Sathya Sai Baba

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Le abitudini di Sathya Sai Baba

Secondo Lui [Sri Sathya Baba], la sadhana, o disciplina spirituale, è un lungo processo, che si protrae ogni giorno, per tutta la vita. Si deve tenere una cadenza, né troppo lenta, né troppo veloce; il respiro dev'essere rigorosamente sintonizzato col ritmo del Soham, e l'attenzione va completamente focalizzata sul lavoro del momento, senza rimorsi per il passato, senza ansie per il futuro. Bisogna fare attenzione a che nessuno venga ferito, vilipeso, o anche solo sottovalutato da ciò che esce dalla bocca. Ogni pensiero, parola e azione devono esser stracolmi di contentezza e di gioia.

Una volta, trovandoci insieme con Swami in una cittadina di provincia, un ragazzo, un'ora prima del pranzo, chiese all'ospite di avere una tazza di yogurt, il cosiddetto butter-milk. Gli fu portato con sollecitudine, pur dopo quindici minuti. Il clima era afoso, e la sua sete fu così placata. Baba entrò accidentalmente nella stanza e trovò la tazza vuota poggiata sul davanzale della finestra. Dopo aver constatato che era stato uno di noi a richiederla e che, perciò, si era disturbato l'ospite, che aveva dovuto tribolare per procurare la bevanda richiesta, Baba "si infuriò" non poco. Ci disse che dovevamo accontentarci di quello che ci veniva offerto, tenere a bada le nostre voglie, esser comprensivi verso coloro che erano stati costretti ad affrontare delle difficoltà per causa nostra e che bisognava mettere in pratica ad ogni costo la tolleranza. Insegnandoci, poi, la necessità di desistere dal richiedere un'altra porzione, ci impartì anche una lezione di galateo. Potrà sembrare un episodio banale, ma Baba ne approfittò per inculcarci la sadhana, ovvero l'arte di domare i sensi.

Quando Baba ci concede la grazia di unirci al gruppo che Lo accompagna nella visita ad un luogo, o nell'esser ospiti presso qualche devoto, ci dà delle lezioni di spiritualità pratica: dobbiamo essere umili, silenziosi, soddisfatti e ordinati. Per tutto il tempo dobbiamo esser vigili e attivi. Baba improvvisa la decisione di visitare una scuola, o di incontrare un gruppo di devoti, oppure concede il darsan durante i bhajan, che possono esser eseguiti sia sul greto di un fiume, che in riva al mare. Noi dobbiamo seguirLo, facendoci un varco tra la folla, per trovare un posto a sedere sulla pedana, intorno alla poltrona preparata per Lui. Dobbiamo anche stare attenti al segnale che ci fa con gli occhi: il più delle volte, nel corso dei bhajan, Egli corona il Suo discorso con un canto, mentre col filo dell'occhio ci fa cenno di andare alle auto per prender posto, in modo che siamo pronti a partire con Lui, prima che la gente circondi la macchina per avere il Suo darsan. Spessissimo, Gli riesce assai difficile scivolar via attraverso il torrenziale accalcarsi dei devoti. Perciò, per i momenti in cui l'impeto della folla non può esser controllato, Baba fa predisporre un'utilitaria all'uscita posteriore, mentre l'auto ufficiale L'aspetta all'ingresso principale.

Stessa tattica va adottata anche quando Baba viaggia a capo di una lunga colonna di macchine lungo le strade statali: Egli si sistema proprio nella prima automobile, che viene ordinariamente ignorata per il fatto stesso di essere l'auto-pilota. Quando deve recarsi in un luogo, Baba non vuole che migliaia di persone stiano ad aspettarLo per ore; perciò, si sposta velocemente, oltrepassando la folla accorsa per avere il Suo darsan e, quand'è fortunata, lo sparsan, o addirittura il sambhasan, mentre la seconda delle macchine, quella generalmente usata, il cui numero di targa è a tutti noto, prosegue lentamente. I devoti scrutano nell'auto che porta quel numero così ben memorizzato da loro, e poi fa ritorno ai propri villaggi, rimproverandosi di non esser giunta in tempo, prima che sia iniziato il discorso di Baba. Quando Baba sa che il gruppo in attesa lungo la strada è formato da devoti disciplinati, fa rallentare la macchina, a volte la fa anche fermare per soddisfare il loro ardente desiderio. Spesso, rimane in piedi sul ciglio della strada per benedire col Suo darsan l'immensa folla. In qualche rara occasione, quand'Egli ha del tempo da dedicare, passa tra le file ordinate degli uomini e delle donne, che stanno seduti per terra, in modo tale da lasciare un corridoio fra di loro per permettere il Suo passaggio, dispensando il Suo sorriso ristoratore alla folla. Questo è il racconto di chiunque cammini al seguito dell'Avatar, su qualsiasi strada, da Kanyakumari a Madurai, da Chandigarh a Simla, da Jammu a Srinagar, da Vijayawada a Rajahmundry, da Coimbatore a Trivandrum. Uomini, donne e bambini, di qualsiasi credo o casta, vengono attratti da quella Calamita Cosmica: da capanne e palazzi, campi e fabbriche, scuole e uffici, giungono a migliaia, ansiosi di gettare anche un solo sguardo a quel viso che li libera dalle catene da essi stessi forgiate, per paura della Libertà che a loro spetta.

Trovarsi nella medesima automobile col Bhagavan, che il viaggio sia breve o lungo, significa essere continuamente benedetti da una cascata di gioia. A Baba non piace viaggiar solo e nemmeno con una, o due, persone soltanto. Quando a Prashanti Nilayam sale a bordo dell'auto salutando con la mano i devoti, che, a malapena, trattengono le lacrime, al Suo fianco ci sono solo una, o due, persone; i devoti ipersensibili e poco comprensivi sarebbero infelici se vedessero un'auto stracolma con Baba in mezzo. Perciò, quando l'automobile si allontana dal Nilayam, gli uomini scelti da Baba per accompagnarLo si sono già preparati in anticipo in un posto prescelto, pronti ad infilarsi nella macchina per riempirne gli spazi vuoti. La stessa tattica viene impiegata al ritorno; la folla radunata di fronte al Nilayam per ricevere Baba, Lo vede solo, in quanto gli altri sono scesi prima, appena si intravede il mandir.

Baba non vuol favorire nella gente l'idea di utilizzare la fortuna di stare in automobile fisicamente vicini a Lui, per sottoporGli domande ed avere risposte su problemi personali. Egli ci sprona a far domande sulla disciplina spirituale e a esporre davanti al gruppo le difficoltà incontrate quando siamo intenti ad attuarla. Ci fu un'occasione in cui, lungo tutto un percorso di circa venti miglia, la teoria del karma fu sottoposta al vaglio del Suo giudizio.

"Non si tratta di una legge che incatena - ci disse - . Se così fosse, perché mai interverrebbe la Grazia? La Grazia può ammorbidirne l'asprezza e arricchirne la messe di gioia. La Conoscenza (Jnana) può alleviarne l'urto. Benché non sia possibile richiamare il proiettile nella pistola, si può però rinunciare a sparare, ed evitare così la sciagura. Pentitevi, affinché la mente sia mondata dall'odio".

Un altro giorno domandò a ciascuno di noi di parlare della devozione (bhakti) e del suo significato. Quando tutti ebbero finito di parlare, chiarì la questione, dandoci la spiegazione seguente:

"Quando vi sarete liberati della vibhakti, si manifesterà la bhakti. Vibhakti significa "separazione, divisione, ripartizione, frammentarietà"; bhakti significa "amore di Dio". Non potete amare Dio se non amate gli esseri viventi e non viventi".

Uno di noi pose la questione:

"Swami, nella Gita si dice che, se una persona non ha altro pensiero che Dio, Dio stesso la nutrirà e la guiderà per sempre. Ciò significa forse che si deve pensare solo a Dio e a nient'altro?".

E Baba rispose:

"Krsna non sostenne l'idea che un uomo non dovesse pensare ad altri all'infuori di Lui. Intendeva dire che si deve rinunciare al pensiero dell'altro da sé. Non esiste altro (anya), non c'è diversità; tutti sono una sola cosa. Quando avete scartato ogni pensiero dell'altro (come diverso), Dio, nel Suo amore, vi amerà come Se stesso".

Baba, quando avverte che il confronto col nostro proprio regno interiore è troppo superficiale per una ricerca profonda, chiede a ciascuno di noi di cantare a turno un bhajan. Nessuno può sfuggire a quella richiesta. Se una persona è troppo nervosa per cimentarsi con la musica, può cavarsela con degli inni vedici recitati secondo lo stile del XV secolo a.C. Il colonnello Joga Rao e Gogineni Venkateswara Rao scelsero delle strofe in telugu del celebre classico Bhagavatam di Pòtana. Di rado Baba si tiene in disparte, quando ciascuno ha assolto all'impegno. In realtà, noi eravamo ben felici della richiesta, giacché sapevamo che Egli ci avrebbe ricompensato con un banchetto di beatitudine, che poteva protrarsi sino alla periferia della nostra destinazione.

Io ero terrorizzato all'idea di esibire i miei squittii; ma Baba voleva che mi sottoponessi alla prova. E non c'era verso di sfuggirvi. La prima volta che dovetti affrontarla, riempii con coraggio i polmoni, mi schiarii la gola ed emisi una filastrocca semisacra che, all'età di dieci anni, avevo sentito cantare da un clown, durante una recita sulla morale.

Quantunque la mia esibizione venisse salutata dai miei compagni d'auto con dei risolini repressi e da una pacca d'approvazione sulla spalla da parte  del Maestro, giunsi alla determinazione di imparare, nel caso si fosse ripresentata l'occasione di esibirmi, un bhajan di quattro righe su Rama. Ma, benché con questa ingenua cartuccia in canna, più volte dovetti recitare quei grotteschi e scadenti versi, perché a Baba piaceva tantissimo la sua originalità e il suo pathos.

Durante le ore di viaggio, Baba richiamava regolarmente la nostra attenzione sulle colline dai colori cangianti dal blu al marrone e dal marrone al nero cupo, sulle nubi dai contorni d'argento o d'oro, sulla Luna che sembrava il mozzo di una ruota dall'aura argentata, sulle stelle scintillanti sotto una cupola di velluto, sul fuggi-fuggi delle pecore impaurite dal suono del corno, sulla gioia dei bimbi che uscivano da scuola per correre a casa. Mentre passavamo in rassegna quella bellissima galleria d'arte naturale, Egli ci suggeriva di raffigurarci l'Artista. Se ci assisteva la fortuna, ci raccontava episodi della Sua fanciullezza, quand'Egli e la Sua giovane truppa cospiravano con satire e allegre canzonette - composizioni da Lui stesso preparate all'uopo - per insegnare agli anziani del villaggio gli ideali di un'esistenza semplice, di servizio agli ammalati, di solidarietà, di giustizia nelle retribuzioni; oppure, ci ricordava il gruppo dei bhajan, da Lui stesso diretti, col proposito di esorcizzare mediante le loro vibrazioni il colera dai villaggi dominati dal panico; o ancora ci parlava della squadra, da Lui capeggiata, degli Scout, i quali ad ogni ora raccoglievano consensi da decine e decine di persone durante le fiere o le feste nei dintorni di Uravakonda. Insomma, per ogni volta c'era un nuovo gruzzolo di storie avvincenti.

A volte, Baba può benedirci con una lezione di silenzio ironico. Il più  delle volte accade quando siamo in aereo con Lui. Quand'Egli sta in silenzio, le nostre menti smettono di galoppare. Il cuore viene soffuso dal calore di un Amore assolutamente spassionato e inalterabile. I sensi soggiacciono alla melodia, al fascino, al profumo, alla fragranza, alla tenerezza e alla dolcezza da cui ogni cosa, dovunque, è permeata. Il respiro stesso segue un ritmo regolare e i pensieri si arrestano in un contorno di pace. La compagine corporea, inspiegabilmente, freme: è il veicolo che vibra di gioia. Quando poi Baba decide di riprendere contatto, ci troviamo automaticamente innalzati nel regno della filosofia.

Baba trae il proprio sostentamento appagando la nostra sete e la nostra fame. Quando vuol fare un viaggio in macchina, la fa caricare di ceste colme di vivande per la colazione, il pranzo e la cena, oltre a vari spuntini e frutta in abbondanza. Scruta la campagna alla ricerca di un angolino ombreggiato e circondato da fiori, e lo trova in un batter d'occhio. Poi si stende un tappeto, si portano brocche d'acqua, si aprono le ceste da cui si estraggono piatti e tazze. Quindi, Mamma Sai, seduta al centro fra varie esclamazioni di apprezzamento, mette una porzione di ogni vivanda sul piatto di ciascuno dei Suoi figli. I devoti con problemi di digestione, o pregiudizi dietetici, o timori di allergie, o altro, non osano dire "Basta", oppure "No, grazie"; assaggiano tutto, qualunque cibo e in qualsiasi quantità provenga dalle Mani Divine. Perciò, Baba, per ognuno di noi, decide sia il tipo che la quantità del cibo: è Lui che proibisce, persuade e propone. "Tu hai un po' di diabete", dice a uno; "Tu sei in sovrappeso", dice a un altro; "Questa salsa è molto nota nel tuo Paese", commenta riempiendo il piatto a un altro.

Un giorno, accortosi che nel mio piatto vi erano tre porzioni di idli, ne prelevò una, dicendo che due erano anche troppe per me. Essendone ghiotto, avevo esagerato, ma la Sua ammonizione mi intimorì a tal punto da ridimensionare istantaneamente il mio appetito. Più tardi, Baba mi spiegò che il composto leguminoso dell'idli, in un fisico d'età avanzata, può dar adito ad artriti. Mi fece così comprendere che, dal momento che ogni essere umano ha un ruolo da recitare sulla scena cosmica, Egli ama vederci forti e in forma, come richiede la parte. Anche il Bhagavan divide con noi colazione o pranzo; Gli piace guardarci mentre gustiamo il cibo che ci dispensa. Persino in auto, dalla borsa che tiene accanto a Sé, estrae una delle Sue mele lustre, le affetta, e poi ci invita a mangiarne. Una volta, in viaggio da Bombay a Bangalore, dopo aver ascoltato alcuni canti eseguiti da Dikshit, a ciascuno di noi distribuì alla fine degli spicchi di mela. Io, che avevo una dentiera di scarsa adesione, non riuscivo a masticarne la buccia; non osavo nemmeno sputarla dal finestrino, per timore che alla buccia seguissero i denti. Swami, notato il mio imbarazzo, mi allungò la fetta successiva sbucciata!

Baba premia la disciplina col darsan; ma bisogna riconoscere che, quando c'è il richiamo di Dio, riesce assai difficile ad un cuore affamato rimanere seduto aspettando pazientemente in fila, nella speranza che accada il meglio. Ebbi modo di apprezzare a Kakinada i poliziotti in servizio; tenevano a freno la calca della gente, ma si tuffavano ai piedi di loto di Colui che stava passando. Le guardie più assennate, che erano state incaricate di regolare il traffico all'esterno del mandir, si misero a cantare dei bhajan laddove il Bhagavan era atteso, o già era arrivato.

Quando Baba si reca in visita in un posto, ai Suoi ospiti fornisce solo il minimo di informazioni, altrimenti la buona novella si divulgherebbe facendo precipitare in ogni casa amici e parenti, obbligandoli di conseguenza a rimanervi per giorni o, comunque, fino al termine della visita; gli alberghi darebbero il "tutto esaurito" e, nei piccoli centri, scarseggerebbero acqua e generi alimentari. Baba, per questo, non sosta a lungo nello stesso luogo. La folla di gente aumenta vieppiù ogni giorno, poiché i nuovi arrivati non ripartono finché anche il Bhagavan non riparta. Ogni giorno, dunque, Egli si sposta da un luogo all'altro per dare il Suo darsan in vicini villaggi o cittadine, facendo ritorno solo in serata al luogo prescelto come residenza di transito. In questo modo, la popolazione è incoraggiata a rimanere nella propria città, evitando di affluire al luogo che Baba ha scelto come punto d'appoggio. L'Albero che esaudisce i desideri gira per spargere la Grazia su tutti.

"Questa montagna di zucchero non viaggerà per nutrire le formiche; saranno loro ad accorrere".

Così qualche anno fa disse Baba, quando dei devoti se Lo contendevano perché andasse a visitare le loro città. Ma, la compassione per le formichine seriamente intenzionate L'ebbero indotto ad annullare quella decisione.

In automobile, oggi come allora, sistema due persone sedute, una di fronte all'altra, e si gusta il dibattito con le tesi e le antitesi, le botte e le risposte con cui ognuno cerca di lasciare senza argomenti l'altro; Egli ne osserva la diatriba, con un malcelato divertimento, ma, quando la schermaglia verbale si avvicina al punto critico, sdrammatizza il tutto con una sintesi determinante. Baba ha l'abitudine di esasperare i contendenti appoggiando ora l'uno ora l'altro; alla fine, emette un giudizio liberatorio per entrambi.


Tratto da: N. Kasturi, La mia vita accanto a Sai BabaEdizioni Milesi, pagg. 214-220
Il messaggio di cui sopra è stato pubblicato nella Lista Yahoo Sadhana e nella Lista Sublimen.