ti trovi in: Motore Azzurro » il Quaderno » il Quaderno del 8 novembre

il Quaderno del 8 novembre

Il governo che non c'è/Indecisi a tutto

Un Paese senza governo, senza guida, senza testa. La Presidenza del Consiglio, regista di ogni governo, prova a concentrare a Palazzo Chigi i dossier più delicati, ma non ci riesce. Il risultato è una politica "stellare", nel senso che ogni partito della coalizione (e sono nove, senza considerare correntine o correntone) segue una politica tutta sua. Personale. Con il risultato che tante politiche fanno una "non politica", ed il Paese resta senza guida.

Gli esempi di come questo Paese non sia governato non mancano. Il consiglio dei ministri ha varato pochi provvedimenti, rispetto alla precedente legislatura. E nonostante ciò, su ogni provvedimento la maggioranza si è sfrangiata.

Sotto gli occhi di tutti c'è la legge finanziaria con la sua ondata di emendamenti; ed un voto di fiducia sempre più vicino. Ma posto, questa volta, non per bloccare l'ostruzionismo di un'opposizione frastagliata, ma per contrastare gli stessi partiti della maggioranza. E non vale il discorso che ogni finanziaria produce fenomeni tipo "assalto alla diligenza". Quel che sta avvenendo per questa manovra non ha precedenti storici. Segno evidente di una mancanza di regia sulla finanziaria. Non può averla l'Economia (il peso politico di Padoa Schioppa è prossimo allo zero), ha provato ad averla Palazzo Chigi, ma sta fallendo, visti i risultati.

Sulle tasse, sull'Irpef, poi, il fenomeno si è amplificato. E non per carenze nell'apparato della Comunicazione. Stiamo parlando di tasse che entreranno in vigore il prossimo anno, ma già oggi è calato il clima di fiducia delle famiglie e delle imprese. Segno che i gangli vitali di una Nazione si sono resi conto dell'assenza di una guida. Una Nazione senza uno Stato. Vedono il Paese senza una testa pensante, che sappia dove andare, che sappia indicare obbiettivi. Quelli che si sentono raccontare si possono tirare giù da qualunque libro di teoria politica ed economica. Insomma, un esame di Scienze Politiche, ma lontano dalla realtà.

Fenomeno analogo sull'indulto. Già prima del varo, c'erano i distinguo fra Mastella e Di Pietro, oggi questi distinguo sono aumentati, con Amato. E Palazzo Chigi? Tace, non guida la maggioranza. Non dà "la linea", l'idea di avere il polso della situazione. Si fa scorrere i fenomeni addosso senza gestirli o controllarli.

Agganciato all'indulto, il "caso Napoli". Morti ammazzati per le strade, giorni di tensione nel Paese. Sfilata di ministri e presidenti del Consiglio all'ombra del Vesuvio. Risultati? Nessuno. Nemmeno un finto decreto al Consiglio dei ministri per rafforzare la Polizia. S'è parlato dell'invio dell'esercito. Di un'altra stagione di "Vespri siciliani". Invece, niente. E' il frutto della politica stellare: tante politiche, nessuna politica.

Altro esempio di come il Paese non sia guidato, arriva dai precari. Il popolo della sinistra sfila per le strade di Roma. Tamburi, fischietti, una giornata all'aria aperta. Eppoi? Attestati di solidarietà da ministri, sottosegretari, segretari di partiti. Il relatore di maggioranza, diessino, capta l'aria ed annuncia un emendamento alla finanziaria che introduce benefici fiscali per i precari. Ieri Visco, diessino pure lui, gela le speranze: il problema verrà risolto nell'ambito della legislatura. Insomma, niente sconti fiscali per i precari. Anche perché - forse è il caso di ricordarlo - i loro redditi sono compresi nella no tax area; quindi, già oggi non pagano tasse sui redditi personali. E la creazione di un'aliquota negativa è cosa troppo complicata vista la struttura dei contribuenti italiani.

Insomma, chiacchiere in libertà su tutto. Con il risultato che i consumatori, le imprese, gli elettori se ne sono accorti. Ed il consenso intorno a questo governo scivola ogni giorno di più. L'unica salvezza sono gli italiani che consumano e producono indipendentemente dal governo. E' come se, per paradosso, si fosse realizzato in Italia il sogno degli anarchici spagnoli a Barcellona, prima della rivoluzione franchista. Una città gestita senza governo (Gorge Orwell in "Catalogna").

Il governo che non c'è/Tagliano l'erba a Prodi

Dalla teoria del "complotto" contro Prodi a quella dei "tagliaerba", con nomi e cognomi: Francesco Rutelli, Piero Fassino, Walter Veltroni, i "magnifici tre" impegnati a "tagliare l'erba sotto i piedi del premier".

Gianfranco Pasquino, autorevole editorialista dell'Unità, scrive così la seconda parte della sceneggiatura sulla solitudine e l'inadeguatezza dell'attuale capo del Governo, un film che si avvale anche della partecipazione straordinaria e attiva di Massimo D'Alema.

Un premier che non c'è di un governo che non c'è. Un quadro desolante che, visto da sinistra, pone il marchio dell'autenticità su un quadro già dipinto dalla destra.

Perché Pasquino non ha dubbi sul fatto che "c'è una visibile insoddisfazione nei Ds e nella Margherita per il modo in cui finora Prodi ha esercitato la leadership senza esercitarla".

C'è accusa più grave che si possa imputare a un premier? Il peccato originale di questo governo (quante volte l'ha detto Berlusconi?) non sta soltanto in una coalizione raffazzonata e priva di coesione, ma soprattutto nella debolezza di un premier "senza partito", quindi in balìa dei suoi azionisti di maggioranza.

Così i tre "tagliaerba", quelli che "dispongono di un partito o quantomeno di strutture che li sostengono", preparano il terreno per sostituirsi a lui.

Dopo la finanziaria, perché il governo Prodi "mangerà il panettone", ma in primavera ha poche speranze di restare in sella, tutte affidate a Rifondazione, "un partito che non è di lotta e di governo, ma un partito di governo che utilizza la lotta il minimo indispensabile".

I tre "tagliaerba" giocano la partita della premiership, D'Alema quella del Quirinale. Detta così, sembra una partita che guarda all'orizzonte lontano del 2011. Ma Pasquino è convinto che la precarietà di questo governo e la sostanziale inadeguatezza del premier porteranno a "un'improvvisa accelerazione".

L'unica forza di Prodi resta così affidata alla sostanziale debolezza del suo governo.

Ognuno dei tre "tagliaerba" gioca infatti la propria partita. I rischi di un'accelerazione della crisi si sostanziano ancora una volta, come sempre, nello spauracchio di Silvio Berlusconi.

Perché il Cavaliere "è tutto meno che scomparso, lui fa ancora presa sull'elettorato. Sanno che se morissero per Prodi, morirebbero di sicuro senza Prodi, con Berlusconi a Palazzo Chigi". Ai tre "tagliaerba" auguriamo buon lavoro.

Il governo che non c'è/L'indulto rinnegato

Giuliano Amato ha scritto su una rivista della polizia che ha subito l'indulto "con sofferenza". Ce lo dice adesso. Anche Mastella ha provato gli stessi sentimenti. E ha fatto una parziale marcia indietro dinanzi al Csm, ove è stato messo sotto accusa da molti magistrati inclini a ritenere che i guai della Giustizia dipendono dall'indulto.

Ora si scopre quello che per molti era chiaro, cioè che varare un indulto che sfoltisce le carceri senza accompagnarlo con altri provvedimenti che svuotino gli armadi delle procure è inutile.

Ora bisogna trovare un rimedio, dal Csm si suggerisce che a questo punto, per limitare il danno, bisogna varare una amnistia. Ma il titolare della Giustizia, Mastella, dice che lui non farà alcun passo, perché non se la sente di andare incontro ad altri attacchi. E se l'iniziativa salvifica, o almeno tappa buchi, non la prenderà il ministero di Giustizia non la prenderà nessuno. Come se l'amministrazione della Giustizia non riguardasse, almeno nella sua organizzazione, proprio il governo.

Il governo che non c'è/La cambiale-pensioni

Romano Prodi, e con lui Piero Fassino, hanno firmato una cambiale in bianco con il commissario europeo Jacquin Almunia. Ed è per queste ragioni che Bruxelles ha dato il via libera alla finanziaria italiana.

La cambiale è rappresentata dalla riforma delle pensioni. A fine settimana, proprio nel bel mezzo della discussione della legge finanziaria alla Camera e con il decreto fiscale impantanato al Senato, la delegazione del Fondo monetario concluderà la missione in Italia.

Il messaggio che emergerà dagli esperti del Fondo (e che la diplomazia economista sta cercando di edulcorare) è: non toccate la riforma delle pensioni Maroni-Tremonti e non modificate la Legge Biagi. Concetti analoghi a quelli alla base della cambiale firmata da Prodi con Almunia, ed alla base della promozione sub judice della commissione europea.

Per la maggioranza, le conclusioni della missione del Fondo avranno l'effetto di una miccia accesa sotto la polveriera finanziaria. Con effetti difficilmente quantificabili nel dibattito parlamentare su decreto fiscale e legge finanziaria.

Per queste ragioni, e per l'enfasi del governo data alla presunta promozione europea, il governo Prodi naviga a vista, al giorno per giorno, in quanto ha ben chiare davanti le difficoltà che può incontrare in Parlamento, al Senato soprattutto.

Il governo che non c'è/Il teatrino sui precari

C'è un prima e un dopo.

Il prima: il corteo dei precari, corredato di insulti e sbeffeggiamenti al ministro del Lavoro, con la partecipazione di una folta rappresentanza di pezzi del governo, fra i quali il sottosegretario al Lavoro proprio sotto lo striscione che invitava il suo ministro "servo dei padroni" a dimettersi.

Il dopo: la scarsa solidarietà di Prodi verso il suo ministro, la sostanziale resa di Damiano, il tentativo di mettere una "pezza" nella finanziaria e l'immediato altolà di Visco.

Il prima e il dopo disegnano ancora una volta un governo allo sbando, in preda a spinte e controspinte, tutti contro tutti, sotto l'occhio appannato di un leader senza leadership.

Così il ministro Damiano tende una mano alla sinistra radicale, prospettando un superamento della legge Biagi. Attenzione, non il "superamento" indicato nel programma di Governo, che prevedeva una modesta operazione di "maquillage" con la cancellazione di figure contrattuali tutto sommato secondarie; bensì un "superamento" molto vicino alla cancellazione. Che altro significa, infatti, parlare di "flessibilità in entrata e garanzie in uscita", se non l'inserimento di una misura di nuova e ferrea rigidità nel mercato del lavoro? Non a caso Confindustria strilla come un'aquila. Mentre, ancora una volta, si prefigura il rischio di un baratto indecente con la sinistra radicale, in primavera, tra legge Biagi e aggiustamento della riforma previdenziale.

Quanto alla finanziaria, è arrivata l'offerta di una particolare "attenzione fiscale" verso i precari. E' qualcosa di pressoché incomprensibile, visto che si tratta di una categoria di contribuenti che rientra ampiamente nella "no tax area". Si tratta di un assegno per gli incapienti? Visco non ci sta, è disponibile a un intervento solo nel corso della legislatura. Non subito.

Spinte e controspinte. Solo lui, Prodi, se ne sta fermo, immobile, fra tanta agitazione. L'insostenibile leggerezza dell'essere premier.

Noi/Diversi, ma alleati

Le elezioni del Molise hanno visto un successo innegabile del Presidente Michele Iorio e di Forza Italia, che, forte anche del supporto delle liste civiche ha confermato i dati dei sondaggi nazionali che danno il partito di Berlusconi al 29 per cento.

La tornata elettorale del Molise, tuttavia, ha anche rappresentato un successo della Casa delle Libertà e, in parte, anche dell'Udc, che però conferma sostanzialmente il dato precedente, giustificato dalla specifica realtà del Molise.

Soprattutto l'esito delle elezioni regionali conferma che non vi è la possibilità di una collocazione autonoma rispetto alle due alleanze di sinistra e di centrodestra, e che per gli elettori del centrodestra l'alleanza della Casa delle Libertà è un valore acquisito e un traguardo irreversibile. Al massimo gli elettori del centro destra accettano che l'autonomia e la diversità dei singoli partiti si coniughino con lo spirito unitario della coalizione.

Da questo punto di vista, sono sembrate forzate le dichiarazioni rilasciate da Pierferdinando Casini e da Lorenzo Cesa dell'Udc sul voto in Molise e sulla manifestazione indetta per il 2 dicembre contro la Finanziaria.

L'Udc ha voluto accentuare una lettura del voto come un incoraggiamento a seguire una linea di progressiva autonomia rispetto ai restanti partiti dell'opposizione ma sbaglia a dichiarare finita l'esperienza della Casa delle Libertà e la non disponibilità a partecipare alla manifestazione romana contro il governo delle tasse. Gli elettori dell'Udc, infatti, politicamente moderati ma socialmente colpiti dalla finanziaria di Prodi, non capiranno la scelta di non protestare unitariamente in piazza contro un governo che li colpisce pesantemente.

Bonaiuti: lotta lunga e dura al governo

Agenzia Ansa del 7 novembre, h. 15,44

Sarebbe "ottimo" se il governo non arrivasse a Natale, ma la sinistra non mollerà il potere e servirà una lotta "lunga e dura" per mandarla a casa: lo dice il portavoce di Berlusconi, on. Paolo Bonaiuti, intervistato da Radio Monte Carlo. L'esponente di Forza Italia si dice anche convinto che la maggioranza porrà la fiducia (unico suo "collante") sulla finanziaria.

Sulla manovra, sottolinea, "ci sarà una ferma e dura opposizione di tutta la CdL perchè da questa sinistra non c'è nulla di buono da attendersi".

"Anche alla Camera dove hanno una larga maggioranza - prosegue - finiranno per mettere la fiducia perchè la realtà è che non sono d'accordo tra loro e la fiducia è il collante che li tiene insieme, altrimenti il governo cadrebbe immediatamente".

Quando cadrà? "Questo - risponde Bonaiuti - non lo so. Per il bene dell'Italia sarebbe ottimo che un governo del genere non mangiasse il panettone.

Purtroppo questa sinistra è abituata all'occupazione del potere e i partiti faranno di tutto per non perdere le poltrone, le macchine blu, i privilegi e tutti i vantaggi a cui non vogliono rinunciare. Sarà una lotta lunga e dura, ma noi contiamo sull'appoggio della gente per mandarli a casa prima possibile".

   

« numero precedente