo dovranno conoscere la tua
grandezza di calpestato
e odiato, di perseguitato e deriso.
Siamo qui per dare e
avere conforto, perché tu ci indichi la strada
difficile e tortuosa.
Tu, morto disadorno, cammina al nostro fianco,
prendici per mano, procediamo
con passo uniforme, leggero.
La tua passione e il lampo
delle nostre vite non sono che brividi.
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Un
attimo
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Fu solo un attimo
quello in cui posai la
mano
sulla tua mano aperta.
Soccorrevi col gesto
un incerto tragitto.
Solo un momento,
quasi un caso.
Oggi, nel cuore,
ho ancor viva memoria
di ciò che accadde
nell'animo, nelle viscere,
in quell'istante
breve come un sospiro,
eppur sempre presente.
Ora la mano,
che tendo in sogno,
conserva solo impronta
della tua. E nell'animo
mio
– cristallo appannato
da un tuo respiro –
riscrive il tuo nome.
Nulla, nessuno, mai
può ricreare l'incanto
di un'emozione irripetibile.
Vivessi tre secoli,
bella come una dea,
o più amata tra
le amate,
mai più riavrò
neppure l'ombra
sbiadita di una tale
magìa.
Quello fu il momento
in cui, silenziosamente,
da uno sguardo,
e in un contatto etereo,
intesi un pensiero d'amore.
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Stupenda
ottusità
(da
un verso di Pier Paolo Pasolini)
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«Occhi
sicuri, labbra morbide da accarezzare,
pensieri profondi di
un bimbo
corrucciato, con alti
zigomi rosati
e riccioli fluenti, al
tatto calda seta.
Mille volte più
uomo degli uomini, sorridi
in questa tua primavera
che incanta!
Con un dolore severo
che brucia il tuo indifeso
petto di bambino per
un amore strappato
a forza da un dio crudele,
impietoso, brutale.
Con un cuore grande,
un animo gentile in cui trovano asilo
i diseredati della terra.
Per l’uomo
che ha fame e il povero
cristo che trascina giornate d’orrore
il tuo animo è
un soccorritore discreto, delicato.
La tua fede è
salda, la tua
compassione immensa:
io lo so.
Coloro che non riconoscono
neppure
come nasca un pensiero
umano,
coloro che
respirano l’aria
mefitica
dei propri egoismi e
indossano
l’abito
ipocrita di superficiali valori
possono ingannarti, non
vincerti…»
Fui interrotta bruscamente
da un’entità senza
volto, né sesso,
né anima: «Sei tu,
pazza delirante misera
paria dissennata,
nel tuo nudo consumarti
senza
limiti, senza almeno una
scarna o apparente traccia di
dignità,
uno
straccio di amor proprio,
che lo incontri nei prati
rossi di papaveri,
lo innalzi come stella
tra gli astri
luminosi che solcano un
cielo d’argento quando
stelle cadenti fanno
da contrappunto alle tue
lacrime senza età,
senza limiti…? Sei tu,
miserabile senza pudore,
che baci i suoi occhi sicuri,
i suoi
riccioli
di calda seta, le sue
labbra morbide, i suoi
zigomi alti? Che copri di baci tremanti,
gemendo, delirando, il
suo viso corrucciato, le sue
mani create per una carezza,
il suo
petto dove un cuore limpido
canta un Corale di Bach, il suo
sesso, azzurro come un
cielo di maggio? Sei tu
che con voce velata e
occhi socchiusi, nella stanza
buia, lo invochi, lo
scongiuri, con nomi dal suono
di mare tranquillo, di
mare in tempesta?
Segui il “normale” corso
della tua vita: non
imporre mutamenti alla
rotta del destino, non
rifugiarti in un sogno
immaginifico , non
nutrirti di immateriali
presenze. Rinuncia
alla tua follia. Esprimi
soltanto sincero
pentimento per quelle
tue azioni innominabili... Ormai,
ne sei conscia?, ti è
dovuto soltanto il nulla».
Risposi con tragico affanno:
«Sì… ma placati, essere
spaventoso, entità
di ghiaccio, che non può
comprendere ciò
che è umano
più d’ogni altra
cosa al mondo.
Perdona questa stupenda
ottusità d’amore
che totalmente e irrevocabilmente
mi possiede.
Conosco la mia sorte.
Sto morendo
in modo innaturale. Sto
morendo
di sanguinanti, profondissime
ferite.
Non attendo pavidamente,
vigliaccamente, altre
giornate nemiche e impietose…
no, non temere.
Muoio, tolgo il disturbo.
Sappi che non mi pento».
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