"Forza Italia ormai ha raggiunto i livelli della vecchia democrazia cristiana, siamo al 31,7%". Silvio Berlusconi, al termine di un incontro con deputati e senatori azzurri, mostra ad alcuni cronisti all'ingresso di palazzo Grazioli gli ultimi sondaggi commissionati all' istituto di ricerca Euromedia.
Si tratta, come ha sottolineato il presidente di FI, "dell'unica agenzia di sondaggi che ha imbroccato i risultati delle elezioni politiche, usando il metodo dell' istituto americano".
In base ai dati in suo possesso, la CdL ha il 52% dei consensi, che salgono al 56,1% se si tiene conto di tutte le forze del centrodestra.
Il totale del centrosinistra, invece, è del 43,5%. Il risultato di Forza Italia, ha spiegato Berlusconi, è dovuto soprattutto al fatto che "abbiamo portato via molti indecisi che sono scesi dal 22,4% al 15,9%". I dati sulla fiducia personale dei leader dei due schieramenti, sempre secondo il sondaggio Euromedia, danno Silvio Berlusconi in testa su Romano Prodi per 55,8 punti percentuali contro il 32,4 del professore.
"I dati sono stati raccolti a cavallo della manifestazione del 2 dicembre, fra venerdì e lunedì", ha sottolineato Berlusconi, aggiungendo dunque che potrebbero ancora migliorare per quanto riguarda il centrodestra. L' ultimo dato citato dal Cavaliere riguarda la fiducia nel governo Prodi, che secondo il sondaggio è al 27%: "Ciò significa - ha concluso Berlusconi - che 73 italiani su 100 non hanno fiducia nel governo".
"La Cdl c'è ed è più viva che mai". Così Silvio Berlusconi è tornato a parlare della coalizione di centrodestra, sottolineando che secondo i sondaggi in suo possesso "la Cdl che era in piazza San Giovanni ha il 52% dei consensi, che con l'Udc (che è al 4.1%) arrivano al 56,1%".
Ora, ha detto il presidente di FI, secondo quanto riferito da alcuni presenti, "dobbiamo lavorare sul territorio in vista delle prossime elezioni amministrative, scegliendo con l'Udc i candidati migliori. Noi - ha sottolineato Berlusconi - dobbiamo vincere le amministrative e stare tutti insieme". A quel punto, i coordinatori delle varie regioni hanno fatto il punto sulle singole realtà locali, arrivando alla conclusione che con i centristi "si sta già lavorando" in vista dell'appuntamento elettorale.
Silvio Berlusconi torna a parlare del suo ruolo dentro la coalizione di centrodestra e in un passaggio del suo intervento nel corso di un incontro con deputati e senatori azzurri ha sottolineato di "non essere mai stato un dittatore" e di non poter essere accusato di avere un atteggiamento da "padrone".
"Non sono mai stato un dittatore anzi ho subito per anni, durante il mio governo, continue imposizioni da parte degli alleati. Come si fa ora a dire che sono un padrone?". "Voi - ha concluso ironico rivolgendosi ai parlamentari riuniti a Palazzo Grazioli - lo sapete bene visto che Forza Italia è un partito di anarchici".
"Un primo passo positivo, soprattutto l'unanimità". Così Silvio Berlusconi ha commentato la decisione della giunta per le elezioni del Senato di ricontare le schede bianche e nulle in sette regioni e di fare controlli a campione su quelle valide. Poco prima il presidente di FI aveva però osservato: "Insistiamo sulla notte dei brogli e insistiamo nella nostra richiesta di ricontare tutte le schede, non solo le bianche e le nulle".
"Sì, sono contento, mi sembra che sia andata bene". Così Berlusconi ha commentato il breve colloquio avuto ieri con il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, nel corso della trasmissione Ballarò. Anche perchè ha aggiunto il presidente di FI, "mi venivano attribuite intenzioni che non erano le mie e cioè quelle di aver dato un ultimatum".
"Io non ho mai posto ultimatum a nessuno", ha osservato Berlusconi, aggiungendo: "Casomai posso lamentare di aver subito imposizioni dagli alleati quando eravamo al governo".
"Il risultato politico della manifestazione del 2 dicembre è sotto gli occhi di tutti noi: negli elettori c'è la convinzione che siamo la maggioranza nel Paese e gli unici depositari dell'idea liberale dello Stato e della sua organizzazione".
"Nel corso della riunione - ha detto il presidente di FI, riferendosi all'incontro di oggi con alcuni deputati e senatori, abbiamo fatto un bilancio della manifestazione: ho ringraziato gli organizzatori anche perchè Forza Italia ha sostenuto il peso più grande".
"Il risultato - ha sottolineato - è stato un successo straordinario, conseguenza di un impegno straordinario di cui ringrazio tutti gli organizzatori".
Silvio Berlusconi nega di doversi sottoporre ad un intervento chirurgico. "Vedete che sono qui al lavoro, sto facendo soltanto dei normali esami e controlli", ha detto il presidente di Forza Italia parlando con alcuni cronisti. "Ho letto anch'io che dovrei essere da un'altra parte per un intervento e invece sono qui", ha aggiunto il Cavaliere.
"Non è previsto nessun intervento - ha ribadito - sto solo facendo dei controlli per chiarire le cause del malore. Secondo me è stato un calo di pressione". Il leader di Forza Italia ha infatti spiegato che i comizi "sono faticosi, non solo si deve parlare un'ora, poi ci sono gli autografi, le foto con mogli, mariti e figli". Insomma, ha concluso, "sto facendo solo delle normali analisi che fareste anche voi".
"Non ho incontrato Berlusconi, non mi ha mai promesso nulla": parlando al telefono con il Tg2, l'ex consulente della commissione Mitrokhin Mario Scaramella ha stasera negato che in cambio di un dossier contro Prodi gli fosse stato promesso un alto incarico internazionale da parte dell'ex premier.
Cara amica, caro amico,
dopo lo straordinario successo della manifestazione di Piazza San Giovanni sento il dovere di ringraziarTi personalmente per aver contribuito, con il Tuo impegno e la Tua partecipazione, alla riuscita di un evento che resterà nella storia del nostro Paese come uno dei più alti esempi di protesta civile, di passione politica e di amore per la libertà.
L'immenso corteo che ha invaso le strade di Roma ha infatti riunito l'Italia che produce, l'Italia dello sviluppo e della solidarietà, l'Italia della modernità che non ripudia le sue radici, l'Italia che vuole il libero mercato e rifugge lo Stato padrone, l'Italia dei giovani e del volontariato; insomma, l'Italia del futuro e della libertà. A sette mesi dalle elezioni di aprile, nel triste autunno di un governo che ha già sperperato tutto il suo scarso credito, la manifestazione di Roma ha rappresentato non solo una primavera di democrazia e di speranza, ma anche un formidabile manifesto politico da cui, d'ora in poi, nessuno potrà prescindere. A noi spetta il compito di trasformare al più presto in progetto politico quella magnifica spinta unitaria che il popolo di Piazza San Giovanni ha saputo imprimere alla storia del centrodestra, mentre il governo e i dirigenti dell'Unione non potranno far finta di nulla di fronte a un pronunciamento così forte giunto dalla maggioranza degli italiani, che non intende assistere inerte all'esproprio della sua libertà. Davanti alla peggior Finanziaria della storia, c'è stata la più grande mobilitazione della storia, dal '45 ad oggi: una risposta ferma, democratica e civile alla sinistra della prevaricazione, ai guerriglieri di lotta e di governo che urlano "10, 100, 1000 Nassiriya" e agli apprendisti stregoni del fisco che vogliono trasformare l'Italia in un immenso Soviet di controllori e di delatori.
Per risolvere i problemi la sinistra conosce un solo strumento: lo Stato. E' il suo medium, il suo totem, il suo tutto. Prima dello Stato viene solo il partito, e spesso infatti, nella concezione della politica degli eredi del comunismo, Stato e partito si sovrappongono, gli interessi dell'uno diventano gli interessi dell'altro.
I cittadini versano le tasse, un numero sempre più esorbitante di tasse, e lo Stato-partito provvede, crea una casta di potenti, una ragnatela di corporazioni, un sistema clientelare che produce sempre più spesa e sempre meno servizi, di pessima qualità.
Nella loro concezione non c'è altra strada, per finanziare la scuola, per dare lavoro ai giovani, per creare servizi adeguati alla popolazione che invecchia, per pagare le pensioni, se non quella di aumentare le tasse.
Non hanno ancora capito, nonostante gli insegnamenti della storia, che così lo Stato va in rovina e la società lo segue. Noi pensiamo da sempre che la soluzione è un'altra, che la soluzione è il modello liberale per cui sono gli individui, lasciati in pace dallo Stato e dal fisco a creare ricchezza e insieme le condizioni dello sviluppo collettivo.
Lo Stato è uno strumento di libertà, e non la limitazione della libertà.
La manifestazione di Roma ha aperto una nuova fase della Rivoluzione liberale iniziata dodici anni fa e che deve riprendere subito il suo cammino, per il bene dell'Italia e di tutti gli italiani. E per far questo è necessario raccogliere l'inequivocabile invocazione di unità che è salita altissima dal popolo di Piazza San Giovanni, nella consapevolezza che spesso i cittadini sanno guardare più avanti di chi li rappresenta.
Il popolo della libertà viene orgogliosamente da tradizioni politiche diverse ma si muove già come un solo popolo, e aspetta di ritrovarsi unito sotto le bandiere del partito della libertà, che noi abbiamo il dovere di costituire.
E' una necessità storica per salvare l'Italia dalla sinistra più retriva di tutto l'Occidente, dominata ancora dall'ideologia comunista. Una missione a cui dedicherò tutto me stesso, per restituire all'Italia un governo liberale, per restituire all'Italia una vera e completa libertà.
Ti abbraccio affettuosamente
Silvio Berlusconi
La decisione della Giunta per le elezioni del Senato di ieri rappresenta un successo personale di Silvio Berlusconi e di Forza Italia. Solo l'ostinata insistenza del Cavaliere, che in questi mesi non ha perso occasione per tenere viva la richiesta di controllo del voto, ha messo i parlamentari di Forza Italia nelle giunte di Camera e Senato nella condizione di poter cogliere l'inattesa opportunità del caso "Deaglio".
Le ignobili, false e grottesche accuse di broglio mosse al governo di centrodestra hanno, paradossalmente, offerto una finestra di opportunità per poter proporre formalmente la richiesta di controllo e di conteggio dei voti.
La manifestazione del 2 dicembre e il discorso di Berlusconi hanno fatto il resto. Sarebbe stato impossibile per la sinistra bocciare la richiesta di verifica delle schede, e ogni tentativo dilatorio sarebbe apparso come un atto di arroganza.
Per questa ragione ieri i senatori Boccia e Casson, incaricati della trattativa per conto dell'Unione, hanno alla fine deciso di concordare con gli sherpa di Forza Italia Malan e Stracquadanio un testo che porterà all'apertura delle buste dei voti di sette regioni, tre delle quali – Campania, Lazio e Puglia – presentano un divario molto piccolo di voti tra le due coalizioni.
Il clamore della decisione è testimoniato dal rilievo che la notizia ha avuto (oltre ad aprire tutti i Tg, Gr e quotidiani, ci sono articoli anche di France Presse, Associated Press e International Herald Tribune); anche se qualcuno come il Corsera e il Tg1 ha cercato di contenerne la portata, oppure – come Il Giornale e Il Tempo non l'ha colta a pieno.
La delibera approvata, infatti, non limita il controllo alle schede bianche e nulle, ma lo estende alle schede valide per un ampio numero di seggi elettorali: quelli per i quali non è stato compilato il verbale; quelli in cui non risultano schede nulle e contestate; e – ecco il punto cruciale – quelli in cui mancavano i rappresentanti di lista, anche di una sola coalizione. Saranno dunque ricontrollati tutti quei seggi in cui, mancando il nostro rappresentante di lista, potevano essere facilmente commessi brogli.
Non saranno solo le 700mila schede bianche e nulle da riconteggiare, ma molte di più, anche se al momento non è possibile una stima. Proprio per questa ragione oggi i Senatori Malan e Stracquadanio hanno chiesto al presidente della Giunta di fornire l'elenco dei seggi che rientreranno nella campionatura.
La battaglia per la verifica del voto non è certo finita e sarà lunga mesi. Abbiamo però spostato in avanti il fronte. Ora tocca alla Camera prendere una decisione analoga; e sarà molto difficile per l'Ulivo assumere un atteggiamento diverso da quello tenuto al Senato, dove prosegue la battaglia sul voto all'estero, per il quale era già stata attivata una speciale attività di indagine.
Se è difficile formulare previsioni, è certo che con la decisione di ieri si è messa una mina sul cammino della legislatura. Se dal controllo dei voti della Campania emergerà un ribaltamento del risultato, l'Unione perderebbe quattro eletti a favore della Casa delle Libertà. E con essi la maggioranza, indipendentemente dai senatori a vita.
Sono passati tredici anni dalla nascita di Forza Italia, la sua apparizione nello scenario politico italiano provocò lo sdoganamento dell'elettorato moderato offrendo spazio ai delusi provenienti dal mondo democristiano e socialista, ma l'effetto più rilevante fu quello di avvicinare alla politica quei cittadini che avevano sempre guardato con diffidenza ai partiti e al sistema politico nel suo complesso. Eppure, nonostante Forza Italia abbia attraversato questi tredici anni andando al governo del Paese per ben due volte, conquistando il governo di grandi e piccole città, di regioni e province, qualcuno continua a definirla "partito di plastica".
Il 27 dicembre 1944 viene fondato e diretto da Guglielmo Giannini un settimanale battezzato L'Uomo qualunque. Il successo di questa pubblicazione si riscontra nelle tirature: dalle 25.000 del primo numero arriverà alle 850.000 del maggio del 1945. Alla formazione dei nuclei qualunquisti, più o meno spontanei, seguono la nascita di sedi sparse nella penisola italiana, tesseramenti e fondazioni di segreterie.
Lo scopo dell'ideatore è quello di dare voce alle opinioni dell'uomo della strada, contrario al regime dei partiti e ad ogni forma di statalizzazione, contrario ai classici schemi della politica distante dai cittadini e presente solo nel momento della ricerca del consenso. Nel febbraio del 1946 Guglielmo Giannini dà vita al "Fronte dell'Uomo Qualunque" partito che alle elezioni nazionali per la nascita dell'Assemblea Costituente del 1946 raccoglie più di un milione e duecentomila voti, conquistando ben trenta seggi.
Rapida l'ascesa di tale fenomeno politico così come rapida è la sua inevitabile scomparsa: di esso, infatti, rimane solo un'espressione, "qualunquismo", che ancora oggi trova uso frequente, con accezione peraltro negativa, nella lingua italiana. Proprio di qualunquismo viene accusato Berlusconi all'indomani della sua discesa in campo; i partiti della sinistra, la nomenklatura, i politologi e i cattedratici tutti all'unisono prevedono già sul nascere il fallimento di quella che è stata, invece, una delle più geniali intuizioni politiche della storia repubblicana.
Dopo la vittoria del 1994 e la cocente sconfitta delle politiche del 1996, gli stessi si sbizzarriscono per dimostrare che le previsioni di due anni addietro erano giuste e che Forza Italia altro non è se non un partito di plastica, accostandolo in tutto e per tutto all'esperimento del Partito dell'Uomo Qualunque. Nel frattempo il Polo scende in piazza contro la finanziaria di Prodi e del suo governo dimostrando di esistere e di avere ancora la fiducia degli Italiani.
Eppure, nei giorni immediatamente successivi a quella grande manifestazione di massa, Ernesto Galli Della Loggia dalle colonne del Corsera commenta l'evento come certamente importante e da rispettare come tutte le occasioni in cui il popolo scende in piazza, ma descrive questo popolo come un gregge abbandonato a se stesso da un padrone, il polo con a capo il suo leader, che da un lato ha preso in giro il suo elettorato con slogan e idee qualunquiste senza produrre i risultati promessi e dell'altro lato non ha saputo parlare con i "Poteri Forti", diventandone, obtorto collo, nemico.
Sono passati dieci anni da quelle osservazioni ma sono, soprattutto, passati solo quattro giorni dalla straordinaria manifestazione di piazza San Giovanni. Dieci anni fa un milione di persone, oggi due milioni, i più con in mano la bandiera di quel partito che, con la stessa ostinazione di allora, ancora Galli Della Loggia, dallo stesso quotidiano e con le stesse tesi, continua a chiamare di plastica.
La verità è che le persone che manifestarono allora, tra cui tantissimi giovani, sono tornate in piazza sabato scorso con alle spalle anni di militanza in Forza Italia. Si tratta di persone che nel corso dei dieci anni sono cresciute, non solo anagraficamente, in un partito che cresceva con loro. Il partito portava avanti un'idea nuova di far politica che diventava la stessa idea di chi, aderendo, decideva di spendersi in prima persona candidandosi nei comuni, nelle province e nelle regioni diventando così classe dirigente di un partito che non può, per la forza dei fatti, essere definito di plastica.
Nel Dna del Partito dell'uomo Qualunque era scritto a chiare lettere che sarebbe naufragato in breve tempo, proprio perché non poggiava la sua struttura ideologica portante su fondamenta solide.
Forza Italia oggi, fatte le dovute proporzioni, è ancora più forte degli esordi, ha una rinnovata classe dirigente e soprattutto non ha perso il contatto con i cittadini. La folla oceanica del due dicembre è la prova inconfutabile che i "cattedratici" di oggi, così come allora, continuano a non voler capire.
In periferia c'è molto disorientamento, fra i dirigenti locali dell'Udc, sulla strategia di Casini. Qualcuno, chiedendo di restare nell'anonimato, afferma di sentirsi su una nave che ha smarrito la rotta. Altri difendono la linea del leader nazionale, riparandosi dietro lo slogan, peraltro molto vago, del "rinnovamento del centrodestra".
In molte città si sta già pensando ad alleanze e liste per le amministrative di primavera, e c'è l'esigenza dunque di arrivare prima possibile a un chiarimento politico, perché la scelta di correre da soli viene unanimamente considerata un suicidio da parte di molti "casiniani".
La sensazione è che i quadri locali dell'Udc non vogliano i salti nel buio, e sembrano intenzionati quasi dappertutto a confermare l'alleanza con i partiti della CdL. L'unica eccezione dovrebbe essere Como, dove l'Udc ha già dichiarato di sentirsi libera di stringere patti anche con la sinistra.
Altri segnali di "discontinuità", parola molto cara a Casini, sono giunti nelle settimane scorse dalla rossa Toscana, dove l'Udc si è astenuta in Provincia di Lucca sul bilancio del presidente diessino, e nel piccolo Comune di Cutigliano, dove i post-dc sono addirittura entrati nella giunta di sinistra per scongiurare il commissariamento del Comune.
Cesa, però, ieri ha cercato di sgombrare ogni dubbio sulle intenzioni dell'Udc: "Noi siamo un partito di centrodestra e dialoghiamo con chi fa parte di quell'area. Potrà esserci la possibilità che si facciano delle liste di aggregazione al centro, ma lasceremo che siano le periferie a decidere".
E l'Udc nelle periferie sembra orientata a rinnovare l'accordo con i vecchi alleati.
Nelle altre città la tendenza è quella di non provocare rotture nella coalizione. In alcuni casi è considerata una linea indispensabile per evitare di consegnare allo schieramento avversario città che sono in mano al centrodestra. Il Comune di Reggio Calabria, per esempio, è una delle due sole amministrazioni (assieme alla provincia di Catanzaro) governate dalla Casa delle Libertà nella regione, e si va verso l'accordo sul nome del sindaco uscente, Giuseppe Scopelliti, di An.
A Palermo, dovrebbe reggere il patto elettorale su Cammarata.
In Sicilia d'altronde il governatore Cuffaro non ha alcun interesse allo sfarinamento della coalizione.
Il problema vero resta lo strappo a livello nazionale, che se non verrà ricomposto provocherà inevitabilmente fibrillazioni anche a livello locale.
I sondaggi danno il governo in caduta libera: una verità che come una valanga non si ferma e che costringe anche gli "amici" a darne conto. Martedì è toccato a Ballarò, oggi è il turno del Corriere della Sera, riportare i dati di un report Ipsos secondo il quale in tre mesi l'esecutivo di Prodi ha perso 13 punti, portando la Casa delle Libertà in testa alla classifica del gradimento. "E' da tre mesi che il trend negativo per il governo e per la coalizione punta verso il basso come un aereo in picchiata", scrive Verderami sul quotidiano di via Solferino.
E, con un'immagine molto efficace precisa che i numeri elaborati dal sondaggio sono inversamente proporzionali al numero degli italiani in piazza San Giovanni. Prodi va giù, Berlusconi va su.
Insomma, al di là dell'ostentata sicumera di ministri e segretari di partito, il "barometro politico segna tempesta per l'Unione", precisa il giornalista del Corsera, e se il "clima economico" tende al "pessimismo" quello "sociale" volge alla "insicurezza".
Sentimenti che nelle "previsioni di voto" si trasformano in un 57% che dà vincente il centrodestra e in un piccolo 21,7% che scommette ancora sull'Unione: una débâcle che rende la maggioranza come un formicaio impazzito, ognuno con le sue critiche, le sue formule, le sue soluzioni. Tutti impegnati in un virtuale gioco della corda, perché se i moderati chiedono un'inversione di marcia con l'avvio della "fase due", la sinistra è pronta a fare muro contro qualsiasi ipotesi di riforma, soprattutto quella sulle pensioni. E anche se consapevoli che la corda si può rompere continuano a tirare, perché sanno – a dispetto di quello che dicono – che sarà difficile rimettere in rotta una maggioranza che è naufragata e che si aggrappa disperatamente agli indecisi come fossero una zattera per la salvezza.
Dice: è un problema di comunicazione. Macché. È un problema di metodo, se questo governo continua a perdere colpi (l'ultimo sondaggio, Abacus-9colonne, rivela che Prodi riscuote meno consensi di Lilli Gruber, come leader del futuro Partito democratico).
L'altro giorno, per esempio, le illuminate menti del centro-sinistra del Senato hanno partorito una brillante soluzione per il problema della carenza d'acqua potabile nel Sud: tassare l'acqua minerale. Una tassa microscopica, attenzione, pari ad appena un centesimo su ogni dieci bottiglie, di cui dunque non si accorgerà assolutamente nessuno, e che produrrà un risultato estremamente modesto, 20 milioni di euro (poco più della liquidazione che verrà data a Cimoli quando lascerà l'Alitalia).
C'era davvero bisogno, mentre piovevano sulle casse del Fisco 37 miliardi di entrate inaspettate,di varare una micro-tassa in più, solo per offrire al professor Tremonti un ottimo pretesto per ripetere che questo è «il governo delle tasse»?
A occhio, no. Eppure è successo. Così Berlusconi potrà andare in tv a dire che Prodi ha tassato persino l'acqua. E questa, purtroppo, ce la darà a bere.