"Chi è tra me e Prodi che ha dimostrato di essere il gran bugiardo?" È questa la domanda che il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi ha rivolto dal palco di piazza dei Signori a Vicenza. E il popolo del centrodestra ha risposto senza esitazioni "Prodi, Prodi". "E allora, mandiamolo a casa al più presto", ha detto di rimando Silvio Berlusconi, che ha concluso così il suo breve intervento di fronte a una piazza gremita pur sotto la pioggia. "Mai, come questa volta, bisogna dire ‘piove, governo ladro'", ha esclamato Berlusconi tra gli applausi e le acclamazioni della folla.
Dal palco di Piazza dei Signori il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha ‘arringato' il popolo della Casa delle Libertà: "sono rimasto alzato tutta notte per preparare un discorso. Ma vedo che non vi devo dire nulla. Voi già sapete". "Perchè tutti voi sapete - ha detto Berlusconi al popolo della Cdl - che il nostro agire al governo era sotto il segno dei valori di libertà. Loro invece hanno solo i valori della sinistra massimalista. E questa finanziaria invece di tagliare gli sprechi ha tagliato i fondi ai servizi e alle infrastrutture. È una finanziaria tutta rivolta a colpire quelli che ritengono i loro avversari. Perchè - ha continuato - per loro politica significa sottomettere i cittadini allo Stato, poi togliere a chi ha per darli alle loro cooperative, alle loro clientele". "Per questo - hanno ammonito il leader di Fi - dobbiamo opporci in maniera assoluta, a partire dalle istituzioni, dal Parlamento, più che nel ‘96. Perchè questi signori che hanno vinto con delle elezioni taroccate hanno rifiutato la nostra offerta di collaborazione, ha arrogantemente messo le mani su tutte le istituzioni, dal presidente della Repubblica ai presidenti di Camera e Senato, hanno la quasi totalità della magistratura e della stampa".
"E per questo - ha continuato Berlusconi - è giusto che noi possiamo manifestare il nostro contrasto nelle istituzioni ma è nostro diritto manifestare nelle piazze d'Italia. Manifesteremo civilmente, come hanno fatto i professionisti a Roma, che sono stati invece presi da No global e trattati come se fossero pericolosi eversori che attaccano la polizia. Per questo noi lo faremo". Quindi il premier rivolgendosi alla piazza ha chiesto a gran voce: "chi diceva bugie sulle tasse?" e il popolo della Casa delle Libertà di rimando ha gridato: "Prodi". "chi è il premier il cui governo è il più contestato in assoluto?", "Prodi", ha risposto ancora la folla di centrodestra.
Sono stati oltre 10 mila i partecipanti alla grande manifestazione della Casa delle Libertà a Vicenza per protestare contro la Finanziaria, secondo le stime fatte dagli organizzatori e dalla Prefettura di Vicenza. Pur sotto la pioggia la piazza e le stradine limitrofe erano gremite dai tanti sostenitori di Forza Italia, della lega, An, e dell'Udc. Ma tanti erano i piccoli e medi imprenditori presenti, artigiani, commercianti, quel popolo delle ‘partite Iva' che ha applaudito ripetutamente i leader della Casa delle Libertà che si sono alternati sul palco, da Silvio Berlusconi a Umberto Bossi, a Gianfranco Fini. Tra i numerosi esponenti di FI, sul palco anche l'ex Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che è sempre stato vicino ad Umberto Bossi.
"Non esiste in Italia un sistema compiutamente democratico, perchè non ci sono pesi e contrappesi. Perchè la sinistra dopo aver vinto elezioni taroccate e aver rifiutato la nostra proposta di collaborazione di sederci intorno ad un tavolo ha prepotentemente e arrogantemente occupato tutte le istituzioni: il presidente della Repubblica è uno di loro. Hanno messo le mani su tutto, sulla Presidenza della Repubblica, sulla Presidenza di Camera e Senato, sulla Corte Costituzionale, hanno la quasi totalità della magistratura dalla loro parte, così come la stampa e i sindacati. Per questo è giusto che noi manifestiamo nelle istituzioni, ma anche sulle strade e sulle piazze". Lo ha sottolineato, con forza, il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi.
"Dopo Vicenza resta il fatto che sette italiani su dieci sono contro questo governo, contro il suo operato, contro questa finanziaria. E questo è un sentimento diffuso in tutta Italia". Lo ha detto il presidente di FI, Silvio Berlusconi dopo un incontro al palazzo comunale nell'ufficio del sindaco di Vicenza, con Umberto Bossi e Giancarlo Galan. Prima di ripartire, tra gli applausi del popolo di Forza Italia, Berlusconi ha spiegato che il calo di popolarità del governo Prodi era prevedibile: "francamente sì, ce lo aspettavamo, perchè sapevamo che all'interno di questa coalizione, che è molto divisa, avrebbe prevalso la sinistra radicale, che con grande coerenza, pone al governo i suoi diktat e a come si è manifestato nel decreto Visco - Bersani e nella finanziaria". E sulla "pesante eredità avuta dal centrodestra", come sostenuto dalla maggioranza, il leader di Fi risponde "sono tutte scuse, come quando si dice che abbiamo organizzato noi fischi allo stadio di Verona che hanno investito Prodi. I nostri conti sono sempre stati in ordine: per cinque anni abbiamo presentato un surplus nelle entrate dell'erario di 28 mila miliardi, proprio grazie alla politica di lotta all'evasione". "E per questo era molto semplice abbassare le aliquote e ristabilire fiducia maggiore fra cittadini e fisco, e quindi non c'era nessun bisogno per fare una finanziaria come questa, mettendo le mani nelle tasche dei cittadini". "Una finanziaria - ha stigmatizzato Berlusconi - che è stata vestita da Arlecchino, perchè si è fatto e disfatto continuamente, mostrando una assoluta impreparazione e un grande dilettantismo. Così questa è una finanziaria che penalizza tutti e che non va assolutamente bene come hanno confermato le agenzie internazionali di rating".
La manifestazione di Vicenza è stata utile e necessaria. Ha dimostrato in maniera visibile e incontrovertibile la collera che sale nel Paese, non solo al Nord ma anche nelle altre regioni d'Italia, nei confronti di un governo che ha tradito tutte le aspettative, anche quelle nutrite dagli stessi elettori della sinistra.
Vicenza è solo l'inizio di una serie di iniziative che, passando attraverso le proteste delle categorie, culmineranno nella grande manifestazione di piazza dell'intera opposizione.
Anche la mobilitazione di Forza Italia contro la finanziaria prevista per sabato 28 e domenica 29 ottobre servirà a far crescere nel paese la protesta e trasformarla in adesione al nostro progetto politico.
E' vero che gli elettori di centrodestra sono giustamente indignati nei confronti del governo Prodi e desiderano che l'opposizione sia forte e inflessibile. Occorre avere attenzione, tuttavia, a evitare che la protesta guidata da Berlusconi si colori di tinte estremistiche che da un lato disturbano molti elettori moderati e dall'altra offrono il destro alla maggioranza di governo di presentare l'opposizione come una forza irresponsabile.
I fischi all'Inno d'Italia, le frasi volgari non servono, soprattutto nel presentare l'opposizione come una grande forza tranquilla, come un'opposizione di governo.
La tappa di Vicenza non sarà senza conseguenze per il futuro del governo e di una maggioranza in fibrillazione, come per il fronte moderato. Magari la CdL non è ancora compatta nel cavalcare la piazza ma è consapevole (Casini compreso) che abbandonarla al suo destino sarebbe demenziale. Politicamente e socialmente.
Intanto i fatti. Prodi e il governo hanno perso in due mesi 18 punti di consenso. L'ala riformista dell'Esecutivo, rappresentata da Ds e Margherita, soffre l'evidente ricatto, esploso con la Finanziaria, della sinistra comunista e radicale. E questo ricatto, che rappresenta la polizza di durata per Prodi, mortifica l'immagine e il ruolo dei Fassino e dei D'Alema, dei Rutelli e dei Marini – fino a condizionare alcune uscite del Capo dello Stato – tutti costretti ad ingoiare rospi pesanti per varare un partito democratico che innalza Prodi e affonda tutti loro!
C'è marasma politico-mediatico dentro la maggioranza che fa gridare Prodi al complotto e che, mentre la piazza vicentina lo sbeffeggia, trova nell'editoriale del Corriere della Sera qualcosa che somiglia molto ad un epitaffio. "Non credo vi sia stato un altro momento politico, dopo Tangentopoli, in cui i sentimenti di stima e di fiducia della società per il vertice del Paese – scrive Sergio Romano nella prima pagina di domenica – abbiano toccato un punto così basso!".
Ma quale complotto contro Prodi? Il cancro di questo governo e ciò che affligge il Paese, non è la minaccia dell'opposizione, la rabbia degli industriali, la delusione del ceto medio e neppure i primi rumori della piazza. Il cancro è dentro la coalizione e contagia l'intero tessuto nazionale: "Quella Babele di voci discordanti che disonora l'azione del governo" e convince la pubblica opinione che la guida non è salda e che l'assetto della macchina è pericolosamente spostato a sinistra.
Modificare in modo radicale ed in chiave riformista una legge finanziaria nata sotto altre stelle (massimalista e "di sinistra"), è un'impresa non difficile ma impossibile. Con il risultato che gli emendamenti annunciati dalla maggioranza sull'Irpef rischiano di diventare la classica "pezza a colori": forse copre un buco, ma si vede.
Il governo, però, non può fare altrimenti. Bocciato dai mercati (con il declassamento del rating), dalla City (il Financial Times irride Prodi e Padoa Schioppa: li dipinge attaccati alla poltrona, senza curarsi degli interessi del Paese), dai contribuenti, Palazzo Chigi prova a correre ai ripari. E pensa ad aumentare di cento euro all'anno le detrazioni fiscali per moglie e figli a carico; oppure di introdurre un nuovo scaglione ed una nuova aliquota Irpef: scatterebbe a 150 mila euro con un'aliquota a 45%.
Con il risultato che l'Italia sarebbe l'unico Paese europeo (e forse al mondo) ad avere 7 aliquote fiscali sui redditi personali (compresa l'aliquota zero della no tax area).
Con un particolare. Mentre le maggiori detrazioni fiscali sui redditi fino a 45 mila euro costerebbero fra i 300 ed i 500 milioni di euro, il maggior gettito assicurato dalla nuova aliquota Irpef sui redditi alti (150 mila euro) garantirebbe all'erario valori irrisori. Insomma, si tratterebbe di una manovra "scoperta" da un punto di vista finanziario.
E' assai probabile che il governo "venderà" il progetto spiegando che con quest'operazione l'intero intervento sull'Irpef finirà per essere a "saldo zero". Oggi, con le aliquote scritte sulla finanziaria, garantisce un gettito di 400 milioni euro. Ma in tal modo, ai saldi finali, mancherebbero ugualmente 400 milioni di euro.
Ecco quindi che l'intervento sull'Irpef, chiesto soprattutto dai ds, finisce per diventare la classica "pezza a colori" su un vestito che va stretto a tutti: maggioranza, in primo luogo.
"...Per due volte nella stessa giornata, da Prato dove intervenuto di persona, e da Monte Porzio Catone con un messaggio inviato al workshop Glocus, il presidente di Confidustria che ieri ai cronisti aveva detto "I don't speak italian", torna a parlare italiano. E torna soprattutto a tuonare contro una Finanziaria "vecchia e senza logica", dove non c'è traccia di spirito riformista, per poi proseguire con aggettivi sempre più pesanti, "deludente, senza anima, senza coraggio, che sembra aver rinunciato ad una missione strategica, a darsi degli obiettivi chiari". Confidustria punta a tornare al Dpef, a quel documento "dove c'erano segnali di novità". Del resto sono proprio gli imprenditori che hanno iniettato, "all'interno del sistema, dei virus positivi per modernizzare il paese", e oggi questi virus "devono contagiare - ha aggiunto il presidente - la società italiana e diventare un progetto condiviso". Ma non c'è solo il problema del Tfr: altri provvedimenti del governo vanno cambiati, come "i decreti correttivi in materia ambientale". Poi occorre evitare il rischio di un'ingerenza "non accettabile della politica o, addirittura, il rischio della rimessa in discussione di contratti", come sta avvenendo per Autostrade e Telecom. Montezemolo, all'uscita, assicura che a Prato non ha sentito "malumori ma solo preoccupazioni" salire dalla platea dei piccoli imprenditori, anche perchè malumori non li avrebbe "compresi". Poi rilancia e ricorda al governo che dopo aver ingoiato la "polpetta avvelenata " del Tfr, Confindustria è pronta a dare battaglia su altri obiettivi quali "liberalizzazioni, semplificazione burocratica, previdenza, ambiente, università e conoscenza, e soprattutto risorse per le infrastrutture", gli obiettivi di sempre, quelli fino ad oggi rimasti "disattesi".
"Non è un problema di comunicazione ed eventuali limiti di comunicazione sono figli di un problema: riposizionare la Finanziaria nella sua funzione centrale che è quella della crescita". Piero Fassino puntualizza la sua posizione sulla manovra economica spiegando che "il senso del cambio di passo non è tanto migliorare la comunicazione ma riposizionare l'asse della Finanziaria in modo da rimettere in moto il paese. È un problema di impianto ed un problema di priorità, non solo di messaggio". "Un paese che non punta alla crescita - osserva Fassino - è un paese che non accumula quella ricchezza che fa sì che la riduzione del deficit sotto il 3% e la riduzione del debito che ci proponiamo per il 2007 non sia temporanea ed è una crescita che ci consente che quella redistribuzione di reddito che facciamo con l'operazione fiscale non sia temporanea". "Il tema - insiste Fassino - è quello della crescita del paese come condizione sia per liberarlo strutturalmente dal vincolo del debito e sia perchè possa consentire una politica redistributiva".
Berlusconi, da Vicenza, ha definito Napolitano "uno di loro", riferendosi alla sinistra che ha occupato il Paese: l'intervento del leader della CdL è giunto pochi giorni dopo il monito del Capo dello Stato al governo di non arroccarsi dietro il paravento della fiducia e di aprire un dialogo a tutto campo col centrodestra e con le categorie insoddisfatte. Monito peraltro non raccolto da Prodi, il quale sta solo cercando di trovare una fittizia quadratura del cerchio per non scontentare il Colle: addossare ai troppi emendamenti sul decreto fiscale dell'opposizione la responsabilità del ricorso alla fiducia.
Il premier ha infatti detto che tutto dipenderà da quante proposte di modifica presenterà la Cdl. E i vertici parlamentari dell'Unione hanno riecheggiato lo stesso concetto. "Se non chiudiamo il decreto fiscale entro questa settimana rischiamo di portare poi il testo della Finanziaria troppo in là, con effetti a caduta sul passaggio del provvedimento al Senato". Insomma, sarebbe più la fretta che la volontà di blindare il testo a costringere il governo alla fiducia.
La realtà è, ovviamente, un'altra, perché quando Fini ha garantito alla maggioranza di non avere alcuna intenzione ostruzionistica, e che potrebbe emergere la volontà di presentare al Senato pochi e qualificati emendamenti, non ha praticamente ricevuto risposta . Prodi, dunque, che porrà la fiducia anche alla Camera, dove pure dispone di un'ampia maggioranza, non ha alcuna voglia di dialogare. Anzi, non se lo può permettere, e tra le raccomandazioni del Quirinale e gli aut-aut della sinistra radicale che gli chiede di blindare un testo in cui sia salvaguardata la natura di rivalsa sociale del decreto fiscale, è "costretto" a scegliere quest'ultima.
Sull'atteggiamento di Napolitano resta poi, sullo sfondo, l'ombra lunga di un gioco delle parti tra Quirinale e Palazzo Chigi nel tentativo di dare qualche contentino formale all'opposizione consentendo però a Prodi di tirare avanti per la sua strada senza condizionamenti.
Napolitano, se vorrà dimostrare davvero la sua "terzietà" rispetto allo scontro politico in atto, avrà molti modi per dimostrarlo nei prossimi mesi. Ma per ora non lo ha fatto. La sua presidenza è nata come una investitura "di parte", viziata da un colpo di mano della sinistra, e a lui spetterebbe più che ai suoi predecessori apparire al di sopra delle parti.
La manifestazione di Vicenza, rendendo evidente e palpabile la distanza del suo governo dal Paese reale, ha anche allargato il solco tra il premier e i suoi azionisti di maggioranza. La presa di distanza di Fassino, d'Alema e Rutelli dai contenuti della Finanziaria non si ferma alla richiesta di correzioni significative, ma è nella sostanza una sconfessione dell'impianto stesso della manovra: mancano le riforme, manca il respiro di una "missione", manca la spinta allo sviluppo. E scusate se è poco.
Prodi aveva appena affermato che "la Finanziaria deve scontentare tutti" e i leader dei partiti del suo governo,a stretto giro di posta, gli fanno sapere che scontenta anche loro.
Prodi ne rivendica con orgoglio il contenuto "classista" e Fassino critica proprio il fatto che "abbiamo dato l'idea che fosse finalizzata a redistribuire ricchezza, così tutti vengono e ne chiedono un pezzo".
Prodi ha già fatto sapere che non si muoverà di un millimetro, anche se milioni di italiani dovessero scendere in piazza, ma i suoi alleati mostrano di essere più attenti di lui al crollo dei consensi del governo e a cogliere il significato della protesta che monta nel Paese e massimamente nel Nord.
Le sottolineature dei fischi all'inno nazionale e delle parole di Berlusconi sul Quirinale fanno parte dell'armamentario della propaganda, ma è un fatto che la manifestazione di Vicenza ha dato uno scossone alla maggioranza e soltanto Prodi sembra non essersi accorto di quel che sta succedendo attorno a lui.
Se sul fronte "riformista" gli dicono che "bisogna cambiare", dalla sinistra estrema Rifondazione alza il tiro, lo mette in guardia dal "frenare l'arrembaggio alla manovra", gli dà appuntamento anche in vista della riforma delle pensioni. Mussi minaccia le dimissioni. Bertinotti, poi, lo dipinge come un "eterno malato", di quelli che non muoiono mai. Voleva fargli una cortesia?
Chi gli resta? Forse soltanto L'Unità, non a caso l'unico giornale, secondo il premier, che lo ha difeso nel caso del presunto spionaggio di Telecom. La protesta di Vicenza diventa, per Furio Colombo, "una manifestazione schiettamente cilena". La folla di cittadini, pensionati, piccoli imprenditori scesi in piazza contro il governo è "al suo meglio, la destra di Le Pen e di un fascismo rancido, un avanzo della storia".
Addirittura "Prodi, al confronto con Bush, Blair e Chirac è ancora il leader di governo più popolare in Occidente". Peccato che i tre leader citati siano in sella da lustri, mentre il Professore abbia problemi di consenso dopo soli sei mesi.
Non è vero che Prodi sia solo. Erano tre amici al bar: perso Rovati, gli è rimasto Colombo. Chi si accontenta...
Romano Prodi in questi anni, sia come presidente della Commissione europea, sia come candidato premier, sia come presidente del Consiglio, ha screditato e parlato male del nostro Paese all'estero. L'ha sistematicamente fatto per interessi di bottega, per alimentare un sentimento negativo nei confronti dell'Italia berlusconiana, infischiandosene del fatto che ad essere penalizzato non sarebbe stato solo il centrodestra e lo stesso Berlusconi, ma i cittadini, il buon nome del nostro Paese. Da ieri sappiamo con certezza che Prodi non ha solo approfittato delle platee europee per parlar male della sua nazione, ma ha addirittura evitato di difenderla, come nel caso del pesantissimo attacco di Putin che ha descritto l'Italia come la patria della mafia. Solo l'accondiscendenza di certi quotidiani riesce a descrivere un Prodi rimasto talmente sorpreso, letteralmente basito, da essere restato senza parole. La realtà è che il premier, lo stesso che afferma: "L'Italia con me finalmente conta all'estero", non ha avuto il coraggio di rispondere a Putin, ha abbassato le penne, si è praticamente nascosto tra i suoi colleghi europei ed ha incassato l'insulto senza accennare alla minima reazione. Una mancanza imperdonabile, un gesto vigliacco, una gaffe che acquisisce ancora maggiore rilevanza dopo la solerte precisazione del suo portavoce, Silvio Sircana, l'unico, evidentemente, che ha capito quale grana sarebbe potuta arrivare sul capo di Prodi se fosse stato dipinto come un premier che non difende il suo Paese davanti agli attacchi di rappresentanti di altri Stati. Ecco allora la precisazione che non precisa: Putin non ha rivolto "nessuna critica diretta" all'Italia. "L'unica frase che poteva far pensare a critiche nei confronti del nostro Paese era una frase ironica che suonava più o meno così: ‘Mafia non è una parola russa'". Quella che apparentemente può sembrare una difesa di Putin è in realtà il disperato tentativo di Sircana per evitare che Prodi venga accusato di non aver controbattuto nulla, ma proprio nulla, al presidente russo.
Peccato che il nostro premier non l'abbia fatto neanche con la stampa italiana (attraverso la quale invece non manca di lanciare velenose critiche a Berlusconi) e che se non fosse uscito "El Pais", l'unico in possesso della notizia, avrebbe continuato a fare finta di nulla. Davvero un bell'esempio di orgoglio nazionale da parte di chi dovrebbe rappresentarci oltreconfine.
Mercoledì prossimo il Consiglio di Amministrazione della Rai procederà a un ulteriore pacchetto di nomine. Secondo i boatos di viale Mazzini i nuovi incarichi dovrebbero riguardare alcune vicedirezioni. Sicuramente quelle delle Risorse Umane, settore del quale il nuovo direttore Braccialarghe vuole trasferire altrove i collaboratori del suo predecessore Comanducci.
Ma non è improbabile che, a questo giro, il direttore generale – in sintonia con il direttore del Tg1 – proceda a individuare due nuovi vice per il telegiornale della rete ammiraglia. I nomi che circolano sono quelli di Giubilo e di Dell'Acquila, entrambi di sinistra. Se così fosse Maccari (centrista moderato, ma non forzista) si troverebbe nelle condizioni o di accettare una nuova sudditanza o chiedere a Cappon il trasferimento in altra redazione.
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Viene da sorridere leggendo in questi giorni le dure polemiche che il programma di Michele Santoro sta sollevando, non nel recinto della Casa delle Libertà, ma in quello della sinistra. I tanti ulivisti che si erano scorticati le mani per applaudire "Michele Chi?" quando attaccava Berlusconi e il centrodestra ed erano pronti a incatenarsi ai cancelli della Rai per riavere la loro icona del giornalismo duro e puro, oggi sembrano essere molto meno contenti del ritorno in video del conduttore biondo "ossigenato".
Le ultime puntate di "Anno Zero" – dedicate a Napoli e alla Calabria – hanno provocato un vespaio politico e le risentite prese di posizione del sindaco Jervolino e del Governatore Lojero. A difendere Santoro sembra essere rimasto solo il consigliere di amministrazione Sandro Curzi e Storace. Ma nonostante queste difese Santoro e il suo programma finiranno davanti alla Commissione parlamentare di Vigilanza alla quale si sono rivolti tanto la Jervolino quanto Lojero.
Viene allora da chiedersi: stai a vedere che anche su Santoro, il Cavaliere aveva visto giusto e prima degli altri...