Alcune mie
poesie scelte
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        • Nessuno...
        • Orizzonte
        • Al mio Maestro
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      Nessuno…
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      Freddo e vuoto nell'aria.
      Su tutto, immanente, grigio-nero, abisso
      di estraneità, il chiaro di luna.

      Luna infelice, speranza vana,
      inutile affanno, patetica voce silenziosa
      nelle tenebre di un'anima.

      E' come l'assenza definitiva
      di chi era tutto quanto l'anima aveva,
      ed era... nessuno.

      Tutto dipende da ciò che non esiste?
      Nulla mi parla. Nulla mi appartiene. Nulla mi spiega...
      E su tutto quel nulla, la luna lucente lontana

      versa la sua ombra gelida.
      Se ascolto, non odo il tuo passo...
      La morte è una casuale curva della strada.


Orizzonte

È un cuore amante, il tuo, giovane uomo, che in una bianca
ora di luglio, con un cielo trasparente, un mare
profumato, un popolo irreale, spazientito, privo di 
amore, di pietà, ha scelto la dolorosa strada del 
ricordo aspro straziante riconoscente. È un cuore puro, il tuo.

È un passo leggero, il tuo, umile uomo che non vuole 
disturbare, interrompere l’ultimo sgomento che rese pallide,
immobili le mani del Poeta. Calpesti l’ignara polvere 
di un campo di calcio abbandonato, sfiori le gialle 
sterpaglie disseccate. La rosa rossa e fragrante giace, morta, ai tuoi piedi.

È una mente profonda, la tua, uomo gentile, che ha abbracciato grandi 
ideali, compiuti sentimenti. Che ha bandito per sempre i più
sanguinari, feroci nemici dai nomi volgari: egoismo, viltà, indifferenza. 
In punta di piedi, gli occhi lucidi, ti accosti all’orribile cemento 
inquietante, ignobile memoria di esseri non umani, viscidi orrendi alieni.

Là, in fondo, oltre lo spazio irreale, tragico, colmo di te, uomo 
pietoso e memore del Suo stato, del Suo pensiero, del Suo calore, 
l’orizzonte di un mare senza fine. Un corsaro naviglio, pigro, ancora 
sfocato, si avvicina. Scrutando, da esso, ti cercano due stanchi, 
perduti occhi blu. Nell’aria, strepito di bimbi, vocìo di bagnanti illividiti.

Da quel naviglio, carezzevoli, suoni voci canti si rincorrono,
per te, per Lui. Un angelo, dagli stanchi occhi blu, ali folte, luminose, fissa 
i tuoi occhi sicuri, bacia il cemento inquietante, posa fiori sull’erba
sporca abbandonata secca. Dolce, gentile, si alza la voce del Poeta:

«Che cosa ho da dirti? Nutri la pace nel cuore; ama con soave saggezza».

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Al mio Maestro
 

Non vedo più: come te, come Edipo, ora non vedo più. Consapevolmente, 
l'ho voluto... E non m'importa, non soffro, non piango, non è rimasto
alcun sapore amaro sulle mia labbra e in un cuore ingenuamente bambino.

E ancora: nessuna sottile nostalgia renderà le mie ore
più malinconiche, né farà, della mia, una vita più aspra di quanto già sia. 
Non mi dispera non poter più soffermare lo sguardo sui visi amati. 

Non ho mai subìto appieno il fascino di un volto, di belle 
membra, idoli precari, mistificanti feticci. Di una mano, invece, 
non riesco a narrare con sufficiente efficacia il fascino 

indiscreto, al quale non mi è concesso resistere. Mano
dell'amico che stringe la mia come fosse la prima o l'ultima volta.
Ora che non vedo più, è la mia mano che esplora in una sola

carezza, delicatamente, il tuo viso e tutti i piccoli o grandi 
volti sorridenti corrucciati morbidi rugosi di coloro che amo. 
Ciò che mi circonda, d'improvviso, lo vedo con altri occhi, quelli

delicati di un animo fanciullo come il tuo. Vedere è "sentire", ora lo so:
finalmente il fiore del tuo insegnamento ha donato il rosso frutto 
prezioso. Sento il cielo, sopra noi tutti: ci contiene e ci protegge, 

gli astri, d'oro puro, trasmettono all'animo un'energia insperata, 
il blu intenso narra misteri d'insonni notti in attesa di "non-si-sa-che...".
L'alba ci rende i colori di una resurrezione, li sento vibrare 

nei miei pensieri, con le mie emozioni, gialli girasoli impazziti. 
S'incendia il cielo, lo sento. Brucia, là in fondo all'anonima pianura 
o dietro colli armoniosi, il tramonto dell'immensa stella, metafora

di ogni amore, di ogni speranza, di ogni respiro, generosa 
dispensatrice di calore, di vita, di colori, di ideali. E sento anche 
il calore di un fuoco che sostiene e indica una strada, l'unica, 

insostituibile strada: è rosso, il calore; si sprigiona come sovrumano
incantamento dallo straccetto avvolto al collo delle donne dell'8 marzo, 
bellezze d'ogni età, gialle come la mimosa, che tengono alta in una mano, 

insieme all'altissimo vessillo da noi sempre amato, rosso simbolo 
di una passione, di una lotta che sconvolge poteri e libera l'intera umanità.
Sento, vivo, il profumo del verde prato vicino alla tua casa, Maestro: 

infonde serenità, pace. Ho l'intatta sensazione di una balsamica freschezza, 
nuova, mai sperimentata, neppure immaginata. Maestoso il platano diffonde
un'ombra, che sento e mi fa rabbrividire solo un poco. Violette, primule 

fucsia gialle rosse, lì presso, annunciano che quanto c'è di meglio, negli
umani, non decade mai. Rinasce primavera così come si rinnova
ad ogni stagione un'amicizia vera e profonda. Scorre, trasparente, 

rapida, cantando, l'acqua nella roggia vicino alla tua casa, Maestro; 
limpida, come l'animo che da sempre  tu hai forte, temprato, non 
indifferente alle sofferenze dei tuoi simili. La sento zampillare, tintinnare.

E' lo specchio dei miei pensieri, dell'ansia di conoscere che mi divora da 
sempre, del piacere intenso che dà a te, a me, pensare, amare,  vivere –
semplicemente vivere – una vita, necessaria a qualcuno, utile a noi stessi, 

incalcolabilmente ricca.



 
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S O M M A R I O
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La pagina personale di Angela, aggiornata il 15 novembre 1998
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