Romano Prodi sta cercando disperatamente una exit strategy per riuscire a far dimenticare la vicenda Telecom. Soprattutto alla sua maggioranza. Per il momento, le soluzioni individuate non sono un granchè efficaci; una, anzi, è pericolosissima: quella di fare diventare la finanziaria la camera di compensazione della vicenda.
Ancora una volta, le strade del Professore sembrano diverse da quelle di Ds e Margherita. Prodi è dibattuto: forzare la mano ai suoi azionisti di maggioranza, e sposare le richieste dei soci di minoranza (Prc, Comunisti italiani, Verdi, Di Pietro) sulla finanziaria. Oppure, trovare formule di condivisione con Ds e Margherita.
Ormai D'Alema e Rutelli hanno chiaro che l'intera operazione puntava a creare un centro di potere economico (attraverso la Cassa depositi e prestiti) da sfruttare in chiave politica. Al momento, l'operazione è ferma, anche per volere degli azionisti di maggioranza dell'Unione. Potrebbe riprendere quota se anche loro venissero invitati da Prodi al banchetto.
E qui sta il dilemma di Prodi. Invitarli o andare allo scontro? L'intervento della magistratura non favorisce la scelta.
In attesa che Guido Rossi faccia capire se intende portare avanti il progetto di Tronchetti di scorporare la rete mobile da quella fissa, ci saranno giornate di melina pericolose per la Casa delle Libertà.
E' assai probabile che nei prossimi giorni, l'Unione provi a dirottare il dibattito sui contenuti dello schema-Rovati, cioè, se sia giusto quotare in Borsa la rete d'infrastrutture telefoniche.
Il problema non è se l'operazione è giusta o meno, o se altri paesi l'hanno già fatto.
Il cuore del problema è che un progetto del genere venga proposto dal governo ad un'azienda privata. Come un advisor qualunque. E' proprio quel documento in "power point" inviato da Rovati a Tronchetti il vulnus dell'operazione. In un paese G-7 cose del genere non sono ammesse. Non si fanno.
In questo caso, la forma coincide con la sostanza. Un intervento diretto del governo nella gestione di aziende private riporta il paese ad un concetto statalista della gestione delle aziende.
Concetti di questo tipo erano in auge ai tempi delle Partecipazioni statali. Ora, l'Italia dovrebbe essere un'economia di mercato. Con le aziende che adottano scelte autonome ed il governo che fissa le regole. Invasioni di campo non sono e non dovrebbe essere più gradite. Altrimenti si corre il rischio di tornare indietro nel tempo. Come quando Prodi era presidente dell'Iri.
Un giorno quel Prodi annunciò al ministro del Bilancio dell'epoca, Paolo Cirino Pomicino: ho deciso di vendere la Sme.
Pomicino gli rispose: perché, quando te la sei comprata?
"Qualcuno a sinistra sostiene che con le dimissioni di Rovati si chiude il caso politico: troppo comodo, troppo comodo..." è quanto sostiene Paolo Bonaiuti, portavoce del Presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi.
Dunque è ufficiale: Prodi si guarda bene dal presentarsi in aula alla Camera per rispondere alle domande sulla spinosissima questione Telecom. Prodi scappa a gambe levate e lo fa da par suo, con l'appoggio della stampa che non lo critica né lo condanna, anzi lo coccola, e con una nutrita dose di accuse al centrodestra, considerato autore di una pesante strumentalizzazione. Il fatto è, e questo il premier si guarda bene dal dirlo, che a chiedere un suo intervento in Parlamento sono anche molti alleati nelle file del centrosinistra. Anche loro strumentalizzano e cavalcano lo scandalo? Se davvero Prodi pensasse questo, sarebbe forse da rivedere l'intera alleanza all'interno dell'Unione. La verità è che il Professore scappa dal dibattito perché non può dire nulla, non riuscirà a giustificarsi e, soprattutto, neanche il più ingenuo dei parlamentari crederà mai che Angelo Rovati abbia spedito a Tronchetti Provera un rapporto su carta intestata di palazzo Chigi senza l'avallo di Prodi stesso.
Detto questo, la pressante richiesta dell'opposizione e di parte della maggioranza di vedere Prodi in aula non ha solo ragioni di polemica politica. La vicenda non è frutto di un'attività di governo, il progetto di rendere pubblica la telefonia fissa non nasce dal consiglio dei ministri, ma da un'idea dello staff di Prodi. Che ci va a fare, dunque, Gentiloni in Parlamento? Cosa va a dire, se lui stesso era all'oscuro del piano? Deve andare Prodi perché è una questione personale del premier, perché il premier deve rispondere del suo operato, non un ministro dell'operato del governo. C'è anche da dire che la vicenda ha fatto andare su tutte le furie sia i Ds sia la Margherita e spedire in aula uno degli infuriati ha un duplice scopo: costringere gli alleati di Prodi ad inghiottire il rospo prendendo le difese del premier nonostante vogliano strozzarlo e, allo stesso tempo, conferire maggiore credibilità alle parole di Gentiloni, perché vengono proprio dalla voce di chi non approva l'operato di palazzo Chigi. Il terzo obiettivo, come detto, è la fuga.
L'occasione del confronto parlamentare sul clamoroso "pasticcio" di Prodi per Telecom, deve essere sfruttata senza lasciare nulla al caso. Soprattutto a livello mediatico: per una volta diversi organi di stampa e alcune reti televisive non sono schierate acriticamente sul Professore.
L'opinione pubblica ha (già) capito che il Presidente del Consiglio si è impicciato, troppo e male, del business di una grande azienda privata quotata in borsa a vari livelli. Ma non ha capito a sufficienza che, con le sue rivelazioni puntuali durante lo scontro con Tronchetti, ha messo a repentaglio i titoli telefonici e quelli ad essi collegati (Pirelli) e ha successivamente negato una verità squallida che lo inchioda!
Vale a dire che alcuni tra i suoi uomini più fidati, da Palazzo Chigi e con Palazzo Chigi, avevano studiato e facsato piani specifici per orientare il futuro assetto della più grande azienda nazionale di Telecomunicazioni.
C'era Prodi dietro la fusione tra Bancaintesa e San Paolo di Torino e voleva esserci lui - e solo lui - dietro lo scorporo della rete fissa di Telecom contro la possibilità che Tronchetti alienasse il gioiello Tim per rinsanguare la sua difficile posizione debitoria. Ed è sempre Prodi che ha ironizzato dissennatamente sul dibattito parlamentare salvo poi fare marcia indietro per l'insistenza del centrodestra e per la crescente insofferenza della sua maggioranza. Con diesse e Margherita infastidite dai suoi eccessi di arroganza coperti solo dalla sinistra estrema.
E Tronchetti? Non sottovalutiamolo. Da un certo punto in poi si è mosso come Carlo Campanini con Walter Chiari nella famosa gag tv degli anni '60. Ricordate: "Vieni avanti cretino...", sembrava dire agli interlocutori di Palazzo Chigi. E il "Cretino" Rovati ci ha messo mani e piedi firmando un documento che doveva aver avuto placet finanziari e politici ben più sostanziosi rispetto all'ex campione di basket. Proprio su quel "venire avanti" di Rovati, e dunque di Prodi, il patron di Telecom ha giocato il secondo tempo della partita. Si è dimesso ma ha reso pubblica la volontà e il perché Palazzo Chigi osteggiasse il suo piano per Telecom: l'intento era ed è costruire con metodo dirigista una piccola nuova Iri.
Poi Rossi ha preso il posto di Tronchetti per riproporre esattamente il suo piano, ma nel frattempo l'immagine del governo e lo stesso viso politico di Prodi sono stati sfregiati.
Noi dobbiamo evidenziare questo sfregio. Non abbiamo bisogno di approfondirlo, solo evitare che venga nascosto. E' interesse non solo di Forza Italia ma dell'intera opposizione soprattutto ora che i grandi alleati di Prodi hanno deciso di mettergli una sorta di guinzaglio, che ne eviti lo strapotere. Finora il premier ha giocato di sponda e ha flirtato con la sinistra antagonista per poter mediare con i riformisti e i moderati dell'Unione e su questo vivere di rendita. In materia economica e in tema di affari ha pensato esclusivamente al proprio potere e dunque al proprio interesse, diventando inaffidabile agli occhi dei compagni di strada. A noi il compito di mostrare questa clamorosa inaffidabilità agli italiani.
Al popolo di sinistra non piace che i suoi leader mettano le mani negli affari dell'alta finanza. Facendo un rapido giro su internet, si scopre infatti che la popolarità di Prodi ha subìto un crollo allarmante dopo la vicenda Telecom, e non sono certo bastate le dimissioni di Rovati a placare il malumore che serpeggia on-line. Se il Professore, insomma, pensava di trovare comprensione e sostegno nei forum "amici" dell'Ulivo, della Margherita e dell'Unità, è rimasto ampiamente deluso, perché non una sola voce si è levata per difenderlo.
Nel forum di www.ulivo.it, Type scrive amareggiato: "Mi sembra di vedere un film già visto... L'unica differenza è che nel passato l'attore principale era Silvio Berlusconi... Se non fosse tutto tremendamente serio saremmo davanti a un film comico". E un tale Cocopro: "Mi sa che ne vedremo delle belle, vuoi vedere che Beppe Grillo aveva ragione? Siamo solo all'inizio...". Per Alefarina, è giusto che Rovati abbia fatto le valigie, ma questo non basta: "È una continua doccia scozzese... i furbetti del quartierino... le elezioni... lo scandalo del calcio... la legge Bersani... l'indulto... il ruolo in Libano... le pensioni... il viaggio in Cina... la vicenda Telecom... Ma è possibile che non riusciamo a toglierci questo continuo piombo dalle ali... è possibile che non si riesca a evitare certi scivoloni? Rovati doveva essere obbligato a rassegnare le dimissioni in tempo reale".
Nei forum infuria, poi, il dibattito sulla stampa estera, che ha messo nel mirino il governo di centrosinistra. Dice Infrarosso: "Perché la stampa estera è autorevole quando sparla di Berlusconi, ed è di basso profilo quando commenta le malefatte di Prodi? Si può usare il neologismo ‘doppiopesismo', credo". Sul forum di www.margheritaonline.it la musica non cambia. Per Scott, il quadro è questo: "Dopo avere inventato Omnitel, ceduta agli inglesi, avere inventato Wind ceduta a un egiziano, ora tocca a Tim, alla prima azienda italiana di cellulari prendere la strada per Madrid? Il sistema economico italiano è al collasso, il governo cosa propone?". Mentre Archimede arriva a questa conclusione: "Alla fine tutte le nostre privatizzazioni si stanno rivelando cessioni a multinazionali estere differite di qualche anno: il tempo di far arricchire un po' gli ‘imprenditori' italiani che hanno comprato dallo Stato". Paolo non gradisce la condotta tenuta dal presidente del Consiglio: "Il Prodi che osanna l'Europa dovrebbe avere un comportamento più coraggioso di fronte a quello che accade. Dobbiamo imparare a ragionare da europei e non da italiani. Dovremmo imparare a comprendere che il mercato del lavoro e delle opportunità non finisce alle Alpi, ma arriva fino a Capo Nord".
Nel forum dell'Unità si parla addirittura di "governo dei pizzini". Dice Babi: "Questo è già il secondo pizzino che viene accidentalmente ritrovato. Già c'era stato il caso dei direttori dei tg, con relativo polverone alzato da Capezzone". C'è anche chi condivide le critiche europee verso Prodi come fa Aurora86: "Il problema Ue è che conoscono molto bene Prodi, non a caso è stato definito il peggior presidente che la Commissione europea abbia mai avuto, figuriamoci quale autorità politica e morale può esercitare...".
Dice Montezemolo: "Fermiamo le tentazioni dirigistiche. Lo Stato va fatto indietreggiare dall'economia".
Replica Bertinotti: "Il Paese rischia un mancato intervento di indirizzo pubblico, non un suo eccesso".
L'intervista del presidente di Confindustria (Corriere della Sera) è dura nei toni e nei contenuti. Ma si farebbe un errore a catalogarla come un "dietro front" rispetto al fiancheggiamento pre e post-elettorale nei confronti del centrosinistra. La novità sta nella fine della luna di miele con Prodi, vero bersaglio (con la sinistra radicale) delle invettive di Montezemolo.
Una lettura attenta e corretta delle sue parole ci dice che, nella sostanza, il presidente di Confindustria parla (senza mai citarla) alla cosiddetta ala riformista della maggioranza.
L'attacco a Prodi è frontale sulla vicenda Telecom. "Da parte del governo avremmo avuto bisogno di silenzio e sobrietà. Senza la diffusione di conversazioni riservate". Il riferimento è al comunicato con il quale Palazzo Chigi metteva in piazza i contenuti degli incontri con Tronchetti Provera. E il piano Rovati? "Usiamo un eufemismo. Diciamo che, quanto a sensazioni di ingerenza in un'azienda privata, non ha aiutato". E il viaggio in Cina? "Ringraziamo il Presidente del Consiglio ma, mentre firmavamo accordi, qui e anche là si parlava solo di Telecom".
Ma la dichiarazione-chiave di questa lunga intervista sta laddove Montezemolo dice: "Il pericolo di un tentativo dirigistico, all'interno della maggioranza, c'è. Ci preoccupa l'estraneità di ampi settori della sinistra, ma anche della destra visto che poi, in cinque anni di liberalizzazioni non ne ha fatte, alla cultura del mercato".
Una botta a Prodi e alla sinistra radicale, ma contemporaneamente una bocciatura (l'ennesima) dei cinque anni di legislatura del centrodestra. Che conferma quanto dicevamo: Montezemolo abbandona Prodi e guarda all'asse che va da D'Alema a Rutelli, da Bersani a Letta. Confindustria sempre e comunque sotto l'ala del centrosinistra. Per interessi vicini (la Finanziaria e il cuneo fiscale), per interessi di categoria (la difesa di Tronchetti) e per interessi personali: Montezemolo pensa a cosa farà da grande (c'è battaglia in Fiat sul suo più o meno prossimo "pensionamento") e le sue ambizioni politiche non sono un mistero per nessuno.
Da oggi pomeriggio, sulla sospensione della riforma dell'ordinamento giudiziario, in Senato andrà in scena l'ennesima battaglia al cardiopalma, all'ultimo voto. E ancora una volta c'è il concreto rischio che a togliere le castagne dal fuoco del centrosinistra sarà l'Udc. Sintetizzando: i magistrati hanno praticamente imposto al ministro Mastella la sospensione della riforma approvata dal governo Berlusconi, ma a palazzo Madama, contrariamente ad altre occasioni, non tutti sono d'accordo (e non parliamo dell'ex dipietrista De Gregorio, che già ha fatto sapere che voterà contro), a cominciare da alcuni senatori a vita.
Da oggi alle 17 si cominceranno a votare le pregiudiziali e il Guardasigilli sta facendo le nottate al ministero per fare la conta dei favorevoli e dei contrari. Senza troppi giri di parole, Mastella ha fatto sapere che se la maggioranza va sotto il governo cascherà. Insomma, l'occasione è davvero ghiotta: un governo come quello di Prodi (nato per distruggere tutto ciò che ha fatto il centrodestra) che rischia di rimanere vittima di una delle sue controriforme. Il condizionale è d'obbligo perché, nonostante le professioni di fede all'opposizione, l'Udc è già pronta ad essere stampella del professore, ciambella di salvataggio. Lo fa sapere la responsabile Giustizia del partito di Casini, Erminia Mazzoni, che pone addirittura delle condizioni a Mastella per garantirgli il sostegno: «No alla sospensione dei decreti attuativi della riforma (come chiesto dai magistrati, ndr), sì a votare anche immediatamente le modifiche del provvedimento». Che tradotto: caro Mastella, caro Prodi, siamo pronti a dare una mano.
Se questo avvenisse veramente nel voto di oggi non sarebbe più una opposizione responsabile e moderata, come ha assicurato Casini ma un'opposizione suicida, che impedisce la caduta del governo Prodi tenendolo in carreggiata al minimo rischio.
Da qualche mese autorevoli esponenti politici del centrodestra discettano pubblicamente sugli atteggiamenti da avere in Parlamento e nel Paese per affermare di essere opposti al governo e avanzano varie ipotesi di metodo. Solo di metodo.
Casini vuole una opposizione moderata ma finora non ha ancora avuto l'occasione di manifestarla perché - come lui sostiene - non si può obiettare nulla contro la missione in Libano, non si può contrastare l'ingresso di Nicola Mancino al Csm, non si può non plaudire la nomina di Gianni Riotta al Tg1. Forse, un giorno sosterrà la necessità di votare la fiducia al governo per non umiliare gli elettori ulivisti!
Alcuni esponenti di Forza Italia propongono di scendere in piazza per manifestare contro le malefatte del governo. Una richiesta che in considerazione del ritmo con cui Prodi combina guai, vorrebbe che in piazza si piantassero le tende. Piazza e salotto è invece la ricetta di Alemanno che non rinuncia alla prima per antico costume e al secondo per consuetudini più recenti.
Insomma a cinque mesi dall'insediamento del governo, la Casa delle Libertà che ha governato nel precedente quinquennio è ancora alla ricerca di un metodo da seguire per fare opposizione, ma nessuno si sofferma sul merito. Con risultati, diciamolo, deludenti. Bisogna, ancora una volta ringraziare soltanto Berlusconi, il quale - a dispetto delle critiche di Casini - fa sempre notizia e con le sue parole fa il giro delle piazze e delle case, in Italia e non solo. "Un contenuto senza metodo porta al fanatismo, un metodo senza contenuto fa disquisire a vuoto", diceva Goethe le cui parole dovrebbero consigliare di fare un'opposizione più attenta alla sostanza alla forma.
Un esercizio più impegnativo ma senz'altro più efficace e funzionale. Un esempio e un suggerimento. La questione Telecom: la si porterà nelle case e nelle piazze solo se si saprà tradurre in termini semplici e comprensibili una materia tecnica e specialistica. Far conoscere agli elettori, di destra e di sinistra, le gaffe di Prodi e le sue bugie, portarli a comprendere, a conoscere un'operazione con cui il premier voleva decidere le sorti di un'azienda privata per inseguire logiche di potere. Basta poco per fare capire le nostre ragioni e non cadere in uno trito slogan pubblicitario: quale opposizione, liscia, gasata o... chiacchierona.
Questa mattina il centrodestra è sceso in piazza proprio sotto Palazzo Chigi e lo ha fatto per il Ponte sullo Stretto. La manifestazione di stamane è simbolicamente rappresentativa di ciò che la Casa delle Libertà può permettersi di fare se decide di farlo: gridare proprio sotto il balcone di Prodi la rabbia di un popolo che non accetta questo "governo dei no".
E sulle infrastrutture il No al Ponte è senz'altro il no principale.
La manifestazione è promossa e organizzata dal Movimento per l'Autonomia di Raffaele Lombardo e vi ha aderito Forza Italia senza problemi di primogeniture nella piena consapevolezza di quanto il Ponte sia opera fortemente voluta dal Governo di Silvio Berlusconi che ha personalmente presieduto decine di riunioni tecniche e messo il turbo ad una macchina burocratica che adesso può fermarsi solo per colpa di Prodi.
La manifestazione ha avuto successo, è una bella prova per l'attuale opposizione poichè si tratta della prima volta di una regione in piazza. Cioè: non è una categoria, non sono i pensionati o gli artigiani per un emendamento alla finanziaria, ma è una regione che viene a Roma per dire Si al ponte voluto da Berlusconi e No a Prodi che quest'opera vuole bloccare. Non è poco.