Vecchi e nuovi Bot sullo stesso piano, tassati al 20%; nessuna esenzione per le classi meno agiate. E' il responso della commissione di studio insediata da Visco per impostare la delega al Governo sulla tassazione delle rendite finanziarie.
Se verrà imboccata questa strada (e perché non dovrebbe?), sarà l'ennesima conferma che Prodi ha spudoratamente mentito, quando accusava Berlusconi e Tremonti di "criminalità politica" e negava che la sua coalizione si preparasse alla torchiatura fiscale dei risparmiatori.
Cade così l'ultima promessa dell'attuale premier. Il "cuneo fiscale tutto e subito" è diventato una "spalmatura"; i "milioni di euro" di franchigia sulle successioni si è attestato a 250mila euro e neppure per tutti; la garanzia che non avrebbe azzannato i proprietari di prima casa (quasi il 90% degli italiani) affonda sul provvedimento di revisione degli estimi.
E adesso il Gran Bugiardo è nudo davanti agli italiani: il suo governo si prepara a spremere anche il "popolo dei Bot".
I grandi capitali e i "ricchi" additati al ludibrio generale anche dal liberal Padoa Schioppa? No, soprattutto i piccoli risparmiatori. "Tassare i Bot è una sciocchezza", aveva detto testualmente Rutelli a Tremonti, nel corso di un Porta a Porta pre-elettorale. Che ha da dire adesso?
La commissione voluta da Visco parla chiaro:"Un'unica aliquota applicata su tutti i titoli in circolazione e senza franchigia per le classi meno agiate garantisce un regime di tassazione equo, neutrale e antielusivo". C'è anche una vera e propria perla, laddove si legge che "sono sconsigliate forme di esenzione perché mettono a rischio l'anonimato". Non c'è che da sorriderne, di fronte all'impalcatura da Grande Fratello impostata da Visco e grazie alla quale il Fisco viene messo nelle condizioni di mettere il naso nella privacy dei contribuenti senza remore né confini.
Gli investitori destinati ad alimentare questo extra-gettito, è bene ricordarlo, sono solo i privati, cioè i piccoli risparmiatori. Quelli che detengono il 16% di Bot e Cct, perché il resto dei titoli di Stato è in mano a operatori esteri, che non versano un solo euro all'Erario, pagando le tasse a casa propria. Parliamo di famiglie a reddito modesto, di pensionati, di cittadini che hanno contratto un patto ("ti presto i soldi in cambio di una rendita concordata, sia pure modestissima"), del quale lo Stato fa carta straccia, cambiando unilateralmente le regole in corsa.
Il Sole 24 Ore ci spiega che "il regime unico piace ai mercati", perché gli operatori italiani ed esteri sono contrari alla frammentazione e a regimi diversi di tassazione. E piace alle banche, che "rifuggono dalle complicazioni". La commissione è composta da uomini di Visco, delle banche, della Borsa Italiana Spa. Neppure un rappresentante dei risparmiatori. Governo e Finanza, hanno fatto tutto in famiglia. Nessun diritto di parola per il "popolo dei Bot". Solo quello di essere tosato.
Dal sondaggio di Renato Mannheimer emerge che sui vantaggi o svantaggi presunti della Finanziaria, nel complesso il 40% degli intervistati ritiene che danneggerà il Paese contro il 20% di parere opposto, mentre il 31% è convinto che non produrrà effetti né positivi né negativi. Il significato è chiaro: la grande maggioranza degli elettori non vede nella manovra quello "scatto" reclamizzato da Prodi.
La stessa domanda, suddivisa per orientamento politico, vede l'elettorato di centrodestra negativo al 70% e positivo al 5%. Questo significa che la propaganda governativa, specie attraverso la tv, non ha avuto effetti sull'elettorato di centrodestra.
L'elettorato di centrosinistra è favorevole alla manovra, ma solo nella misura del 47%, cioè meno della metà. In particolare, i delusi si collocano ai due estremi dello schieramento, tra i sostenitori della Margherita (48%) e quelli di Rifondazione (38%). Non è da trascurare un 15% di elettori di sinistra che ritiene che la manovra danneggerà il Paese mentre è straordinariamente alta (35%) la percentuale di chi dice che non cambierà le cose.
I "non so" dell'area di centrodestra sono appena il 5% e poiché nell'area di centrosinistra sono il 10%, significa che l'area dell'indifferenza al problema è minima. In altre parole: il tema della Finanziaria è altamente sentito.
La questione sulla positività o negatività della revisione delle aliquote dell'Irpef fornisce una risposta globale negativa per il governo in quanto la valutazione "abbastanza negativa" (30%) sommata alla valutazione "molto negativa" (24%) fornisce un totale negativo del 54% che surclassa il 38% orientato su un giudizio favorevole.
Questo dato sembra coincidere con quello di altri sondaggi sulle intenzioni di voto, cosa ammessa da Mannheimer che scrive: "Oggi diversi sondaggi suggeriscono l'esistenza di una maggioranza virtuale di voti per il centrodestra".
La conferma viene dall'alto livello (37%) di delusione dell'elettorato di centrosinistra per la mancata realizzazione di quanto promesso nella campagna elettorale.
Questo sembra un tema interessante da sviluppare: l'inganno perpetrato dalla "coalizione elettorale" che aveva come unico obiettivo la conquista del potere.
Il dibattito sulla Finanziaria ha confermato che Prodi è un uomo solo e non è nemmeno al comando e avrà modo di valutare la sua insostenibile condizione politica sedendo ai vari "tavoli" che si stanno approntando per ridiscutere la sciagurata Finanziaria.
Il Professore è solo, solissimo, gli ha voltato le spalle proprio quell'"establishment economico-finanziario italiano ed europeo" che l'aveva sponsorizzato. L'isolamento è anche culturale: non soltanto gli uomini dei cosiddetti "poteri forti" ma anche le "teste d'uovo" prendono le distanze da lui, segnalandone la sudditanza a centrali politiche della sinistra radicale sopravvissute ai crolli del comunismo. Pure gli accademici bocciano il Professore, impietosamente lo bacchettano per il tradimento dei propositi riformistici.
Resta da chiedersi come sia stata possibile l'illusione di un Prodi modernizzatore e riformatore: se ne conoscevano i precedenti ed era anche evidente, in campagna elettorale, che le sue attuali, cattive compagnie politiche non potevano portare che a livori ideologici, a misure stoltamente punitive per i ceti medi e medio-bassi, alla pura conservazione del corpaccione burocratico nel quale malamente si articola l'apparato statuale.
L'establishment, dunque, può considerarsi perduto per questo premier in via di liquidazione; ma il popolo?
Gli ultimi sondaggi testimoniano la perdita di consensi di Prodi e compagni, ma le cifre non rendono forse appieno il disagio e l'insofferenza della maggioranza dei cittadini. Col passare dei giorni crescono i dati (tabelle, proiezioni, cifre) sugli effetti della manovra e si scopre con sgomento che la stangata comincia per coloro che portano a casa un reddito di appena ventimila euro l'anno; per chi sta peggio di loro non c'è nessun beneficio e per tutti ci sarà l'aggravio dei balzelli locali. Tutti colpiti, autonomi e dipendenti, pensionati e casalinghe.
La solitudine provocherà altre fratture. E' inevitabile che il disagio crescente farà salire tensioni e tentazioni nella coalizione di governo, che non ha mai brillato per omogeneità e coesione. Le manovre sono già cominciate, la sostituzione del premier è considerata un'ipotesi non irrealistica. Partiti e partitini dell'Unione studiano vie di fuga o di arroccamento e i loro dirigenti si chiedono se non abbiano azzardato troppo puntando su un uomo senza partito e oggi anche senza credito politico. Né nei piani alti della società italiana nè in quelli bassi.
La manovra sulle montagne russe. Per correggere il deficit e portarlo sotto il 3% sarebbero bastati 10-12 miliardi; cioè, lo 0,8% del pil. In tal modo, il deficit scendeva dal 3,6 del 2006 al 2,8% del 2007. Fare una manovra così "limitata", però, avrebbe significato per Prodi & Co. riconoscere che Berlusconi e Tremonti avevano lasciato i conti pubblici in ordine. Avrebbe significato smentire buona parte dell'impostazione della campagna elettorale dell'Unione.
Così il governo nel Dpef ha scritto che serviva una manovra da 35 miliardi per far scendere il deficit al 2,8%: metà per la correzione dei conti, metà per lo sviluppo. Poi, Padoa Schioppa si è reso conto che nel 2006 lo Stato può contare su maggiori entrate strutturali per 10-12 miliardi. Così, per fare il "piacione" in agosto ha annunciato: visto il maggior gettito, la manovra scende a 30 miliardi. In questo modo ha fatto emergere metà del maggior gettito strutturale che avrà anche il prossimo anno.
E l'altra metà? Entra in un "fondo occulto" per soddisfare le richieste della maggioranza.
E' da questo fondo alimentato con le maggiori entrate prodotte dall'ultima finanziaria di Berlusconi che il governo ha trovato le risorse per soddisfare le richieste dei sindaci. E per venire incontro agli emendamenti.
Infatti, nonostante il miliardo di maggiori trasferimenti che i sindaci sono riusciti ad ottenere, la manovra non cambia. Segno evidente che sono già in bilancio.
Nonostante ciò, Padoa Schioppa muove l'ammontare della manovra a seconda dell'interlocutore. A Rifondazione dice che è di 33,4 miliardi. Per far contenta Bruxelles dice che sale a 34,7 miliardi.
Il risultato è uno: basta solo questo balletto di cifre ad indicare come la finanziaria di Prodi e Padoa Schioppa non sia credibile. D'altra parte, cosa ci si può attendere da un ministro dell'Economia che dice apertamente che si disinteressa del parere della agenzie di rating?
Proprio nel giorno in cui la Corte dei Conti ha bocciato senza appello la "Finanziaria delle tasse" 2007, il "tavolo dei volonterosi" ha iniziato il proprio percorso che ha indirettamente messo a nudo le contraddizioni, le divisioni e il vetero-classismo che aleggiano nella maggioranza di governo. Le reazioni veementi della sinistra radicale e degli stessi Ds, per bocca di Vannino Chiti, segnalano il crescente nervosismo che serpeggia nell'esecutivo. La chiusura preventiva al dialogo costruttivo proposto, in modo bipartisan, dai "volenterosi", è una conferma dell'allontanamento del governo da ogni possibile ipotesi di riformismo intelligente e condiviso. Prodi sta svendendo il Paese alla sinistra radicale per riuscire a conservare la propria poltrona, spalleggiato da un ministro deludente al di là di ogni peggiore aspettativa come l'ambiguo Padoa-Schioppa. Proprio quest'ultimo rappresenta un'incognita da non sottovalutare, perché da economista esperto e ben inserito nei vertici della finanza europea, non può non essere consapevole dei danni che questa Finanziaria provoca al Paese: ci si può quindi ragionevolmente interrogare sulle manovre in corso nel centrosinistra sia sul piano politico, sia su quello più strettamente legato agli ambienti finanziari. Non sembra un caso, perciò, se il commento più sprezzante al lavoro del "tavolo" bipartisan di questi giorni è venuto proprio da un esponente prodiano dei Dl, Franco Monaco. Anche questo è un segnale da non sottovalutare, perché è indice della profonda divisione che attraversa la Margherita, spaccata al suo interno fra la propria naturale vocazione moderata e riformista e "l'estremismo indotto" dei seguaci di Prodi.
Intanto è importante che dal "tavolo" sia emersa in maniera chiara la richiesta all'esecutivo di non blindare la Finanziaria con un voto di fiducia che, soprattutto perché conseguente a ben sette voti di fiducia consecutivi in pochi mesi, avrebbe gravi conseguenza sulla vita democratica del Paese.
''Sull'editoria vedo tagli folli, progetti d'accorpamento delle agenzie che non stanno ne' in cielo ne' in terra. Prodi e Padoa Schioppa considerano l'informazione uno spreco: sarebbe stato meglio se questo spirito di risparmio l'avessero esercitato altrove. Le nomine Rai in arrivo sono un'altra foglia di quel carciofo che la sinistra sfoglia da quando e' al potere. Con buona pace di chi all'epoca strillava al golpe, la sinistra deve riconoscere che il regime c'e' adesso''. Lo ha dichiarato Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi ed ex sottosegretario all'editoria, in un'intervista al 'Quotidiano Nazionale'. ''Noi abbiamo lasciato in sella il Cda che abbiamo trovato - ha aggiunto - fino alla naturale scadenza. Oggi sento che gridano contro il 'panino', ma quella formula prevedeva il 30% di spazio al governo, il 30% alla maggioranza e il 30% all'opposizione. Fu inventata da Zaccaria ed e' andata bene alla sinistra finche' era all'opposizione. La conclusione e' che buttano via il 'panino' perche' vogliono solo 'mortadella'''. ''E' difficile intervenire con una maggioranza che ha mostrato quello che e' con la Finanziaria - ha concluso Bonaiuti - una raffica di tasse, tagli al pubblico impiego, minacce alle pensioni, liquidita' tolta alle piccole e medie imprese per strangolarle'.
"La Stampa ha pubblicato un articolo nel quale si riconosce pubblicamente una verità che tutti conoscono molto bene, i sindacati sono diventati i nuovi padroni d'Italia. Tutti i posti di potere sono diventati di loro proprietà, segno incontrovertibile che lo scopo del sindacato per cui nacque anni fa è ormai lontano ere geologiche. I lavoratori non sono più protetti, anzi sono diventati carne da macello assieme a tutti i piccoli imprenditori e artigiani (evasori, ricordiamolo) nei confronti dei quali tutto è permesso, anche depredarli dei loro averi come nel peggiore Far West.
"Allora solleviamo questo conflitto di interessi che tanto piace alla sinistra, nel quale rappresentanti e lavoratori e potere legislativo diventando la stessa persona fanno il bello e il cattivo tempo a proprio piacimento senza alcuna considerazione per il popolo delle partite Iva, vera vittima di tale sistema. Quando chi decide la redistribuzione del reddito e il diretto beneficiario di questa redistribuzione diventano la stessa persona si ha un conflitto non più mascherabile.
"I lavoratori che non hanno portato il cervello all'ammasso, di fatto consegnandolo nelle mani di questi sindacalisti, sanno benissimo che di questo passo le imprese chiudono e con le imprese chiuse non si fa occupazione e tantomeno si campa. Non so quando si rinnovano le tessere del sindacato, sarei curioso di sapere alla scadenza quanti lavoratori e pensionati (tra quelli che hanno preso la tessera di propria iniziativa, e quindi non si sono ritrovati iscritti a loro insaputa) avranno deciso di abbandonare il sindacato e quanti continueranno imperterriti a versare i propri soldi nelle casse di un'organizzazione che non sta facendo i loro interessi.
"Certo sarebbe tutto più realistico se queste tessere non fossero rinnovate automaticamente di anno in anno, approfittando della distrazione degli iscritti. Se per il rinnovo fosse imposto lo stesso impegno necessario per la prima iscrizione in questo periodo assisteremmo a un calo verticale.
Sandro Lone
Il conflitto di interesse di cui lei parla esiste ed è di natura culturale. E' una forma di contiguità che diventa alleanza organica. Non è il solo conflitto di interesse che vive la sinistra: andrebbero tutti affrontati perché affrontarli costituirebbe la migliore prova della forza della coalizione di governo. Dubito tuttavia che se ne farà qualcosa.