Per Prodi doveva essere un rientro trionfale in Italia dopo la missione politico-economica in Cina e il discorso all'Assemblea generale dell'Onu a New York.
Invece è un ritorno carico di ansie e di polemiche, che pietosamente la stampa di regime attribuisce solo al caso Telecom, ma che in realtà riguarda i magri risultati e la brutta immagine che la megadelegazione italiana ha ottenuto in Cina, condita da una disputa tra Prodi e Montezemolo. E' andata peggio all'Onu ove le posizioni di Usa e Francia si sono avvicinate, lasciando scoperta quella italiana.
Prodi sta vivendo la sindrome del 1998, solo dopo appena quattro mesi di potere, culminati nello scontro con uno dei maggiori esponenti dell'imprenditoria privata che non può non fare riflettere il residuo capitalismo italiano.
Anche la polemica con Tronchetti Provera viene distorta dai "media" compiacenti perché lo scontro vero è all'interno del centrosinistra, destabilizzato dai tentativi di Prodi di crearsi un "partito" di sostenitori forti per bilanciare i partiti che hanno i numeri in Parlamento, cioè Ds e Margherita.
L'alleanza con Bertinotti, essenziale in tutta la fase della campagna elettorale, non serve più a livello di attività governativa quando c'è da spartirsi il potere, favorire gli amici e danneggiare i nemici: logico, quindi, che il presidente della Camera, per restare al suo posto, cioè per garantire la stabilità politica, cerchi a sua volta un'intesa con Ds e Margherita, come mostra la vicenda della partecipazione di Prodi al dibattito su Telecom.
Ma l'intesa tra Ds e Margherita non può che essere superficiale e nutrita di sospetti: gli stessi Rutelli e Fassino, che cercano di tenere unito il quadro, pensano a chi egemonizzerà l'eventuale Partito democratico e quale sarà la sua immagine globale: se un partito "socialista", come vorrebbe Fassino, o un partito genericamente "riformista", come vorrebbe Rutelli.
Entrambi possono cercare di contenere D'Alema, il cui potere non sembra andare oltre l'uso dell'arma decisiva: far cadere Prodi, ma senza una soluzione di ricambio sicura e duratura.
Al centrodestra forse conviene, una volta di più, lasciare cuocere la sinistra nel proprio brodo, non entrare nei dibattiti interni alla sinistra e puntare solo in parte sulle accuse a Prodi per evitare che si sviluppi un patriottismo di sinistra.
Ciò che il centrodestra può fare, è la descrizione-amplificazione delle indecisioni della sinistra, della voglia di assalto ai poteri economici da parte dei politici di sinistra.
Nonché punti precisi: se durante il precedente governo aumentavano le tariffe di elettricità e gas e il costo della benzina, ma in coincidenza con un aumento dei prezzo del petrolio, come mai, calando questo, con il centrosinistra al potere quelle tariffe aumentano?
Un uomo sull'orlo di una crisi di nervi. Prodi contro tutti: l'opposizione (e qui ci siamo), ma anche le istituzioni (il Parlamento), il Vaticano, il mondo imprenditoriale, i propri alleati. E poi Prodi contro Prodi, in un crescendo rossiniano, un misto di orgoglio personale, narcisismo all'eccesso, furia vendicativa, ipertrofia dell'io.
Nel giro di dieci giorni, dalla Cina a New York, al presidente del Consiglio è riuscito un vero e proprio capolavoro alla rovescia. Ormai posseduto dalla "sindrome Tafazzi", l'indimenticabile personaggio che si percuoteva da solo laddove fa più male, ha inanellato tali e tante "gaffes" nazionali e internazionali da sollecitare, da più parti, l'intervento di uno psicoterapeuta. Tanto che l'ormai celebre "ma siamo matti?", a seguito delle sollecitazioni perché si presentasse in Parlamento, assume i contorni di un'autoanalisi e richiede una risposta decisamente positiva: sì.
A quella frase sono seguiti nell'ordine: l'abrogazione dell'embargo sulle armi alla Cina, con sostanziale cancellazione dall'agenda del viaggio del tema dei diritti civili; un sonoro ceffone all'istituzione Senato; l'incredibile "gaffe" sulla sicurezza del Papa; l'elogio della Siria e poi della democrazia di Hamas; per non parlare dell'ennesimo "j'accuse" a Tronchetti Provera di "aver usato il Governo", quando i fatti stanno a dimostrare che era l'esatto contrario.
Ad ascoltare il suo "entourage", c'è da aggiungere che uno degli elementi che ha scatenato l'irritazione di Prodi sta nelle grandi aspettative che riponeva nel viaggio in Cina e nella sua "comparsata" all'Onu, per darsi una statura internazionale. Ampiamente offuscata da D'Alema.
Il caso Telecom, unitamente ai modesti risultati, ha pressoché cancellato dalle prime pagine dei giornali lo "storico" approccio col Paese asiatico.
La debacle comunicativa si è completata poi a New York, con l'incredibile risposta sulla sicurezza del Papa. Statura internazionale? Dieci giorni, migliaia di chilometri, per non crescere neppure di un millimetro.
Sul piano interno, nei rapporti con gli alleati, il disastro non è stato minore.
Se i tempi fossero maturi, se non ci fosse la Finanziaria, se la maggioranza non fosse quella che è, a Prodi sarebbe già stata indicata la via di uscita. Aveva ragione il suo amico De Benedetti: Prodi è come un amministratore di condominio. Il problema è che si comporta come il proprietario degli appartamenti. I condomini lo sopportano, per ora, ma non hanno alcuna intenzione di farseli espropriare. Così i nodi verranno comunque al pettine.
Dopo i primi cento giorni Prodi ha totalizzato una serie di gaffes (l'ultima sulla sicurezza del Papa davvero da "annales") che hanno fatto crollare la sua popolarità, creato scoramento tra i gruppi parlamentari e prodotto una stato d'animo da fine legislatura per una legislatura che è solo all'inizio.
Non solo. Si ricominciano a sentire le voci dei vari Moretti e Flores d'Arcais che invocano un cambio di passo dell'esecutivo. Ma questo governo ha solo il passo di Prodi poichè anche qualche tentativo di scatto ha visto vanificare immediatamente gli effetti a causa degli errori del Professore. Il problema di questo governo è il suo Presidente ed ogni giorno che passa tutto ciò diventa plateale.
Un giornale non certo nemico della sinistra, La Stampa, oggi in prima pagina - a proposito della frase di Prodi sulla sicurezza di Benedetto XVI - titola "Papa, gaffe mondiale di Prodi". E sullo stesso giornale si legge: "Oggi in Senato non parlerà Prodi. Il centrosinistra si rilassa". Peggio di così…
E' pur vero però che la storia degli ultimi dodici anni dimostra che nessuna spallata dell'opposizione fa cadere i governi e che tutte le crisi nascono dall'interno. Ragione per cui occorre attendere fiduciosi che il momento dell'implosione arrivi. Ma la Casa delle Libertà faccia per intero il proprio mestiere almeno con due azioni immediate e permanenti:
Richiesto al Parlamento perchè riferisse sull'affaire Telecom, Prodi rispose "Siete matti!" salvo acconciarsi ad andare alla Camera perché pressato dai suoi stessi alleati più "vicini". Quando poi è stato richiesto al Senato, il premier ha risposto: "Mi è stato chiesto di andare il 28 e così resta stabilito. Un presidente del consiglio non va mai in due rami del Parlamento". Davvero?
Peccato che invece la Costituzione, art. 64, indichi espressamente l'obbligo dei membri del governo ad assistere alle sedute delle Camere, se l'intervento o la presenza viene richiesta. "Inviti" che la sinistra, quando era all'opposizione, non ha mai lesinato nei confronti di Berlusconi e che il Cavaliere, ligio al dettato costituzionale e forte del suo ruolo istituzionale, ha sempre onorato, andando a riferire, nella stessa giornata, sia alla Camera che al Senato in ben quindici occasioni: dagli accadimenti internazionali, alle missioni di pace, alla liberazione degli ostaggi iracheni, dall'attentato a Biagi alla morte di Nicola Calipari.
E' evidente che gli "appuntamenti" parlamentari di Berlusconi riguardavano fatti significativi, responsabilità del governo e del premier. Ma è altrettanto evidente che l'affaire Telecom non è un'"invenzione", così come non sono stati già "dati tutti i chiarimenti possibili", come sostiene Prodi. E' in discussione il futuro delle comunicazioni e di una parte dell'imprenditoria italiana: e come se non bastasse, quella di Telecom è una storia che ha provocato i richiami dell'Europa e che in Italia necessita di sincerità e chiarezza.
Le sconnesse reazioni del Presidente del Consiglio, bugie comprese, suscitano invece non pochi dubbi.
‘Stanchezza' secondo Martini sulla Stampa, ‘nervosismo' è la versione di Massimo Franco sul Corsera, ‘squilibrio mentale' osa Ferrara sul Foglio. Forse Prodi è tutto questo, ma è anche vittima di se stesso e di due sentimenti contrapposti che lo dominano: da una parte la brama di potere e la voglia di gestirlo da solo, dall'altra la sua comprovata incapacità. E la responsabilità principale di questi accadimenti è di quei leader (?) di partito che oggi prendono le distanze e che - pur conoscendolo - lo hanno scelto per affidargli il timone del Paese.
Ieri, in Senato, il voto di Carlo Azeglio Ciampi, è stato uno dei quattro voti espressi dai quattro senatori a vita che hanno salvato la maggioranza (157 a 153) di centrosinistra che così ha superato lo scoglio del provvedimento sospensivo dell'attuazione della riforma dell'ordinamento giudiziario approvata nella scorsa Legislatura.
Come ha rilevato Stefania Craxi, la reiterazione del voto dei senatori a vita, risultando decisivo, snatura la rappresentatività del Senato in quanto si tratta di non eletti, e quindi privi della legittimazione popolare anche se hanno quella costituzionale.
Nel caso specifico, l'integrità dell'ex Capo dello Stato subisce un duro colpo in quanto, quand'era in carica, per due volte la legge è passata per le sue mani e alla fine è stata promulgata, con una riserva mentale che ora è venuta alla luce e che è tipica della cultura politica della sinistra.
All'epoca, Ciampi non ebbe il coraggio di opporsi fino in fondo, evidentemente facendo un calcolo sui tempi, e cioè prefigurando che una diversa maggioranza parlamentare avrebbe provveduto a bloccare o cancellare la legge.
Non a caso esercitò tutta la sua pressione per anticipare la data delle elezioni politiche, giustificandola - e questo è davvero un paradosso - con la necessità di avere al più presto un governo nel pieno esercizio delle sue funzioni che avrebbe dovuto prendere provvedimenti urgenti in campo economico.
A cinque mesi dal voto, invece, e a quattro dal suo insediamento, il governo di centrosinistra non ha ancora elaborato una linea di politica economica, riservandosi di farlo nella Finanziaria e ciò grazie ad una ripresa economica e a un forte incremento delle entrate fiscali attivati dal precedente governo Berlusconi.
L'ex ministro Castelli - ironicamente - si è dichiarato soddisfatto che Ciampi abbia preso una posizione politica confermando il suo ruolo di "presidente della sinistra".
Per tutta la scorsa Legislatura Ciampi ha messo i bastoni tra le ruote del centrodestra, coerentemente continua a farlo!
Una politica economica e fiscale contro le aree più produttive del Paese: è quella che si vede in controluce dalle anticipazioni sulla legge finanziaria.
Padoa Schioppa mette le mani avanti sulla riduzione degli sprechi: la spesa pubblica ha origini così perverse - ha detto ai deputati dell'Unione - e le manovre precedenti sono state così brutali, che è difficile tagliare la spesa pubblica. Di fronte a questa dichiarazione di resa del ministro dell'Economia di operare risparmi nel bilancio dello Stato, la palla della finanziaria passa automaticamente al suo vice, Vincenzo Visco.
E per i contribuenti sono dolori. Il governo ha confermato che eliminerà con la manovra il secondo modulo della riforma fiscale di Berlusconi. Vale a dire che chiederà indietro gli 8 miliardi di euro di sgravi fiscali concessi con quel modulo. In cambio - dice Padoa Schioppa - i contribuenti potranno contare sugli effetti della riduzione di cinque punti del cuneo fiscale, che vale 4 miliardi. Il risultato netto è che il prossimo anno le tasse sui redditi delle persone fisiche aumenteranno di 4 miliardi.
Non è finita. Non è ancora chiaro se i benefici fiscali della riduzione del cuneo saranno uguali su tutto il territorio. Una componente del governo spinge perché gli sgravi vadano soprattutto al Mezzogiorno. Ne consegue che i benefici del cuneo saranno come il pollo di Trilussa.
Ed ancora. La scelta del governo di togliere dal freezer, dove le aveva collocate Berlusconi, le addizionali regionali porterà ad un aumento delle tasse locali. Così, c'è il rischio fondato che i contribuenti concentrati nelle aree più produttive del paese, oltre a non ricevere i benefici del cuneo, oltre a vedersi annullare il secondo modulo Irpef, si vedranno anche aumentare le tasse locali.
E visto che in queste aree è concentrata buona parte del risparmio annuo, si vedranno anche aumentare del 50% (dal 12,5 al 20%) le imposte sulle rendite di capitale; che rischia di colpire indiscriminatamente sia i possessori di Bot sia i "furbetti del quartierino".
E' questo il risanamento di Romano Prodi.
Le ordinanze di custodia cautelare emesse dalla Procura di Milano nell'ambito dell'inchiesta sulle intercettazioni illegali hanno stroncato un sistema che si era ratificato in tutta Italia e attraverso il quale venivano spiati centinaia di dipendenti Telecom, uomini politici, big della finanza: tra questi anche Carlo De Benedetti, Diego Della Valle, Cesare Geronzi, Calisto Tanzi e il presidente dell'accordo parasociale di Capitalia, Vittorio Ripa di Meana.
Ora anche l'ex responsabile della Security della compagnia telefonica, Giuliano Tavaroli, il titolare dell'agenzia d'investigazioni Polis d'Istinto, Emanuele Cipriani, e l'attuale manager Pirelli Pierguido Iezzi sono in carcere, assieme a diversi altri tra poliziotti e militari della Guardia di Finanza, che abusavano del loro ruolo per procurarsi informazioni riservate.
Diciotto gli ordini di custodia cautelare in carcere, tre gli arresti domiciliari. E' l'ultimo colpo di scena di un'inchiesta delicatissima che lambisce inevitabilmente Marco Tronchetti Provera, dal momento che Tavaroli e la sua attività, per il gip, erano "rimessi al controllo esclusivo del Presidente del gruppo". "Tavaroli - ha raccontato la "gola profonda" del'inchiesta, Marco Bernardini - doveva infatti riferire direttamente al presidente".
Tavaroli aveva un budget di spesa da rispettare che, però, nel 2004 fu ampiamente superato. A che cosa serviva, tra le altre cose, questo budget? A selezionare il personale da assumere con metodi contrari allo Statuto dei Lavoratori, utilizzando i sistemi interni che consentono di controllare, intercettare, avere informazioni riservate senza essere scoperti. E una volta "bruciato" Tavaroli perché finito nella bufera a causa di alcuni articoli di stampa che lo accusavano, il suo posto fu preso da altri che mutuarono i suoi metodi e si avvalsero degli stessi soggetti a cui Tavaroli prima faceva ricorso. Adottando però una precauzione, e cioe' quella di bruciare tutti i documenti che potevano ricollegare loro e le società a cui appartenevano.
Non mancano quelli che sono definiti nell'ordinanza i "rapporti pericolosi" tra Tavaroli, l'investigatore fiorentino Cipriani e i Servizi segreti. E per Servizi segreti, nella ricostruzione dei pm Nicola Piacente, Fabio Napoleone e Stefano Civardi, avallata dal giudice in gran parte (quattro richieste di arresti sono state respinte) si deve intendere il numero 2 del Sismi, Marco Mancini, arrestato e rimesso in libertà nelle settimane scorse nell'inchiesta della Procura di Milano sul sequestro dell'ex imam Abu Omar, nella quale sono indagati anche 26 agenti Cia.
Lo proverebbero gli intensi rapporti telefonici, oltre al possesso da parte di Tavaroli di documentazione riservata proveniente dai proprio Servizi segreti. "E' lecito chiedersi - sostiene il gip -quante di tali informazioni potrebbero essere state destinate a quello che era in assoluto il maggior cliente della Polis d'Istinto (l'agenzia investigativa fiorentina), e cioè a Tavaroli a nome, e forse per conto, dei gruppi Pirelli e Telecom".
Tutto questo certo non gratis, dal momento che a Tavaroli e Cipriani è contestata un'appropriazione indebita di 20,7 milioni di euro che ha portato in carcere anche un commercialista milanese, Marcello Gualtieri, sospettato di riciclaggio per aver nascosto una quindicina di milioni su conti correnti in Lussemburgo, Svizzera e altri Paesi. Conti già sequestrati dai militari della Guardia di Finanza di Firenze, che hanno messo i sigilli anche a una villa da due milioni di euro di proprietà di Cipriani
L'accusa-base a Tavaroli e Cipriani è quella di aver pagato centinaia di bustarelle - da 23 a 30 euro per ogni spiata - per violare le banche dati dei ministeri dell'Interno, dell'Economia e della Giustizia a poliziotti, carabinieri e finanzieri compiacenti. Coinvolti anche impiegati dell'Agenzia delle entrate. Per loro l'accusa è di corruzione.
Per la Procura milanese Marco Tronchetti Provera, da presidente di Telecom, avrebbe avuto rapporti intensissimi con Giuliano Tavaroli, responsabile della sicurezza del gruppo telefonico. Il rapporto, secondo quanto sostiene il gip Paola Belsito nelle 344 pagine di ordinanza, era tale che Tavaroli avrebbe riferito solo a lui alcune delle cosiddette "attività parallele" compiute dagli 007 privati interni grazie a collegamenti con i servizi segreti militari e con detective privati. Sembra imminente, se non già avvenuta, l'iscrizione di Tronchetti Provera nel registro degli indagati.