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LE CARTE DEI MAMELUCCHI
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pagina XIV
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Jost Amman
pagina XV
il mazzo moresco
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NOTE
i vocaboli arabi sono stati romanizzati, cioè scritti con lettere dell'alfabeto occidentale
secondo la loro pronuncia originale, seguendo il criterio di translitterazione standard;
causa la mancanza del segno diacritico di vocale lunga (trattino orizzontale) fra i caratteri ASCII,
quest'ultimo è stato rimpiazzato con l'accento circonflesso (ad esempio  Â = "A" lunga)




MULÛK WA-NUWWÂB


le illustrazioni mostrate in questa pagina sono tratte da una fedele copia
delle carte originali, prodotte da Aurelia-Carta Mundi (Belgio)




Le cosiddette carte dei Mamelucchi, chiamate anche Mulûk Wa-Nuwwâb ("re e viceré"), sono tre mazzi incompleti custoditi nel Museo Topkapi di Istanbul (Turchia). Probabilmente provengono dal nord Africa, in particolare dall'area che oggi è l'Egitto. Queste carte ricordano vagamente i più antichi tarocchi italiani, per via del loro grande formato (circa 25 x 9.5 cm), la loro tecnica decorativa, cioè dipinti a mano su cartoncino, e la loro medesima età, essendo state realizzate anch'esse verso il XV secolo.
Sono considerati i più antichi mazzi di origine araba di cui si abbia notizia, sebbene qualche soggetto isolato in altre collezioni venga ritenuto più antico di questi di oltre due secoli, dunque databile al periodo Ayyûbide (1173-1250, cfr. note storiche). Ciononostante, l'impostazione di tutte le carte arabe sembra essere molto simile, forse basato su uno stile comune.

Poiché apparentemente nessuna antica fonte araba fa menzione di questi mazzi, né dei giochi che vi si praticavano, e poiché il loro uso non sopravvisse alla dinastia mamelucca, tutto ciò che sappiamo di loro deriva dalla loro osservazione e dal confronto con altri tipi di carte da gioco, Europei e Asiatici.



CENNI STORICI
Mamelucco è un vocabolo di origine Araba che significa "sottomesso, posseduto", evocando l'antica storia di questo popolo.
Nel XII secolo i regnanti del sultanato ayyûbide (Africa nord-orientale), nel continuo timore di essere deposti dai loro stessi generali, cominciarono ad affidare ai loro schiavi ruoli militari di basso livello.

5 di Dirâhm
Salah ad-Dîn (Saladino) introdusse un reggimento fatto di schiavi, in aggiunta ad altri formati da uomini liberi di varie etnie (turchi, arabi, curdi). Ciò può sembrare strano, ma poiché l'Islâm prescrive un atteggiamento benevolo verso i servi, e poiché usando i loro stessi schiavi i regnanti avrebbero potuto esercitare un controllo più forte sulle proprie milizie, per i Mamelucchi intraprendere questa carriera divenne un'abitudine.
mappa dell'impero mamelucco
In origine questa gente era stata deportata da aree del Caucaso, della Russia meridionale e dell'Asia centrale, come mostra la mappa. Quindi il loro gruppo etnico e la loro lingua erano Kipchak, ma si erano completamente arabizzati (cioè erano stati convertiti all'Islâm ed avevano appreso l'arabo). Alcune fonti li descrivono come mercenari, piuttosto che come schiavi.
Comunque, generazione dopo generazione, salirono fino alle cariche militari di grado più alto, e divennero abbastanza potenti da rivoltarsi contro l'ultimo sultano ayyûbide, as-Salih Ayyûb. Nel 1250 quest'ultimo fu assassinato, e Izz ad-Din Aibek divenne il primo regnante mamelucco, fondatore del ramo turco della dinastia, anche detto dei mamelucchi Bahrî dal nome del reggimento a cui appartenevano.

Essendo di stirpe militare, furono in grado di impedire ai Mongoli un ulteriore avanzamento verso le regioni islamiche (cfr. anche la mappa mostrata in RAPPORTI FRA LE CARTE OCCIDENTALI ED ORIENTALI) e, sul fronte opposto, respinsero fieramente i Cristiani durante le ultime crociate, riuscendo con ciò ad impedire che la civiltà islamica venisse spazzata via. Il loro impero comprendeva principalmente Egitto e Siria, ma diffusero l'Islâm anche più a sud, verso la Nubia, che era stata già cristianizzata.
Nel 1382, col sultano Barqûq, la nuova dinastia circassa (o dei mamelucchi Burjî) prese il posto del ramo turco. Questi regnanti si mostrarono assai più deboli, e nell'arco di circa un secolo persero il controllo delle loro terre. Nel 1517 l'Egitto e la Siria vennero conquistate dai Turchi provenienti dall'Anatolia, e divennero province del neonato Impero Ottomano. Ma il nuovo sultano scelse per tali province dei viceré mamelucchi. Ciò consentì loro di mantenere un rango elevato, così un po' alla volta in Egitto il loro controllo sulle forze armate e sull'amministrazione crebbe nuovamente, al punto di arrivare quasi a fondare uno stato indipendente, nel XVIII secolo. Ma nel 1811 il nuovo viceré d'Egitto, Muhammad 'Alî Pasha organizzò un massacro, nel quale furono uccisi molti rappresentanti mamelucchi, e ciò pose fine a questa dinastia.

1 (asso) di Tûmân


IN CHE MODO LE CARTE RAGGIUNSERO I MAMELUCCHI?

1 (asso) di Spade
Sappiamo con assoluta certezza che le carte da gioco non furono inventate dai Mamelucchi, né dai loro predecessori, gli Ayyûbidi, ma che giunsero da un'area più a oriente. Fra i vari punti a favore di questa affermazione vi è il documento cinese di cui fa menzione A.Lo nel suo articolo The Late Ming Game Of Ma Diao, secondo il quale nel tardo XIII secolo le carte erano già diffuse nelle terre cinesi governate dai Mongoli, troppo lontano dall'Africa nord-orientale per invocarne un'origine araba.
Invece, tanto il sultanato ayyûbide che l'impero mamelucco ebbero numerosi contatti con l'Asia centrale. Nell'XI secolo i Selgiuchidi, di origine turca, avevano esteso il loro dominio dal Caucaso all'Egitto, prima che il loro impero si frantumasse in stati più piccoli, mentre i Mamelucchi, due o tre secoli più tardi, erano essi stessi di origine turca, e il loro impero terminava presso il confine occidentale dei Mongoli. In particolare, erano adiacenti alla regione persiana del territorio mongolo, con a capo gli Il-Khan. Ciò assume particolare rilievo, perché anche in Persia una varietà locale di carte da gioco chiamata Ganjifa era già in uso. Quindi è molto probabile che le carte ayyûbidi e mamelucche fossero state modellate su uno stile tramandato dall'Asia centrale, che aveva attraversato la Persia, oppure aveva aggirato questo paese.

Un particolare interessante è che mentre il re (cioè il sultano) e il viceré erano delle cariche autentiche nella scala gerarchica sociale dei Mamelucchi, non vi era alcuna carica di "viceré in seconda". Secondo alcuni esperti questo terzo valore venne aggiunto ai due precedenti. Ciò vorrebbe dire che i più antichi mazzi arabi avevano solo due figure, una struttura simile alle carte persiane Ganjifa, che hanno un re (o vizîr) e un ministro.

Un paragone completo fra carte da gioco orientali e mamelucche, che ne suggerisce l'origine da un precursore comune, si trova in RAPPORTI FRA LE CARTE OCCIDENTALI ED ORIENTALI.


LA STRUTTURA DEL MAZZO MAMELUCCO
Sebbene le carte residue non arrivino a formare un mazzo completo, è piuttosto evidente che la composizione ricordava quella delle carte ora in uso in Italia e in Spagna.
Vi erano quattro semi, i cui nomi sono esplicitamente scritti sulle figure:

 Darâhim, plurale di Dirahm, una tipica valuta araba di antica origine greca, da Drachma, che qui viene raffigurata come generico simbolo (non come moneta "autentica"), e che corrisponde al seme di Denari proprio della tradizione italiana settentrionale quanto di quella spagnola.

 Suyûf ("scimitarre, spade, sciabole"), il cui segno è un motivo nero a forma di S, ad un più attento esame rivelano ad una delle estremità un lungo manico ed un'elsa, e borchie dorate lungo il fusto, evidentemente la raffigurazione di scimitarre inguainate nei loro foderi.

 Jawkân, in effetti "bastoni da polo", la cui forma è lunga e stretta, con un'estremità ripiegata ad angolo (questa parte è orientata verso l'alto); le sezioni che li compongono sono colorate in oro e azzurro, con colori alternati se i bastoni sono adiacenti. Essi senza dubbio ispirarono i Bastoni a forma di randello delle carte spagnole, e quelli a forma di mazza cerimoniale degli stili italiani settentrionali: né i giocatori spagnoli né quelli italiani conoscevano il polo!

 Tûmân, un vocabolo derivato dalla lingua turca della popolazione Kipchak (ma che con minime differenze si ritrova anche in mongolo, in manciù, e in diverse altre lingue e dialetti attraverso l'Asia centrale). Questo termine vuol dire "diecimila, 10.000, miriade", ma viene anche usato col significato generico di "moltissimi, una gran quantità".
5 di Bastoni da polo e 7 di Spade

Quindi il seme di Tûmân non avrebbe trovato corrispondenza in alcun tipo di carte occidentali, se il suo segno non fosse stato a forma di coppe o calici dorati. Questa forma in apparenza non ha alcuna relazione col nome, benché apporti un quarto elemento in comune con le carte a semi latini. Invece il nome Tûmân corrisponde per significato al seme chiamato Wan, cioè "diecimila, moltitudine", che fa parte delle carte cinesi a semi monetari (cfr. la galleria cinese per ulteriori dettagli). Questo seme, quindi, rappresenta un vero perno fra carte occidentali e orientali.

Nonostante i mazzi conosciuti di questo tipo siano estremamente pochi, in ognuno di essi sembra che lo stile segua uno schema preciso.
La parte centrale dell'illustrazione è circondata da una cornice, la cui porzione superiore è ricurva, quasi a formare una cupola (si veda il dettaglio ingrandito qui a destra). Tutti gli spazi vuoti sono riempiti da motivi floreali, elegantemente dipinti; le tinte di colore che in tutte le carte sembrano dominare sono il giallo (o l'oro) e l'azzurro.
la parte superiore del bordo a forma di cupola


Ciò che appare un dettaglio critico nella relazione con le carte dell'Europa meridionale non è solo la somiglianza dei segni, ma il modo con cui Spade e Bastoni (i semi lunghi) sono disposti ad incrociarsi l'un l'altro, con i punti di intersezione messi in risalto per mezzo di cambi di colore e particolari aggiuntivi.

re di Darâhim
Inoltre, le carte con valori dispari (3, 5, 7 e 9) hanno un segno diverso e più decorato degli altri che attraversa questi ultimi verticalmente, nel centro della carta. Ciò lo si può trovare anche in molti tarocchi, negli stili italiani settentrionali, e anche nell'antico stile portoghese, oggi estinto.

Ognuno dei semi arabi si compone di tredici soggetti, per un totale di 52 carte, senza alcun valore aggiuntivo, onori o jolly. Dieci carte hanno segni da 1 a 10, variamente distribuiti, mentre le ultime tre carte sono figure.
In quest'ultime, per via del precetto islamico di non riprodurre figure umane, solo i nomi dei personaggi, cioè il valore delle tre carte, è riportato alla base, in lettere arabe color oro inscritte in un rettangolo azzurro, mentre l'illustrazione centrale raffigura uno oppure due grossi segni del seme di appartenenza.

malik ad-darãhim, "re di Darâhim"
(particolare del testo alla base)
I loro nomi sono malik ("re", il maggiore), nâib ("viceré"), nâib thanî ("viceré in seconda", il minore). Sempre a causa dei suddetti precetti islamici, trovare un personaggio femminile fra le figure sarebbe stata davvero una cosa impossibile.


I tre valori praticamente corrispondono a quelli presenti in tutti gli stili a semi latini (cioè italiani settentrionali, spagnoli e portoghesi), e in quelli a semi tedeschi (stili tedesco e svizzero):

Arabic cards
VICERÉ IN SECONDA

VICERÉ

RE
stili latini
ITALIA SETT. - SPAGNA
PORTOGALLO
FANTE CAVALLO RE
stili tedeschi
GERMANIA
SVIZZERA
FANTE MINORE FANTE MAGGIORE RE

In particolare, in tutti e quattro i re il grosso segno del seme poggia su un riquadro che racchiude un motivo a forma di fiore a 8 petali, probabilmente un segno di distinzione per la carta più alta di ciascun seme.

Al di sopra delle figure, in un rettangolo azzurro assai simile a quello alla base, si legge un detto o un aforisma (se ne trova uno diverso per ogni carta). Il loro significato è spesso poco chiaro, o fortemente idiomatico; per esempio, quello del viceré di Tûmân dice:


re di Tûmân
LASCIA CHE VENGA A ME, PERCHÉ
IL BENE ACQUISITO È DUREVOLE;
MI RENDE GIOIOSO
CON TUTTA LA SUA UTILITÀ

Solo uno dei soggetti, il viceré in seconda di Bastoni da polo, non ha il rettangolo azzurro alla base, però ha quello superiore.


QUALI GIOCHI PRATICAVANO I MAMELUCCHI?
Poiché non sembra esservi alcuna fonte che parli di queste carte né dei giochi che vi si praticavano, possiamo solo fare delle congetture, basate però su qualche dato certo.
In primo luogo, l'Islâm non vede di buon'occhio il gioco d'azzardo, e di ciò i Mamelucchi erano certamente al corrente. Inoltre queste carte sono particolarmente decorate, paragonabili ai mazzi principeschi italiani della stessa età, e il loro utilizzo era quasi certamente circoscritto ad alti ufficiali, o ad esponenti della nobiltà, persone che non avrebbero mai giocato per denaro. Invece, sappiamo che gli Arabi erano particolarmente attratti dalla matematica e dal calcolo. Quindi anche il Mulûk wa-Nuwwâb potrebbe essere stato usato per giochi "di concetto", nei quali le carte non figurate dovevano essere combinate a seconda del loro valore numerico, mentre le tre figure di ciascun seme avrebbero potuto rappresentare un'estensione della serie nnumerica (ad esempio 11, 12 e 13), oppure potevano essere usati come atouts, cioè come i trionfi dei tarocchi. Data la vicinanza geografica e cronologica con le carte persiane Ganjifa, l'ipotesi più probabile è che vi si praticassero dei giochi di presa molto simili a quelli praticati col tarocco, il quale - è bene sottolinearlo ancora una volta - deve le sue carte dei semi proprio ai "re e viceré" mamelucchi.

re di Spade (a sinistra) e
viceré in seconda di Bastoni da polo (senza nome)




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