Alcune mie
poesie scelte
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        • Alba
        • Dimmi, ora, Pier Paolo
        • Chiederò
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Alba
Ti ho visto venire verso di me.
Apparivi come mandorlo in fiore
nella piana di Agrigento,
oh primavera delle primavere!

Mi hai baciato nell'ombra,
senza sfiorare il mio corpo.
Allora si è fatta luce

e il mondo intero risplendeva.
Mi hai parlato del tuo amore
insaziato e profondissimo, 
per me, soltanto per me.

Un crescendo di flauti e violini
sosteneva ogni tua parola,
appassionata o dolce. Solo allora

il mondo si è fatto musica,
e ho udito tutto l'universo 
cantare, come nella Nona Sinfonia. 
Inno alla Gioia nel mio cuore,

nelle mie vene pulsanti, nei miei
pensieri ancora puri e silenti.
Ti sei offerta, mia inerme creatura,

a un lungo, confessato desiderio, 
e solo mia sei stata, oggi, e lo
sarai in tutti i giorni che verranno.
Cerbiatta candida, rosa vermiglia,

so che nulla potrà distoglierti
dal pensiero di me, incessante,
realmente vivo. Io esisto, ora,

sono vivo e vibrante. Nessuno
potrà comprendere, mai, il sorriso
di un uomo cui hai voluto donare
– squarcio di cielo – il fiore prezioso.

Ho perso conoscenza, in quest'alba 
livida. Gli occhi si riaprono a fatica.
Mi guardo intorno. 

La stanza è spoglia.
Il disco continua a girare, muto.
E tu non sei qui.

La Sirenetta, nel porto di Copenhagen.
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Dimmi, ora, Pier Paolo...

Il pratone dell'Idroscalo dove si trova una statua commemorativa (degradata) di Pier Paolo PasoliniE ora? ora che del tuo pensiero
ben poco mi hai celato, quale
strada, davvero, mi indichi?

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Su tutti, un messaggio
riconosco, condivido: me ne approprio.
Lo urli, dal carcere buio ove

giaci, con voce rotta di pianto
(oh, la disperazione di un suono giallo, disarmonico!),
a questa città arida spenta muta vuota senza musica,

a questa città priva di sentimenti, di
solidarietà, cattiva desertificata barbara,
in cui solo una breve bestemmia mormorata

tra denti verdi, con lo spavento negli occhi, rende
uguali giovani e vecchi
in un pari delirio di solitudine e disamore.

Qual è il messaggio?
«Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,

non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più».

Ho avuto fede in te, dolce e crudele poeta.
Ho sciolto le briglie alla rossa immaginazione.
Ho visto terre immobili e soli rotanti.

Ho udito immigrati poveri sfruttati maledire,
piangendo, chi, non più uomo, sottraeva
loro anche la speranza.

L’anima mia è cresciuta, come tu
prevedevi, è esplosa, grazie al tuo
grande cuore, al tuo dolore

profondo, alle persecuzioni alle derisioni
che hai sopportato con «disperata vitalità».
Dà angoscia anche

un amore, solitario orfano impotente,
ferito nelle viscere, disperato perché senza speranza
tale che appare sempre più cara amica

leale soltanto una morte selvaggia, purché
selvaggiamente ignorata e derisa.
E ora, poeta mentitore, amatissimo poeta,

volteggiando immemore, leggero, con ali candide,
e mani di velluto;

ora che ho raggiunto, con
disperazione, la tua dimora gelida, spoglia,

ora, ora, subito! che cos’hai da dirmi?


      Chiederò...

      Domani sarò lontana, in terra straniera,
      né amica, né familiare; lontana dal mio paese, 
      lontana da te, piccolo grande uomo;
      lontana dalla tua voce, appena udita

      ma vibrante ogni attimo come un blues
      nella mia mente, nei miei appassionati sentimenti;
      lontana dalle tue fascinose, candide mani
      che ispirano i miei sogni solitari, mani innocenti

      che traggono da una tastiera semplici simboli 
      capaci di esprimere le meraviglie dei tuoi 
      pensieri che volano attraverso l’etere ad alimentare 
      la mia mente, i miei sensi, le mie emozioni.

      Domani mi circonderà solamente il silenzio:
      il silenzio dell’amore, il silenzio della gioia,
      il silenzio della voglia di vivere, il silenzio
      di un pianto accorato e senza lacrime.

      Da questo straziato silenzio chiederò al sole, al limpido 
      sole, di accarezzarti amorevolmente,
      di scaldare le tue belle membra, di illuminarti 
      la fronte, di trasformare i tuoi occhi in puri diamanti;

      chiederò al vento, a un tiepido zefiro,
      di avvolgere le tue gambe asciutte, di arruffarti
      un poco i capelli, di sfiorare delicatamente
      tutto ciò che in te è azzurro, dolce, tenero, 

      di tenerti solo per un attimo sospeso,
      fluttuante nell’aria tiepida, leggera, profumata,
      stella tra le stelle perché anche loro 
      possano subito innamorarsi di te;

      chiederò alla pioggia, a una pioggerellina 
      sottile, di non raffreddare i tuoi piedi, 
      di spargere goccioline, minute come piccoli baci,
      sulla tua bocca morbida, sulle tue mani perfette;

      chiederò alla luna, a un pizzico di luna dispettosa,
      di coprire d’argento il tuo corpo armonioso,
      di scivolare discretamente sul tuo profilo, 
      di disegnare la tua ombra sul mio cuore.

      E infine chiederò alla terra, alla grande madre
      che ci ospita e ci nutre, di accogliermi nel suo grembo,
      di trasformarmi per un giorno, per un’ora, per lei, per te,
      in sole, in luna, in venticello, in pioggerellina;

      allora riavrò un sorriso e, sconfitto il silenzio, farò ritorno 
      alla mia improbabile realtà, rinascerò ritrovando chi si è 
      impossessato di tutti i miei pensieri. Sarò pazzamente felice 
      per l’emozione che dà la terra quando ci accoglie

      e ci stringe fra le braccia.
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S O M M A R I O
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La pagina personale di Angela, aggiornata il 15 novembre 1998
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