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il Quaderno del 11 settembre

Berlusconi torna all'attacco: saremo inflessibili

Agenzia Ansa del 9 settembre, ore 20.50

Conflitto di interessi, Rai, Libano. Silvio Berlusconi, dopo una lunga pausa estiva (a parte una veloce apparizione al meeting di Cl a Rimini), torna sulla scena politica e lo fa con un messaggio molto chiaro: l'opposizione sara' "inflessibile" in aula e nelle piazze, e non solo sulla politica interna, ma anche sulla politica estera perche' "questa maggioranza e' appesa a un filo". Un intervento molto atteso quello del leader di Forza Italia. La tracheite che gli ha impedito il confronto con Francesco Rutelli e aveva messo in forse l'intervento a Gubbio, non sembra aver lasciato traccia. Berlusconi arriva al seminario del suo partito intorno alle 15. Dopo una lunga sosta nell'albergo che ospita la tradizionale tre giorni della 'Scuola di formazione di FI', l'ex premier arriva sul palco e appare fresco, riposato. Dopo l'ovazione tributata dai suoi sostenitori, il Cavaliere inizia subito a togliersi i sassolini dalle scarpe. Per prima cosa smentendo di essere stato con le mani in mano. Ad una fan che gli urla "Silvio ci sei mancato", lui replica quasi seccato: "Va beh, lo capisco, ma ho lavorato". Racconta di aver fatto 52 telefonate in media ogni giorno, di aver parlato con capi di Stato e di governo stranieri, di aver ricevuto delegazioni di deputati e senatori. Ridimensiona le notti brave descritte sui giornali ("non sono mai stato al Billionair, semmai da Cipriani", il ristorante interno della discoteca di Flavio Briatore), ma riconosce di aver dedicato molto tempo alla sua grande passione: la botanica. Esclude, infine, di preparare una festa per il suo 70esimo compleanno ("Da quando ne ho 50 - spiega - gli anniversari li passo in casa con il llutto al braccio"). Poi la politica. Berlusconi evita accuratamente polemiche dirette con gli alleati. Solo una stoccata, senza citarlo, a Pier Ferdinando Casini: "La raucedine non mi e' venuta cantando; dopo alcune dichiarazioni emerse in questi giorni ho scelto la tattica del silenzio, anche per non dire cose spiacevoli che avrebbero danneggiato la coalizione". Ma e' chiaro che non intende alimentare le polemiche con i centristi. Berlusconi e' piu' concentrato su come organizzare l'opposizione. Denuncia la faziosita' dei media ("i Tg sono inguardabili, i giornali illeggibili"), attacca i "disastri" della maggioranza ("che accetta i diktat della parte estrema" e costruisce uno "Stato di polizia tributaria" con la legge Visco-Bersani) ed elenca le "10 cose terribili" che hanno fatto. Poi l'affondo. L'ex premier annuncia una "grande battaglia" su quello che definisce "l'unico, vero macroscopico conflitto di interessi" esistente in Italia: quello che lega le "giunte rosse di citta', province e regioni" alle "coop rosse". Per combatterlo, Berlusconi propone di "vietare qualsiasi contratto" fra giunte e cooperative augurandosi che almeno su questo "i senatori a vita non si tirino indietro". Anche sul Libano la linea non cambia. Come emerso ieri negli interventi di Gubbio, Forza Italia punta a spaccare l'Unione sulla missione italiana. Per farlo, il Cavaliere arriva a mettere in dubbio il sostegno della Cdl al decreto. "Questa missione sta cambiando", afferma, "adesso sembra che non si debba piu' disarmare Hezbollah e io non credo che noi potremmo piu' essere d'accordo". Certamente, assicura, "tuteleremo i nostri soldati, ma attenzione perche' le regole di ingaggio non rispettano la nostra visione". In ogni caso, sottolinea, "non lasceremo incompiuta l'opera di democraticizzazione in Afghanistan e Iraq". Un passaggio, quest'ultimo, che sembra confermare l'intenzione di una mozione in cui si riconosca la legittimita' delle due missioni in cambio del 'si' al decreto, con l'obiettivo - non dichiarato - di mettere in difficolta' il centrosinistra. Berlusconi ribadisce quindi che l'opposizione sara' "inflessibile", ma sempre "costruttiva", e che non si limitera' alle aule parlamentari, ma arrivera' fino alle piazze, anche se questo gli avrebbe attirato l'accusa di essere un comunista. Denuncia "l'emergenza democratica" per la volonta' della maggioranza di "mettere le mani" sulla Rai. "Non dobbiamo permetterlo", sottolinea, perche' attraverso la televisione di Stato si puo' "manipolare" l'opinione pubblica. Per farlo, annuncia (forse pensando allo sciopero del canone proposto qualche ora prima dal forzista Guido Crosetto) di essere pronto a far "scendere in campo gli elettori". Le ultime parole sono per il partito. "Dobbiamo organizzare meglio Forza Italia", dice, pur elogiando i vertici che reputa "la migliore classe dirigente del paese".

Libano/Berlusconi: nessuna marcia indietro

Agenzia Ansa del 10 settembre, ore 16.02

"Qualche quotidiano, invero poco obiettivo, mi attribuisce una marcia indietro sulla missione italiana in Libano che non c'e' mai stata". Lo afferma il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. "Abbiamo votato con senso di responsabilita' - ricorda Berlusconi - ben quattro volte, qquando eravamo all'opposizione dal 1996 al 2001, a favore di una missione di pace.

Il problema sono le condizioni nelle quali si svolgera' la missione stessa. E io ho detto chiaramente a Gubbio che nutro molti dubbi sul rispetto delle condizioni iniziali della missione da parte del Governo Prodi. Dubbi condivisi, ed anche espressi - sottolinea l'ex premier - da una larga parte della nostra coalizione.

Proprio questi dubbi dovranno essere adeguatamente valutati prima di decidere sul voto al decreto legge che ancora il Governo, con colpevole ritardo, non ha presentato al Parlamento". "Tra questa ipotesi e una retromarcia - ribadisce Berlusconi - c'e' una bella differenza, ma alcuni quotidiani pensano che sia piu' conveniente far parte del coro della maggioranza".

Libano/Bonaiuti: Che è successo tra Prodi e Assad?

La voglia di protagonismo, di distinguere le proprie "missioni di pace" da quelle del centrodestra che, pur avendo la stessa legittimazione dell'Onu, sarebbero quindi "missioni di guerra", spinge la sinistra alle operazioni più spregiudicate con il rischio di farle fallire.

Nasce così la polemica sulle dichiarazioni di Prodi sull'accordo sulle Guardie della Ue, peraltro disarmato, al confine Siria-Libano. Accordo smentito poi da Damasco. Polemica su cui ieri il centrodestra, (Bonaiuti con la dichiarazione: "Cosa e' successo tra Roma e Damasco sul dispiegamento delle Guardie di Frontiera dell'Unione Europea? C'e' stato qualche malinteso tra il presidente Assad e Prodi? Aspettiamo ansiosi chiarimenti da Palazzo Chigi" - Ansa delle ore 16.46) ha centrato il tiro.

Quanto è accaduto in queste ore dimostra che l'assillo di partire ha fatto tralasciare le regole d'ingaggio, che tuttora non sono chiare in quanto non è chiaro lo scopo stesso della missione. Infatti l'obiettivo primario di disarmare le milizie presenti in Libano non si è tradotto in un compito specificamente affidato a qualcuno, salvo un generico impegno per le forze armate del Libano, non si sa quanto sostenute in questo dal contingente dell'Onu.

Alla richiesta di Israele di controllare le frontiere tra Siria e Libano - richiesta legittima poiché è da lì che arrivano le armi a Hezbollah - l'Italia di Prodi è corsa in soccorso di Damasco proponendo un dispiegamento di guardie di frontiera dell'Unione europea, senza divisa e senza armi, quindi in balia di trasportatori senza scrupoli.

La Siria ha in un primo momento frainteso questa benevola intenzione italiana, ma Prodi ha spiegato a Assad il senso della proposta, tutt'altro che limitativa per Hezbollah e la politica siriana.

E così l'ironica richiesta di chiarimenti sul rapporto Prodi-Assad posta da Bonaiuti, difficilmente avrà risposta perché il governo della sinistra ha tutto l'interesse a mantenere opacità sulla sua "storica" missione.

Gubbio/Un leader alla riscossa

Il silenzio estivo di Silvio Berlusconi ha spaventato in egual misura, sia per opposti motivi, amici e avversari di Forza Italia. Quelli che ne hanno sentito la mancanza e quelli che ne hanno temuto la riscossa. Le parole di Gubbio del leader, che ha rotto quel silenzio mostrando di aver elaborato una sua strategia nelle settimane di agosto, ha riaperto il dibattito politico dentro e fuori il centrodestra. Per chi vuol capire (e non tutti, come vedremo, hanno voglia di farlo) Berlusconi ha proposto un indirizzo per l'opposizione nel suo insieme e un altro per quello che riguarda il partito azzurro.

Non fermiamoci a quello che scrivono i giornali perché la loro posizione contro Berlusconi sta diventando più subdola e sofisticata. Non potendo ignorarlo o falsificarlo clamorosamente in ciò che dice, distorcono il suo discorso riportandone pezzi e frasi che, fuori dal contesto, lo rendono ben contraddittorio e persino inspiegabile! C'è di peggio: come è accaduto dopo Gubbio sulla missione in Libano, costringono di fatto il leader a smentire il giorno dopo una interpretazione del suo discorso che è stata costruita ad arte e volutamente falsificata. Non possiamo passare il tempo e sprecare energia a sbugiardare i quotidiani che fiancheggiano la maggioranza e lo smarcamento di Casini che di questa maggioranza diventa portatore d'acqua più o meno volontario.

Il dato politico di Gubbio è un altro. Berlusconi ha offerto una doppia strada a Forza Italia e alla opposizione nel suo insieme. Ha parlato al partito segnando le tappe di un suo rilancio che raccolga tutte le energie, giovani e meno giovani, nel tentativo di andare persino oltre Forza Italia. Ha messo dunque la sordina al tema della leadership indicandola in chi saprà rafforzare la coalizione più che tendere a frammentarla con continui distinguo o fughe in avanti. Per questo non ha avuto bisogno di citare Casini; per questo ha avuto subito il plauso di Fini sul Libano e sulla denuncia dell'occupazione in Rai; per questo aveva ottenuto via libera da Bossi alla vigilia del discorso in Umbria.

Berlusconi ha detto che Forza Italia oggi elettoralmente gode piena salute (al 29% secondo il sondaggio della scorsa settimana) ma ha atto intendere che non è il momento di accontentarsi. Opposizione inflessibile nel Parlamento e nel Paese non significa diventare barricaderi e girotondini, a cominciare dai temi delicati di politica estera. Ma dire sì alla missione in Libano deve avere dall'attuale maggioranza sostanzialmente antiamericana delle contropartite politiche, in linea con la nostra tradizione atlantica e Occidentale. Se il Libano è in missione di pace, non certo diverse sono le missioni italiane in Iraq e in Afghanistan. Bossi e Fini lo hanno capito. Casini si comporta come i quotidiani italiani: finge di non sentire e va in Iran per riferire a Prodi e D'Alema. Chi fa le giravolte?

Gubbio/La riscossa dei caschi azzurri

Dopo Gubbio resta la soddisfazione di una reale armonia dentro Forza Italia, di una classe dirigente che si è alternata dal palco ed un leader, Silvio Berlusconi, che sa ancora appassionare i militanti del proprio partito. Il che non è poco considerato che Forza Italia è il primo partito italiano con centinaia di migliaia di iscritti e milioni di elettori. Se, grazie a Berlusconi, Forza Italia resiste, metà dell'opera di ritorno al governo è già fatta.

Quel che resta di Gubbio è in sostanza: un leader, un partito vero ed una classe dirigente credibile ed autorevole.

Tutto questo non per illudersi e neanche per consolarsi ma per avere consapevolezza della realtà.

Adesso è indispensabile darsi una linea costante rispetto al governo Prodi e reinventarsi un modo per stare insieme con gli alleati. Nel senso che quando Casini ha detto che la CdL non esiste più aveva torto marcio, ma adesso, proprio per i suoi comportamenti è difficile negare che la coalizione va ristrutturata dal profondo.

Abbiamo il leader, il partito (che comunque va rafforzato) e la classe dirigente (che va ancor più coltivata).

Ci manca ancora (ma si è votato da troppo poco tempo) una modulazione chiara della nostra opposizione, una coalizione ancora degna di questo nome ed un progetto evidente per un nuovo governo moderato (se vogliamo convincere i nostri che a breve si tornerà al voto).

Quel che abbiamo è tanto quel che ci manca non è poco. Una cosa è certa che se vogliamo tornare a vincere dobbiamo tornare a combattere.

Gubbio/La risposta ai profeti di sventura

Il quinto incontro formativo di Forza Italia a Gubbio si è rivelato, in una misura forse persino superiore alle aspettative degli stessi organizzatori, di fondamentale importanza per evidenziare alcune caratteristiche presenti e future del partito. Tanto che, alla fine dei lavori, molti dei presenti hanno sottolineato come, per l'importanza dei relatori e per l'eccellenza degli interventi che si sono potuti ascoltare, l'incontro ha avuto la rilevanza e lo spessore di un vero e proprio congresso. In primo luogo, vi è stata una risposta forte, decisa, risoluta a tutti quegli analisti politici che cercavano di contrabbandare l'immagine di un partito in crisi, silenzioso, incapace di trovare una propria dimensione e spiazzato dalla presunta assenza del proprio leader. Ebbene, la risposta che è giunta a partire dai vertici di Forza Italia sino alla base di semplici elettori e cittadini è stata poderosa e, per i profeti di sventura, spiazzante.

La coesione d'intenti e il reciproco apprezzamento dimostrati negli interventi di tutti gli esponenti di primo piano di Forza Italia, così come in quelli dei parlamentari di più recente nomina, hanno inoltre disegnato l'immagine di un partito vivo, capace di idee e di progetti, determinato nella sua strategia di opposizione senza sconti al governo delle sinistre ma, nello stesso tempo, costruttivo riguardo a tutto ciò che può rappresentare un bene per il Paese.

Un partito dotato di una classe dirigente sia in senso numerico che qualitativo, così come di "nuove leve" dotate di intelligenza, preparazione, passione politica e anche di quell'umiltà necessaria per imparare e crescere politicamente nel migliore dei modi. L'intervento di chiusura di Silvio Berlusconi, ha quindi chiuso nel migliore dei modi un incontro che ha segnato una svolta e un rilancio non solo per Forza Italia, ma per il cammino di tutto il centrodestra, che si pone oggi più che mai come guida e voce dell'Italia moderata e riformista.

Alleati?/Casini non è Gordon Brown

Colpisce il parallelismo tra la contestazione della leadership di Blair nel Labour, da parte di Gordon Brown, e quella di Berlusconi nella Cdl, da parte dell'Udc di Casini. Intervistato da Repubblica, Buttiglione è esplicito: "Se la questione della leadership non la poniamo adesso, a quattro anni dal voto, quando dovremmo farlo? Bisogna prendere atto che il ciclo di Berlusconi e Prodi nella politica italiana si è esaurito. Occorre aprirne uno nuovo".

Buttiglione non è Follini. E' attento a mantenere la sua richiesta di novità nella logica dell'alleanza di centrodestra. Giusto dargli atto della sua lealtà verso l'elettorato della Cdl. Purtroppo, sfugge a Buttiglione che Casini non è Gordon Brown. L'ambizioso Cancelliere dello Scacchiere ha atteso, per rivendicare la leadership, che ne maturassero le condizioni. E cioè che la sua rivendicazione fosse largamente condivisa nel partito e che la buona stella di Blair fosse messa in ombra dall'ascesa del nuovo astro conservatore e dall'ipoteca che essa mette sulle future elezioni.

Al contrario, la guerra di successione dichiarata da Casini, insieme con gli amici dell'Udc, è un pranzo imbandito alle otto del mattino. Una cosa fuori tempo.

Un errore di forma, che spesso in politica è anche sostanza. Chiunque, nell'ambito di un'alleanza, è legittimato in qualsiasi momento a sollevare la questione della leadership, poiché non esistono leader per tutte le stagioni. Nessun dubbio che anche la stagione di Berlusconi finirà, un giorno. Ma il torto dell'Udc è quello di sollevare in forma conflittuale una questione che potrebbe permettersi di porre solo in forma amichevole e riservata.

Salta gli occhi, infatti, la condizione minoritaria di Casini all'interno della Cdl e la condizione di isolamento in cui conduce la sua battaglia. Difficile dire, oggi, quale assetto il centrodestra dovrà darsi per vincere le future elezioni. Ma non c'è dubbio che dalle urne del 9 aprile sia uscita una strepitosa vittoria personale di Berlusconi, che avrebbe potuto essere una vittoria di tutta la coalizione, se solo una cupa sindrome depressiva da fatalità della sconfitta non avesse paralizzato lo slancio combattivo di una parte dell'alleanza. In particolare, della parte guidata da Casini. La quale, del resto, è lungi dall'aver riscosso un successo elettorale tale da accreditarsi come la carta vincente del girone di ritorno.

L'erba voglio non attecchisce nei giardini della politica. Ma non vi sono limiti per chi dimostri la capacità di rendere possibile, e conveniente, ciò che vuole. E', forse, il caso di Gordon Brown. Può darsi che divenga anche quello di Casini, se assistito da un supplemento di accortezza e di pazienza.

Rai/"Pacchetto", l'ora della verità

Le parole pronunciate da Berlusconi a Gubbio a proposito della Rai - la sinistra vuole occupare l'Azienda, siamo all'emergenza democratica - sono destinate a rendere ancora più incandescente il clima del prossimo Consiglio di Amministrazione, fissato per domani, martedì, alle 15.

E' chiaro che il Presidente e i tre consiglieri espressione della maggioranza governativa difenderanno a spada tratta il pacchetto nomine messo a punto quest'estate dallo stesso Petruccioli insieme con il nuovo direttore generale Cappon; pacchetto che prevede, come hanno rivelato anche i radicali di Capezzone mostrando i "pizzini" riguardanti la Rai, la decapitazione dei vertici di reti e di testate riconducibili al centrodestra.

Il presidente Prodi vuole a tutti i costi che un suo uomo vada a presidiare la direzione del telegiornale della prima rete televisiva; ma gli appetiti del premier hanno dato la stura a tutta una serie di trasferimenti che i radicali, appunto, hanno rivelato mostrando, inserendoli nel loro sito internet, i famosi bigliettini con i nomi dei giornalisti e dei manager interessati al valzer delle poltrone.

Il problema, tanto per il Governo quanto per la sinistra rappresentata in Consiglio, è che l'attuale Consiglio di Amministrazione conta ancora cinque membri ascrivibili al centrodestra, una maggioranza - pur non sempre compatta - che non ha permesso fino a ora di procedere alla occupazione militare dell'Azienda da parte dell'Unione. Ma i veti che alcuni ex democristiani impongono agli alleati della coalizione, fanno temere cattive sorprese.

Lo sbarco dei caschi rossi sul bagnasciuga di viale Mazzini potrebbe essere agevolato proprio da certe componenti di area-polo in cambio di direzioni all'interno del rimpasto Rai.

Nel Palazzo di viale Mazzini si giocherà anche il futuro della coalizione di centrodestra.

   

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