Orizzonte
È un cuore amante,
il tuo, giovane uomo, che in una bianca
ora di luglio, con un
cielo trasparente, un mare
profumato, un popolo
irreale, spazientito, privo di
amore, di pietà,
ha scelto la dolorosa strada del
ricordo aspro straziante
riconoscente. È un cuore puro, il tuo.
È un passo leggero,
il tuo, umile uomo che non vuole
disturbare, interrompere
l’ultimo sgomento che rese pallide,
immobili le mani del
Poeta. Calpesti l’ignara polvere
di un campo di calcio
abbandonato, sfiori le gialle
sterpaglie disseccate.
La rosa rossa e fragrante giace, morta, ai tuoi piedi.
È una mente profonda,
la tua, uomo gentile, che ha abbracciato grandi
ideali, compiuti sentimenti.
Che ha bandito per sempre i più
sanguinari, feroci nemici
dai nomi volgari: egoismo, viltà, indifferenza.
In punta di piedi, gli
occhi lucidi, ti accosti all’orribile cemento
inquietante, ignobile
memoria di esseri non umani, viscidi orrendi alieni.
Là, in fondo, oltre
lo spazio irreale, tragico, colmo di te, uomo
pietoso e memore del
Suo stato, del Suo pensiero, del Suo calore,
l’orizzonte di un mare
senza fine. Un corsaro naviglio, pigro, ancora
sfocato, si avvicina.
Scrutando, da esso, ti cercano due stanchi,
perduti occhi blu. Nell’aria,
strepito di bimbi, vocìo di bagnanti illividiti.
Da quel naviglio, carezzevoli,
suoni voci canti si rincorrono,
per te, per Lui. Un angelo,
dagli stanchi occhi blu, ali folte, luminose, fissa
i tuoi occhi sicuri,
bacia il cemento inquietante, posa fiori sull’erba
sporca abbandonata secca.
Dolce, gentile, si alza la voce del Poeta:
«Che cosa ho da
dirti? Nutri la pace nel cuore; ama con soave saggezza». |
Al
mio Maestro
Non vedo più: come
te, come Edipo, ora non vedo più. Consapevolmente,
l'ho voluto... E non
m'importa, non soffro, non piango, non è rimasto
alcun sapore amaro sulle
mia labbra e in un cuore ingenuamente bambino.
E ancora: nessuna sottile
nostalgia renderà le mie ore
più malinconiche,
né farà, della mia, una vita più aspra di quanto già
sia.
Non mi dispera non poter
più soffermare lo sguardo sui visi amati.
Non ho mai subìto
appieno il fascino di un volto, di belle
membra, idoli precari,
mistificanti feticci. Di una mano, invece,
non riesco a narrare
con sufficiente efficacia il fascino
indiscreto, al quale non
mi è concesso resistere. Mano
dell'amico che stringe
la mia come fosse la prima o l'ultima volta.
Ora che non vedo più,
è la mia mano che esplora in una sola
carezza, delicatamente,
il tuo viso e tutti i piccoli o grandi
volti sorridenti corrucciati
morbidi rugosi di coloro che amo.
Ciò che mi circonda,
d'improvviso, lo vedo con altri occhi, quelli
delicati di un animo fanciullo
come il tuo. Vedere è "sentire", ora lo so:
finalmente il fiore del
tuo insegnamento ha donato il rosso frutto
prezioso. Sento il cielo,
sopra noi tutti: ci contiene e ci protegge,
gli astri, d'oro puro,
trasmettono all'animo un'energia insperata,
il blu intenso narra
misteri d'insonni notti in attesa di "non-si-sa-che...".
L'alba ci rende i colori
di una resurrezione, li sento vibrare
nei miei pensieri, con
le mie emozioni, gialli girasoli impazziti.
S'incendia il cielo,
lo sento. Brucia, là in fondo all'anonima pianura
o dietro colli armoniosi,
il tramonto dell'immensa stella, metafora
di ogni amore, di ogni
speranza, di ogni respiro, generosa
dispensatrice di calore,
di vita, di colori, di ideali. E sento anche
il calore di un fuoco
che sostiene e indica una strada, l'unica,
insostituibile strada:
è rosso, il calore; si sprigiona come sovrumano
incantamento dallo straccetto
avvolto al collo delle donne dell'8 marzo,
bellezze d'ogni età,
gialle come la mimosa, che tengono alta in una mano,
insieme all'altissimo
vessillo da noi sempre amato, rosso simbolo
di una passione, di una
lotta che sconvolge poteri e libera l'intera umanità.
Sento, vivo, il profumo
del verde prato vicino alla tua casa, Maestro:
infonde serenità,
pace. Ho l'intatta sensazione di una balsamica freschezza,
nuova, mai sperimentata,
neppure immaginata. Maestoso il platano diffonde
un'ombra, che sento e
mi fa rabbrividire solo un poco. Violette, primule
fucsia gialle rosse, lì
presso, annunciano che quanto c'è di meglio, negli
umani, non decade mai.
Rinasce primavera così come si rinnova
ad ogni stagione un'amicizia
vera e profonda. Scorre, trasparente,
rapida, cantando, l'acqua
nella roggia vicino alla tua casa, Maestro;
limpida, come l'animo
che da sempre tu hai forte, temprato, non
indifferente alle sofferenze
dei tuoi simili. La sento zampillare, tintinnare.
E' lo specchio dei miei
pensieri, dell'ansia di conoscere che mi divora da
sempre, del piacere intenso
che dà a te, a me, pensare, amare, vivere –
semplicemente vivere
– una vita, necessaria a qualcuno, utile a noi stessi,
incalcolabilmente ricca. |