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il Quaderno del 8 febbraio

Il governo tassa i Bot al 20%. Tutti

Si salvi chi può. La stangata fiscale sul risparmio, Bot e Cct in testa, toccherà tutti i cittadini. Nessuna distinzione fra chi detiene titoli di Stato di vecchia e di nuova emissione. Tutti al 20%, anche i risparmiatori che hanno acquistato quei titoli nella presunzione del rispetto da parte dello Stato di un vero e proprio contratto: io ti finanzio, tu mi ripaghi con interessi tassati al 12,5%.

Nel silenzio pressoché generale della stampa, l'informazione è stata fornita al Parlamento dalla presidente della commissione di studio sulla riforma della tassazione, Maria Cecilia Guerra. Ma non avevano promesso che la nuova fiscalità non sarebbe stata reatroattiva? La Guerra ha spiegato che non si tratta di retroattività, perché "è normale che la nuova aliquota si applichi ai redditi che si generano dopo la sua introduzione".

Non è l'unica, cattiva notizia per i risparmiatori. Nell'annunciare l'equiparazione del trattamento fiscale dei capital gain tra fondi italiani ed esteri, con l'applicazione della nuova tassa sul realizzato (paghi quando incassi), ecco arrivare un altro siluro: "al contribuente-debitore, che paga l'imposta anni dopo rispetto a tutti gli altri contribuenti, viene richiesto il pagamento di un tasso di interesse sull'imposta pagata in ritardo".

Nessuna distinzione ("sarebbe in contrasto con il principio della neutralità fiscale") tra il risparmiatore-cassettista e quello che opera in borsa col sistema del "mordi e fuggi". Insomma: più tieni i risparmi nei fondi, più paghi tasse. Più speculi, meno ne paghi. I primi a preoccuparsi (parola della consulente di Visco) devono essere i titolari di polizze vita.

Per fare cassa è partito l'attacco al risparmio "virtuoso". E poi si dicono di sinistra.

Il governo taglia le pensioni alle vedove

Non passa giorno senza che si scopra, nelle pieghe della prima finanziaria del governo Prodi, qualche nuovo, ingiusto taglio o balzello. Altro che equità, nascosti fra i commi del maxi-emendamento ci sono autentici esempi di macelleria sociale. Si è scoperto adesso che è stata tagliata del 10 per cento circa la pensione di reversibilità percepita dalle vedove dei dipendenti pubblici. Una misura odiosa, prevista nei commi della manovra. Il taglio riguarda le vedove di dipendenti pubblici che si sono ritirati dal lavoro prima del 1995, quando è entrata in vigore la riforma Dini; tocca quindi donne più vicine agli 80 che ai 70 anni, persone anziane che percepiscono mediamente fra 1.000 e 1.200 euro al mese e che perdono, quindi, 100 euro nel momento in cui avrebbero più bisogno di aiuto. Donne che in molti casi vengono spinte intorno alla "soglia di povertà".

Il problema è stato sollevato dalla lettera, inviata a un quotidiano, dal figlio di una signora di 94 anni che, si è vista ridurre l'assegno di reversibilità da poco più di 1.000 a 900 euro. "Ma Prodi – si chiede l'autore della lettera – non aveva promesso che per quest'anno non avrebbe toccato le pensioni?".

Le persone colpite da questo ingiusto provvedimento sono molte e del problema sono state investite le organizzazioni sindacali. Si prevede una valanga di ricorsi. Il taglio è stato realizzato riducendo al 60 per cento la cosiddetta "indennità integrativa speciale" (che era, in sostanza la contingenza degli statali) e che è parte delle pensioni di reversibilità anteriori al 1995. Secondo molti esperti e giuristi, questo taglio è illegittimo, anche perché precedenti sentenze hanno stabilito che quell'indennità non può essere decurtata.

Governo debole coi forti e forte coi deboli. Ma le ragioni del diritto e dell'autentica solidarietà sociale non hanno alcun valore per il governo delle sinistre. L'esecutivo del Professore ha dimostrato di essere incapace di ridurre e razionalizzare la spesa pubblica eliminando sprechi e privilegi, ma la finanziaria-rapina ideata da Padoa Schioppa e Visco ha stangato anziane vedove. Su questo segmento debole della società italiana si può infierire, mentre non si possono toccare le organizzazioni corporative che difendono i pletorici apparati burocratici.

Con la stessa logica, e con l'identico disprezzo per l'equità e la giustizia, il governo subisce il ricatto della sinistra radicale e non affronta la riforma del sistema previdenziale, ma vara una strisciante riforma vessatoria drenando risorse dai settori più deboli della società italiana. Mette le mani, come il centrodestra ha denunciato già nell'autunno scorso, nelle tasche degli italiani, anche degli anziani spesso soli che – secondo le sue demagogiche promesse non mantenute – si sarebbero dovuti aiutare in tutti i modi.

Il governo e la mina afghana

Afghanistan e Pacs sono le mine che rischiano di far saltare in aria Prodi, e mentre le scadenze si avvicinano, la mediazione nella maggiorana è ancora in alto mare.

I teodem della Margherita, infatti, ieri hanno precisato i loro paletti sulle coppie di fatto in vista dell'esame in consiglio dei ministri, che è fissato al 15 febbraio. La Casa delle Libertà ha già fatto sapere che non ha intenzione di fornire stampelle al governo, e dunque l'Unione dovrà essere in grado di cavarsela da sola; questo provoca angosce e fibrillazioni, soprattutto al Senato, dove la maggioranza è stata ancora una volta sconfitta sulle dimissioni dei sottosegretari, una delle tante grottesche telenovele unioniste di questo inizio legislatura.

E' logico che un tema come quello dei Pacs stia mettendo in difficoltà soprattutto la Margherita, il partito della ex sinistra Dc, ed è lì e non nei Ds, una volta tanto, l'epicentro della crisi. L'ufficio di presidenza, su proposta dello stesso Rutelli, ha dato il via libera all'ultima stesura del ddl sulle coppie di fatto presentato dal ministro Bindi, ma subito dopo i Teodem, in una conferenza stampa, non hanno rinunciato a dettare le loro condizioni, che confliggono totalmente con i desiderata dell'ala laicista della coalizione: nessun riconoscimento giuridico per le coppie al di fuori della famiglia, si parli solo di diritti individuali, e senza oneri per lo Stato.

Un secco no, quindi, al diritto di successione e alla reversibilità della pensione. Se arrivasse in aula un testo squilibrato rispetto a quanto scritto nel programma dell'Unione, i cattolici della Margherita si sentirebbero liberi di votare secondo coscienza. Ma, a contrastare il pronunciamento Teodem, è arrivato un documento firmato da una sessantina di esponenti del partito che invita ad approvare senza ulteriori freni il ddl sulle coppie di fatto.

Un documento che contiene un esplicito stop all'interventismo della Chiesa: "Chiediamo che non si metta in dubbio la laicità delle istituzioni e la nostra responsabilità di legislatori cui tocca il compito di legiferare per tutti". Insomma, la Margherita è profondamente divisa tra i Teodem, contrari a qualsiasi tipo di equilibrio più "avanzato", e la parte più dialogante che invece è impegnata nella ricerca di un incontro "tra sensibilità diverse", in modo da evitare "lacerazioni e contrapposizioni ideologiche". Si annuncia, dunque, un'altra battaglia campale nell'Unione, e l'Udeur avverte che non tollererà le manovre di chi vuol forzare il limite che parlava di "prerogative e facoltà degli individui che fanno parte di una coppia di fatto", ricordando che su questi temi in Parlamento ci deve essere la più totale libertà di coscienza.

Intanto i vescovi italiani non hanno alcuna intenzione di ritirarsi al di là del Tevere per dare una mano a Prodi. Anzi, un intervento su Famiglia Cristiana del segretario della Cei, Betori, ha rivendicato il diritto della Chiesa di intervenire di fronte a ipotesi legislative "che minano alla radice il valore della famiglia".

Il governo e il pacifismo alla "talebana"

Si sostiene dal centrosinistra, (Giordano e Franceschini mercoledì nella trasmissione di Ferrara) che le nostre truppe in Afghanistan non possono essere impiegate in combattimento, perché il ripudio della guerra è un precetto costituzionale. E' una tesi strampalata, usata dalla sinistra talebana per travestire da obbligo giuridico una scelta politica di rottura della solidarietà occidentale.

Non è vero che l'art.11 della Costituzione sancisca il ripudio della guerra. Se una tale insensatezza fosse stata nelle intenzioni dei costituenti, non si capirebbe l'art. 78: "Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari". La verità è che il ripudio di cui all'art.11 concerne unicamente "La guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". In pratica, le guerre ingiuste, di aggressione. Non quelle giuste, di difesa.

Quali siano le guerre giuste, e quindi non solo possibili ma quasi doverose per l'Italia, lo decidono il Parlamento italiano e le organizzazioni internazionali in cui si articola un "ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni". Cioè l'Onu, ma anche la Nato. L'importanza di un ordine internazionale garante di pace e di giustizia è riconosciuta dall'Italia con la delega, in parte, della sua sovranità.

Le nostre truppe sono in Afghanistan perché l'Italia ha scelto di fare la propria parte nella giusta guerra contro il terrorismo decretata dall'Onu e condotta dalla Nato.

Di conseguenza, il rifiuto di impegnare quelle truppe in combattimento, per adibirle invece a protezione di iniziative umanitarie, non discende affatto da un vincolo costituzionale, bensì dal vincolo politico imposto al governo dal falso pacifismo della sinistra talebana.

"Talebana", perché schierata dalla parte della guerriglia degli alleati di Bin Laden, nella misura in cui nega piena solidarietà sul campo alle forze combattenti operanti in nome dell'Onu per ripristinare, contro l'aggressione terroristica, "pace e giustizia tra le nazioni".

Non è un impedimento costituzionale, quello che lega le mani ai nostri soldati in Afghanistan. E' invece un impedimento politico conseguente al fatto che le elezioni sono state vinte da una coalizione ostaggio di una sinistra visceralmente antiamericana e antioccidentale.

Una sinistra che nasconde abusivamente dietro la Costituzione la vergogna della sua solidarietà di fatto con il nuovo nemico dell'umanità.

Il governo e l'accordo di facciata

La lettura di ciò che sta accadendo in questi giorni l'ha data L'Unità con un editoriale di Antonio Padellaro che scriveva: "Romano Prodi non poteva essere più esplicito nel dire che in politica estera il governo dell'Unione non china la testa". La stessa fermezza che il governo ha dimostrato nei confronti del Vaticano. Dopo una manifestazione di così grande orgoglio l'Unione, messe da parte le discordie, ha subito trovato l'accordo. Miracoli della fermezza, conclude l'organo dei gruppi parlamentari dei Ds.

Questa è la sostanza: la maggioranza di governo, dopo risse invereconde, ritrova immancabilmente l'accordo su posizioni sempre più confuse e ambigue. Nella fattispecie, ieri il governo ha trovato un compromesso formale su una posizione sempre più antiamericana e antioccidentale. Domani, sulla questione dei Pacs, il punto di equilibrio sarà raggiunto su posizioni sempre più laiciste e anticattoliche.

La realtà è che all'interno di questa maggioranza le divisioni sulla politica estera così come sulla politica economica per non parlare delle questioni etiche sono insanabili e non sono destinate ad essere riassorbite. Anzi, più passa il tempo e più si manifesta un cupio dissolvi all'interno della maggioranza che ne mina la tenuta e la credibilità di fronte alla stessa opinione pubblica di sinistra.

E' facile prevedere perciò che le tensioni aumenteranno e condurranno prima o poi ad una verifica o ad una crisi vera e propria di governo.

Le elezioni amministrative, se confermeranno i sondaggi elettorali, potranno suonare la fine per il governo e il ridimensionamento delle forze politiche che tentano di formare il partito democratico.

Un governo istituzionale, non politico, perciò potrebbe rappresentare l'unica soluzione per evitare un ulteriore peggioramento del quadro politico generale.

Terrorismo/I diesse e l'amico Sofri

Mentre tutta l'attenzione della cronaca italiana è concentrata sulle vicende relative alla politica estera e ai Pacs passando per i "mea culpa" del Ministro dell'Interno Amato per non avere dato applicazione all'ottimo Decreto Pisanu della scorsa legislatura e le bugie (vergogna!) della Melandri, due episodi di una certa gravità si verificano nell'universo sinistro ricco di contraddizioni e incoerenze.

Il primo si svolge a Bologna e ha come protagonisti due consiglieri provinciali di Rifondazione Comunista che votano in maniera decisa e senza alcuna esitazione contro un ordine del giorno che chiedeva di intitolare un'aula della Provincia a Marco Biagi e Massimo D'Antona, entrambi uomini delle Istituzioni rimasti vittime della ferocia, non soltanto ideologica, delle Brigate Rosse.

L'altro episodio si svolge a Roma, dove in un gremito teatro capitolino Veltroni, D'Alema e tutto lo stato maggiore dei Ds ascolta la mozione congressuale di Fassino che porterà al futuro partito democratico.

Tra i tanti partecipanti uno in particolare si distingue, uno che non siede in prima fila ma sta addirittura sul palco: Adriano Sofri.

Tanto per rinfrescare la memoria, Adriano Sofri è un protagonista della movimentata vita politica degli anni 60/70, è stato il leader del gruppo extraparlamentare di sinistra Lotta Continua, è stato al centro di una complessa storia giudiziaria che lo ha visto condannato assieme a Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani per l'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi avvenuto nel lontano 1972.

Ergo, si tratta di un condannato dalla giustizia italiana, con sentenza passata in giudicato, per l'uccisione di un servitore dello Stato, che non ha ancora finito di scontare la sua pena. Il tutto, e questo è l'aspetto che più dovrebbe far riflettere, si svolge all'interno di un partito che non ha esitato un istante a dare un posto in Parlamento alla vedova del giurista assassinato dai brigatisti ovvero Olga D'Antona.

Con quale faccia un centro sinistra che si è sempre intestato le battaglie per la legalità a fianco alla magistratura (quella amica) può annoverare tra i suoi ispiratori morali, al quale è stato tra l'altro chiesto un contributo alla nascita del Partito democratico, uno condannato da svariati tribunali come Sofri?

Terrorismo/La D'Antona e il tardivo imbarazzo

Ha ragione l'onorevole diessina Olga D'Antona, vedova del consulente del Ministro del Lavoro ucciso dalle Brigate Rosse, ad essere indignata per la partecipazione di Adriano Sofri al congresso del suo partito. Né possono acquietare i suoi sentimenti le giustificazioni di Fassino, autore dell'invito, sul fatto che gli uomini cambiano e che l'ex leader di Lotta Continua ha preso le distanze dalla lotta armata.

Ha ragione la D'Antona quando rimprovera il gruppo dirigente del suo partito, un partito di governo, di aver scelto come interlocutore privilegiato un uomo che è stato giudicato e condannato per l'omicidio di un servitore dello Stato e che ha ancora un sospeso con la giustizia.

Ha ragione. Ma la ragione di oggi dovrebbe farle riconoscere di aver sbagliato ieri quando ha accettato di essere eletta in un partito non nuovo al "perdonismo" verso quei bravi compagni divenuti cattivi maestri. E, per coerenza, dovrebbe portarla alle dimissioni da parlamentare per prendere, seppur tardivamente, le distanze da una coalizione in cui autorevoli esponenti dei drammatici anni di piombo hanno fatto carriera. Come se aver sognato la distruzione del proprio Paese fosse diventato un merito per dirigerlo.

E' notizia di oggi che Susanna Ronconi, militante di Prima Linea, una delle figure di spicco del terrorismo, è stata nominata dal ministro Ferrero come membro della Consulta nazionale per le tossicodipendenze. Una "compagna" che sarà lieta di ritrovare alcuni vecchi amici come Roberto Del Bello, condannato per banda armata e coinvolto nell'omicidio Taliercio, che – nominato segretario particolare del sottosegretario all'interno Francesco Bonato – va a lavorare proprio all'interno di quel ministero che in altri tempi spiava da fuori. O come Sergio D'Elia, anche lui con una pesante condanna per banda armata e omicidio, che è stato eletto segretario d'aula a Montecitorio dalla maggioranza. Un'elezione popolare passi, anche se con l'attuale sistema elettorale si fa fatica a dirlo, ma un ulteriore riconoscimento parlamentare, no.

Insomma, un problema morale e politico di primaria importanza che trova nell'invito a Sofri un minimum rispetto alle presenze istituzionali. Ma non basta, ricordiamo all'onorevole D'Antona che in una sala di palazzo Montecitorio domina una foto di Carlo Giuliani, un rivoltoso del G8 di Genova, armato contro le Forze dell'ordine (servitori dello Stato), diventato vittima ed eroe (un provvedimento che fra l'altro legittima gli assassini del poliziotto di Catania) grazie al presidente Bertinotti mentre a Bologna rimane negli atti dell'amministrazione provinciale il "no" di Rifondazione Comunista all'intitolazione di un'aula a Marco Biagi e Massimo D'Antona.

I giornali dicono che all'interno della Quercia l'indignazione della signora non abbia trovato comprensione e che lei sia rimasta sola: ha mai pensato, l'onorevole D'Antona, che forse la sua "nomina" a deputata serviva solo a quietare la cattiva coscienza degli ex comunisti?

Terrorismo/Indagato chi incita alla violenza

Roberto Piccardo, portavoce dell'Ucoii (Unione della comunità e organizzazioni islamiche in Italia), è indagato dalla procura di Roma perché, con alcune pubblicazioni sul sito internet www.islam-online.it, "incitava a commettere violenze e atti di provocazione alla violenza per motivi razziali e religiosi".

Insieme al portavoce è stato indagato anche il presidente Mohamed Nour Dachan. A carico di quest'ultimo l'ipotesi di reato è di aver diffuso "idee fondate sull'odio razziale e religioso" facendo pubblicare sul Quotidiano Nazionale, l'inserzione a pagamento "Ieri stragi naziste, oggi stragi israeliane", apparsa il 19 agosto 2006.

L'inchiesta della procura di Roma era scaturita da una denuncia dei parlamentari di Forza Italia, Lucio Malan e Giorgio Stracquadanio. L'iscrizione di Piccardo e Dachan è stata decisa dopo la consultazione delle fonti e in particolare le sentenze della Corte di cassazione in materia di istigazione all'odio razziale.

Nell'inserzione a pagamento fatta il 19 agosto scorso su alcuni quotidiani del gruppo Riffeser, l'Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii) metteva sullo stesso piano le stragi naziste compiute in Italia con le uccisioni compiuti dagli israeliani anche in Libano.

La procura aveva identificato, tramite la Digos, come uno degli ispiratori del messaggio Mohamed Dachan, presidente dell'Ucoii. Secondo la procura vi sarebbe il cosiddetto dolo specifico, ossia la precisa finalità di istigazione all'odio razziale, nell'inserzione a pagamento nel caso di specie contro gli ebrei. Nella pagina a pagamento si affermava tra l'altro "stragi naziste oggi stragi israeliane". E ancora: "Marzabotto uguale Gaza uguale Fosse Ardeatine uguale Libano".

Fin qui la notizia, che oggi tutti i giornali e i tg danno con un certo rilievo. Sebbene frutto dell'iniziativa di due senatori azzurri, l'iniziativa politica di contrasto all'estremismo islamico in Italia rischia di rimanere un episodio isolato se non sarà tutto il partito e i gruppi parlamentari a farla propria.

L'Ucoii è oggi il principale centro di sostegno dell'estremismo fondamentalista islamico in Italia e la sua corrività con il terrorismo è notoria, come ha ben documentato in molti articoli sul Corsera Magdi Allam, il più competente in materia.

Ciò nonostante l'Ucoii fa parte della Consulta per l'Islam in Italia presso il Ministero degli Interni; e il ministro Amato, all'epoca della pubblicazione dell'inserzione antisemita decise di non allontanare i suoi esponenti dall'organo. Un errore grave, almeno quanto quello di chiamare l'organizzazione fondamentalista a far parte della Consulta quando venne istituita.

Ora l'indagine non corrisponde a una condanna sul piano giudiziario, ma sul piano politico è più che sufficiente per esigere che il governo allontani l'Ucoii da quello che non è un "parlamentino islamico", ma un organo di consulenza del ministro, e come tale deve essere leale alla Repubblica e alle sue leggi.

In Senato è depositata una mozione, a firma di dieci senatori di Forza Italia, per lo scioglimento dell'Ucoii in base alla legge Mancino, la stessa che ha introdotto i reati in base ai quali la procura di Roma sta indagando. Forse è presto per giungere a questa decisione, che si renderebbe obbligata in caso di condanna dei due leader dell'organizzazione. Può essere utile, però, presentare e far votare un documento con il quale si chiede al ministro dell'Interno di escludere l'Ucoii dalla Consulta per l'Islam in Italia.

Su questa linea il centrodestra può mettere in seria difficoltà la maggioranza e mettere a nudo le contraddizioni di una politica estera e interna pericolosamente ambigua e corriva verso l'estremismo. Dopo il successo sulla base di Vicenza, questo può essere un ulteriore duro colpo a Prodi e alla sua maggioranza.

Forza Italia/Il via ai congressi comunali

I congressi comunali di Forza Italia si svolgeranno a partire dal prossimo mese di aprile in tutti gli otto mila comuni italiani, con l'obiettivo di radicare il partito nel territorio attraverso un processo democratico.

Oggi verrà approvato dalla commissione-statuto la bozza di regolamento predisposta per lo svolgimento dei congressi, con garanzie di trasparenza e di collegialità per tutti.

La possibilità di partecipare ai congressi iscrivendosi a Forza Italia è aperta fino al 28 febbraio, termine ultimo.

Lo strumento principe per il rafforzamento organizzativo e politico di Forza Italia è ovviamente il Congresso nazionale, che dovrà essere un congresso vero, in cui tutte le anime del partito portino il loro essenziale contributo. Determinante sarà la riforma dello Statuto, che è in dirittura d'arrivo, attraverso la quale individuare un nuovo modello organizzativo e di partecipazione, con la definizione di una direzione politica come luogo di proposta e di discussione in grado di elaborare la linea del partito, nel solco delle indicazioni fornite dal presidente Berlusconi. Perché il dato politico irrinunciabile per Forza Italia resta la centralità della leadership di Berlusconi la quale deve, però, essere aggiornata in vista della costruzione di un soggetto politico organizzato. Non sul modello novecentesco ormai superato dalla storia, ma su una forma-partito moderna che sappia trovare un nuovo metodo di selezione della classe dirigente, aprendo un sistema di vasi comunicanti tra il partito e la società.

E proprio i Circoli voluti da Berlusconi sono questi vasi comunicanti.

FI: nessun incontro segreto Berlusconi-Prodi

"Abbiamo letto con stupore l'articolo a pagina 35 del quotidiano La Repubblica di questa mattina. Non c'è stato alcun incontro segreto tra il presidente Berlusconi e il presidente Prodi. E tutto quanto riferito è destituito di ogni fondamento e frutto di sfrenata fantasia". È quanto sottolinea una nota dell'ufficio stampa della presidenza di Forza Italia.

Idea-giovani/Educhiamo prima i genitori

Negli ultimi tempi la stampa ha ridato largo spazio al disagio giovanile e il richiamo del Papa all'educazione familiare non è casuale. Ci si chiede infatti se forse, prima dei figli, debbano essere educati i genitori che probabilmente, cresciuti loro stessi in un tempo nichilista, non hanno ricevuto quei basilari strumenti che permettono di essere dei buoni educatori.

Sin dai primi passi nelle scuole, infatti, possiamo vedere come la responsabilità, il sacrificio, ma anche la punizione non facciano più parte del lessico educativo di genitori ed insegnanti.

L'impegno politico e civico, di qualsiasi colore esso sia, è uno degli ultimi momenti di presa di coscienza tra i giovani della responsabilità collettiva. Ed è proprio chi vive questo impegno, come i giovani di Forza Italia, a chiedere alla società e alla politica scelte che riportino nel sistema della formazione messaggi e comportamenti chiari, per evitare che le generazioni future siano incapaci di assumersi responsabilità e di affrontare i problemi.

Centralità dello studente, legittimazione dell'educatore e responsabilità individuate. Dobbiamo fornire gli strumenti critici ai giovani per affrontare i problemi e le incertezze del futuro globalizzato.

   

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