Sathya Sai Baba
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Il Guru negli insegnamenti di Sai BabaIl Guru
Alla parola guru e alla figura del Maestro, Sai Baba ha dedicato numerosissimi interventi. Basterà una raccolta di alcuni campioni fra essi, per avere dalla Parola stessa del Divino, la spiegazione perfetta. "Il nome Guru è composto dalla sillaba gu che sta per guna atita , cioè "trascendente i tre guna", ossia le qualità tamasiche, ragiasiche e persino sattviche; e dalla sillaba ru che significa rupa varjita cioè "che ha afferrato l'aspetto informale" di Dio". (SSS 1)
"Il Guru distrugge l'illusione e sparge la luce; la sua presenza è fresca e confortevole; perciò, questo giorno (Gurupurnima), un giorno Purnima che vuol dire di luna piena, viene consacrato per onorare convenientemente il G. Inoltre la Luna è la deità che presiede alla mente, e Purnima simboleggia. il giorno nel quale quest'ultima è divenuta pienamente benefica. Naturalmente è necessario che conosciate quello che avete perduto, per poter iniziare la ricerca al fine di recuperarlo. Molto spesso il G. deve ricordarvi che avete dimenticato il vostro vero nome, o che avete perduto la vostra parte più preziosa, senza tuttavia esservi accorti della perdita. Il G. è il medico di tutte le malattie. Egli risolve le sofferenze legate all'alternarsi di nascite e morti. E’ abile nel trovare la cura. Se non avete un tale G., pregate il Signore perché vi mostri la strada, ed Egli sicuramente verrà in vostro aiuto". (SSS 1)
"Anche nello scegliere il G. dovreste usare discriminazione (víveka). Non tutte le nubi sono portatrici di pioggia. Un vero Maestro sarà in grado di attrarre cercatori da molto lontano con il solo mezzo della sua personalità. Non è necessario che si parli di lui in termini apologetici; gli aspiranti sentiranno la sua presenza e si affretteranno a raggiungerlo, come fanno le api verso un loto in piena fioritura". (SSSI)
"Ci sono dei G. che insistono sull'obbedienza assoluta e consigliano i discepoli persino di percuotere chiunque metta in discussione il loro maestro! lo non ammetto queste cose e sono venuto per dare loro dei giusti consigli. Il G. non può mai usurpare la condizione di Shiva; meglio è per voi avere come Maestro Shiva stesso, al posto di questi individui egoisti e folli di potere, che trovano diletto nell'odio e nell'esaltazione". (SSS I)
lo non proclamo di essere un G., né di considerarvi dei discepoli. Essendo IO tutti voi, chi può essere separato specificamente come G. e chi come allievo o shisha?". "Il Maestro ‑ e così lo si deve chiamare con esattezza - non si deve sentire superiore, né l'allievo deve sentirsi inferiore. In realtà entrambi sono l'Atman, e non c’è né più alto, né più basso. Voi siete tutti onde sull'Oceano della beatitudine (Ananda)". (SSS IX)
(Dopo aver sottolineato l'aspetto Advaita) «Ma solo il G. può aprire l'occhio interiore e purificare gli strumenti interiori dell'intuizione. Egli vi induce a domandarvi: Deham ("Sono questo corpo o questo mio corpo è solo un veicolo che sto usando?"), e trovare la risposta: Nabam, “No, io non sono il corpo, no Io sono Colui che vede, il Testimone, lo Spettatore"." (SSS VIII)
"Abbiamo sentito lodare il G. come uguale a Dio Stesso. Gokak ha citato quella sbloka nella quale si parla con tanto rispetto del G., da eguagliarlo a Brahmá, il Primo della Trimurti ‑ la Trinità ‑ cui è affidata la Creazione; a Vishnu, il Secondo, Conservatore e Protettore del Creato; e a Maheshvara (Shiva), l'ultimo della Trimuirti, incaricato della distruzione e della dissoluzione. Simbolicamente questa descrizione è corretta, e lo possiamo vedere analizzando il lavoro che ci si aspetta svolga il Maestro, o G. Il G. getta il seme della virtù, della saggezza e della fede nel cuore dell'alunno; e in questo è Brahmá, ha la natura del Creatore. Come l'agricoltore, semina nella terra ben preparata del cuore dell'alunno; ma dopo la semina non resta a braccia conserte, ed ha cura incessante della crescita vigorosa e giusta delle pianticelle, bada a irrigarle e a concimarle al momento giusto. Questo è il compito di Vishnu, per quanto riguarda l'educazione e l'educatore. Il G. non può starsene seduto a guardare in silenzio il fato dell'alunno, dopo la prima lezione. Deve guidarlo ad ogni passo, alimentare e incoraggiare buone abitudini, ragionamenti sani ed emozioni valide, agendo così come Vishnu, il secondo della Trimurti. Il G. deve anche accollarsi il dovere di vigilare ogni passo dell'alunno e di avvertirlo contro i passi falsi che fa, o le brutte abitudini che prende, o i dubbi deleteri che può avere. Come l'agricoltore che deve vigilare contro la crescita di erbe nocive o di parassiti, il G. dev'essere anche lui attento sempre a distruggere i parassiti dei vizio e le erbacce della pigrizia e dell'incertezza". (SSS IX)
"C'è bisogno di un G., di qualcuno che vi guidi e conduca; di uno che abbia percorso la strada e ne conosca ogni accidentalità. Potete avere lucerna, stoppino ed olio; ma chi vi dà il fiammifero? Sulla lavagna ci possono essere delle lettere calligrafiche, ma solo chi sa che quella lettera è D, quell'altra è I e la terza è O, può insegnare al bimbo a sillabare DIO. Ciò gli basta; poi ci vuole uno che gli insegni come si legge, e che quel suono ‑ Dio ‑ significa il Principio Immanente nell'Universo, che fa cadere la rugiada, fa fiorire il loto, volare la farfalla e levarsi il sole; che è tutta la potenza, l'amore, il miracolo che sempre fu, è e sarà". (SSS VII) "Al sorgere del sole il mondo viene benedetto dalla luce e dal calore. Alla benedizione del G., il discepolo (shishkya‑ riceve pace e gioia". (SSS VII)
"Il Gurupúrnimá è sacro per tante ragioni; in questo giorno, il cercatore che soffre dell'illusione sente che il mondo oggettuale è altrettanto vero quanto lui è guidato entro la Realtà; in questo giorno, coloro i quali non hanno ancora sentito l'impulso di esplorare la Realtà, sono ispirati a cercare la fonte della Beatitudine nel loro interno. In questo giorno i discepoli offrono la loro gratitudine ai Piedi del G. per la Luce che ha loro data; in questo giorno i pellegrini in viaggio verso i Piedi di Loto del Signore studiano le guide e le carte". (SSS VII)
"Nella parola Guru, gu indica il buio dell'egoità (la separazione, l'illusione che fa vedere i Molti sopra la base dell'Uno, dovuta alla sovrapposizione del serpente sopra la fune nella penombra). La seconda sillaba ru indica la rimozione di quest'illusione, l'illuminazione che rivela il Brahman (la fune della parabola), che s'è messa la pelle del serpente ed ha causato ansia e paura. Alla rivelazione del G., i Molti si fondono nell'Uno; e se c'é solo l'Uno, come può arrivare la paura? Che cosa c'è da desiderare e da acquisire?". (SSS VII)
"E’ chiaro che non sia facile vedere di primo acchito la Divinità inerente a tutti gli uomini e le cose. Come si fa a leggere la lettera D, se non la spiega qualcuno che la conosce e che ispira fiducia? Poi si raggiunge il livello in cui si legge D.I.O. come " di ", “ i “ e ",o"; ma chi vi insegna a leggere "Dio" e non d, i, o? E' ancora il G., in cui credete e che conosce bene queste cose. E come facciamo a sapere che il suono "Dio" rappresenta per tutti quell'Intelligenza Onnipresente e Imperscrutabile che pervade l'atomo e la stella? E’ ancora il G., che ce lo insegna perché lo accettiamo. Ma non è sufficiente saperlo soltanto da un G. Ognuno deve continuare la ricerca e giungere alla Verità Ultima, quella che può spiegare l'atomo tanto quanto la stella più lontana, adesso e per sempre. Solo lo Kshetrajna, il Conoscitore del campo, conosce il campo del corpo; solo Dio conosce l'Universo e, per conoscere l'Universo, si deve diventare Dio. Ma in effetti non "si diviene" Dio; ognuno è Dio, mascherato come Tízio, Caio e Sempronio, Sohan Lal, Sunder Lal o Indu Lal" (SSS VII)
ll G. è il Maestro della Scienza dello Spirito (Atmavidya) e mette in fuga le tenebre come fa il Sole". (SSS IV)
Chi vi può guidare è il G., e vi indica anche la meta, ma non vi ci può portare a spalle né in macchina. Siete voi che dovete scarpinare... Il maestro può dare delle ripetizioni speciali, ma chi deve imparare è l'alunno e non altri. Ci sono due specie di apprendimento: l'aprápta práptí e la prápta prápti. L'aprápta práptí è l'ottenere qualcosa che non si aveva; se non hai una radio, vai al negozio e te la procuri. Invece la prápta prápti è il rendersi conto di qualcosa che si aveva già, ma non si sapeva di avere. Viene un amico e ti chiede di prestargli dieci rupie: "Non le ho, caro amico, e sono molto spiacente di non poterti venire incontro". Un'ora dopo ti metti a sfoggiare un libro, e tra le pagine ci trovi un decione dimenticato. Come sei contento! Quasi come se lo avessi appena guadagnato. Così il G. ti invita a sfogliare le pagine del tuo cuore; ecco che trovi il tesoro bello e pronto a farti ricco oltre ogni misura". (SSS IV)
"Devo dirvi una cosa, Il discepolo, deve avere già un'idea della Verità; se no, non arriva il segreto. Il nastro telegrafico è scritto in alfabeto Morse; chi lo riceve deve almeno conoscere il Morse, come chi lo ha spedito". (SSS IV)
"Dai genitori ricevete il corpo materiale (deha); il G. vi richiama all'Abitatore del corpo, al Dehi; perciò, come dicono i Veda, "Madre, Padre e Maestro siano per voi come Dio" Matru devó bhava, Pitru devo bhava, Acharya devo bhava (SSS IV)
"La strada maestra per giungere alla consapevolezza della propria parentela con Dio viene insegnata dal G., ma non tutti, tra i mezzo milione di sadbu che vantano questo titolo, vi hanno diritto. Infatti, la parola gu‑ru significa "colui che non ha tenebre in lui" (da gu = "buio" e ru = "senza"). Molti G., oggi, rispondono solo all'altro significato della parola, che è pesante, e sono, ahimè, solo un peso su questa terra; questo è tutto l'effetto che produce la loro esistenza. Sono anche dipeso ai loro discepoli, perché tendono continuamente la mano a chieder soldi e non hanno l'illuminazione con cui alleggerire il fardello degli altri. Lasciate codesti G. a cuocere nel loro brodo, e concentratevi ad elevare voi stessi. Se ci tenete davvero, verrà il Signore Stesso a guidarvi o dal di dentro o dal di fuori, per mezzo di qualcuno che Egli vi manderà, o per mezzo d'una illuminazione interiore. Non disperate; andate avanti con coraggio". (SSS IV)
Nel passo citato, lo Svámi gioca su uno dei significati tradizionali del termine guru. Varie sono infatti le etimologie della parola, ed una di queste la traduce con "pesante", nel senso che è "greve di conoscenza, di spiritualità, ecc."; qui ovviamente lo Swami scherza sul doppio senso, prendendo la parola pesante'' come "che è di peso" su altri. "Il G. vi indica il guri (la Meta); vi rivela l'Atmatattvan (l'Essenza dello Spirito). Chi sta affondando nella melma non può salvare altri che si trovano nella medesima sítuazìone per tirarli fuori ci vuole qualcuno che stia sul solido. Perciò, il G. deve avere un appoggio sicuro; sopra e oltre il fango del samsara (SSS IV)
'l’Adulazione indìscriminata che i seguaci usano riversare sui capi di istituzioni monastiche e di ordini spirituali ha la sua parte fra le cause del declino attuale della spiritualità. Le lodi alimentano l'ego e annebbiamo la fede. Il discepolo non deve adulare il G., né il G. deve adulare l'allievo. Il loro rapporto dev'essere come fra padre e figlio. E' ridicola la lode fatta dal padre al figlio e viceversa". (SSS V)
«Il G. risveglia e avverte; rivela il Vero e vi incoraggia a spingervi ad esso. Se a uno manca la voglia, la domanda del cuore, l'ansia dell'intelletto, egli non può fare gran che. A chi ha fame si può dar da mangiare; chi non ha fame respinge il cibo disgustato. Il G. è il giardiniere che curerà le pianticelle, ma prima che egli se ne incarichi il germoglio dev'essere uscito. Non aggiunge alla pianta nulla di nuovo, ma l'aiuta solo a crescere secondo il suo destino, forse più in fretta, ma non contrariamente alla sua natura interiore. Egli elimina la povertà indicando il tesoro che giace sepolto nella stessa casa dell'uomo; suggerisce il modo per ricuperarlo, la vigilanza necessaria per farne il miglior uso e così via". (SSS V)
"Per far che mente ed intelletto siano fissi in questa Unità, occorre meditare su di esse nel silenzio e nella solitudine, guidati da un G. Se il Maestro dà lui le risposte alle domande che pone, come può progredire l'alunno? Se questi è abbandonato a sé stesso, si trova perso; se gli si dice di scrivere ciò che può, non può che balbettare. Perciò il Maestro gli deve tenere la mano e addestrarlo nei movimenti. Quindi l'abilità del cervello e della mano dev'esser guidata e sostenuta dalla mano esperta dei G. Il discepolo deve imparare a concentrarsi; se l'attenzione va a spasso, non ci può essere progresso. Inoltre il G. deve voler bene al suo alunno, e lo deve guidare passo passo". (SSS V)
Coloro che son chiamati G. "pesanti", persone di peso, non vengono mossi dalle tempeste. La foglia sulla quale non è stato posto del cibo, (riferito all'uso indiano di mangiare in piatti di foglie) si alza al vento e vola via; se invece è gravata da una porzione di riso, rimane ferma. Le portate del menu spirituale sono virtù, fede, disciplina costante, devozione, distacco e imperturbabilità d'animo". (SSS V)
ll vero G. è Tat, Quello, che rivela al Tvam, il tu, il discepolo, il fatto di así, che tu sei. Il vero allievo è il Tvam assetato di Tat, ansioso di acquisire la Conoscenza di asi.' (SSS VIII)
ll primo G. è la mamma; il suo esempio, il suo consiglio e i suoi ammonimenti incidono profondamente e per molto tempo nel figlio. Il secondo è il papà, ammirato dal figlio per la sua forza e il suo sapere, temuto per i suoi castighi. Poi viene il maestro, che lo guida nel labirinto della conoscenza materiale". (SSS VIII)
Il G. è il Maestro spirituale; trasmette sapienza al discepolo. Con ciò finisce il suo compito. Spetta all'alunno ricevere e rispondere all'insegnamento spirituale del Maestro. Questi deve mettere in pratica quanto ha appreso. Il G. è come la segnaletica della strada; indica al discepolo dove deve andare. Il cartello addita la strada, ma non segnala salite e discese, ostacoli e buche. Così pure, il G è solo una guida. Gli ostacoli se li deve rimuovere da sé, il discepolo, sulla strada della spiritualità; deve sperimentare personalmente tutte le vicissitudini della vita spirituale". (SS13 1979)
"Non occorre che il G. appaia in forma effettivamente presente; può provocare impulsi e spinte d'ordine superiore per mezzo d'un amico, d'un libro o di un avvenimento che riveli d'un lampo la Realtà. Dopo questo risveglio, il resto è soprattutto nelle mani dell'interessato; il G. può tutt'al più sorvegliarlo e guidarlo". (MB)
"Il vero G. non è un precettore umano, ma il Cosmo stesso, Prakrítí, il Creato. Si devono considerare come Maestri l'Universo e tutte le sue parti, ed apprendere da ognuna di esse". (GA)
ll miglior G. è il Divino che è in voi; desiderate udire la Sua Voce, il Suo insegnamento (upadesha). Se cercaste un G. terreno correreste dall'uno all'altro come il topo chiuso nel tamburo, che corre verso la parte opposta a quella su cui si batte". (SSS III)
"Anche se c'è abbondanza di G. di tipo comune, l'uomo ha sempre a sua disposizione un G. di gran lunga superiore e più compassionevole di tutti gli altri. l'Avatára del Signore che potrebbe, solo con l'espressione del Suo Volere, conferire all'uomo il massimo patrimonio della vita spirituale. La può donare e far che l'uomo l'accetti. Egli è il G. di tutti i G.; è la massima incarnazione di Dio come uomo. Il fiume della spiritualità indiana ha ripetuto più e più volte che il sommo dovere dell'uomo è adorare Dio in forma umana; ma l'uomo non potrebbe mai sperare di vederLo e di udire la Sua Voce se Dio non s'incarnasse come uomo. Certo, l'uomo può raffigurare Dio in tante altre forme, ma non si approssimerà mai alla Vera Forma di Dio. Inoltre, per tanto che si sforzi, l'uomo non potrà mai raffigurare Dio in altra forma che quella umana". (BPV)
"Solo il Divino può essere guida, compagno e consigliere in questo viaggio solitario dell'uomo. Quei tali che si dànno arie di G. non possono aiutare né salvare; le Shruti avvertono di cercarci dei G. che siano shrotriya e Brabma‑nishtha, e sconsigliano di affidarsi ad altri uomini. Che significa shrotriya? Significa essere incrollabilmente fedeli alle Shruti e ai Veda, e aderire senza il minimo sgarro alle prescrizioni in essi contenute. Brabma‑níshtha è colui il quale è stabilito nella coscienza del Brahman; non è appestato da dubbi né è distratto da divertimenti, perché ha ottenuto una fede costante nell'Atman e il mondo materiale non gli interessa. Vede tutto il mondo come Brahman, come manifestazione di Dio; le sue azioni, i suoi movimenti sono consoni con tale consapevolezza. La sua visione comprende la totalità del Tempo; conosce il passato, il presente e il futuro. Ha trasceso tutte le caratteristiche: i tre guna non lo influenzano. Ha il suo essere nell'Uno e Unico, nell'Atman. Non è toccato da distinzioni e differenze, da dualità e dísparità. E’ perpetuamente in ananda, in beatitudine. Questo è il tipo di G. che i Veda esortano a cercare; ma una sola Persona ha tali attributi: Sarveshvara, il Signore di tutti i dotti che hanno cognizione della Verità oppure sono conoscitori dei principi, non appartengono alla categoria degli shrotriya né a quella dei Brahma‑. Non sono questi i G. dei quali voi avete bisogno". (SV)
ll bimbo ha la sua lingua, e la madre la sua. Ella lo tiene sulle ginocchia e pronuncia le parole in modo che il bimbo le ripeta. Per quanto appropriata sia la lingua della madre, il bimbo deve parlare con la propria. La mamma non può parlare per il bimbo e prendersene lei tutto l'impegno. Il G. è allo stesso modo. Può solo ripetere, ricordare, ispirare, istruire, persuadere, convincere; ma è il discepolo che deve iniziare l'attività. Dev'esser lui a saltare l'ostacolo; nessuno lo può sollevare su di esso". (SSS VII)
Per concludere questa rassegna di interventi di Sai Baba, citiamo quanto Shamkaracharya scrisse a proposito del G:: sono solo alcuni estratti, che sfociano in una stupenda preghiera rivolta al vero Maestro. "V'è chi sostiene che la ricerca verso la verità del Sé non sia altro che devozione. Chi aspira alla Verità dell'atman deve, avendo le qualificazioni suddette, avvicinare un saggio istruttore che lo guidi ad emanciparsi dalla ‑ schiavitù. Un Saggio (istruttore), che sia versato nella shrutí, vero conoscitore del Brahman, che, senza desideri, sia raccolto in Brahman e calmo come il fuoco che ha consumato tutto il combustibile, (un Saggio) che sia divenuto un oceano di misericordia e la cui benevolenza si espanda in modo inesauribile su quanti a lui si presteranno. A questo guru il discepolo deve avvicinarsi, con profonda devozione e, offrendogli umilmente i servigi, chiedergli ciò che deve conoscere.
0 Maestro e amico di coloro cbe si abbandonano a te, io m'inchino Affrancami dall'oceano delle nascite e delle morti in cui mi dibatto, guardami con i tuoi occbi penetranti cbe effondono influssi di grazia. Salvamí dalla morte percbé sono preda delle fiamme inestinguibili del samsára e sbattuto dagli impetuosi venti delle avversità. Nel mio spavento cerco rifugio in te, percbé non conosco nessun altro in cui cercare riparo.I 0 Signore, dimmi parole preziose come il nettare, sgorganti come una fonte dalle tue labbra, rese píù soavi dall'esperienza della beatitudine del Brabman; versale su di me rinfrescanti pure e così gradevoli alle mie oreccbíe; su me, che sono arso dai dolori terreni, come la foresta dalle fiamme di un incendio. Benedettí sono coloro cbe Tu bai illuminato con uno dei Tuoi sguardí, accogliendoli sotto la Tua protezione. Come attraversare l'oceano del samsára? Quale sarà la mia meta? Quali dei tanti mezzi dovrò adottare? Confesso la mia ignoranza. 0 Signore, salvami; dimmi come por termine alle miserie dell 'esístenza relativa.I
Mentre il discepolo si esprime in tal modo, il nobile Maestro gli volge uno sguardo dì benevolenza, esortandolo a non aver paura... Non temere, o accorto discepolo, per te il pericolo è scomparso... I I ". (Tratto da Shamkara, Víveka‑cbúdámani, Ashram Vidya^, Roma).
"Perché hai paura, se ci sono lo?"
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