Sathya Sai Baba
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Satsang di Anil Kumar del 20 Giugno 2004
Il discorso domenicale di Anil Kumar
20 Giugno 2004
"La Missione di Dio" DIO
E' UN VIAGGIO Come devoti, noi sperimentiamo a volte
una crescita o una trasformazione che siamo portati a mettere in dubbio.
Alcuni dicono: "Signore, è vero tutto questo? Potresti per piacere
interpretare per me l'esperienza che ho avuto? Che cosa significa?" Noi
mettiamo in dubbio la nostra stessa esperienza perché manchiamo di
convinzione. Una persona viene e dice: "Sento di essere diventato calmo e
tranquillo dopo essere venuto da Swami. E' un progresso spirituale? Indica
qualcosa di buono? Io mi sento veramente calmo e tranquillo. Una volta,
prima di venire da Swami, ero conosciuto per la mia rabbia, per la mia
collera, ero conosciuto per la mia vendetta. Io ero conosciuto per tutto
questo ma, dopo essere venuto da Swami, sono calmo e disponibile. Cosa
significa?" Questa domanda è stata posta da un devoto veramente sincero. Io
gli rispondo: "Essendo in collera, tu puoi essere soggetto a tensioni,
preoccupazioni e ciò porta qualche volta alla violenza; così danneggerai te
stesso e gli altri. Rimanendo calmo e tranquillo, anche se non progredirai
nella spiritualità, sarai almeno libero dal pericolo di essere pieno di
rabbia. Se sei in collera, c'è una minaccia, un pericolo; se sei calmo e
tranquillo, sei libero da tutte queste tensioni ed ansietà." Cosa significa
un uomo calmo e tranquillo? Questa è un'attitudine di un uomo spirituale.
Agitazione, inquietudine, mente preoccupata, non sono qualità di un uomo
spirituale, in nessun modo; un uomo spirituale rimane sempre calmo e
sereno.Potete dirgli qualsiasi cosa: rimane imperturbabile. Quando qualcuno chiese "Baba, sei Dio o
sei un impostore?", Egli rispose "Io sono Dio e anche tu lo sei"; non fu
infastidito da quella sciocca domanda. Egli dice inoltre: "Se mi dite che
sono calvo, io non sono arrabbiato con voi perché non sono calvo. Non sono
calvo. Se dite che ho una zazzera di capelli sulla testa perché dovrei
essere arrabbiato con voi? Io ho una quantità di capelli; non ne sono
infastidito. Se voi mi lodate, bene, non penso che sarò molto estasiato, no,
perché voi state lodando per vostra soddisfazione. Voi state lodando per
poter imparare queste grandi qualità; questa è vera adorazione. Purtroppo
l'adorazione è scesa a livello di rituale. Trovare fiori al mercato,
comprarli, metterli sotto la fotografia: questa è l'adorazione. Io non la
condanno, è un rituale, ma l'adorazione è qualcosa di più; la vera
adorazione è l'emulazione delle qualità Divine. Quando io dico "Baba, Tu sei
Dio di misericordia" vuol dire che devo essere misericordioso; "O Bhagavan,
Tu sei l'Uno con totale compassione" significa che devo essere
compassionevole. Tutte le qualità che attribuiamo a Dio, tutte le nobili
qualità che cantiamo nelle nostre lodi a Dio come atto di adorazione, sono
semplicemente destinate ad essere copiate, ad essere emulate. Questo è lo
scopo dell'adorazione. Se però ciò è fatto in un orario
prestabilito, programmato, se è meccanico, noi eliminiamo il vero scopo
dell'adorazione. Ecco perché le persone che sono legate ai rituali, che
adorano regolarmente, meticolosamente, sono note per non aver modificato la
loro vita. Rimangono le stesse perché alle 5 c'è meditazione, alle 7
adorazione, alle 9 bhajan Š Diventa un'abitudine meccanica ma la vita non è
abitudine, non è meccanica, la vita non è un programma. Ogni momento è
eccitante, ogni momento ha una possibilità di miglioramento, ha un'occasione
di avanzamento. Dobbiamo trovare qualcosa di nuovo in ogni momento. Niente
dovrebbe essere preso per garantito. Consideriamo ciò che è accaduto
stamattina: ci saremmo aspettati di stare là così a lungo? Ci aspettavamo
che ci fosse uno spettacolo? Che il programma durasse tanto? Che Swami
venisse più o meno alle otto e un quarto e il programma durasse così a lungo?
Cosa è accaduto alla gente che pensa che il darshan sia tra le 7.15 e le
7.30 quando Swami arriva alle 8.20? Chi sono io per dare a Lui un orario?
Chi sono io per stabilire il Suo arrivo e il Suo allontanamento? Per
quanto concerne Bhagavan, niente dovrebbe essere preso per garantito Questa
è spiritualità. Con il satsang di questa mattina, il
primo e più importante punto su cui voglio portare la vostra attenzione è
questo: che un uomo spirituale è sempre calmo e tranquillo. "No Signore, io
vedo che alcune persone alzano la voce qui, non sono certamente spirituali.
Vedo alcuni che sono rozzi e duri. Sono spirituali?" No, secondo nessun
modello. Bisogna essere quieti, calmi e tranquilli; questo è il primo inizio
di spiritualità, il primo passo. Qui sta la bellezza. Il problema è quindi
"come poter essere calmi e tranquilli?" ed è il prossimo quesito. Per
rispondere, dimmi perché non lo sono. Non lo sono a causa della mia
indifferenza, a causa del mio egoismo, a causa del mio ego. Quando si
comprende perché non siamo tranquilli, può essere molto facile diventarlo un
giorno o l'altro, liberandoci da queste cattive qualità. Quindi un uomo
rude, duro, aspro è egoista, non spirituale, irreligioso. Se costui è in
una certa posizione o è una qualsiasi autorità, come pietra di paragone,
dovrebbe essere calmo e tranquillo. Perché non sono calmo? Non lo sono
perché la mia mente non è positiva e la mente che non è positiva non è mai
calma, come quella che è ripiegata su sé stessa, sovraccaricata, fisica,
mondana. Pertanto, se sono capace di volgermi in me stesso facendo un
bilancio tra il mondo e la mia religione e rimanere tranquillo, posso
rendere la mia mente calma. Posso essere calmo e imparare a perdonare gli
altri, ed imparare cos'è la simpatia. Possiamo essere calmi se siamo
comprensivi verso gli altri, se siamo gentili verso di loro, se non siamo
egoisti e ci impediamo di agire secondo la mente. Valutiamo ciò che ci
permette di restare tranquilli. La quintessenza, la parola d'ordine per
essere calmi e tranquilli è questa: coltivare Amore. Un uomo pieno d'Amore è
sempre calmo e tranquillo. Questo aggiunge bellezza alla nostra vita. Se
sono calmo e tranquillo dovrei sapere che sono all'ingresso del tempio, sono
ai piedi di Dio, sono ai piedi della Divinità. Questo è il primo punto su
cui ho voluto portare la vostra attenzione. Il secondo punto è questo: noi
cominciamo a dubitare che la nostra esperienza sia vera. Spesso, viene da
me qualche mio amico: "Signore, è accaduto questo; come devo considerarlo?
Questo è ciò che è accaduto in sogno; come devo interpretarlo? Questo è ciò
che Swami mi ha detto; cosa significa?" Queste sono le domande che molti dei
miei studenti e amici mi pongono e penso che sia capitato anche a voi. La
gente viene e chiede: "Cosa significa?" Cari amici, lasciatemi dare un'unica
risposta a tutte queste domande, lasciatemi dire a tutti: "Non dubitate, non
dubitate mai della vostra esperienza qualunque essa sia." Quando dubitate
della vostra esperienza, è segno che si tratta di immaginazione. Ogni
esperienza della quale avete dubitato è immaginazione. Semplice esempio:
"Swami mi ha detto di farlo". "Come sai che te lo ha detto?" "In qualche
maniera ho sentito che mi parlava interiormente". "Capisco, molto bene". E'
vero? Tu hai posto questa domanda: "Sento che Swami mi ha mandato questo
messaggio; sento che Swami mi ha dato questo indirizzo. E' vero?" Il mio
amico gli dice subito: "Se fai questa domanda 'E vero?' significa che è
immaginazione". Qualunque cosa venga dubitata è isteria o immaginazione. Se
la vostra esperienza è genuina e personale, non la metterete mai in dubbio.
Non c'è nessun motivo per chiedere aiuto. Possiamo dubitare di Dio, ma mai
dell'Amore. Non ho ragione? Potete mettere in dubbio Dio, ma non metterete
mai in dubbio l'Amore. Semplice esempio: mia madre mi ama, ne dubitate? Io
amo mia madre, ne dubitate? Egli è Dio ma qui io ne dubito. Questo è il
motivo per cui Bhagavan spesso parla di Amore. Non dubitate dell'Amore e che
l'Amore è Dio. Dio è Amore, vive nell'Amore e l'Amore non è mai messo in
dubbio perché è scaturito dalla fontana dell'esperienza personale. Esso
nasce dalla vostra propria esperienza per cui non ne dubitate mai. Bene.
Come essere senza dubbi? Questa è la prossima domanda. Amici, queste sono cose tratte dagli
scritti di Sai ed io sto tentando di porle nella forma più interessante
possibile, come domande e risposte, perché, se questo vien letto come un
lungo articolo, penso che non possa raggiungere la vostra testa in maniera
diretta. Certi libri come Vijaya Sutra Vahiini, Jnyana Vahini, Upanishad
Vahini, sono molto difficili ed, in qualche maniera, dobbiamo addolcirli in
modo da capirne i contenuti. Come? E' con questo intento che ho scelto
alcuni punti da portare alla vostra comprensione, ecco tutto, non con l'idea
che voi non li conosciate, no. Amici, ripeto ancora una volta, non parlo di
quello che non sapete, no. Noi stiamo condividendo tutto quello che sappiamo,
stiamo scambiando le nostre vedute su Swami. Questo è il Satsang. Questo è
tutto. Satsang non è un flusso di conoscenza da una parte all'altra; ciò
capita in un istituto o in un'università dove un uomo siede in cattedra e
va avanti insegnando quello che sa a persone che non lo sanno. Quello non è
Satsang, questo è Satsang. Perché? Qui tutti noi sappiamo e stiamo solo
ricordando e condividendo. Stiamo condividendo quello che tutti sappiamo.
Questo è lo scopo del Satsang. Questo è quello che è in realtà il Satsang. Come essere senza dubbi? Ecco la
risposta: quando la sete di verità sarà totale non ci saranno dubbi in
maniera assoluta. Noi abbiamo ancora dubbi perché non c'è sete totale di
verità. Veniamo qui con nozioni preconcette, con la convinzione di poterci
controllare, non c'è abbandono. Con lo spirito della resa, dell'apertura,
pronti ad accettare, con piena sete e fame di Dio, qualsiasi esperienza
scaturisce non comporta dubbio. Non dubiteremo mai della nostra esperienza
in quel momento. Ecco perché Bhagavan Baba ha detto: "Il desiderio deve
essere molto genuino, profondo come quello del vitellino che corre verso la
madre. Il vitello, vedendo la madre, corre saltellando per esserle vicino,
comincia a leccarle il collo perché questo è amore, ardente desiderio."
Bhagavan dice sempre che questo desiderio, l'attaccamento a Dio, deve
essere così profondo e totale da far nascere un'esperienza che ci porterà ad
uno stato di mancanza di dubbio. Ma quando non è così, tutte le cose che
otteniamo sono soggette a dubbio. Punto terzo. Noi partecipiamo ai
bhajan, cantiamo, gioiamo, ascoltiamo i discorsi di Bhagavan, siamo felici
di parlare con altri devoti, siamo molto contenti di conoscere le esperienze
di nostri amici e parenti ma è richiesto un ulteriore passo avanti. Tutto
ciò che cantate, tutto ciò per cui siete felici, dovrebbe continuare perché
non sia uno stato temporaneo della mente. Io canto, sì, durante i bhajan,
canto, OK, ma bisognerebbe cantare dentro di sé sempre ed ovunque. I bhajan
dovrebbero essere una linea che conduce all'eternità interiore. Sì. Se i
bhajan mi portano all'eternità interiore, io posso rimanere calmo,
tranquillo, pieno di pace e di beatitudine ma noi non facciamo così, perché
il tempo dedicato ai bhajan è dalle 6 alle 7, quello dedicato ai bhojan
(esperienze pratiche) è dalle 8 alle 10. Quando ci sentiamo interiorizzati,
tutta la gioia esteriore, tutta l'allegria, danza, estasi, musica,
costituiscono continuamente dentro di noi una reale disciplina spirituale,
una reale pratica spirituale. La vera pratica spirituale è quella di
cantare dentro di sé continuamente ed ovunque: questo è lo scopo a cui è
destinato il programma esterno. Una volta venne qualcuno da Swami e gli disse: "Swami, abbiamo cantato i bhajan per 24 ore." Loro pensavano che Swami li avrebbe lodati e portati alle stelle ma Egli chiese: "Cosa avete fatto dopo, più tardi? Avete cantato bhajan per 24 ore e dopo cosa avete fatto? Basta? Aspettate l'anno prossimo per cantare bhajan altre 24 ore?". Non è così e Bhagavan lo dice anche nei discorsi: " Akhanda bhajan" significa un continuo infinito e incessante. Per il cosiddetto Akhanda bhajan noi cominciamo alle 6 della sera e terminiamo alle 6 del mattino secondo l'ora di Bangalore o il giorno successivo secondo l'ora di Puttaparthi. In uno dei discorsi alla conclusione dell'Akhanda bhajan, Baba disse: "Se iniziate in un dato momento, come potete chiamarlo akhanda? Akhanda significa infinito, continuo. Quando lo iniziate è khanda, finito, limitato, frammentato." Quindi noi facciamo khanda bhajan; khanda, cioè frammentato, un pezzo, programmato, limitato nel tempo e lo chiamiamo akhanda bhajan, infinito. Ora arriva la domanda: "Va bene, dovrò cantare bhajan per tutta la vita? Come farò a guadagnarmi da vivere?" Non è questo, amici miei. Ci sono bhajan che continuano silenziosamente dentro di noi. Il silenzio è più potente, più potente del suono. Il suono è provocato da una specie di sollevamento di gas da un cilindro, questo è tutto. Non c'è profondità nella parola; nella comunicazione verbale non c'è profondità. C'è invece un'incommensurabile profondità nel silenzio. Questo è il motivo per cui tutti i saggi, tutti i santi, tutti gli aspiranti, tutti gli avatar, raccomandano il silenzio a tutti i seguaci, a tutti i devoti. Il silenzio. Baba ha detto che soltanto nella profondità del silenzio potrete udire la voce di Dio. Il silenzio è il suono di Dio Se leggete approfonditamente la
letteratura di Ramana Maharishi, il saggio di Arunachala, vi trovate cose
meravigliose. Il silenzio, al di là del silenzio. Il silenzio dell'Himalaya
se calcolato in termini di altezza; il silenzio della profondità dell'oceano
se calcolato in termini di profondità. Quell'infinito silenzio è più
potente di ogni parola, di ogni espressione, ogni linguaggio, ogni suono.
Perché? E' silenzio interiore dal quale è nata la mente. La mente è il
prodotto di quel silenzio; essa dà origine al pensiero ed una serie di
pensieri intrecciati costituiscono il jagat o creazione. L'intera creazione,
il mondo, non è altro che un fascio di pensieri e la parola, o espressione,
viene fuori da questi pensieri. Quando io dico che la mia parola è così
potente, come dovrò considerare quel silenzio che è la sua base, il vero
fondamento dell'espressione? Questa è la ragione per cui Ramana Maharishi
dice: "Il silenzio è più importante della parola, il silenzio è più
importante dell'espressione perché è il linguaggio di Dio. Il silenzio è la
parola di Dio, è il suono di Dio." Questo silenzio interiore ci aiuterà a
ritrarre la nostra mente, a ritirarla pian piano. Il saggio di Arunachala,
Ramana Maharishi, tratta ancora il silenzio, la profondità del silenzio, il
significato del silenzio, il fascino e l'attrattiva del silenzio,
l'influenza e la filosofia del silenzio. Nonostante io pensi che nessuno
abbia parlato del silenzio quanto lui, quando sarà il momento, tratteremo
ancora l'argomento. Quindi, il silenzio è la base, il seme che fa
germogliare la mente ed, oltre alla mente, fa germogliare il pensiero;
questo conduce all'espressione o parola, verbale o vocale. Perciò quella
parola è meno potente se paragonata al silenzio. Bhagavan vuole assolutamente che tutti
i giorni si rimanga in silenzio per un certo tempo; è stato prescritto anche
ai bambini dei balvikas perché il silenzio ci aiuta ad esaminare noi stessi,
è un auto esame ma noi siamo occupati ad esaminare gli altri. Il silenzio mi
aiuta a valutare me stesso ma io preferisco valutare gli altri. Il silenzio
è una guida per giudicare me stesso ma io sono occupato a giudicare gli
altri. Dunque questo silenzio è necessario proprio come un termometro è
necessario per conoscere la temperatura. Il silenzio mostrerà la temperatura
dei propri progressi in campo spirituale. C'è un grande santo, dal nome
Ekanath, un grande santo del Nord dell'India che va un gradino oltre: "Se
tu stai per parlare, se stai per aprire la bocca, se stai per esprimerti con
parole, figlio mio, parla di Dio e della spiritualità oppure stai zitto."
Non dovreste parlare di nient'altro che di Dio e di spiritualità, dice
Ekanath. Per inculcare questa asserzione, Ekanath prosegue dicendo: "Tutti i
pensieri sono sudiciume, immondizia, sono abietti; se vuoi proprio parlare
parla di Dio e di disciplina spirituale." Molti di noi, che hanno scelto di
vivere qui con il desiderio di migliorare sé stessi, seguono la lezione di
Ekanath. Pensiamo a Swami, pensiamo alla nostra stessa sadhana, scambiamoci
le nostre esperienze, incoraggiamoci gli uni con gli altri. Solo questo
dovrebbe essere il centro e l'argomento dei nostri pensieri, nient'altro,
perché dobbiamo comprendere un fatto fondamentale: la gente sbaglia se pensa
che venire qui sia il tutto e la fine di tutto. Alcuni dicono: "Sono a
Puttaparthi, sì, cosa voglio di più?" Mi dispiace che ci sia tanta gente a
Puttaparthi. La vostra permanenza qui non è tutto e la fine di tutto. Chiedo
scusa, la nostra permanenza. Qualsiasi dichiarazione io faccia include me e
comincia con me; io non sono diverso dagli altri, sono meno di tutti voi,
minore ed ultimo di tutti voi. Non ho false pretese, non ho un'autenticità
extra né più autorità di qualsiasi altro, ne sono ben certo. Noi stiamo
andando avanti tutti insieme, lungo lo stesso sentiero nel viaggio verso Dio,
ecco tutto. Siamo compagni di pellegrinaggio, stiamo camminando lungo il
sentiero verso Dio, nient'altro. In questo contesto, quindi, non
crediamo mai che essere qui significhi che tutto è fatto, che non è
richiesto altro. No. Se pensate che essere qui sia la meta della vita, siete
in errore. Perché? Dio non è una meta. Se pensate che Dio sia la meta, la
vostra strada finisce qui. No. Dio non è una meta, è il viaggio. Questa è
la ragione per cui andiamo avanti, avanti nel nostro viaggio e non ci
fermiamo. Se Egli è una meta, io l'ho visto ieri: perché dovrei vederlo
ancora oggi? Se Lui è una meta, la mia venuta a Puttaparthi è la meta della
mia vita: va bene, posso dormire tranquillo nella mia stanza. Egli non è una
meta. Dio è il viaggio e non una meta. L'Amore è l'inizio. Dovremmo
cominciare il viaggio verso Dio con amore, perché l'Amore è l'inizio e Dio è
il viaggio. Dio non è una meta ma un pellegrinaggio. Dio è un pellegrinaggio
e non una meta. Il pellegrinaggio è un'attività che ha luogo durante la
nostra vita, non è stagionale, occasionale o accidentale. Perciò, amici miei,
la nostra permanenza qui è un viaggio eterno e il requisito è che cominci
con Amore. Si tratta di un viaggio continuo, eterno, infinito, perché noi
crediamo che Dio sia il viaggio. Dio è un pellegrinaggio e non la meta. Questa è la ragione per cui Bhagavan
ripete sempre una cosa: "Swami, lui è stato qui per vent'anni. Swami, lui
ha visitato questo posto per parecchi anni". Ciò non ha fatto felice Dio.
Egli dice: "Il conducente dell'autobus viene qui tutti i giorni. Ci sono
diversi negozi là fuori; sono stati qui per parecchi anni. Lavoratori
casuali, carpentieri, elettricisti, muratori: un certo numero di loro è qui.
Pensate che siano tutti anime liberate? Certamente no. Eppure sono qui. Non
è la presenza fisica o il luogo: è l'atteggiamento nella vita". Questo
atteggiamento è la reale ricerca spirituale. Come accade? Se il vostro
atteggiamento è positivo, se il vostro comportamento è in sintonia con Dio,
Dio verrà da voi, non dovete andare da Dio. Se Maometto non è pronto per
andare alla montagna, la montagna andrà da Maometto. E' così. Se siete in
sintonia con Dio non avete bisogno di andare da Lui, viene Lui da voi.
Questo è ciò che accade oggi in tutto il mondo. In 160 nazioni ci sono
devoti di Baba, in 160 nazioni ci sono Centri Sathya Sai. Essi non sono
tutti qui. Ciascuno ha la propria esperienza da condividere, ciascuno ha la
propria esaltazione da raccontare agli amici. Perché? Perché, se uno è a New
York ma è qui mentalmente, anche se il suo corpo è a Sydney ma
psicologicamente è qui, se sta lavorando in ufficio ma canta continuamente
bhajan, questo lo fa stare qui a godere la benedizione Divina. La
spiritualità è una continua ricerca. Non dovremmo mettere un punto fermo a
nessuna tappa particolare perché ogni attività fisica ha una pausa ma
l'attività spirituale è un processo senza fine. Un grande filosofo la
definisce un terreno impenetrabile, un viaggio senza fine. Siamo tutti in
questa eterna ricerca che io voglio dividere con voi. Va bene, se io devo procedere così,
sempre, inesorabilmente, senza interruzione, cosa accade nel frattempo? Io
vado avanti, avanti, sempre avanti, come un pellegrino, in questo
pellegrinaggio della vita e della divinità. Cosa accade in questo processo?
Un semplice esempio: quando cantate i bhajan a gola spiegata, avete
osservato cosa vi accade in quel momento? Quando cantate i bhajan a piena
gola, senza parlare con nessuno, senza grattarvi la schiena; quando cantate
i bhajan in piena consapevolezza, avete mai osservato che cosa sta accadendo?
Ciò che accade è questo: voi come individui non esistete, non esistete. "Perché
dite così? Io sono là e sto cantando. Perché dite che non esisto?" Spiacente,
se qualcuno vi osserva da lontano mentre battete le mani, mentre state
cantando, se qualcuno vi riprende fotograficamente e vi mostra poi il
filmato Polaroid, voi iniziate a dubitare: "Ero io che cantavo così i bhajan?
Era quella la mia faccia? Battevo le mani in quella maniera? Mi muovevo così,
come un danzatore? Cosa mi accadeva, che accadeva alla mia testa?" Accadeva
che quell' "Io", quel "Me" erano completamente spariti, perché eravate
immersi nei bhajan. Quando vi immergete nel nome di Dio, come individui
sparite. Si verificano tre cose: primo, perché i bhajan sono molto
importanti; secondo, perché amo la gente che canta i bhajan; terzo, perché
Baba incoraggia i bhajan. Egli sta seduto là. Che si fa ancora? I bhajan
di Swami. Nonostante il programma vada avanti da un'ora, Lui vuole ancora
altri bhajan. Perché i bhajan rappresentano il più sicuro, il più semplice,
il sentiero più garantito per arrivare alla divinità. Sì. Nello stesso modo,
quando mettete le dita sul fuoco, siete sicuri di bruciarvi. C'è qualche
dubbio su questo, in America o in Russia? "Nossignore, il fuoco russo non
brucerà mai le dita". Oh, oh... non è fuoco. Ovunque, il fuoco vi 'dovrà'
ustionare. Allo stesso modo, il fuoco del nome di Dio, il fuoco del Suo
glorioso Nome, il fuoco dei bhajan, vi scioglierà. "Sciogliermi? Perché
dovrei sciogliermi?" Perché il mio cuore è una pietra, non è tenero e
soffice come il burro. E' indifferente, è così egoista, così arrogante...
Un cuore simile deve prima sciogliersi. Questo è il motivo per cui, senza
sapere perché, cominciano a scorrere lacrime sulla guance. Guarda. Alcuni
cominciano a cantare i bhajan e cominciano a scorrere lacrime sulle loro
guance. Guardali. Essi guarderanno te. "Perché mi guardi? Tu canti i bhajan...
perché mi guardi?" "Oh, perché stai piangendo? Mi dispiace". Gli altri non
sanno perché; le lacrime cominciano a scorrere sulle guance senza che
nessuno ne conosca il perché. Ti sciogli nei bhajan, come il ghiaccio che si
scioglie, come lo zucchero che si è dissolto. Così, tu ti sciogli durante i
bhajan. Ti immergi nel nome di Dio. Ti immergi. Ecco perché alcune persone
non si alzano appena i bhajan finiscono... perché sono ancora nel mondo dei
bhajan. Quelli che si alzano immediatamente, quelli che guardano l'orologio
ad ogni momento per sapere quando andar viaŠ Che cosa sciocca! Come potete
alzarvi immediatamente dopo i bhajan? Com'è possibile? Quando vi siete
sciolti nei bhajan, siete immersi nel nome di Dio, e sparite. Immergersi,
sciogliersi, scomparire, queste sono le tre parole che dovremmo ricordare.
Il cuore si immerge, l'ego si scioglie, voi svanite. Questi sono lo spirito,
la filosofia e la profondità dietro i veri bhajan. Mentre cantiamo i bhajan, se io vengo a
chiedervi come sto cantando: Be', è meglio star lontani da compagni simili.
Se qualcuno commenta che il secondo bhajan non è bello come il primo,
significa che quel tizio è stupido, perché vuol dire che è lì presente con
ancora tutto il suo ego; significa che non si è sciolto, non si è immerso
ed il suo ego non è sparito; pertanto va avanti classificando i tipi di
bhajan. Ogni volta che io chiedo a qualche studente su come stia cantando,
lo sento esitante: "Signore, non ora". Io gli dico: "Questa non è una
competizione musicale, non stiamo facendo una gara musicale. Non mi aspetto
che tu sia un sommo cantante, che tu sia al livello di un grande cantante".
No. Bhajan significa spirito, non semplicemente forma. Lo spirito di un
canto è bhajan, il semplice canto è musica. Il solo canto è musica, lo
spirito del canto è bhajan. Questa è la differenza tra i due. Il canto, la
musica sono solo melodia, ritmo, tonalità, ma lo spirito del bhajan , lo
spirito del canto, lo spirito del bhajan è quello di farti immergere,
sciogliere e scomparire. Questo è quanto spiegato da Bhagavan Baba. Dobbiamo
essere consci di quanto abbiamo sottomano proprio ora. Un semplice esempio:
se non sappiamo quanto sia preziosa questa opportunità, se io non ne sono
convinto, se qualcuno mi fa una domanda mentre sto cantando, la mia
emozione comincia ad ondeggiare, diventa di nessun valore. Non ha senso
stare qui ancora più a lungo. Essendo stati qui, essendo stati sul sentiero
di Bhagavan noi dovremmo essere convinti, oltre ogni dubbio. Un semplice
esempio: un gioielliere conosce il valore del diamante, conosce il valore
dell'oro, mentre una persona illetterata, rozza, stupida, totalmente
ignorante non ne conosce il valore. Tratta il diamante come una semplice
pietra, mentre il gioielliere ne conosce il valore. Questa è la ragione per
cui adoriamo Bhagavan. Coi bhajan cantiamo la Sua gloria in piena
comprensione, con la piena consapevolezza del loro valore... non facciamone
un semplice atto meccanico. In questo contesto io posso ancora
dividere con voi un'altra osservazione fatta da Bhagavan. "Osserva la tua
mente" dice Bhagavan Baba. L'affermazione è comprensibile... ma è
possibile? Come osservare la mia mente? Chi è l'osservatore? Chi è che
osserva la mia mente? Questo è il dilemma. Queste cose richiedono profondo
studio e indagine, non è una storia semplice. Si esigono introspezione,
meditazione e contemplazione. Non è una semplice narrazione, un racconto o
la descrizione di un documento. Osserva la tua mente. Alcuni chiedono:
"Swami, 'come' osservare? La mia mente dovrebbe osservare la mia mente?" Si
dice che ci sono due metà: una metà della mente dovrebbe osservare l'altra
metà o è l'altra metà che dovrebbe osservare la prima? Chi osserva chi? Chi
è che osserva? Bhagavan dice: "C'è un osservatore, al di là della mente...
Un osservatore. Il testimone è 'oltre' la mente." Non sappiamo se c'è
qualcosa oltre la mente, perché noi pensiamo di essere la mente. Tutti si
identificano con la mente. Questa è la ragione per cui noi siamo così
egoisti. Qualcuno viene e dice: "Tu sei un brav'uomo". "Oh, lo so. E' venuto
a saperlo solo ora? Io sono buono da tanto tempo." Se qualcuno dice che hai
torto, io ne sono molto infastidito. Tutto questo è a causa della mente. Io
penso di essere la mente. Identificandomi con la mente, non sono capace di
andare al di là della mente. C'è uno stato, una condizione oltre la mente.
Quando arrivo in quello stato oltre la mente, posso essere certo di essere
sul sentiero spirituale. Questo è quanto detto da Ramana Maharishi. Ramana
Maharishi pone sempre l'accento su questo. 'Andare oltre la mente'. Noi non
siamo capaci di andare al di là del corpo. Uno dovrebbe andare al di là del
corpo, al di là della mente... solo allora può raggiungere la condizione di
testimone. Il terzo punto è 'il testimone'.
L'osservatore è chiamato 'testimone', così dice Baba. Egli dà una bellissima
definizione. Veramente tutti noi amiamo Swami perché, proprio come una
legge scientifica, Lui dà con termini facili delle bellissime definizioni
delle dottrine Vedantiche, della nomenclatura filosofica. Egli dà subito la
più semplice definizione. Cos'è la meditazione? Baba dice: "La vera
meditazione è andare oltre la mente. Andare al di là della mente." Quindi se
io dico: "In meditazione ho visto un bellissimo cigno, in meditazione ho
visto così tanti colori, in meditazione ho ricevuto direttive", quella è
solo immaginazione. Perché 'tu non sei là'. Se voi riportate quello che è
accaduto, se andate avanti ripetendo quello che è successo, si tratta di una
sopraffina imposizione. E' la mente che ricorda, è la mente che è il
computer. E' la mente che riporta, ricorda, rievoca, registra, ma la vera
meditazione è al di là della mente. Quando uno è al di là della mente non
c'è nulla da ricordare, né da riportare. Quindi, per raggiungere il
testimone, l'osservatore, la maggiore distanza tra la mente e l'osservatore
la si può ottenere con la meditazione, che è il miglior mezzo. Lo scopo
della meditazione è uno spazio sempre più ampio, una distanza tra la mente e
l'osservatore, che è il testimone. Lasciatemi concludere questa mattina
con tre punti importanti, a beneficio di coloro che si sono uniti a noi in
ritardo. Il primo punto è: 'chi è calmo e tranquillo, è spirituale'. Uno può
essere calmo e tranquillo se ha Amore dentro di sé. Il comportamento
contrario causato dall'assenza di Amore. Punto secondo. Dio non è la meta,
ma è il viaggio. L'Amore è l'inizio, e Dio è il pellegrinaggio. La
spiritualità è un'eterna ricerca. Punto terzo: la gioia, la beatitudine che
noi mostriamo esteriormente durante i bhajan, durante la meditazione o
durante qualche attività, durante il darshan, non dovrebbe essere per un
tempo determinato. Come danza, quella musica, quell'estasi dovrebbero essere
in me sempre e ovunque. La gioia e la beatitudine dovrebbero essere in me
sempre e ovunque. L'armonia esteriore e interiore sono sincronizzate. Il
sincronismo è armonia. L'unione del piacere esteriore e della beatitudine
interiore, il canto esteriore e il canto interiore con gli stessi ritmi e
cadenze rappresentano la vera indicazione di un uomo spirituale. Punto
quarto. Se la mia fame, la mia sete per Dio è piena e totale non ho bisogno
di essere preoccupato: Dio verrà da me. Senza questa assoluta fame e sete,
anche se vado da Dio non ne trarrò beneficio. Se non siete affamati, andare
alla canteen occidentale o a quella dell'India del Sud o alla canteen
dell'India del Nord, non ha senso, perché non avete fame. Se siete affamati,
veramente affamati, ovunque andiate, quella fame sarà saziata, quella fame
sarà calmata. E' così. Punto quinto. Osserviamo la nostra mente, andiamo al
di là della mente perché lo scopo della meditazione è quello di creare una
distanza tra la mente e l'osservatore. Più ampio è lo spazio, maggiore è la
distanza, meglio è. Questo è lo scopo della meditazione. In poche parole,
andare oltre la mente è l'obiettivo della meditazione. Con queste
riflessioni prendo commiato da voi per questa mattina, con la preghiera di
incontrarci ancora sicuramente la prossima settimana, stesso giorno, stessa
ora. Fonte: Sathya Sai It - Lista Yahoo |