"Siamo stupiti, allibiti, di fronte ad un fatto come questo e vogliamo spiegazioni", sostiene Paolo Bonaiuti, vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai e portavoce di Silvio Berlusconi, a proposito della vicenda Telecom e del dossier Rovati. "Vogliamo chiarimenti perche' si tratta di una vicenda - ha aggiunto Bonaiuti - che ci lascia di sasso, e che a parti invertite, con Berlusconi al governo, avrebbe scatenato il finimondo'.
Ogni farsa ha qualcosa di tragico. E quella dell'accoppiata Prodi-Rovati di tragico ha che il presidente del Consiglio ed il suo staff gioca con aziende private (e quotate) come giocò tanti anni fa con la vita di Aldo Moro. All'epoca era un bicchierino ed una seduta spiritica. Ora è un documento di riassetto di una delle più importanti aziende italiane.
Così come all'epoca nessuno credette all'operazione bicchierino, ora nessuno crede che Prodi non sapesse nulla del documento di Angelo Rovati sul riassetto di Telecom. Rovati potrà essere un guascone, ma non è un incosciente. Conosce benissimo Romano Prodi. Sa che chi gli è vicino, deve rispettare un principio base: fedeltà estrema. L'elaborazione di quel documento che di artigianale non ha nulla, all'oscuro del Capo, rappresenterebbe - agli occhi di Prodi - un reato di tradimento; e come tale, punito con l'epurazione, l'esclusione dal clan. Rovati non avrebbe mai rischiato una pena del genere.
Ne consegue che quel documento era, doveva essere, a conoscenza del presidente del Consiglio. Rovati è un guascone, ma non si sarebbe mai preso una libertà del genere. Soprattutto con un suo amico che, incidentalmente, è presidente del Consiglio. Soprattutto con un suo amico che è stato anche suo testimone di nozze. Nel clan di Prodi si tratta di valori importantissimi. Per molto meno, per sospetti, Romano e Flavia hanno allontanato da loro persone ben più importanti di Angelone. Da qui lo scandalo. Stanno mentendo tutti.
Sta mentendo Prodi, quando dice che non lo conosceva.
Sta mentendo Rovati, quando dice che quel documento Telecom lo ha fatto lui in modo artigianale.
Quel documento non è affatto artigianale. E' un testo-base in "power point" usato dalle banche d'affari per schematizzare un'operazione. E' un appunto a cui - di prassi - seguono tomi di analisi, graffici, valutazioni tecniche, finanziarie e politiche.
Materiale che Rovati non è tecnicamente in grado di preparare.
Palazzo Chigi ha ricevuto quel documento elaborato da una banca d'affari: la prima sospettata è la Goldman Sachs. E non solo perché Prodi è stato consulente di questa banca; ma anche perché Tononi, sottosegretario all'Economia lavorava proprio per la Goldman prima di approdare a Via Venti Settembre. Per non parlare di Mario Draghi già vice presidente della Goldman.
Il documento sarebbe stato elaborato da uomini di Tononi, rimasti in banca; girato a Prodi; e da Prodi fatto pervenire a Tronchetti Provera, attraverso il canale abituale. Cioè, Angelo Rovati. Ma c'è un altro scandalo nello scandalo. Il presidente del Consiglio dà giudizi (del tipo: "non ho mai pensato allo scorporo della rete" Telecom) in grado di condizionare i mercati. Per una serie di ragioni.
Nel presunto documento Rovati si propone esattamente il contrario. E la conferma che quel documento sia nato dall'accoppiata Tesoro-Goldman Sachs viene dal particolare che Tononi (il sottosegretario) abbia fra le deleghe i rapporti con la Cassa depositi e prestiti. Cioè, con quel braccio finanziario del ministero dell'Economia chiamato a rilevare - nel documento Rovati - una quota consistente della rete Telecom.
Il secondo elemento "sensibile" per i mercati è che quella rete destinata allo scorporo fa parte del patrimonio Telecom. E l'azionariato della società è fatta solo per il 18% da titoli in mano a Tronchetti Provera. Il resto è in mano a milioni di piccoli risparmiatori.
Eppure Prodi tratta l'azienda come un suo dominio, in barba alle leggi di mercato; in barba a milioni di risparmiatori.
Romano Prodi sa leggere i giornali, le dichiarazioni, come pochi. Sa interpretare i segnali che gli arrivano "mezzo stampa". E quelli ricevuti non sono di segno positivo per lui. Non tanto per i silenzi della maggioranza, quanto quelli dei suoi "amici", o presunti tali.
Ha visto i banchieri fare la coda sotto il sole per partecipare alle primarie dell'Unione. Li ha visti scrivere il suo nome sulla scheda. Ed ora li vede allontanarsi da lui.
Quando Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa e prossimo capo indiscusso della mega fusione bancaria San Paolo-Intesa, dice: "il livello di indebitamento del gruppo Telecom non desta preoccupazioni", per il presidente del Consiglio è come ricevere una pugnalata alle spalle.
Tutto il documento "artigianale" di Rovati punta proprio a ridurre l'indebitamento del gruppo Telecom. Se una delle principali banche creditrici dice che questo non desta preoccupazioni, l'intero disegno di Prodi di mettere le mani dello Stato sulla rete Telecom si frantuma.
Ed ancora. Non solo le banche gli voltano le spalle, anche gli industriali.
Anche quelli che riteneva amici. Luca di Montezemolo prende apertamente le distanze dalla strategia di Palazzo Chigi. "Quella di Prodi mi è sembrata una reazione esagerata. Certo - aggiunge il presidente degli industriali italiani - quel documento firmato da Rovati lo ha messo in difficoltà".
Agli occhi di Prodi, Montezemolo non solo non crede alla versione di Rovati (e come potrebbe), ma la giudica anche prodromica ad un ritorno dell'Iri. E se c'è una cosa che Prodi odia è quando gli si ricorda l'Iri, di cui è stato presidente due volte, per complessivi quasi dieci anni.
Ma messo di fronte alle scelte, Montezemolo non esita a schierarsi con il suo "grande elettore" alla guida della Confindustria: Marco Tronchetti Provera.
Il presidente del Consiglio l'aveva messo nel conto che gli imprenditori (che già non lo amano, vedi Vicenza) avrebbero scelto di parteggiare per uno di loro. Ma non si aspettava che lo dicessero così apertamente.
Business is business. La sua scelta di spiattellare ai quattro venti i contenuti di incontri privati, e di citare imprese internazionali su carta intestata della Presidenza del Consiglio, ha costretto le aziende a curare i loro interessi. Palazzo Chigi non li rappresenta più. Soprattutto adesso che, con la finanziaria, non potrà mantenere l'impegno di ridurre di cinque punti in un anno il cuneo fiscale e contributivo.
Non si capisce bene se è farsa o dramma, non si capisce se ridere o piangere, ma al centro del riso o pianto che sia c'è il presidente del consiglio Romano Prodi.
Il Presidente non sapeva niente della vicenda Telecom; però sapeva tutto di tale vicenda l'uomo che sa tutto di Prodi (a cominciare dai soldi della campagna elettorale). Non è un gioco di parole e neanche uno scioglilingua ma l'uomo che sa tutto (Rovati) di colui che (Prodi) non sa nulla di Telecom sapeva tutto anche dell'affaire ma si era dimenticato di avvertire il suo capo.
Così funziona la sinistra italiana: dirigismo ed ipocrisia spalmate su facce di bronzo senza precedenti.
Del resto la sinistra che nulla sapeva di tangentopoli perché Primo Greganti non aveva fatto in tempo ad avvertirla, che è riuscita a farsi amnistiare i rubli di Mosca, che nulla sapeva di telecom Serbia, che ha tenuto un comportamento cristallino sulle concessioni UMTS, che finanzia il partito grazie ai panini con Wurstel e crauti venduti alle feste dell'Unità, che afferma che il sistema delle cooperative rosse vince grazie al libero mercato, la sinistra che si indigna per Fiorani e plaude a Sacchetti e Consorte, del resto, si diceva, questa sinistra che difficoltà avrebbe mai potuto avere a sostenere anche che Rovati sapeva tutto ma nulla, purtroppo, sapeva il povero Prodi? Nessuna difficoltà, appunto; tant'è che Prodi s'è pure indignato. W l'Italia al tempo dell'Ulivo, finalmente ci sono politici per bene che dicono la verità dopo le tante bugie berlusconiane!
Se al governo ci fosse stato Berlusconi, la sinistra avrebbe chiesto l'intervento dell'Onu. Dunque il grave infortunio del governo e di Prodi sulla vicenda-Telecom in particolare pone il problema di come sfruttare, da parte dell'opposizione, il momento propizio che si apre e soprattutto il marchio che è possibile affibbiare indelebilmente al Professore bolognese.
Il caso ha suscitato malumore e disapprovazione da parte dei Ds e della Margherita, sia per i contenuti del documento di Rovati che per i riflessi negativi che l'intera vicenda getta sulla scompaginata compagine governativa.
Di fronte a questa situazione, una linea di attacco da parte dell'opposizione rischia, come sempre, di ricompattare la maggioranza intorno a Prodi.
Forse converrebbe tentare di verificare se una linea di attacco indiretto al comportamento di Prodi non sia più efficace di una contrapposizione radicale; e sia più capace di alimentare una implosione all'interno della maggioranza con lo spargersi di sospetti incrociati fra le forze politiche che sostengono Prodi.
Paradossalmente, è forse più efficace il coro di critiche che si leva dagli imprenditori, dai sindacati, da autorevoli commentatori piuttosto che dal prevedibile attacco a testa bassa da parte dell'opposizione. Che, con ironia e distacco, lasciando parlare i fatti, può far crescere una ripugnanza di carattere morale nei confronti di Prodi e della sinistra.
Tutti a Canton! Così il titolo di Repubblica (pag.9) evidenzia la carica degli amministratori, consulenti e operatori regionali al seguito della delegazione italiana in Cina.
Nella graduatoria il Lazio di Marrazzo (proprio quel signore che dal pulpito di Rai3 condannava gli abusi e gli sprechi del potere!) stacca tutti con 51 componenti, tra cui anche l'assessore alla scuola…E sempre in prima fila c'è la Campania con 37 titolari.
Con il passar dei giorni, emerge con grande chiarezza perchè i leaderini della sinistra osteggiavano ogni provvedimento di riduzione fiscale e di taglio agli sprechi (vedi il tetto di spesa alle amministrazioni) voluti dal governo di centrodestra nella scorsa legislatura. Infatti la sinistra, confermando in pieno il codice del proprio Dna, vuole continuare a :
1. saccheggiare la tasche dei cittadini per viaggiare a spese del contribuente senza portare benefici;
2. organizzare feste e concerti per mandare i propri amministratori nelle piazze senza ammodernare le città.
In attesa di sapere quanti yuan entreranno nelle casse delle nostre imprese, il premier e suoi si soffermino su un dato: a scapito della proporzione numerica riguardante la missione in Cina non sono il Lazio e la Campania ai vertici degli investimenti con il gigante asiatico. La prima è la Lombardia (soltanto 7 rappresentanti in Cina…) che copre il 39,6% delle aziende italiane, seguita dal Veneto.
E' un caso professor Prodi?
Rocco Buttiglione, aprendo a Fiuggi l'annuale incontro dell'Udc, ha trovato nelle idee del politologo tedesco filo-nazista Carlo Schmitt la base della "retorica populista" incarnata da Silvio Berlusconi, in contrapposizione alla "visione moderata" che rappresenterebbe l'altra componente della Casa delle Libertà e che secondo lo stesso ex ministro sarebbe quella di Giovanni Paolo II "che parla di politica come prudente sollecitudine per il bene comune".
A Schmitt, Buttiglione ha attribuito, in modo chiaramente riduttivo se si guarda alla mole di studi che riguardano il pur discusso filosofo tedesco, la tesi che la politica "è lotta a morte per la distruzione del nemico. Non importa se il Paese va a fondo: ciò che importa è che il nemico muoia".
Ora, se si guarda al comportamento politico di Berlusconi, fin dal 1994, si registra la sua adesione ad un principio opposto:
Con molta più grande aderenza alla realtà politica degli ultimi anni, Buttiglione avrebbe dovuto attribuire questa versione semplificata del pensiero di Schmitt alla sinistra, che ha mirato, e mira ancora, con tutti i mezzi, politici, giudiziari, mediatici, alla "morte del nemico", cioè di Berlusconi.
L'ipocrisia intellettuale del filosofo dell'Udc, nasconde un modesto e poco originale disegno politico: convincere tutti che la leadership di Berlusconi è finita; disegno sostenuto da un paragone assai poco congruo, quando ha affermato che si è chiuso un ciclo, quello di Blair e di Chirac, trascurando le profonde diversità istituzionali che stanno alla base della lunga leadership del premier britannico e del presidente francese.
L'intervento di Buttiglione, più che da filosofo della politica, è stato da democristiano fin nel midollo, quando ha detto che "la politica non si può esaurire nella fedeltà a un leader": in questa frase c'è tutta la storia della Dc,una storia fatta di partitocrazia e di correntocrazia, una storia che non ha mai digerito la spinta bipolare emersa in Italia dal 1993 in poi.
Con le sue perentorie schematizzazioni filosofiche, Buttiglione ha cercato di nascondere il fatto che la dirigenza dell'Udc, più che la sua base, è in mezzo al guado. Ed è forse proprio questa linea incerta che ha causato gravi danni all'azione di governo del centrodestra e al risultato elettorale.
Buttiglione chiede a Berlusconi un passo indietro, quindi una specie di autocritica; ma non chiede altrettanto all'Udc, dimenticando che la peggior linea politica è quella che si fonda su un'illusione.
Santoro è tornato, il suo pubblico no. A dispetto del suo vanaglorioso ringraziamento a "quanti ci hanno aspettato".
Per "Annozero" infatti l'ascolto è stato di 3.794.000 con uno share del 15,97 dando la vittoria degli ascolti alla fiction di Canale 5 "I Cesaroni" che ha ottenuto il 20,94 di share con un 4.173.000 telespettatori e al reality di Italia 1 "La pupa e il secchione" che ha raggiunto il 17,01 di share.
Dati che giustamente penalizzano una trasmissione noiosa, prolissa che farebbe meglio a intitolarsi "Alzo zero" per il rancore, la rabbia, la cattiveria che la muove. Santoro dietro le telecamere di Rai2 si sente il "migliore", il più corretto, perché non guarda in faccia nessuno, il più coraggioso perché fa giornalismo di indagine e di denuncia. Merce rara. Riconoscimento avuto anche dal "rivoluzionario" Bertinotti, che ha inaugurato la sfilza degli ospiti che saranno chiamati a chiudere la trasmissione con le domande di Rula Jebreal, la giornalista palestinese che - insieme a Travaglio (altro epurato!) - collabora con Santoro.
Una squadra al lavoro, tutta impegnata a dare addosso al nemico: Berlusconi, in primis, reo di essere l'epuratore ("Secondo me l'ex premier non riesce a credere che siamo tornati", dice Santoro. "Dopo tanti anni forse pensava che fossimo morti") ma anche tutta quella sinistra che non lo ha difeso e alla quale lui dice di aver fatto conquistare un seggio a Strasburgo (sic!).
Un attacco a tutto campo che inevitabilmente è caduto spesso in contraddizione: pessima la legge Bossi-Fini che regola i movimenti migratori, ma cattivi quegli extracomunitari che si ubriacano, si drogano, stuprano le nostre ragazze, occupano e sporcano le nostre città. O ancora, le imprese che producono in Cina fanno i propri interessi ma lasciano a casa tanta forza lavoro italiano, se poi si scopre che un'azienda di Paolo Berlusconi non produce ma vende solo prodotti cinesi, allora diventa criminale comprare il made in China.
L'attacco al Cavaliere è stato una leit motiv, una costante: dalle cattive leggi che regolano il nostro Paese, ai dati - tutti negativi - di evasione fiscale, lavoro in nero, di degrado delle periferie cittadine che vedono la Lombardia e la Sicilia in testa alla classifica. Guarda caso, due regioni governate dal centrodestra.
Santoro ha precisato che vorrà avere anche Berlusconi tra gli ospiti ma che non ha ancora avuto risposta e probabilmente, per captatio benevolentia, riserva al Cavaliere sorprendenti parole di stima.
Chi ha seguito la prima puntata di "Annozero" non ha nessuna voglia di vedere le altre e, vista l'infidia del presentatore, può suggerire semplicemente di ignorarlo. La non curanza è il peggior disprezzo. Ancor più con i vanesi.